Cesare Garboli

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Cesare Garboli (1928 – 2004), scrittore, saggista e critico letterario italiano.

Citazioni di Cesare Garboli[modifica]

  • I romanzi stanno nella realtà come in letargo. Aspettano solo di essere riconosciuti. (da Trenta poesie famigliari di Giovanni Pascoli, Einaudi, 1990)
  • La poesia di Penna è fatta di solitudine: ma è la solitudine ardente, ricchissima, vasta come è vasta la promessa della felicità, di chi non ha bisogno d'altro, per vivere, che dello spettacolo della vita. [...] Penna è incapace di pensare che il piacere di vivere dipenda da altro che da se stessi. È, in questo, sommamente maschile. (da Penna papers, Garzanti, 1984)
  • La verità è che Fortini era un grande letterato, un letterato che, ogni tanto, come Giuseppe Parini, Alessandro Manzoni o Vincenzo Monti, scriveva delle poesie bellissime e insuperabili. Solo che questo letterato incallito, con tutti i vizi, le qualità, le vanità dei letterati, è stato visitato un giorno dalla politica così come Cristo si è fatto visitare dal demonio.[1]
  • Le cause del naufragio, le circostanze del disastro, lo scioglimento del mistero che tuttora circonda la fine di Nievo, il ritrovamento delle casse e dei resti del battello a vapore, sono il tema di una narrazione che assume, a tratti, l'aspetto di un'inchiesta o di un giallo politico. Sotto questo aspetto, il romanzo di Nievo è "anche" la storia di una sospetta strage di Stato italiana, maturata dalla Destra e decisa dal potere piemontese per liquidare la Sinistra garibaldina: "strage" con la quale si sarebbe aperta la storia dell'Italia unita.[2]
  • Come il suo grande proavo, come Ippolito Nievo, anche Stanislao Nievo è un outsider, un talento imprevisto, insofferente di ogni letteratura notarile e di ogni morto accademismo vigente.[2]
  • I libri di successo ci si limita a consumarli; ma il romanzo di Nievo (se è un romanzo), lo si è "letto". È il primo di una lunga serie di dati a favore. Nato come referto di una vicenda anche esteriormente avventurosa Il prato in fondo al mare sembra avere risuscitato un vecchio tipo di ascolto privato, magari anche discutibilissimo: il gusto di "leggere" nel senso di farsi rapire, appunto, da una leggenda, incantare da un mito, trascinare dall'epica di una storia.[2]
  • Nievo racconta ad alto livello termico, spinge al massimo la caldaia, senza curarsi che le strutture cedano. Sotto questo punto di vista, Il prato in fondo al mare viene "prima della cultura".[2]

Scritti servili[modifica]

  • Esistono, secondo me, gli scrittori-scrittori e gli scrittori-lettori. Lo scrittore-scrittore lancia le sue parole nello spazio, e queste parole cadono in un luogo sconosciuto. Lo scrittore-lettore va a prendere quelle parole e le riporta a casa, come Vespero le capre, facendole riappartenere al mondo che conosciamo.
  • Leggere è sentirsi posseduti; essere assaliti da un raptus e invasi da un démone, al punto che a volte penso che ficcare il naso in un libro sia un'operazione contro natura, nei limiti in cui al Leopardi estremo sembrava contro natura non dico l'intelligenza, ma il pensiero.
  • Ma leggere è vedere, e scrivere è essere ciechi.

Ricordi tristi e civili[modifica]

  • Il francese rimane francese ed essere umano. [...] [In Italia] l'identità nazionale è sempre sentita in termini di orgoglio rivendicativo e rabbioso. [...] L'italiano, se si sente italiano, diventa subito fascista. (p. 70, capitolo: Italianità. Conversazione con Simonetta Fiori)
  • Il potere, in se stesso, comunque lo si pratichi, comunque lo si cerchi, è un male. È stato Manzoni il primo, limpido assertore che agire la storia, fare la storia e non subirla è comunque rendersi complice di un male, diventare corresponsabili di un orrore.
  • [Riferendosi al sesto canto del Purgatorio di Dante Alighieri] Noi siamo stati il giardino dell'Impero, come diceva Dante. Siamo simili a un Efebo dentro al quale tutti gli altri stati hanno desiderato stare, ammirati della sua bellezza. Quando abbiamo smesso di essere un bel ragazzo che l'ha preso nel sedere, abbiamo fatto la faccia feroce, per poi sbagliare tutto... [...] La vocazione del nostro paese è una vocazione servile, nel bene e nel male. (da Ricordi tristi e civili, Einaudi, 2001²)

Film[modifica]

Note[modifica]

  1. Da Un poeta contro, la Repubblica, 29 novembre 1994.
  2. a b c d Dalla prefazione a Stanislao Nievo, Il prato in fondo al mare, Arnoldo Mondadori Editore, 1974.

Bibliografia[modifica]

  • Cesare Garboli, Scritti servili, Einaudi
  • Cesare Garboli, Ricordi tristi e civili, Einaudi, Torino, 2001

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