Francesco Fiorentino
Aspetto
Francesco Fiorentino (1834 – 1884), filosofo e storico della filosofia italiano.
Il Risorgimento filosofico nel Quattrocento
[modifica]Il risorgimento italiano, specialmente sul primo apparire, fu risorgimento europeo; e, per rispetto alla filosofia, l'Italia tiene lo stesso luogo di Alessandria, dove s'incrociarono le diverse, e talvolta opposte direzioni dell'umano pensiero. Sbaglierebbe assai chi credesse il nostro risorgimento un semplice ritorno alle idee antiche: prima perché la storia non si ripete mai, e poi perché sul vecchio tronco italogreco s'innesta tralcio novello, il pensiero germanico.
Citazioni
[modifica]- Il Papato, checché ne pensi o se ne pensi, è creazione del genio latino; onde, come prima fu trasferito nella sede avignonese, rimise molto della prisca grandezza, e provò come sa di sale il pane altrui. L'anima onesta di Francesco Petrarca deplorò il trasferimento, e la debolezza che gliene provenne, e spese gran parte della sua attività, perché la schiavitù cessasse. (p. 5)
- Nessuna monarchia annovera tanti principi grandi, quanti ne annovera il Pontificato romano. (p. 7)
- L'educazione dell'intelletto solevano allora i tedeschi fornire nelle Università italiane; non perché in Germania ne mancassero, avendo Heidelberg una Università fin dal 1300, Vienna dal 1348, Colonia dal 1388, Erfurt dal 1392, e recentemente Lipsia dal 1409: ma in Italia allora erano più in fiore. Enea Silvio narra che un tal Ceanese, monaco francescano, dopo studiato in Padova, era andato a perfezionarsi a Vienna: ma udito ch'ebbe quei maestri, salì la cattedra, ed, invece di apprendere, si mise ad insegnare. (p. 19)
- Col libro De Concordantia Catholica il Cusano mostrava la profonda conoscenza de' Concili, attinta ai fonti, no da raccolte abbreviate, come egli stesso avverte. Ed alle notizie storiche accoppia quell'organismo sistematico, cui già si mostrava inclinata fin d'allora la sua mente speculativa. La Chiesa per lui è un organismo: il sacerdozio n'è l'anima; il sacro Impero n'è il corpo; e di tutt'e tre discorre nei tre libri, in cui è divisa l'opera. (p. 20)
- Il Cusano ed il Piccolomini sono due uomini che, diversi d'ingegno, e d'inclinazioni, si rassomigliano in ciò, che hanno inaugurata quella corrente, in virtù di cui il pensiero tedesco e l'italiano sono venuti in reciproca comunicazione. Per mezzo del Cusano fluiva in Italia la speculazione germanica; e per mezzo del Piccolomini rifluiva in Germania l'Umanesimo. (p. 36)
Manuale di storia della filosofia
[modifica]- Ciò che manca all'Etica epicurea è l'universalità, e quindi la vita comune. Veramente Epicuro non impugna né la famiglia, né lo Stato; ma dissuade il savio dal matrimonio per la difficoltà d'incontrarsi bene colla moglie, e pei dispiaceri e le brighe che procura l'educazione de' figli. Similmente per lo Stato: ci si ricorre per utilità, come garanzia della propria difesa; ma, potendo, è meglio vivere appartato. Tra le massime di Epicuro c'è anzi esplicitamente: Vivi nascosto. (Parte prima, cap. 15, pp. 78-79)
- Epicuro voleva fondato il culto degli Dei su l'ammirazione della loro felicità, anziché sul timore della loro ingerenza nelle cose umane. Questo timore nato dalla superstizione era da sgombrare affatto: e a ciò bisognava aiutarsi appunto con la filosofia. (Parte prima, cap. 15, p. 79)
- Lucrezio soprattutto infosca le tinte dei danni arrecati dalla religione, di questo mostro, egli dice, che col capo tra le nubi sovrasta alla misera ed ignorante razza umana: incalzato da questo spettro egli ha accettato la dottrina di Epicuro, i cui Dei sono tanto tranquilli. Una cosa egli cerca: cum Epicuro quiescere, per usare una frase di Seneca. (Parte prima, cap. 15, p. 79)
- Tra i Sommolisti[1], tutti oscurò Pietro Lombardo, [...]. Nei suoi quattro libri Delle Sentenze, pei quali meritò il titolo di Magister sententiarum, si tratta delle cose di cui possiamo godere (frui), di quelle di cui possiamo servirci (uti), e dei sacramenti. Quest'opera divenne il libro di testo delle scuole teologiche, e fu commentata dai più insigni dottori, tra i quali Alberto Magno, San Tommaso e Duns Scoto. (Parte seconda, cap. 10, p. 146)
- Nel disegno generale del sistema crociano che posto ha il conoscere empirico proprio delle scienze particolari? Per il Croce i concetti di queste scienze sono pseudo-concetti, ai quali il Croce – d'accordo con l'empirio-criticismo, col prammatismo, col contingentismo, con l'intuizionismo, e con la stessa filosofia dei valori – attribuisce carattere e valore meramente pratico: mentre riserba valore schiettamente teorico o filosofico ai soli concetti puri, o categorie – bello, vero; utile, bene – che egli, in ciò rigorosamente kantiano, difende da ogni confusione coi concetti empirici. (Parte terza, cap. 23, p. 353)
- Del filosofare crociano, incontrò resistenza nella mente del Gentile il procedere per distinzione fra teoria e pratica: donde scaturiva nella filosofia crociana, la teoria del carattere pratico delle scienze empiriche, e quindi la separazione tra un conoscere empirico, privo di valore teoretico, e un conoscere filosofico, puro da ogni empiria. (Parte terza, cap. 23, pp. 355-356)
- Per il Gentile conoscere è agire: donde, rifiutata la distinzione tra un momento teoretico e un momento pratico dello spirito, non ci fu più fondamento per assegnare le scienze empiriche al dominio della pratica, escludendole da quello del conoscere teoreticamente valido. (Parte terza, cap. 23, p. 356)
Poesie liriche: edite ed inedite di Luigi Tansillo
[modifica]- Avrei desiderato, per l'amore che ho posto in questo poeta [Luigi Tansillo], che persone più competente di me si fosse accinta a questa impresa; ma poiché niuno ci ha pensato valga di scusa al mio ardimento l'altrui non curanza. (Prefazione, p. VI)
- Del Tansillo, quantunque non vissuto a tempi omerici, è stata lungamente controversa la patria tra Nola e Venosa; e non è bastato chi l'ha balestrato fino a Napoli e Genova: tanta è la forza della pigrizia nostra, accoppiata alla impudente smania di parlare d'ogni cosa. (Prefazione, p. VI)
- Il Tansillo, vissuto da fanciullo a corte, aveva conservato il pudore; cosa difficile sempre, difficilissima e quasi impossibile in quell'età di poeti cortigiani e scrocconi. Ed è bello il vedere il nostro poeta resistere alle tentazioni, ed ai suggerimenti di quello sfrontato Pietro Bacci, che i contemporanei non si vergognarono di chiamare il divino; e di scusarsi quasi del non sapersi acconciare alla turpe usanza della scrocconeria. (p. LXIX-LXX)
Note
[modifica]- ↑ Autori di Somme nelle quali erano riferite, e possibilmente conciliate, le sentenze pro e contro ciascuna dottrina. F. Fiorentino, testo citato, p. 146.
Bibliografia
[modifica]- Francesco Fiorentino, Il Risorgimento filosofico nel Quattrocento, BiblioBazaar, LLC.
- Francesco Fiorentino, Manuale di storia della filosofia, vol. unico, sesta edizione, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1947.
- Francesco Fiorentino, Poesie Liriche: edite ed inedite di Luigi Tansillo, Editore Domenico Morano, Napoli.
Altri progetti
[modifica]- Wikipedia contiene una voce riguardante Francesco Fiorentino
- Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Fiorentino
- Commons contiene immagini o altri file su Francesco Fiorentino