Franco Micalizzi

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.

Franco Micalizzi (1939 – vivente), compositore, direttore d'orchestra e musicista italiano.

Franco Micalizzi, il re della pulp music

Intervista di Claudio Fabretti, ondarock.it, 2013.

  • [Sul libro autobiografico C'est la vie d'artiste... i miei primi cinquan'anni di musica] Nel libro racconto un aneddoto su Lo chiamavano Trinità..., il film per il quale scrissi 43 anni fa un tema che oggi è dappertutto: lo ha inserito Tarantino nel finale di Django Unchained, mi ha chiesto di usarlo perfino Jovanotti per l’inizio della sua tournée negli stadi e per un Dvd live. Una musica che ancora respira e vive tutt'oggi, insomma. Beh, quando uscì Lo chiamavano Trinità sui primi Vhs, andai in un negozio, tutto galvanizzato dal desiderio di poterlo finalmente acquistare in videocassetta, ma lo cercai invano per un sacco di tempo senza trovarlo. Alla fine chiesi alla commessa: "Signorina, ma possibile che il film non ci sia?". "Non si preoccupi – mi rispose - vede dove c'è scritto 'trash movie'? Lo trova sicuramente lì...". Beh, diciamo che da allora ci siamo presi una bella rivincita, e dal trash, forse, ci ha tirato fuori anche Tarantino, che è stato generoso e geniale nel recuperare quel cinema e nel dargli nuova vita.
  • [Sui film di genere] Quel tipo di cinema era veramente una specialità tutta italiana: c'erano i polizieschi, i western, gli spy-movie. Fare cinema di grande produzione con pochi mezzi: questo era veramente il segreto. Mentre in America si realizzavano film western con scenari meravigliosi e grandi divi di Hollywood, noi facevamo i set a Ostia al villaggio western che stava sulla Tiburtina, qualcuno più ricco al massimo andava in Spagna. Ci voleva grande immaginazione, bisogna sopperire a queste mancanze con delle trovate, con qualcosa di gusto che attraesse il pubblico. Nel film poliziottesco, in un certo qual modo, trovo degli agganci anche con il Neorealismo, perché era veramente un cinema girato per strada, il che lo nobilitava un po', almeno nei casi migliori, perché poi bisogna dire che poi c’erano anche tanti film brutti.
  • [Chi erano, secondo lei, i migliori nel genere?] Io cito sempre Umberto Lenzi, che è il maestro di questo genere, con cui ho avuto la fortuna di fare 10-12 film. Mi ha colpito in Napoli violenta una sequenza dove il protagonista viene inseguito da un poliziotto in una piazza con un grande mercato, che viene attraversato a un certo punto da un funerale, con i cavalli. Il bandito deve passare attraverso questa fila di parenti in lacrime, mentre il poliziotto lo rincorre. Ora, tutto questo ha un sapore bello, poetico, forte. E il motivo è nel fatto che è tutto vero: come mi raccontò Lenzi, si erano messi su un terrazzo con una macchina da presa e avevano spiegato agli attori che sarebbe passato un funerale, quindi questi davvero attraversavano un mercato in pieno giorno e un vero funerale, senza che nessuno sapesse che qualcuno stava girando un film. Se non è questo il cinema-verità... Insomma, c'è persino una giustificazione culturale in questo modo di fare cinema: in fondo siamo tutti figli del Neorealismo, la scuola italiana è quella, nel bene e nel male.
  • [Come spiega un periodo creativo così felice per l’Italia, che si estese anche alla tv, con tutte le memorabili sigle degli sceneggiati televisivi?] Sì, era un periodo straordinario. E quella dei film di genere era una scuola per tutti: iniziò da lì anche Morricone. Il motivo credo sia principalmente uno: la tv ancora non si era appropriata del cinema e quindi la gente riempiva le sale, aveva il gusto di condividere la visione di un film. Si facevano trecento film l'anno e molti di questi incassavano anche tanti soldi, mentre oggi le pellicole di successo sono pochissime. Tutto ciò generava produzioni importanti, voglia di investire anche nelle musiche. Era comunque un momento magico anche a livello artistico, con una generazione di grandissimi compositori.

Colonne sonore[modifica]

Altri progetti[modifica]