Farid al-Din 'Attar

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Statua di Attar, Nishapur

Farid al-Din ʿAttār, per esteso Farīd al-Dīn Muhammad ibn Ibrāhīm al-ʿAttār (1142 – 1220), mistico e poeta persiano.

Citazioni di Farid al-Din 'Attar[modifica]

  • Colui che si è fatto assiduo frequentatore del "tempio dei Magi" – Di che confessione sarà? A quale rito si piegherà? – Io sono al di là del bene e del male, al di là della miscredenza e della religione, al di là della teoria e della pratica – Perché al di là di tutte queste cose, molteplici sono ancora le tappe. [1]
  • La valle dell'amore... per entrare in questa valle bisogna tuffarsi interamente nel fuoco, o meglio bisogna essere fuoco, perché lì altrimenti non si potrebbe vivere. Colui che ama veramente ha da essere simile al fuoco, il viso infiammato, ardente e impetuoso come il fuoco. Per amare non si deve avere secondi fini; si deve essere pronti a gettare nel fuoco cento mondi.[2]

Il verbo degli uccelli[modifica]

Incipit[modifica]

Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Sia resa lode al Creatore, l'Inviolato, Colui che donò vita e fede alla polvere. Egli pose il suo trono sulla distesa delle acque e al vento affidò la vita delle creature. Collocò al sommo il firmamento e nell'infimo depose la terra. All'uno impresse moto imperituro e all'altra quiete perpetua. E innalzò i cieli come tenda priva di colonne, sotto cui protesse la terra. In soli sei giorni creò i sette pianeti e da due lettere forgiò le nove cupole. Da uno scrigno dorato trasse le perle degli astri per giocare ogni sera a tric-trac con i cieli. Diede forme diverse alla rete del corpo e all'uccello dell'anima donò ali di polvere. Rese liquido l'oceano per meglio asservirlo, gelò le montagne di Lui timorate. Disseccò le labbra assetate del mare, le pietre mutò in rubini e il sangue in muschio. Ornò le montagne di spada e cintura afnché andassero fiere della loro eccellenza. Mutò le lingue di fuoco in fasci di rose e gettò un ponte sopra le acque del mare. Fece penetrare una mosca nel cranio del nemico e ivi la mantenne per quattrocento anni. Nella sua saggezza donò al ragno una rete in cui trovò rifugio Muhammad, il vertice dell'universo. Rese il fianco della formica sottile come un capello, e la pose accanto a Salomone; a lei fece dono di una veste nera degna degli Abbasidi, e dal Tā-Sin ella ebbe il suo tās. Quando sorprese Gesù in possesso di uno spillo, Egli volle rivelargli il suo errore. La spada dei monti imporporò con il tulipano; creò con un soffio cupole di ninfee. Le zolle di terra macerò nel sangue sino a estrarne agate e rubini.

[Farid al-Din 'Attar, Il verbo degli uccelli, a cura di Carlo Saccone, SE, Milano, 1997. ISBN 978-88-6723-106-5]

Citazioni[modifica]

  • Vennero un giorno a parlamento tutti gli uccelli della terra, i noti e gli ignoti. «Non esiste luogo al mondo», dissero, «che non abbia un re: perché mai sul nostro paese non regna un sovrano? Una simile situazione è ormai inaccettabile. Dobbiamo unirci in fraterno sodalizio e partire alla ricerca di un re, essendo ormai chiaro che l'ordine e l'armonia non regnano tra sudditi privi di sovrano».
    S'appartarono quindi per discutere su come cercare un sovrano. Fu allora che l'upupa, eccitata e trepidante, balzò al centro dell'assemblea. (1997, p. 37)
  • «O meraviglia! La prima apparizione di Simurgh si ebbe in Cina nel profondo della notte. Esattamente nel centro di quel paese cadde una sua piuma, e questo bastò per seminare lo scompiglio in tutti i reami della terra. Ogni uomo si fece di lei un'immagine particolare e conformò la sua azione a quanto di essa poté cogliere. Quella piuma è ora conservata nei dipinti cinesi, e da questo il detto: "Cerca la sapienza, financo in Cina!" Certo, se l'immagine di quella piuma non avesse trovato ulteriore diffusione, il mondo non avrebbe sofferto tanto tumulto. Effetti così straordinari sono il segno inconfondibile della sua gloria, e in verità ogni anima fu forgiata a immagine e somiglianza di quella piuma. Ma poiché una qualsiasi descrizione non avrebbe alcun senso, non è il caso di insistere. Ora, chi di voi è pronto al viaggio rivolga i suoi occhi alla via e s'incammini». (1997, p. 39)
  • Ogni cuore che s'è lasciato dominare dalla passione per l'oro, risorgerà con le sembianze del topo e implacabilmente sarà roso dal rimorso. Questo ormai è il mio vero volto, osservalo attentamente e che ti serva l’insegnamento, figlio mio, per liberarti dalla brama dell’oro! (1997, pp. 51-52)
  • Sappiate che quando Simurgh, come sole splendente, dietro velo il suo volto, proiettò sulla terra ombre infinite che poi contemplò con il suo purissimo sguardo. Fece dono al mondo della sua stessa ombra, da cui sorsero incessantemente uccelli infiniti. I disparati volti degli uccelli del mondo non sono che il volto del bel Simurgh: sappiatelo, o ignari! Solo riconoscendo una simile verità, potrete comprendere la relazione che esiste tra voi e quella augusta presenza, ma poi guardatevi bene dal divulgare un simile segreto. Chiunque abbia conosciuto Simurgh non può che naufragare in lui, ma non vogliate affermare che egli sia Dio. E chi sappia così trasformarsi, non diverrà Dio, ma s'inabisserà in lui senza fine. Colui che naufraga, muta forse sostanza? Ma questo non è discorso accessibile a tutti. Ora che sai di chi tu sei l'ombra, sei libero da vita e da morte. (1997, p. 54)
  • O incosciente, sappi ascoltare i segreti della brocca, non continuare a vivere nella stoltezza del somaro! Tu che in verità hai smarrito te stesso, vai in cerca dei segreti prima che la vita ti abbandoni! Se non conosci te stesso mentre vivi, come potrai dopo morto attingere i segreti? Dall'intelletto non avrai notizie di te, e neppure morendo troverai tracce della tua vera essenza. Colui che muore nell'ignoranza è perduto, giacché nacque uomo e divenne non-uomo. E se molteplici veli coprono gli occhi di quello sventurato, come potrà ritrovare se stesso? (1997, p. 115)
  • Qui centomila angeli dalle verdi tuniche arsero nel fuoco della passione per accendere ad Adamo una luce rischiaratrice. Qui centomila purissi spiriti esalarono l'estremo respiro affinché Noè divenisse un mietitore d'anime. Qui centomila zanzare si abbatterono sull'esercito di Nimrud, affinché Abramo potesse trionfare. Qui centomila occhi lacrimarono sangue affinché Giuseppe uscisse dal pozzo. Qui centomila bimbi furono decapitati affinché Mosè, il confidente di Dio, divenisse veggente. Qui centomila creature iniziarono ad adorare il fuoco affinché Abramo, l'amico di Dio, si liberasse dalle famme del rogo. Qui centomila credenti indossarono lo zunnār [cintura indossata obbligatoriamente dai non musulmani] degli infedeli affinché Gesù potesse conoscere i santi misteri. Qui centomila anime furono impietosamente straziate affinché Muhammad ascendesse all'ultimo cielo. (1997, pp. 177-178)
  • Un tale volle chiedere a un folle di Dio: «Dimmi, cos'è mai questo mondo? Cos'è mai questa nostra immensa dimora?». Quegli rispose: «Questo mondo di gloria e d'infamia è simile a una palma dagli infiniti colori. Se qualcuno sfregasse la sua corteccia con le mani, si scioglierebbe come cera. Ma essendo fatto realmente di cera, che altro può essere? E quegli infiniti colori in realtà sono pure apparenze». Poiché tutto è pura unità, ogni dualità è qui inconcepibile, per cui non ha senso dire «io» e «tu». L'interminabile scala della creazione si snoda attraverso infiniti «io» e «noi», e per questo è così facile cadere dai suoi gradini. Più in alto vuoi salire e più stolto ti dimostri, giacché scivolando conoscerai una caduta più rovinosa. Se non morrai a te stesso per vivere in Lui, sarai considerato un ribelle, giacché avrai scelto di associarti a un pugno di mosche. Ma se vivrai in Lui, potrai conoscere il mistero dell'unità: unità purissima, non volgare associazione. (2007, p. 184)
  • O viandante, non considerare il mio libro come opera di pura poesia o di logica: è solo in chiave di dolore che tu devi leggerlo! Se aspiri a conoscere uno soltanto degli infiniti dolori dell'uomo, ti scongiuro di credere alle mie parole! La ruota della fortuna spingerà innanzi colui che saprà leggere il mio discorso alla luce del dolore. (1997, p. 218)

Note[modifica]

  1. Citato in Henry Corbin, Storia della filosofia islamica, Adelphi, p. 288. ISBN 88-459-0141-6
  2. Citato in Raffaele Morelli, Il sesso è amore: vivere l'eros senza sensi di colpa, Mondadori, Milano, 2010, p. 47. ISBN 9788852012389

Bibliografia[modifica]

  • Farid al-Din 'Attar, Il verbo degli uccelli, a cura di Carlo Saccone, SE, Milano, 1997. ISBN 978-88-6723-106-5
  • Farid al-Din 'Attar, Il verbo degli uccelli, a cura di Carlo Saccone, SE, Milano, 2007.

Altri progetti[modifica]