Fabrizio Dragosei

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Fabrizio Dragosei (1950 – vivente), giornalista italiano.

Citazioni di Fabrizio Dragosei[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Anna Stepanovna Politkovskaja] Ci sono voluti quasi tutti questi dieci anni per arrivare a condannare l’esecutore, un ceceno, i suoi due fratelli, i complici, l’organizzatore. Niente invece sui veri mandanti dell’omicidio. Addirittura in un primo momento si cercò di accreditare l’idea che a volere Anna morta fosse stato Boris Berezovskij, l’ex magnate che aveva rotto con il presidente Vladimir Putin e che era scappato in Gran Bretagna. Per mettere in imbarazzo Vladimir Vladimirovich, si disse: l’uccisione avvenne proprio nel giorno del compleanno del presidente. Ma quello di Anna, in realtà, fu l’assassinio politico che aprì una stagione drammatica per la Russia, con oppositori, giornalisti, difensori dei diritti umani e semplici cittadini onesti ammazzati a decine.[1]
  • A differenza di Poroshenko e degli altri candidati in lizza al primo turno (erano ben 39), Zelensky non ha fatto promesse concrete, non ha preso impegni scritti, tanto da essere stato accusato ferocemente dai suoi avversari per questo. Un attore comico, si è detto, un personaggio del tutto inadeguato a guidare l’Ucraina. Ma proprio la sua mancanza di promesse gli lascia le mani libere. Ha giurato, come tutti hanno sempre fatto sulla scena politica, di difendere il sacro suolo del Paese, ma non ha mai detto di non voler trattare concretamente con i separatisti del Donbass e con il Grande Nemico della porta accanto, quel Vladimir (Vladimir, alla russa) Putin col quale prima o poi vanno fatti tutti i conti da questa parte del mondo.[2]
  • [Su Ramzan Kadyrov] [...] ha cambiato posizione una volta sola nella sua vita. Quando da guerrigliero antirusso venne sconfitto pesantemente. Da allora è diventato l'uomo di Putin nel Caucaso ed è sempre stato per la linea dura, anzi durissima. Contro gli oppositori, gli omosessuali, gli occidentali, gli ucraini.[3]
  • [Su Aleksandr Gel'evič Dugin] Il fatto che tutti lo considerino l’ideologo più ascoltato dal leader del Cremlino e l’aver da poco perduto la figlia in un attentato lo hanno spinto ad andare «oltre» e a dover fare rapidamente marcia indietro cancellando la provocazione. Ma questo è Aleksandr Dugin, fonte inesauribile di teorie più o meno deliranti, tutte volte a legittimare e a «santificare» l’intervento militare in Ucraina. Più duro dei duri come Kadyrov o Prigozhin, il cuoco di Putin, giustifica la sua posizione con la «visione» di quello che Mosca è destinata inevitabilmente a diventare: la Terza Roma (dopo la Città Eterna e Costantinopoli).[4]
  • [Su Aleksandr Gel'evič Dugin] Le idee sulla superiorità morale della Russia, sulla necessità di rifondare un impero per contrastare i mali che arrivavano dall’Europa, lo hanno portato a essere notato da Vladimir Vladimirovich, anche se per il filosofo non c’è un ruolo ufficiale. Ma si sa che il presidente lo stima molto e apprezza le sue tesi sulla nascita di un grande impero euroasiatico in grado di contrastare i valori di democrazia e di libertà che vengono da Ovest e che sono visti come dannosissimi per la Russia e per il mondo intero.[4]
  • I wagneriani potevano fare quello che per le truppe regolari era, magari, troppo imbarazzante. Come, ad esempio, uccidere a martellate davanti a una telecamera chi aveva disertato. Efficientissimi nella Repubblica Centroafricana, poi in Siria, Libia e infine in Ucraina. Qui ben presto il conflitto con i «regolari» si è rivelato insanabile e negli ultimi tempi era parso volgere a favore dei vertici militari.[5]

Fabrizio Dragosei, la mia Russia

Intervista di Corona Perer, giornalesentire.it, 11 luglio 2009.

  • [Su Vladimir Putin] Penso che abbia i suoi valori, mi è sembrata una persona che ha enormi difficoltà, crede nei valori democratici ma ha il terrore che gli sfugga di mano la situazione e la paura di tornare al caos lo rende persona disposta a tutto: pur di mantenere l’unità è disposto a fare il despota.
  • [Sull'Fsb] I servizi di sicurezza possono ammonire chi commette un reato "secondo loro". Così discrezionale da inquietare. Anche gli Usa all’indomani dell’11 settembre fecero qualcosa di simile, questo ricorda il vecchio Kgb che poteva prelevare una persona da casa, fermarla e spedirla in carcere.
  • Furono proprio i burocrati a consegnare la Russia nelle mani di questi personaggi. Bisognava privatizzare e non sapevano a chi dare le grandi proprietà, perciò si inventarono il sistema dei vaucher che sembrava funzionare. Le intenzioni erano buone, il risultato no. E’ venuta la mafia e tutto è caduto nella mani di chi era già ricco. La nomenclatura che temeva di perdere tutto non ha perso nulla dei privilegi: da burocrati sono diventati amministratori di beni che se prima erano dello stato ora sono loro, cioè multimiliardari.
  • A dire il vero Solgenitzin non era democratico, credeva nella autocrazia delle comunità agricole dei villaggi. La Russia non ha mai conosciuto la vera democrazia. Tranne la Duma tra il 1905-1917 sciolta dello zar, ci sono stati 75 anni di gelo bolscevico. Non c’è qualcosa a cui tornare. Eltsin creò una Russia davvero democratica: aprì gli archivi del Kgb dopo il 91, sciolse i servizi segreti, i giornali vissero un’orgia di democrazia durata poco perché l’eccesso partorì l’ingovernabilità da cui venne poi Putin, il quale ricreò il potere centrale.
  • [Su Dmitrij Medvedev] È giovane ed è stato portato da Putin al potere, dipende totalmente da lui. Una dipendenza psicologica da cui sta cercando di rendersi autonomo. Ha fatto qualche gesto sul versante dei diritti umani ma è ancora poco.
  • [Sull'Italia e Russia] A dire il vero ci assomigliamo. Ci accumuna la diffusione della criminalità mafiosa, tant’è che quando vengo in Italia mi chiedono della mafia russa e quando torno là mi chiedono di quella italiana.

L’ex comico contro Mosca. «L'Ucraina? È in Europa»

corriere.it, 6 giugno 2019.

[Su Volodymyr Zelens'kyj]

  • Attore, commediografo, eletto presidente dell’Ucraina a furor di popolo dopo essere apparso sulla scena politica venendo dal nulla. Volodymyr Zelensky è tutto questo e, soprattutto, non è l’uomo di Mosca come lo dipingevano alcuni suoi avversari. E non è neanche uno sprovveduto, a quanto sembra. Vuole riaprire le trattative con la Russia per tentare di risolvere il nodo del Donbass dove si combatte da 5 anni (con oltre 10 mila morti) ma non è disposto a cedere sulla vocazione europea del suo Paese.
  • Zelensky ha stravinto le elezioni presidenziali ma si è immediatamente dovuto confrontare con una Rada ancora composta dai partiti dei suoi avversari, in particolare il blocco controllato dall’ex presidente Petro Poroshenko.
  • Il presidente ha già detto che vuole sottoporre a referendum la politica di avvicinamento alla Nato, ma questo potrà accadere solo se anche nel Donbass controllato dai ribelli filorussi si potrà votare liberamente. In ogni caso, il futuro del Paese dovrà essere discusso anche tenendo conto degli interessi di Mosca. Non è pensabile continuare con il muro contro muro che, finora, ha bloccato l’attuazione degli accordi raggiunti a Minsk e non ha fatto uscire il Paese dalla profonda crisi economica nella quale si trova da anni.

Il «Cardinale», Surkov è stato l'ideologo del putinismo. È vittima della macchina che ha creato?

corriere.it, 12 aprile 2022.

[Su Vladislav Surkov]

  • È stato Surkov a indirizzare la politica russa su alcune delle questioni più importanti. La Cecenia, ad esempio. Sarebbe stata sua l’idea di portare alla presidenza il giovane e manesco Ramzan Kadyrov, figlio del precedente leader assassinato. E di affidare la repubblica come un feudo completamente indipendente al nuovo signore. Che effettivamente l’ha completamente pacificata (con i suoi metodi) togliendo a Putin una ricorrente preoccupazione.
  • [...] il suo vero cavallo di battaglia era stato il concetto di democrazia guidata teorizzato già in precedenza fra il 2005 e il 2007. Lui l’aveva definita «democrazia sovrana», basata però sulla verticale del potere. Vale a dire che ogni decisione doveva discendere dall’alto. Tutto, dalle elezioni ai partiti politici serviva a dare questa idea di democrazia completa. Altri meccanismi, però, avevano poi il compito di tenere ogni cosa sotto controllo, affinché il sistema continuasse immutato.
  • Il suo nome era venuto fuori anche durante le proteste di piazza Maidan a Kiev del 2015, quando cecchini spararono sulla folla. Gli ucraini accusarono gli uomini di Surkov dell’accaduto, anche se secondo altre fonti, il fuoco proveniva da estremisti nazionalisti. Nel 2020 il cinquantasettenne consigliere perse il posto al Cremlino, almeno ufficialmente. Questo dopo che un gruppo di hacker di Kiev aveva reso pubbliche migliaia di lettere nelle quali Surkov parlava dei piani per destabilizzare l’Ucraina. Via dal Cremlino, dunque, ma forse non dal cuore di Vladimir Putin.

Il Cremlino inscena il plebiscito. «A Putin l'88% dei voti, più che mai»

corriere.it, 17 marzo 2024.

[Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2024]

  • Non c’era bisogno di aspettare dati concreti perché tutto era già più che prevedibile. Ma quando ieri sono iniziati ad arrivare i primi risultati dall’Estremo Oriente che «viaggia» 10 ore avanti a Mosca a causa del fuso orario, il risultato è stato evidente. Poi la conferma dalla commissione elettorale. Affluenza oltre il 73%, per dimostrare che i russi credono alle elezioni e vogliono esprimere la loro volontà. E consensi per Putin superiori all’87%. Alle ultime presidenziali aveva preso il 63,6 (2012) e il 76,7 (2018). Alle prossime potrà forse avvicinarsi al 100%.
  • Tutta la Russia, tranne pochi «traditori», dunque, vuole che Vladimir Vladimirovich continui a rimanere al Cremlino fino al 2030 quando diventerà il leader più longevo dai tempi di Caterina la Grande, perfino più di Stalin. E allora, a 78 anni, potrà anche chiedere un ulteriore mandato.
  • Putin ha stravinto in quelli che gli oppositori chiamano i «sultanati elettorali», regioni e repubbliche dove i capi locali possono fare ciò che vogliono. Nella Cecenia del ras Kadyrov siamo al 99,3, dato record. Nell’estrema Siberia, dove hanno sempre riportato buoni risultati i comunisti e i liberaldemocratici del defunto leader ultranazionalista Zhirinovskij, il presidente è andato alla grande. Tranne che in alcuni seggi particolari, dove la gente, evidentemente, non ha capito che aria tira.

Note[modifica]

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