Scipione Maffei

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Edizione originale della traduzione francese della Merope di Scipione Maffei, Coustelier, Parigi, 1718

Scipione Maffei (1675 – 1755), storico, drammaturgo ed erudito italiano.

Citazioni di Scipione Maffei[modifica]

  • Il Candelaio è una commedia scellerata ed infame.[1]
  • Il soggetto d'una Tragedia è come quello di un Quadro, che dà luogo a infiniti pensieri diversi.[2]
  • [Sulla scoperta dell'antica Ercolano][...] la spenta Città si farà rinascere, e dopo mille e settecent'anni rivedere il Sole. Con questo molte e molte cose per gli usi della vita, per l'architettura, per l'arti, per l'erudizione impareremo, che ne' libri si ricercano in vano! Con grandissimo benefizio del Paese correrà a Napoli tutta l'Europa erudita, perché non potrebbe immaginarsi il più bel piacere, che di veder con gli occhi le basiliche, i templi de' tanto rinomati Romani.[3]
  • [Sulla scoperta dell'antica Ercolano] O qual rara ventura de' nostri giorni è mai, che si discopra non uno ed altro antico monumento, ma una città! Quanto non ci sentiamo rapire, quando udiamo, che si rinvengono ad ora ad ora colonne rare, bassi rilievi, pitture eccellenti, mosaici insigni, statue in copia grandi e piccole, di marmo, e di metallo, benché talvolta in qualche parte rotte, e mancanti![4]

Merope[modifica]

Incipit[modifica]

Polifonte: Meropе, il lungo duol, l'odio, il sospetto | Scaccia omai dal tuo sen : miglior destino | Io già t'annunzio, anzi ti reco. Altrui | Forse tu nol credesti; ora a me stesso | Credilo pur; ch'io mai non parlo indarno | In consorte io t'elessi; e vo' ben tosto | Che la nostra Messenia un'altra volta | Sua Reina ti veggia. Il bruno ammanto | I veli, e l'altre vedovili spoglie | Deponi adunque, e i lieti panni, e i fregi | Ripiglia e i tuoi pensier nel ben presente | sconfortando omai, gli anficbi affanni | Come saggia che sei, spargi d'oblio.
Merope: O Ciel! qual nuova spezie di tormento | Apprestar mi vegg'io! deh Polifonte, | Lasciami in pace; in quella pace amara | Che ritrovan nel pianto gl'infelici; | Lasciami in preda al mio dolor trilustre.

Citazioni[modifica]

  • Incruenta morte non appaga i Tiranni. (Merope, Atto I p. 4)
  • Onesta è sempre la causa | di colui, che parla solo. (Adrasto, Atto I p. 11)
  • Ciò ch'è ben fare, differire è male. (Polifonte, Atto II, p. 26)
  • Il vulgo sciocco | Vuol sempre a parte d'ogni cosa i Dei. (Polifonte, Atto II, p. 26)
  • Pazzo è 'l Nocchier, che non seconda il vento. (Adrasto, Atto IV p. 52)
  • Tutto s'ottien, quando Prudenza è guida. (Merope, Atto IV p. 63)
  • Non si lodan le imprese, che dal fine. (Merope, Atto IV p. 64)
  • Non tutti i mali | Vecchiezza ha eco: che restando in calma | Dalle procelle de gli affetti il core, | Se gli occhi foschi son, chiara è la mente, | E se vacilla il pie', fermo è 'l consiglio. (Polidoro, Atto IV p. 64)
  • Tutto | Tutto l'oro del Mondo, e tutti i Regni | Darei per giovinezza. (Polidoro, Atto IV p. 65-66)
  • O cieca gioventù! dove ti guida | Sconsigliato furor? (Polidoro, Atto V p. 70)
  • Qual fede? o figlio, or non son più quei tempi; | A tempo mio ben si vedea, ma ora | Troppo intristito è 'l Mondo, e troppo iniqui | Gli uomini son fatti. (Polidoro, Atto V p. 72)
  • Parmi Merope udir, di lei tu prendí | Cura e s'ancor contrasta, un ferro in sen | Vibrale al fine; e se con me non vuole, | A far sue nozze con Pluton sen vada. (Polifonte, Atto V p. 73)
  • Amico, il Mondo tutto è pien di guai: | Terra è facile cangiar, ma non ventura. (Polidoro, Atto V p. 76)
  • Miser chi crede | (E pur chi non lo crede?) i giorni suoi | Menar lieti, e tranquilli. È questa vita | Tutta un inganno; e trapassar si suole | Sperando il bene, e sostenendo il male . (Polidoro, Atto V p. 76)

Le Cerimonie[modifica]

  • E al peggio andar, chi ha lingua | In bocca va fino a Roma. (Orazio, Atto I, p. 100)
  • Chi non attende al suo, invita | Gli altri ad attendervi, e patisce spesso | Quel che vuol fare, e di mal nasce male. (Bruno, Atto II, p. 121)
  • Vengono dalla dote le saette, | non dall'arco sognato di Cupìdo. (Camilla, Atto III, p. 138)

Citazioni su Scipione Maffei[modifica]

  • Come fu il primo a ricondurre la tragedia alla grandezza, dignità e bellezza antica, così ebbe ingegno e giudizio da provvedere alla miglior fabbricazione de' teatri. Se Verona non avesse avuto altri che il Maffei, basterebbe questo solo a darle gloria per tutti i secoli. (Ferdinando Ranalli)
  • Il marchese Scipione Maffei gareggiò col Muratori nel ritogliere alle tenebre pregevoli monumenti d'antichità, e lo superò nella gloria poetica; anzi fu tanta la rinomanza a cui egli salì, che la riconoscente sua patria giudicò che gli si dovesse innalzare una statua, benché ancor fosse vivo. (Giuseppe Maffei)
  • La riconoscente Verona gli avea già fallo erigere un busto coll'epigrafe: A Scipione Maffei ancora vivente; iscrizione al dir del Voltaire, bella nel suo genere al par di quella che si legge in Montpellier: A Luigi XIV dopo la morte; perché le lodi largite al privato vivente mostrano che le sue virtù hanno vinto il livore, mentre quelle che si tributano al principe ancora spirante possono essere un effetto della vile adulazione, e non soglion esser sincere se non quando cessò la sua possanza. Né ci dobbiamo maravigliare che tanti onori abbian fatto inorgoglire il Maffei, di cui si narra che un giorno chiedesse ad una colta dama: Che pagherebbe ella a saper quanto so io? Al che ella prontamente rispose : Pagherei assai più a saper quanto ella non sa. (Giuseppe Maffei)
  • La vostra Tragedia non poteva veramente esser migliore per bandir dal Teatro l'infamia, e la mostruosità presente, e per la vera espressione della natura tanto incognita a quei Tragici stranieri, che oggi fanno tanto rumore. Trovandosi il popolo così male avezzo, non dee esser disgustato dall'antica severità, dalla quale io non mi son saputo astenere; onde voi avete saputo meglio conseguire il nosiro comun fine al che io coopero anche col Trattato, che o già finito della Tragedia in lingua volgare, perché assalisco gli errori comuni, e Teatrali, particolarmente quelli che nascono dalle Tragedie Francesi, benché ne taccia il nome. In questo Trattato vedrete la ragione, perché il mio numero è periodico, ed incatenato, al che i presenti istrioni non si possono accomodare per l'usanza appresa dallo stile rotto, che sotto il dominio degli Spagnuoli cominciò in Italia, ed or continua per l'imitazione delle cose Francesi. (Giovanni Vincenzo Gravina)

Note[modifica]

  1. Da Osservazioni letterarie che possono servir di continuazione al Giornal de' Letterati d'Italia, Verona, 1738; citato in Giudizi critici, in Giordano Bruno, Candelaio, BUR, Milano, 2002, p. 91. ISBN 88-17-12104-5
  2. In prefazione a Teatro del signor marchese Scipione Maffei, Alberto Tumermani Librajo, 1730.
  3. Da Tre lettere del signor marchese Scipione Maffei: LA PRIMA Sopra il primo tomo di Dione novamente venuto in luce. LA SECONDA Sopra le nuove scoperte d'Ercolano. LA TERZA Sopra il principio della grand'Iscrizione poco fa scavata nel Piacentino, Nella Stamperia del Seminario, Verona, 1748, p. 34.
  4. Da Tre lettere del signor marchese Scipione Maffei, p. 33.

Bibliografia[modifica]

  • Scipione Maffei, Teatro del signor marchese Scipione Maffei, Alberto Tumermani Librajo, 1730.

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