Emmanuel Malynski

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Emmanuel Malynski (1875 – 1938), saggista polacco.

Fedeltà feudale e dignità umana[modifica]

  • La dottrina cristiana aveva permeato di ordine lo spirito medioevale. L'uomo sapeva – perché glielo aveva detto colui «al di fuori del quale non vi è che tenebre» – che «una casa in cui vi è discordia rimane alla mercé dei briganti». Sapeva che per esservi ordine ogni cosa deve rimanere al proprio posto: sapeva che una stratificazione gerarchica di valori politici, economici e sociali è necessaria. Il signore non può essere servo del proprio servo senza cessare di esserne il signore, e persino quando egli si degna di lavargli i piedi, deve farlo da signore. Il re può essere servitore di una regola immutabile, promulgata dal Re dei re, ma egli non può essere il servitore delle mutevoli disposizioni dei suoi sudditi, se non vuol cessare di essere vero re e rappresentante dell'ordine. (Appendice, p. 168)
  • I pareri sono discordi a proposito della questione se siano stati i Giudei stessi a cercare di porre delle barriere tra loro e il resto degli uomini per mezzo di una sorta di compartimenti stagni, andando ad abitare in quartieri speciali; oppure se furono le leggi a volerli tutti assieme riuniti come dei lebbrosi spirituali – quali essi erano, rispetto alla mentalità e ai parametri di affinità medioevali. Se da un lato, infatti, vigeva un esclusivismo nei confronti dei Giudei, interveniva d'altro lato un esclusivismo ancor più violento da parte dei Giudei: preesistente all'era cristiana e ai suoi pregiudizi, quest'ultimo si era già manifestato nelle città elleniche e romane, col regime dei quartieri separati entro i quali viveva la «razza santa». (Appendice, p. 171)
  • Il «ghetto» fu, per dieci secoli, l'unico rifugio del commercio, della speculazione finanziaria e dell'usura, attività condannate in nome del Vangelo insieme a tutto ciò che costituiva il culto di mammona: condannate dalle istituzioni e dalla mentalità medioevale, ma esaltate dal Talmud al di sopra di tutti gli altri mezzi di guadagnarsi la vita.
    I Giudei non possedevano terre, né alcuno degli utili e delle ricchezze che da queste provengono, ma possedevano l'ambiguità e l'ubiquità del commercio e della finanza che non conoscono né luoghi, né frontiere, né patrie. Essi avevano il tempio del Vitello d'Oro che, come la scomparsa Arca dell'Alleanza, diventava all'occorrenza un santuario portatile. (Appendice, p. 172)

Il proletarismo[modifica]

Incipit[modifica]

La democrazia, sciolta dalle necessarie pastoie dell'autorità e dell'ordine infranto nel 1789, e il giudaismo, a cui la museruola viene tolta dalla Rivoluzione Francese, hanno regalato all'umanità l'indesiderabile rampollo del capitalismo. E il capitalismo, divenuto adulto, ha prodotto a sua volta, nel suo commercio con la democrazia, un altro rampollo, il socialismo.
La grande contesa che sembra dividere l'umanità contemporanea in due campi irriducibili situati apparentemente agli antipodi l'uno dell'altro, la contesa tra capitalismo e socialismo, si rivela solo una contesa tra due sètte di una stessa chiesa scomunicantisi reciprocamente.

Citazioni[modifica]

  • Il sistema della proprietà feudale è un sistema di collaborazione dal basso in alto; esso presuppone dunque un basso e un alto, cosa che suona sgradevole alle orecchie dei vanitosi e degli invidiosi, i quali preferiscono il vuoto dell'anarchia e la confusione del caos senza alcuna distinzione di ruoli e di ranghi. Esso tuttavia non implica l'incompatibilità di unione e di interesse tra questo basso e questo alto. (cap. I, p. 12)
  • I proprietari sono generalmente persone timide, modeste e poco intraprendenti. Essi hanno depositato il loro risparmio, o il guadagno della vendita – generalmente onerosa – della loro proprietà a un tanto per cento e si sentono pieni di gratitudine verso l'istituzione di beneficenza di cui essi ignorano i misteriosi procedimenti, ma che permette loro di vivere senza far niente li dispensa anche dal riflettere. (cap. I, p. 16)
  • Il socialismo esprime l'ideale dello Stato plutocratico di diritto e di fatto, mentre il capitalismo rimane soltanto l'ideale dello Stato plutocratico di fatto. Il socialismo è qualcosa di più capitalista del capitalismo. (cap. III, p. 46)
  • Il regime socialista crea per certe persone, a esclusione del resto dell'umanità, il monopolio dell'arricchimento e lo crea obbligatoriamente, di diritto, mentre il capitalismo lo creava di fatto; e questo fatto non era obbligatorio e aveva numerose eccezioni. Dal punto di vista sociale, questa è la differenza più rilevante fra i due sistemi. (cap. V, p. 91)
  • Sotto il regime democratico, è l'oligarchia a detenere il potere politico senza la fortuna finanziaria, benché esso influisca sulla fortuna finanziaria. Sotto il regime capitalista, essa detiene la fortuna finanziaria senza il potere politico, benché influisca sul potere. Sotto questi due regimi, sappiamo che così avviene e da diversi anni vediamo coi nostri occhi chi è effettivamente alla guida. Sotto il regime socialista, essa deterrebbe la fortuna finanziaria e il potere politico confusi insieme e resi tutt'uno. (cap, VIII, p. 141)

La guerra occulta[modifica]

  • Stolypin non fu solo creatore di innumerevoli proprietà, ma anche di quel che da esse è inseparabile: di altrettante libertà individuali. Ciò vuol dire che questa bestia nera dei partiti liberali fu un vero grande liberale, avendo creato milioni di uomini liberi e indipendenti.
    E non malgrado, bensì perché Stolypin era feudale di razza, fino alle midolla, egli seppe agire in tal modo e far del feudalismo, che a lui era caro, la realtà e il beneficio della nazione intera invece che il privilegio invidiato di una classe. Come nel Medioevo. E i soli a trovar paradossale quanto abbiamo ora detto, sono quelli che non sono arrivati a capire in che consiste la sostanza del regime feudale e lo giudicano solo in base alle sue limitazioni e imperfezioni. (cap. XIV, p. 118)
  • Tutti gli sforzi di Stolypin tendevano a trasformare ogni uomo del popolo in un piccolo signore indipendente, sovrano individuale nel proprio dominio, come lo era stato il barone del Medioevo e, come quest'ultimo, vassallo e tributario della Corona, tenuto a rispettarne le leggi e a rendere alla Corona alcuni servizi in cambio dei vantaggi che da essa aveva. (cap. XIV, p. 119)
  • Per la sua preveggenza, Stolypin fu superiore a Richelieu. Questi, centralizzando e finendo di defeudalizzare la Francia, preparò il sole di Luigi XIV, ma, senza accorgersene, anche la ghigliottina di Luigi XVI. Stolypin, se gli fosse stato lasciato il tempo necessario, avrebbe dato alla rivoluzione russa in marcia un colpo da cui essa non si sarebbe più riavuta e avrebbe sventato per un lungo periodo i piani della sovversione mondiale. Egli sembra esser stato il solo della sua generazione a saper vedere chiaro circa questi piani. (cap. XIV, p. 125)

Bibliografia[modifica]

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