Antonio Labriola

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Antonio Labriola

Antonio Labriola (1843 – 1904), filosofo italiano.

Citazioni di Antonio Labriola[modifica]

  • A Milano non c’è che un uomo, che viceversa è donna, la Kuliscioff.[1]
  • Eleveremo il monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori, in atto di espiazione delle colpe dei nostri avi, la cui morale ignavia fu cagione del nostro ritardato progresso politico, perché serva come da simbolo alle moltitudini della libertà di coscienza, che avranno col tempo viva e potente, quando cresceranno di coltura, e perché sia monito salutare a tutti gli abili e a tutti i tiepidi, che parlano di conciliazione senza arrossire.[2]
  • La dottrina del materialismo storico, dati i due elementi della articolazione economica e degli attriti di classe, diventa la chiave per intendere le vere e proprie rivoluzioni; cioè quelle mutazioni dello stato complesso della società da cui sono derivate le innovazioni del diritto, i nuovi indirizzi politici e le nuove disposizioni morali.[3]

Incipit di alcune opere[modifica]

Da un secolo all'altro[modifica]

Nell'ultimo anno accademico, e precisamente dal novembre 1900 a questo giugno 1901, io tenni alla Università un corso di lezioni sopra un tema di tanta ampiezza e di tale varietà, che ciò che riuscii effettivamente a dire non poté a meno di lasciare nel numeroso uditorio come la impressione d'un piccolo frammento d'un gran tutto.

Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare[modifica]

In questo genere di considerazioni, come in tanti altri, ma in questo più che in ogni altro, è di non piccolo impedimento, anzi torna di fastidioso impaccio, quel vizio delle menti addottrinate coi soli mezzi letterarii della coltura, che di solito dicesi verbalismo. Si insinua e si espande in ogni campo di conoscenze cotesto mal vezzo; ma nelle trattazioni che si riferiscono al così detto mondo morale, e ossia al complesso storico-sociale, accade assai di sovente, che il culto e l'impero delle parole riescano a corrodervi e a spegnervi il senso vivo e reale delle cose.

Discorrendo di socialismo e di filosofia[modifica]

Roma, 20 aprile '97

Caro signor Sorel,

da un pezzo vo pensando d'intrattenermi con voi in una specie di conversazione per iscritto.
Sarà questo il modo migliore, e il più acconcio, onde io v'attesti la mia gratitudine per la Prefazione, della quale mi avete onorato. Va da sé, che, così dicendo, io non mi fermo con la mente a ricordare soltanto le parole cortesi, delle quali mi siete stato prodigo con tanta profusione. A quelle parole io non potevo non risponder subito, e sdebitarmene nella forma della lettera privata. Né ora sarebbe più il caso, che io mi andassi diffondendo con voi in complimenti; proprio in lettere, le quali, o a voi, o a me, potrà parere più in là opportuno di pubblicare. Che varrebbe, del resto, che io venissi ora a far proteste di modestia, schermendomi dalle vostre lodi?

In memoria del Manifesto dei comunisti[modifica]

Di qui a tre anni noi socialisti potremo celebrare il nostro giubileo. La data memorabile della pubblicazione del Manifesto dei comunisti (febbraio 1848) ci ricorda il nostro primo e sicuro ingresso nella storia. A quella data si riferisce ogni nostro giudizio ed ogni nostro apprezzamento su i progressi, che il proletariato è andato facendo in questo cinquantennio. A quella data si misura il corso della nuova èra, la quale sboccia e sorge, anzi si sprigiona e sviluppa dall'èra presente, per formazione a questa stessa intima ed immanente, e perciò in modo necessario e ineluttabile; quali che sian per essere le vicende varie e le successive fasi sue, per ora di certo imprevedibili.

Socrate[modifica]

L'anno 1º dell'Olimpiade 95ª nel mese Targelione (maggio 399 a. C.) moriva nel desmoterio ateniese Socrate figlio di Sofronisco, condannato a bere la cicuta, qual reo di violata religione e corruttore della gioventù[4]. Gl'intimi di lui, che rimaneano privi dell'uomo più prudente e più giusto fra quanti fossero a quel tempo[5], avevano invano tentato di sottrarlo a così trista fine, offrendosi dapprima mallevadori di una multa di trenta mine[6], e cercando, poi che la sentenza era stata pronunziata, procacciargli con la fuga albergo e riposo in più sicura stanza[7].

Storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico[modifica]

La parola storia, per nostra confusione, è adoperata ad esprimere due ordini di nozioni diverse, e cioè l'insieme delle cose accadute, e quell'insieme di mezzi letterarii che sono adoperati per tentarne la esposizione.
Veramente la parola greca corrisponde al secondo ordine di nozioni, anzi esprime l'atteggiamento subbiettivo del ricercare; e così comincia col padre della storia il senso letterario della parola: "Questa è la esposizione della ricerca di Erodoto". Quando in sulla metà del secolo XIX cominciò a sorgere il bisogno di una disciplina organizzata della ricerca storica, il Gervinus escogitò il nome di Historica[8], in analogia a Grammatica e Logica.

Citazioni su Antonio Labriola[modifica]

  • Alla memoria di Labriola [...] l'organo teorico della socialdemocrazia tedesca [la Neue Zeit], allora la più autorevole rivista del socialismo europeo, dedicava un ampio editoriale, non firmato, ma scritto da Franz Mehring. Nel rendere omaggio a colui che non esitava definire «capo spirituale del socialismo italiano», l'articolo sottolineava due caratteristiche per indicare il peculiare rapporto di Labriola con il marxismo:
  1. nel suo spirito, era intimamente affine allo spirito di un Marx o di un Engels. Del tutto indipendentemente da loro, Labriola avevo avuto lo stesso loro sviluppo intellettuale;
  2. perfino se esistesse un'ortodossia marxista, e non esiste, Labriola non ne sarebbe mai stato un seguace. Questo spirito sottile era uno spirito troppo libero e indipendente per diventarlo. (Valentino Gerratana)
  • La critica di Antonio Labriola ha inteso di rilevare non soltanto il difetto, ma l'errore, ma il vizio delle dottrine storiche moderne, alcune delle quali ambiscono alla gloria vertiginosa e suprema di definitive. La rara acutezza della sua mente si è portata soprattutto sulla vuotaggine celantesi al disotto di quel facilismo positivista, di quell'ultrapositivismo spenceriano che, riguardo alla storia, è nulla più di un verbalismo evasore scansafatiche. (Paolo Orano)

Note[modifica]

  1. Da una lettera a Friedrich Engels del 1890. Citato in Furio Bacchini, Un laico dell'Ottocento: Andrea Costa: libero muratore, libero pensatore, socialista libertario, La Mandragola, Imola, 2001, p. 158.
  2. Da Per una commemorazione di Giordano Bruno (1888), in Scritti politici e filosofici, Einaudi, p. 70.
  3. Da Storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico, in Scritti varii: editi e inediti di filosofia e politica, raccolti e pubblicati da Benedetto Croce, Giuseppe Laterza & Figli, Bari, 1906, cap. 5, p. 254.
  4. Per questa data, che risulta dalla combinazione critica di diversi ragguagli, confronta lo Zeller, op. cit., p. 39, nota 1ª. L'accusa riferita da Senofonte, Memor., I, 1, 1, è presso a poco autentica (τοιάδε τις ἧν) e non differisce che per l'espressione εἰσεγούμενος, invece di εἰσφέρων, dalla forma nella quale la riporta Favorino presso Laerzio (II, 40). Platone la riferisce con altra disposizione, Apol. 24 B; ma la fa precedere dall'ἒχει δέ πως ὧδε; vedi Stallbaun ad locum, ed. IV, e Cron: Einleitung in die platonische Apologie, ed. 3ª, § 31 e 54.
  5. Vedi le parole del Fedone in fine: Ἣδε ἡ τελευτὴ, ὦ Ἐχέκρατες, τοῦ ἐταίρου ἡμῖν ἐγένετο, ἀνδρὸς, ὡς ἡμεῖς φαῖμεν ἂν, τῶν τότε, ὦν ἐπειράθημεν, ἀρίστου, καὶ ἄλλως φρονιμωτάτου καὶ δικαιοτάτου.
  6. Apol. p. 36 A-38 B. La contraria testimonianza dell'apologia, falsamente attribuita a Senofonte (§ 23), non ha alcun valore. Sul carattere apocrifo di quello scritto cfr. la dissertazione di Arnold Hug: Die Unächtheit der dem Xenophon zugeschriebenen Apologie des Sokrates, riportata in fine del succitato libro del Köchly, p. 430 e seg.
  7. Crit. p. 44 B-D, e 44 E-46 A.
  8. La parola Istorica era già usata nella vecchia letteratura, come nel libro del Vossio, che è del 1623 [Ed.].

Bibliografia[modifica]

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