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Giorgetto Giugiaro

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Giorgetto Giugiaro (2016)

Giorgetto Giugiaro (1938 – vivente), designer e imprenditore italiano.

Citazioni di Giorgetto Giugiaro

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Citazioni in ordine temporale.

  • [Sull'Alfa Romeo Alfasud] C'è una precisa filosofia in questo lavoro: prima si è guardato all'uomo, cioè agli spazi che lui chiedeva per sé e per i suoi bagagli, poi al motore che doveva trasportarlo. I maggiori ostacoli ce li hanno dati i problemi di aerodinamica. Se infatti dovessi ridisegnare l'Alfasud, vi aggiungerei tutte quelle cose che l'aerodinamica mi ha fatto togliere o modificare.[1]
  • [Sulla Italdesign Machimoto] Dell'automobile conserva la parte meccanica, il concetto di pavimento-pianale, la stabilità e la sicurezza; della moto utilizza il modo di seduta, a cavallo di lunghe selle, e le sensazioni di viaggiare all'aria aperta. Machimoto non è una frivolezza o un'idea per stupire, ma nasce da due considerazioni di fondo: la drastica riduzione del costo del petrolio e la ripresa economica ormai in atto nei paesi industrializzati riaprono uno spazio per veicoli destinati al tempo libero e al divertimento. [...] mi sono ispirato a prodotti tipo i Dune Buggy degli Anni 70 e ho cercato di attualizzarli rendendoli più socializzanti: invece di due soli posti o degli scomodi due più due, Machimoto può ospitare fino a nove passeggeri: un modo di viaggiare all'aria aperta insieme e spensieratamente.[2]
  • [Sulla Ferrari GG50] [...] una Ferrari deve essere sempre riconoscibile come una Ferrari. Dunque questa macchina non cambia i canoni di Maranello. Io ho lavorato molto sul frontale, sulla coda, sulle linee della fiancata, ma in fondo ho preso un po' qua e un po' là, tra le tante suggestioni che fanno parte del mito Ferrari. Forse deluderò chi si aspettava una Ferrari rivoluzionaria. Sono quelli, dico io, che non sanno ascoltare la musica, e confondono Bach con Beethoven.[3]
  • [Sulla Lancia Delta] Come per tutte le mie creazioni optai per una forma semplice e, secondo la moda del tempo, molto squadrata, perché a parità d'ingombro un cubo sembra più grande di una sfera.[4]
  • [Sulla Lancia Delta] Mi chiesero di pensare una vettura elegante e funzionale ma non un modello che avesse la vocazione di competere. Sono stati la straordinaria evoluzione della meccanica e l'abilità dei piloti a trasformarla negli anni in un bolide vincente. Io per disegnarla mi ero ispirato al successo della Golf e ai suoi spigoli che piacevano molto, per proporre una compatta spaziosa e versatile. [...] mi lasciarono grande libertà creativa, il modello finale non fu molto diverso dai primi bozzetti di stile.[5]

Citazioni non datate

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  • [Sulla Fiat Panda] Carlo De Benedetti mi aveva chiesto di dettare lo stile di un'auto innovativa, compatta ma spaziosa e che venisse a costare poco. Stavo partendo per le vacanze, era l'estate 1976, e la voleva subito. Lavorai giorno e notte, poi cercai De Benedetti ma non mi rispondeva al telefono. Tornai a Torino per scoprire che non faceva più parte della Fiat. Telefonai a Mantovani, dicendogli che avevamo lavorato a vuoto, per niente. [«Ma il nuovo ad Tufarelli salvò il progetto, con la sola condizione di non pesare sui costi. Grande sfida...»] Doveva essere essenziale e... rustica, utilitaria ma spaziosa, economica. Durante lo sviluppo i costi erano aumentati per diversi imprevisti esterni che mi avevano costretto a intervenire sul progetto. Come il lunotto da ingrandire, o la soluzione per i vetri piatti perché non c'erano più attrezzature adeguate per produrli, in particolare per il parabrezza, e di conseguenza servivano nuovi investimenti. [...] Interni funzionali, semplici, sedili ridotti, forma squadrata per avere più spazio interno, soluzioni particolari, per gli alzacristalli e altro, una vettura molto utile, con un peso leggero da rispettare...[6]
  • [Sulla Fiat Panda] Ho sempre detto di aver disegnato un... frigorifero, perché per ottenere il massimo dello spazio Panda era squadrata. [...] A guardarla sembra tutto semplice, ma non è così... Ho pensato più volte che fosse più semplice disegnare una Ferrari piuttosto di questa Panda viste le difficoltà e i tanti vincoli imposti...[6]

Interviste

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Citazioni in ordine temporale.

L'Alfa Romeo Brera dsegnata da Giugiaro nel 2005: «è una sportiva a mio avviso molto "sexy" e avrei voluto battezzarla con un nome di donna. Abbiamo pensato [...] alle tante [...] belle creature "femminili" col marchio di Arese. Poi l'abbiamo chiamata Brera [...] per aumentarne ulteriormente il fascino: come fosse un saggio d'accademia».
  • [Sulla Saab 9000] Ho cominciato a lavorarci nel '78 [...]. Da allora ho cambiato molte idee, molti concetti. E poi disegnarla non è stato facile. In questo periodo la base meccanica sulla quale costruire la vettura è stata cambiata diverse volte e questo ha comportato modifiche al progetto. All'inizio, ad esempio, doveva essere più corta. [...] In questo progetto poi c'era la necessità di mantenere l'immagine Saab, che è richiamata nel frontale. Le novità più interessanti comunque sono nella portiera [...] e nella coda. La "9000" è una due volumi, ma vista di tre quarti sembra una tre volumi.[7]
  • [Sulla Lancia Thema] Vista in fotografia [...] appare molto pesante, massiccia. In strada invece sembra più leggera e armoniosa.[7]
  • [Sull'Alfa Romeo Brera] Questa è una sportiva a mio avviso molto "sexy" e avrei voluto battezzarla con un nome di donna. Abbiamo pensato alla Giulietta, alle tante altre belle creature "femminili" col marchio di Arese. Poi l'abbiamo chiamata Brera, dopo lunghe riflessioni [...], per aumentarne ulteriormente il fascino: come fosse un saggio d'accademia.[8]
  • Tutta la storia della Casa milanese ruota intorno a quello scudo che campeggia nella parte anteriore e che nella storia è stato visto in mille modi diversi.[9]
  • Per me le Alfa hanno sempre rappresentato il simbolo dell'auto fascinosa, dalla meccanica fine e dalle prestazioni brillanti.[9]
  • Alcuni hanno definito la Panda un oggetto-simbolo "inossidabile", un "mito" capace di conquistare generazioni di consumatori restando insensibile agli attacchi degli anni e degli imitatori. Certamente con la Panda siamo riusciti a centrare il prodotto ma io preferisco definirla una piccola auto intelligente, una ricerca di design e di engineering portata ai massimi livelli. Cioè, la Panda ha ribaltato il concetto tradizionale di vettura economica: non pretende di rendere in miniatura servizi e accessori di modelli più costosi e quindi offrire il massimo servizio nel minimo spazio. La Panda vuole offrire il massimo spazio abitabile in costi contenuti.[10]
  • [Sulla progettazione di automobili] [...] nel processo di concezione, sempre più attento e volto al raggiungimento di un alto standard di qualità del prodotto, non si può trascurare la parte forse meno "nobile" di un'autovettura ma senza dubbio la parte anche più "visibile". Quando siamo incolonnati, bloccati nel traffico cittadino, è la linea del posteriore e non quella dell'anteriore dell'auto che abbiamo tempo e modo di valutare. Certo, al momento dell'acquisto continuano ad essere il segno grafico del "muso" e la marca ad avere una maggiore forza attraente, ma è giusto investire tempo, energie e risorse da dedicare a ricerche per la personalizzazione anche della parte retrostante in egual misura rispetto a quanto normalmente e tradizionalmente si faccia per il frontale.[10]
  • "Pensare italiano" significa attingere a una cultura che è dentro di noi, nei difetti, nella sua originalità e nella sua storia. Pensare italiano significa anche tutta una serie di atteggiamenti molto diversi tra loro: come si mangia, come ci si comporta, un insieme di esperienze che costituiscono il modo di vivere e di relazionarsi. Certo, è un modo di vedere molto singolare, non percepibile in termini di massa: non si tratta di un comune pensare, ma una qualità distintiva, quasi egoista. Il nostro è un modo di vedere molto personale, sintesi di un dna che viene da lontano e che fa sì che quello che si produce sia caratterizzato da una connotazione particolare. Il prodotto italiano si apprezza per l'approfondimento che reca in sé, come espressione di un gusto raffinato, sia che si tratti di cibo, di abbigliamento oppure di arredamento. La voglia far bene, la voglia di andare a fondo al di là delle necessità, di trovare una connotazione un po' unica. Ecco che cosa rappresenta per me il modo di lavorare e pensare all'italiana.[11]
  • [Nel 2019] L'apparato Fiat non è mai stato determinato nei confronti di Lancia, hanno sempre pensato di realizzare le vetture con un occhio di riguardo al portafoglio e adottando un atteggiamento sbrigativo sia nel design che nello sviluppo, soprattutto dalla Thema in poi. [«Un marchio sfortunato...»] La vera sfortuna della Lancia è essere finita nelle mani della famiglia Agnelli. Dico questo perché sembra che non abbiano mai avuto la percezione di quanto Lancia dovesse essere trattata con cura.[12]
  • L'occasione della vita mi è arrivata quando uno dei miei professori di Belle Arti mi consigliò di fare un'esperienza in ambito industriale in attesa di dare l'esame per entrare in Accademia [...]. Così presentai alcuni lavori a una mostra studentesca nel 1955, dove venni notato dal direttore tecnico della Fiat, Dante Giacosa. Fui assunto in Fiat e tre mesi dopo entrai a far parte come illustratore del Dipartimento Studi Progettazione Veicoli Speciali per visualizzare in bozzetti le idee dei creativi. Rimasi in Fiat per quattro anni, un periodo che è stato la mia "università". Iniziai qui a disegnare le automobili, ma anche prodotti industriali come treni, pullman, e anche componenti come i sedili fino ai frigoriferi. Disegnavo su carta lucida e su carta Canson, utilizzavo come tecnica l'acquerello e la tempera per illustrare e rendevo "fotorealistici" i disegni. Fui notato subito dai miei capi anche perché ero velocissimo a disegnare, e con grande stupore dei colleghi mi affidarono molti progetti.[13]
  • Quello della Panda è uno dei progetti a cui sono più legato perché seppur molto radicale e semplice è improntato all'utilità, all'essenzialità e alla versatilità e praticità. La Panda è risultata vincente perché è stata un'auto logica. Siamo partiti con un brief chiaro [...] dove si indicava che doveva essere un'auto alla francese, un'utilitaria per tutti, economica. Doveva pesare e costare poco, sia come produzione che come prezzo finale al pubblico. Ci imponemmo di rispettare i pesi e i costi della 126 di allora e così [...] analizzammo tutte le vetture del medesimo segmento di mercato. Con l'obiettivo di migliorare le numeriche di spazio, abitabilità e capacità di carico. Impostammo uno schemino tecnico con il motore anteriore, che garantiva maggiore spazio per l'abitacolo, adottando vetri piatti, e pesi molto contenuti, la progettammo in meno di un mese. Il primo modello, al momento della presentazione in Fiat, rispecchiava tutte le aspettative. Anche gli interni erano volutamente essenziali, spartani ma estremamente funzionali e versatili. Poi in Fiat decisero di utilizzare anche un altro motore più grande (derivato dalla 127) e i pesi aumentarono un po'. Anche gli interni furono imborghesiti inficiando un po' la logica basic del progetto iniziale, ma la filosofia generale rimase la stessa. È sorprendente poi la longevità del progetto, ma il successo è perché ha sempre rispettato la logica di servizio con un'architettura semplice con le giuste proporzioni.[13]
  • [Sulla Fiat Grande Panda] Il nome rimane ma la logica della Panda, che è la macchina più importante che ho fatto, non c'è più.[14]
  • [...] l'elettrificazione del motore, al di là di tutte le valutazioni pro e contro, è un passo importante di un prodotto in cui facilità di guida, silenzio e accelerazione hanno fatto un balzo in avanti incredibile. L'elettrico dà qualcosa di più, come prodotto. Il prodotto elettrico è un passo avanti enorme. La tecnologia è arrivata a soddisfare qualsiasi tipo di capriccio.[14]
  • Quello che è successo con la transizione all'elettrico è drammatico. Pensano di sostituire il motore termico, su cui abbiamo lavorato e investito per 150 anni, in pochi anni. L'auto elettrica è un gran prodotto, lo dico da utente [...]: 400 km di autonomia, silenziosa, ha una grande ripresa, non inquina. Ma crea problemi altrove, soprattutto a livello occupazionale. Non è possibile che [...] si siano prese decisioni così pesanti senza una reale pianificazione.[15]

Intervista di Michele Fenu, La Stampa, 2 febbraio 1980, p. 13.

  • Non è l'uomo che si deve adattare alla vettura, ma la macchina. Tenendo ovviamente conto dei problemi tecnici, economici e commerciali, penso sia soprattutto importante considerare i movimenti strutturali dell'uomo: salire, scendere, sedersi. Vorrei cambiare le misure dell'auto, un oggetto la cui forma non è fissa ma in evoluzione.
  • La Delta rappresenta per me un traguardo, anche la chiusura di un certo periodo dell'automobile. La crisi petrolifera, i problemi economici stanno cambiando il modo di vivere, di vedere e usare le vetture. Direi che la Delta è un modello di lusso, i cui elementi di spicco, almeno dal mio punto di vista, sono l'ampio spazio concesso ai passeggeri, l'indovinato assetto di guida, la buona visibilità.
  • La Panda è come un paio di jeans, che sono poi un vestire semplice, pratico, senza fronzoli. L'ho vista come un mezzo di trasporto universale, un oggetto che nella sua essenzialità funzionale permette all'uomo di muoversi. Ho cercato di portare in questa auto lo spirito delle costruzioni militari, in particolare degli elicotteri, ossia di mezzi leggeri, razionali, nati per assolvere nel modo migliore a certi scopi. Per me la Panda è una vettura nata da dentro, uno spazio rivestito. In fondo, di mio come stilista c'è soltanto qualche tocco. È un modello che dimostra l'avvenuta maturazione del gusto, una mentalità più evoluta rispetto a qualche anno fa. Siamo a un punto di partenza: questo è solo un inizio. [...] Secondo me sarà la 500 degli Anni Ottanta, la continuazione logica, adeguata ai tempi, di un modello che è stato fondamentale per l'auto in Italia.

Intervista di Simonetta Conti, La Stampa sez. Speciale casa, 20 marzo 1984, p. I.

  • Genio è colui che si alza la mattina con un'idea brillante. A me non è mai capitato. Sono intuitivo, ma sul filo della razionalità.
  • È facile arredare un'abitazione dai grandi spazi: si fa scenografia. Ma in un alloggio di 45 metri quadri o poco più [...] si devono fare miracoli. È la differenza tra una Panda e una Rolls-Royce. Ad esempio, chi sta in cucina [...] non deve essere isolato dal salotto o dall'angolo tv; bisogna avere la possibilità di vedersi, di comunicare, di stare insieme. [...] Nelle camere da letto è il regno della privacy: un'anticamera-spogliatoio, un bagno, la stanza, non spazi "liberi". Se esco in mutande e c'è mio figlio che passa di fronte, nulla di male; ma se c'è anche la sua ragazza... Insomma, dove va a finire la riservatezza?
  • I soprammobili arricchiscono la casa, ma due o tre bei pezzi; il resto, tutte quelle cornicette con fotografie, quelle piccole collezioni, si dovrebbero buttare via. [...] Guardate i giapponesi; le loro case sono raffinatissime, moderne anche se antiche di 300 anni: non hanno niente di superfluo.

Intervista di Michele Fenu, La Stampa, 13 dicembre 1985, p. 15.

La Fiat Croma disegnata da Giugiaro nel 1985: «io, ovviamente, vedo le macchine sui tavoli da disegno o come modellini [...]. Bene, devo dire che ho trovato ancora più bella la "Croma" in strada, nel suo ambiente naturale. [...] appare per quel che è: una vettura dei nostri tempi, le cui forme possono essere istintivamente capite e apprezzate, il che non sempre capita».
  • [Sul pianale Fiat Tipo 4] Il progetto-base è legato alla "Thema". Poi, sono seguiti quelli della "9000" e della "Croma". Non tocca a me dirlo, ma ritengo che le tre vetture interpretino efficacemente gli obiettivi che Lancia, Saab e Fiat volevano perseguire. La "Thema" è una berlina a tre volumi di tipo classico. Una linea signorile, elegante, molto italiana. Una vettura grande ma non enorme, compatta, pulita, perfettamente coerente con lo spirito Lancia e raffinata nei dettagli. La "9000" è una due volumi piena di slancio, aggressiva, con un richiamo alla sportività. La "Croma" è una due volumi e mezzo. È ben proporzionata, moderna e giovanile. Un passo avanti notevole.
  • Da un punto di vista stilistico trovo che la parte posteriore della "Thema" sia estremamente valida. È innovativa, dà una sensazione di potenza e di classe, evoca immediatamente un'immagine di solidità e robustezza. Una bella coda, insomma. Sottolineo anche il raccordo tetto, vetri, fiancate. Non ci sono gradini, ma il tutto è armonico e omogeneo.
  • [Sulla Saab 9000] L'elemento dominante è il frontale: basso, discendente, aggressivo. E l'imponente lunotto "carica" l'insieme, contribuisce a dare un senso di spinta, di movimento. [...] la "9000" è stata [...] difficile da disegnare. Ci siamo arrivati per passi progressivi, sviluppando diverse soluzioni.
  • [Sulla Fiat Croma] È una berlina estremamente equilibrata. Non ci sono masse in dispersione, al colpo d'occhio si presenta come una vettura raccolta, proporzionata. Merito dello slancio del cofano anteriore e della compattezza di quello posteriore. C'è una sensazione di dinamicità. E lo sportellone fa subito intuire che questa è una vettura destinata al grandi viaggi, con una straordinaria capacità di carico. Io, ovviamente, vedo le macchine sui tavoli da disegno o come modellini o, in ogni caso, nelle presentazioni statiche. Bene, devo dire che ho trovato ancora più bella la "Croma" in strada, nel suo ambiente naturale. Ci si inserisce felicemente, appare per quel che è: una vettura dei nostri tempi, le cui forme possono essere istintivamente capite e apprezzate, il che non sempre capita.

Intervista di Donata Gianeri, Stampa Sera, 26 giugno 1986, p. 15.

  • Essere cuneese significa anche possedere una certa pragmaticità, una tendenza a smitizzarsi, a non prendersi mai troppo sul serio.
  • Ho messo la stessa serietà professionale nel disegnare la pasta che nel disegnare automobili.
  • [...] sono un drogato del lavoro: dieci, dodici ore al giorno, mai una pausa, mai un sabato libero. La mia vita è impostata in un modo che gli altri definiscono dissennato: per funzionare bene, debbo esser sempre sotto stress, come un aereo a reazione, che se non tocca i mille chilometri, precipita giù. A questo punto o si smette o si deve per forza tenere il ritmo: allora il tempo si accorcia via via, i minuti diventano secondi, i giorni diventano ore, l'anno scorso hai prodotto tre, quest'anno dieci e sai già che l'anno prossimo dovrai produrre quindici. [...] È una sfida a se stessi, un voler vedere sin dove siamo capaci di arrivare. D'altronde, come si fa a fermarsi? C'è sempre la concorrenza che incalza, che obbliga a gettarsi in avanti, a sperimentare il nuovo, a rischiare; sennò gli altri ti fanno mangiare la polvere. Il mio è un lavoro da matematici e da musicisti, cioè quello di cambiare armonicamente le proporzioni, che va fatto, però, con la velocità del caricaturista da quotidiano. Mezzo mondo lavora alle cose cui lavori tu e il giorno dopo è già troppo tardi.
  • [...] voglio arrivare al fascino dell'essenziale, dove la struttura è l'estetica.

Intervista di Stefania Miretti, La Stampa sez. Torino e provincia, 7 ottobre 2001, p. 43.

La Fiat Panda disegnata da Giugiaro nel 1980: «avevo due indicazioni, il peso e il costo: [...] fu progettata pensando a chi non ha possibilità economiche, fu invece apprezzata dal ceto medio-alto, da chi aveva già altre auto in garage. Le racconto questo per dire che a volte facciamo calcoli clamorosamente sbagliati».
  • Mai avuto interesse per le auto, da bambino. Sono figlio e nipote di decoratori, i miei affrescavano le case, qualche chiesa. Il primo ricordo è legato al nonno. Io guardavo mentre preparava i decori sulla carta, a volte per farmi stare bravo mi permetteva di bucherellare sulle linee: questo sì, mi piaceva. [...] terminate le medie mi iscrissi a un liceo artistico privato. Però mio padre mi impose di frequentare contemporaneamente un corso serale di disegno tecnico: voleva che fossi cosciente del fatto che esistevano più possibilità. Pensi che si iscrisse anche lui, per controllarmi meglio. Mi obbligava a fare un disegno al giorno: io qualche volta ne facevo tre in un pomeriggio, ero velocissimo, così mi restava tempo per giocare. [...] Oggi so che a volte, per salvare una tua idea estetica, devi diventare un tecnico.
  • Era il 59, c'era il salone dell'auto, volevo comprarmi un paio di sci e avevo bisogno di soldi, chiesi a un amico di presentarmi Bertone, nella speranza che mi commissionasse qualche lavoretto. Mi diede da progettare un coupé, e quando vide il disegno disse: "Bene, adesso bisogna svilupparlo"... Ero sbalordito: "Come faccio", risposi, "io sono alla Fiat, e poi devo fare il militare...". Il giorno dopo mi sono licenziato dalla Fiat, e sono andato a lavorare da Bertone: pensavo che mi sarei trovato all'interno di un team, invece ero solo, e lavoravo sempre, giorno e notte, sabato e domenica... [«E il servizio militare?»] Bertone aveva promesso che mi avrebbe fatto esonerare, invece dovetti partire. Però mi lasciarono vicino, a Bra; dove il mio datore di lavoro mi aveva affittato una stanza d'albergo. Durante le ore di permesso, andavo lì e disegnavo. Poi, siccome s'era sparsa la voce che disegnavo bene, venivano i marescialli a chiedermi di fare il ritratto alla moglie o alla madre, e questo mi fruttò un po' di tempo libero in più. Mi sbrigavo a fare il ritratto, e tornavo alle auto.
  • [...] quando ero in Fiat, tra i miei coetanei ce n'erano di veramente geniali. Però erano distratti da mille cose, e si sono persi. Io sono stato molto fortunato, avevo dalla mia la salute e la volontà, e ho lavorato più di altri. Magari, ho avuto meno svaghi, pochi divertimenti giovanili...
  • Avevo due indicazioni, il peso e il costo: la Panda fu progettata pensando a chi non ha possibilità economiche, fu invece apprezzata dal ceto medio-alto, da chi aveva già altre auto in garage. Le racconto questo per dire che a volte facciamo calcoli clamorosamente sbagliati.
  • Prendiamo la Smart: non mi piace. Non amo un certo indirizzo frivolo e bambinesco [...]

Intervista di Vincenzo Borgomeo, la Repubblica, 26 giugno 2002.

La Volkswagen Golf disegnata da Giugiaro nel 1974: «io avevo montato fari rettangolari, ma per problemi di costi alla fine li misero tondi. Mi opposi, protestai, dissi perfino che così [...] davanti somigliava troppo all'Alfa Romeo Giulia GT. Sapete che mi risposero? "Se somiglia a un'Alfa, è meglio così"».
  • Perché proprio io fui scelto per disegnare la Golf? Facile: alla Volkswagen fecero un'indagine interna per stabilire quali erano le auto più belle nel 1970. Ne scelsero sei, e di queste quattro erano mie. [...] [«E poi che accordi avete preso?»] La storia è divertente: io avevo chiesto delle royalties per ogni esemplare prodotto, sarei diventato ricco, ma loro non potevano permetterselo. Così mi dissero che mi avrebbero messo una targhetta "Giugiaro" su ogni vettura. Lo faceva Pininfarina e per me andava bene. Fino a quando non mi chiesero gli stemmini da applicare sulle macchine: ne volevano 4000 al giorno. Sarei fallito per molto meno.
  • Arrivo in Germania. Centro ricerche Volkswagen. Era il gennaio del 1970. E al centro di un immenso stanzone trovo una Fiat 128 tutta smontata e sezionata pezzo per pezzo. Chiedo spiegazioni e mi rispondono candidamente "non riusciremo mai fare una macchina con una meccanica così raffinata a questo prezzo, per questo la Golf deve essere più piccola". Insomma la 128 era la loro macchina di riferimento.
  • [«E cos'è che invece non le è piaciuto della Golf?»] Le confesso che il modello che avevo fatto io aveva il parabrezza più inclinato e il cofano più corto, ma allora la VW aveva paura di rispettare in pieno le norme USA, per i riflessi, le prove di crash, eccetera. Poi io avevo montato fari rettangolari, ma per problemi di costi alla fine li misero tondi. Mi opposi, protestai, dissi perfino che così la Golf davanti somigliava troppo all'Alfa Romeo Giulia GT. Sapete che mi risposero? "Se somiglia a un'Alfa, è meglio così".

Intervista di Piero Bianco, La Stampa sez. Speciale motori, 20 maggio 2004, p. 3.

[Sulla progettazione di automobili]

  • [«Quanto incidono sul design le nuove leggi votate alla sicurezza?»] Le norme [...] mirano, giustamente, a tutelare non soltanto gli occupanti della vettura, ma anche i pedoni, ciclisti e motociclisti. Si pretende massima sicurezza in caso d'impatto. Tutto questo incide ovviamente sul modo di concepire all'origine un modello: c'è la necessità di studiare frontali diversi, con paraurti alti e predisposti per assorbire il più possibile l'urto e soprattutto non proiettare il pedone contro il parabrezza. Non è difficile fare queste modifiche, però bisogna renderle belle: la difficoltà è proprio conservare l'equilibrio dell'armonia d'insieme. Del resto [...] le norme sulla sicurezza hanno già imposto altri mille vincoli agli stilisti. Bisogna adeguarsi, le vetture di oggi sono certamente molto più sicure.
  • Se si esagera nella ricerca di soluzioni avveniristiche, talvolta si perde la misura del buon gusto. Qualcuno può restarne incantato, ad altri può non piacere. L'avanguardismo esagerato divide. Quando presentai la Brera, pensai a una vettura che non fosse "sconvolgente", però doveva essere un'idea gradevole e facilmente comprensibile. Una linea fresca e armonica, senza frenesia di eccessi stilistici. Nella musica si direbbe una bella canzone per tutti.
  • [«Nelle sue vetture non c'è mai rinuncia alla seduzione»] Certo, un pizzico di edonismo non guasta: l'auto è il giocattolo dell'uomo, uno sfogo psicologico. Come una bella donna, deve piacere a prima vista, essere sexy. Se non ti conquista al primo impatto, difficilmente avrà successo.
  • I giapponesi e gli europei hanno stuzzicato la creatività degli statunitensi, che si sono evoluti sia come qualità sia come forme. Tuttavia nel gusto europeo c'è la storia, che deriva da una lontana attività artigianale. La cultura dominante, più calma e riflessiva, resta la nostra: trasmettere tecnologia con la forma. L'ideale è una miscela ben equilibrata.

Intervista di Michele Fenu, La Stampa, 20 aprile 2005, p. 18.

[Sulla Fiat Croma (2005)]

  • Qui abbiamo una nuova tipologia di auto, con caratteristiche proprie, sviluppata con particolare attenzione alle normative legate alla protezione del pedone in caso di incidente. Cofano allungato, un corpo vettura robusto, dalle ampie vetrature, linee morbide e dinamiche insieme, una calandra importante, a sviluppo orizzontale. [...] Amo chiamarla "comfort wagon". Non è una monovolume o una giardinetta, piuttosto un'evoluzione di una grande e comoda berlina due volumi. Filante e solida insieme.
  • Ho ricercato tre concetti: abitabilità, innovazione e tanta qualità. Questa Croma non voleva e non doveva essere un'auto edonistica o fascinosa [...]. Ispirandoci ai valori del marchio Fiat, volevamo un mezzo elegante e funzionale, una magnifica viaggiatrice che permettesse di spostarsi con grande comfort, offrendo uno spazio maggiore di quello di una berlina classica. Ho dedicato particolare cura all'impostazione aerodinamica, perchè volevo evitare consumi eccessivi e proporre un prodotto con un ottimo controvalore.
  • Nella mia attività di designer ho sempre pensato che in auto si deve privilegiare la comodità. [...] La Croma è nata intorno ai sedili posteriori. Un approccio, se volete, innovativo, ma è questa la sua forza. [...] Le sedute del divano sono più alte di quelle di una berlina, ma non tanto come quelle di un Suv o di un monovolume, dove ti devi arrampicare. Il passeggero non deve salire né scendere, ma accostarsi in orizzontale, favorito dall'abbassamento dell'ingombro del brancardo, che è quasi in linea con il pavimento. I piedi non rimangono infossati. Nello stesso tempo l'essere in una posizione sopraelevata rispetto alle poltrone anteriori permette di avere un'ampia visibilità. È uno studio ergonomico attento, che dà una sensazione di grande respiro.

Intervista di Michele Fenu, La Stampa, 7 settembre 2005, p. 7.

[Sulla Fiat Grande Punto]

La Fiat Grande Punto disegnata da Giugiaro nel 2005: «ho immaginato un'auto [...] ricca di dinamismo, formosa. Italianissima nel senso che, pur essendo un modello di larga diffusione, si ispira alla tradizione [...] dei carrozzieri che creavano vetture filanti, piene di grinta e di carattere. Mi piace pensare [...] a una bella donna, il cui corpo solido e sexy è posto in risalto da un abito elegante ed attillato».
  • [«C'è qualche elemento che unisce Punto e Grande Punto?»] Uno solo: lo spirito di rinnovamento. Da allora a oggi molte cose sono cambiate nel mondo dell'auto e nei gusti della gente. Sono comparsi tanti altri modelli in questa fascia di mercato, spesso ispirati alla Punto, le dimensioni delle vetture sono cresciute, le norme di sicurezza sono diventate più rigide, i clienti vogliono vetture capaci di emozionare. Ecco, la Grande Punto, e hanno fatto davvero bene in Fiat a definirla così, interpreta questi fattori con la stessa carica innovativa della Punto.
  • [...] ho immaginato un'auto italianissima, ricca di dinamismo, formosa. Italianissima nel senso che, pur essendo un modello di larga diffusione, si ispira alla tradizione di sportività dei carrozzieri che creavano vetture filanti, piene di grinta e di carattere. Mi piace pensare alla Grande Punto come a una bella donna, il cui corpo solido e sexy è posto in risalto da un abito elegante ed attillato.
  • È sempre impegnativo rivestire un modello destinato a un pubblico vastissimo. Direi che qui il lavoro è stato ancora più scientifico, perchè bisognava tener conto di uIteriori vincoli, in particolare quelli fissati dalle nuove leggi di protezione per il pedone. [...] Certo, l'inventiva e la creatività rimangono, eccome: la mia sfida era di arrivare a una forma emozionante e di vedere i vincoli non come ostacoli ma come spunti per nuove linee e soluzioni estetiche. [...] un frontale forte, importante, modellato secondo i canoni delle normative urto pedone, che prevedono volumi più gonfi, taglio cofano più largo e una struttura paraurti rastremata. [...] Se guardate la vettura dall'alto, il "muso" appare smussato ai lati e nella vista di tre quarti posteriori sembra cortissimo. Il parabrezza e il cofano hanno un movimento omogeneo, senza interruzioni marcate. E la calandra propone in modo netto la linea di bipartizione tra cofano e paraurti. [...] La linea a cuneo [...] regala un senso di potenza, la terza luce sulla fiancata [...] migliora la visibilità nelle manovre, gli specchietti aerodinamici, simili a quelli di una vettura da corsa, le ruote grandi con i passaggi ruote di dimensioni generose. Nella parte posteriore abbiamo continuato la tradizione della Punto con i fanali carenati a sviluppo verticale e integrati nei due montanti, però più piccoli. E l'insieme, con il paraurti situato a una altezza da terra più elevata, è assai più muscoloso.
  • Un'auto dalla funzionalità emozionante. Pratica ed edonistica. Per gente giovane o dallo spirito giovane. Non è un modello "solo" per trasportare la famiglia. E ben di più: un'auto per divertirsi.

Intervista di Michele Fenu, La Stampa, 20 ottobre 2005, p. 37.

[Sulla Ferrari GG50]

  • [...] ho pensato [...] a una Ferrari da poter usare con la mia famiglia, diversa da quelle della splendida tradizione della Pininfarina. [...] Montezemolo [...] mi ha dato il via libera, proponendomi come base di questo mio esercizio la Scaglietti e consegnandomi un giusto avvertimento: "Si diverta liberamente, ma, mi raccomando, faccia una Ferrari e non una Giugiaro".
  • Ho pensato a un oggetto che mantenesse lo spirito e l'identità Ferrari, ma che fosse più sportivo, compatto e pratico. Ad esempio, io amo sciare e volevo poter trasportare comodamente un paio di sci all'interno. [...] Ho mantenuto il passo della Scaglietti [...] ma ho ridotto la lunghezza [...]. Davanti ho compiuto interventi minimi, accorciando lo sbalzo [...], ma ho rivisto radicalmente il layout della zona posteriore. In particolare, invece del serbatoio del carburante verticale, ho voluto un contenitore che rimanesse interamente al di sotto del piano di carico. Così quest'ultimo è piatto e, abbattendo gli schienali dei sedili, si ha una capacità di 500 litri. Inoltre, ho scelto di utilizzare un vero e proprio portellone posteriore, incernierato alla fine del tetto.
  • [«Ci sembra una vettura compatta e aggressiva: perde il terzo volume della Scaglietti per una coda chiaramente fastback...»] Volevo che desse un'impressione di grande dinamicità, pronta a mordere l'asfalto, capace di nascondere i sedili posteriori, tanto da poter essere percepita come una biposto. Ho arrotondato gli spigoli di muso e coda, il fianco è pulito, la linea di cintura si inarca in corrispondenza della ruota posteriore per sottolineare il muscolo del passaruota.
  • [«Qual è l'elemento forte del design della GG5O?»] La semplicità, di frontale e coda. Il muso si prolunga al centro, la tipica calandra Ferrari è molto bassa, i proiettori anteriori sono verticali, il cofano lungo, integrato con i parafanghi e solcato da una V solo accennata. Le linee scorrono naturali, dietro i doppi fari tondi sono asimmetrici. C'è l'accenno di un minispoiler, la presenza del portellone è quasi impercettibile. E il tetto in vetro fotocromatico crea una superficie continua con il parabrezza.

Intervista di alvolante.it, 14 giugno 2013.

  • [...] le ruote costituiscono un elemento fondamentale nella percezione dell'automobile. Una ruota di grandi dimensioni alleggerisce l'impatto visivo e rende più dinamica la carrozzeria. Troppo a lungo, nel progettarle abbiamo fatto i conti solo con esigenze funzionali e di costo. Se mi si passa il paragone, le ruote per un'auto sono un po' come gli occhi per una donna. Se sono grandi, e proporzionate, valorizzano l'insieme.
  • [Nel 2013, «che cosa pensa dei giovani designer?»] Escono dalle scuole con una gran voglia di cambiare a la realtà, anche a costo di rischiare degli scivoloni sul piano del buon gusto. E, infatti, guardando i loro progetti, se ne trovano alcuni davvero barocchi. I giovani sono molto creativi, ma non hanno la percezione di quanto un progetto sia concretamente attuabile. Ci arrivano dopo anni di lavoro nel mondo della progettazione. Quando escono dalle scuole non sanno neanche come si fa uno stampo, non sanno nulla di saldatura, assemblaggio, costo del prodotto. Entrano nelle aziende e la loro creatività si confronta con la cultura degli ingegneri che, invece, conoscono perfettamente i processi, ma tendono a non condividere questo loro patrimonio di conoscenze. In fondo è una questione di potere. Si è mai visto un designer al vertice di una casa automobilistica? Ci arrivano ingegneri, uomini di marketing e di finanza, economisti. Ma i designer no. [«Chi decide, nelle case automobilistiche, preferisce lasciare ai designer la creatività...»] Sì, i designer si preferisce lasciarli nel loro Olimpo, anziché farli avvicinare alla vera conoscenza tecnica. Immaginate, invece, un ingegnere gestito da un designer con una robusta base tecnica. Sarebbe costretto a trovare quelle soluzioni che spesso vengono bocciate. Che rivoluzione! Lo dico per esperienza, perché nella mia carriera ho dovuto tantissime volte trovarle io, le soluzioni che avrebbero garantito la fattibilità di un progetto, al punto che sono diventato più ingegnere degli ingegneri. Dovevo difendere le mie idee.
  • Il design richiede umiltà e precisione, per certi versi è un po' come fare il manovale. Non è facile trovare questo approccio in chi magari si è laureato in architettura, ha seguito dei corsi di design e si trova a immaginare un prodotto industriale complesso come l'automobile. Fare il designer in modo logico, cioè con cognizione di causa, costa fatica. Il design, del resto, non è soltanto stile, anche se il mondo della comunicazione oggi pone l'accento soprattutto su questo aspetto e chiede prodotti emozionanti. Il rischio, per chi non ha una cultura adeguata, è di disegnare dei prodotti brutti.

Artemisa Bega, automotivespace.it, 10 ottobre 2014.

  • Il design svolge una insostituibile funzione di mediazione tra l'uomo e gli oggetti e i servizi che fanno parte del quotidiano: la creatività "applicata" per il designer assolve il bisogno di partire dall'esistente per trasformarlo mediante interventi capaci di procurare un beneficio sostanziale e non soltanto una valenza estetica.
  • Io dico sempre che un bravo designer deve essere anche un po' ingegnere. Deve cioè possedere un bagaglio minimo di conoscenze che gli permetta di supportare, anche nel processo produttivo, le soluzioni estetiche e progettuali che ha in mente. È una conoscenza che ho potuto apprendere dalla mia esperienza in Fiat e che ho continuato a coltivare negli anni; mi ha consentito di vincere la resistenza di più di un ingegnere soprattutto verso soluzioni inedite, che però poi si sono rivelate vincenti e sono divenute uno standard di produzione. Se non avessi avuto la certezza che la mia idea poteva essere realizzata, probabilmente avrei dovuto abbandonarla e sarebbe stato un peccato.
  • Non sono particolarmente affezionato alle auto che ho disegnato in passato. Non amo legarmi ad un'auto anche perché in tutta la mia carriera ho imparato, una volta terminato un progetto, a guardare sempre a quello futuro. Quando mi capita di guardare "vecchie glorie" come Panda, Golf o Uno non posso fare a meno di soffermarmi su alcuni aspetti che, oggi, inevitabilmente, farei in modo completamente diverso.

Intervista di Paolo Briscese, esquire.com, 31 ottobre 2017.

  • Provengo da una famiglia di artisti, pittori e affrescatori. Ho respirato creatività e arte figurativa sin da bambino, mio padre però è stato lungimirante imponendomi dei corsi di studi più tecnici da affiancare alla pittura. Sono entrato in Fiat a 17 anni, è stata la mia "università": disegnavo componenti, particolari, frigoriferi... poi fui assunto alla carrozzeria Bertone e lì per la prima volta, ho approcciato l'universo delle auto.
  • Come si progetta un'automobile?»] È un processo graduale e articolato. Il punto di partenza è il posizionamento dell'auto: occorre comprendere e condividere l'architettura e il target a cui si riferisce, per poi analizzare tutti gli aspetti di packaging, abitabilità, telaio, ingombri meccanici. Lo spazio e la funzione vengono prima della forma e dello stile.
  • [«Quanto contano la forma, il tatto e l'utilizzo dei materiali nella progettazione di una macchina?»] La forma incide moltissimo nella scelta di un prodotto. L'elemento visivo è il più immediato e deve appagare attraverso proporzioni e linee che ne caratterizzano l'esterno. I materiali e quindi gli interni devono saper comunicare il più possibile i valori del brand o del modello: pensiamo per esempio alle pelli, ai tessuti, alle superfici in cui entriamo in relazione quando utilizziamo questo prodotto.
  • Ogni progetto ha un suo percorso nel momento storico in cui si è affrontato. Con il passare del tempo tutto si data, invecchia e si supera. Non sono un nostalgico e la mia indole mi impone di guardare sempre avanti.
  • [«[Qual è la vettura] che avrebbe voluto disegnare»?] Sicuramente la Citroen DS19, inimitabile, geniale, timeless...

Intervista di Giuseppe Tassi, motori.quotidiano.net, 3 aprile 2018.

La DeLorean DMC-12 disegnata da Giugiaro nel 1981: «era dichiaratamente una vettura da sogno, qualcosa che si sposava bene all'idea di un viaggio nel tempo. [...] quelle porte ad ali di gabbiano e la carrozzeria in acciaio inossidabile sembravano proiettate in un'altra epoca. Fu divertente ritrovarla protagonista di un film di successo».
  • La mia estetica ha sempre tenuto conto delle tecnologie. Tutto quello che è solo design svincolato dal resto cozza contro esigenze pratiche e non può avere successo.
  • [Sulla DeLorean DMC-12] Era dichiaratamente una vettura da sogno, qualcosa che si sposava bene all'idea di un viaggio nel tempo. Eravamo nel 1981, ma quelle porte ad ali di gabbiano e la carrozzeria in acciaio inossidabile sembravano proiettate in un'altra epoca. Fu divertente ritrovarla protagonista di un film di successo.
  • [«Nella sua carriera ha disegnato di tutto: automobili ma anche un pallone per la Nba, macchine fotografiche per Nikon, macchine da cucire per Necchi, orologi per Seiko»] Il design non cambia da un campo a un'altro, devi sempre creare qualcosa che facilita la vita, la rende più semplice. Il design è logico perché è funzionale [...]. Non bisogna disegnare per stupire. Oggi vedo coltelli inutilizzabili e cucchiai affilatissimi da cui cola il brodo. Da piccolo guardavo mia madre sarta, china sulla macchina da cucire. Quando progettai Logica per la Necchi pensai a lungo a lei e alle sue fatiche. Così la disegnai una macchina alta e fiera sul suo supporto, perché tutte le sarte non dovessero più lavorare a capo chino.

Intervista di Stefano Parola, la Repubblica, 7 agosto 2018.

  • Da bambino sono sempre stato immerso tra disegni e colori. I miei volevano che facessi il liceo artistico e poi l'accademia, invece mi sono ritrovato a fare uno stage in Fiat grazie a un professore che era lo zio di Giacosa [l'inventore della 500, ndr]. Avevo fatto un corso di disegno tecnico e quando mi dissero che avevano bisogno di personale per un nuovo centro stile, accettai. Così sono rimasto intrappolato nell'industria. [«Avrebbe preferito diventare un artista?»] Non rimpiango nulla, perché l'auto mi ha dato in tempi piuttosto rapidi ciò che forse non avrei ottenuto con la pittura.
  • Se hai un Picasso in casa non lo vede nessuno, mentre l'auto sì. Anche il povero cristo, per la strada, può sentirsi come il dottore o l'industriale. Questo esibizionismo non tramonterà.
  • [Su Sergio Marchionne] È stato un uomo eccezionale, ma di finanza e non di prodotto. Ha salvato la Fiat, bisogna rendere onore al suo temperamento.

Intervista di Andrea Rinaldi, torino.corriere.it, 30 novembre 2018.

  • [Su Dante Giacosa] [...] non solo un ingegnere tout court, ma un uomo con una grande passione per il mondo artistico, che si divertiva a fare le caricature durante le riunioni. Ha realizzato prodotti che ancora oggi, dal punto di vista della logica, sono insuperabili: far stare 4 persone in una macchina e dare all'intero Paese l'opportunità di spostarsi... be' ci vuole una bravura unica. La bravura di chi sa fare le cose giuste in un contesto difficile, non dimentichiamoci che nel '57 eravamo poveri. [...] Pur essendo esperto di prodotti di una certa consistenza per i ricchi, Giacosa ha cercato di soddisfare i suoi operai e dargli l'opportunità di spostarsi come i più abbienti.
  • Sarà stata anche "una barzelletta che viaggia", come ci canzonavano gli americani, però con la 500 ci siamo spostati in tutto il Paese con norme di sicurezza impensabili oggi.
  • Non ha cose inutili: la 500 è la cosa più vicina all'uomo. È un prodotto dell'intelligenza per muoversi senza sciupare spazi, pesi e costi e per mostrare il necessario, senza fare i superbi.

Intervista di Matteo Comoglio, gazzettatorino.it, 6 marzo 2020.

[Sulla Fiat Panda (1980)]

  • Per ciò che riguarda l'interno [...] usai più un approccio da architetto, ispirandomi alle sedie come la chaise-longue che ha una struttura tubolare, per disegnare i sedili e, usando questa configurazione "a tubi" per l'intero abitacolo. Nella mia idea il sedile anteriore doveva essere più spartano di come poi è stato per la produzione in serie, mentre hanno mantenuto la "culla" per il sedile posteriore e per il grande vano portaoggetti anteriore. Per risparmiare peso anche il vetro discendente era stato inizialmente concepito da me con una semplice rotella che scorreva in una guida su e giù, ma poi si preferì optare per la classica manovella alzavetro.
  • Credo che la Panda, nonostante fosse una vettura estremamente semplice e sicuramente meno blasonata di tante altre che ho disegnato dopo, sia ancora oggi un buon esempio di utilitaria, con un unico difetto: è stata una vettura pensata con un approccio forse troppo da architetti che non da puristi del design. Inizialmente, infatti, nonostante molte soluzioni fossero all'avanguardia, soprattutto per gli interni, non venne compresa a fondo risultando troppo essenziale e spartana, soprattutto in Italia.
  • [...] in fondo la Panda, soprattutto nella sua prima serie è una vettura che ha un forte legame con l'architettura e non sfigurerebbe certo a fianco di molti altri oggetti che hanno fatto la storia del design.

Interviste non datate

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L'Alfa Romeo Alfasud disegnata da Giugiaro nel 1972: «per alcune nasce prima la musica (che per noi sarebbe la meccanica) e poi si va dal carrozziere perché ci appicchi su le parole (la carrozzeria); per altre canzoni parole e musica nascono contemporaneamente. Quest'ultimo è il caso dell'Alfasud».
  • [Sull'Alfa Romeo Alfasud] L'ingegner Hruska aveva stabilito precise misure per il bagagliaio e non ha "mollato" neppure di un centimetro. Ha sempre detto che l'Alfasud doveva essere pratica, pratica, pratica; ha voluto che nel baule ci stessero quattro valigie enormi, che forse non sono neppure in commercio tanto solo alte e larghe, e io ho dovuto condizionare la linea a questa esigenza. [...] La meccanica ha influito moltissimo, è chiaro, e non potrebbe essere altrimenti. Però con l'Alfasud c'è stato un modo diverso di lavorare. Mi spiego: solitamente il carrozziere prende una vettura già esistente e le mette addosso l'abito che preferisce. Questa volta, invece, l'auto non c'era ancora, essa era delineata da un capitolato derivante da un approfondito studio di mercato dell'Alfa Romeo, e quindi meccanica e linea hanno proseguito di pari passo. Ho lavorato sotto la continua guida dell'ingegner Hruska e posso dire di non aver tracciato un segno con la matita senza la sua approvazione. Insomma, è un po' quello che succede con le canzoni. Per alcune nasce prima la musica (che per noi sarebbe la meccanica) e poi si va dal carrozziere perché ci appicchi su le parole (la carrozzeria); per altre canzoni parole e musica nascono contemporaneamente. Quest'ultimo è il caso dell'Alfasud. E devo dire che è un sistema di lavoro molto più esaltante, che dona maggiori soddisfazioni.[16]

Citazioni su Giorgetto Giugiaro

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  • Conosco persone che, non avendo alcuna specifica scolarità tecnica, sono comunque più preparate di molti neo ingegneri, architetti o studenti di scuole di design. Questo grazie alla loro passione e impegno come autodidatti. Giorgetto Giugiaro, il designer del secolo, è un autodidatta, ma purtroppo oggi, a causa della sua mancanza di scolarità specifica, non verrebbe assunto in nessun Centro Stile. Questa è una situazione triste, ma reale. (Enrico Fumia)
  • Giorgetto Giugiaro è il designer per tutti e di tutti. Non ha disegnato auto stravaganti o da sogno, ma le auto che gli italiani hanno parcheggiato sotto casa [...]. Questo lo rende un personaggio familiare, non solo per la celebrità del suo nome, ammirato e ascoltato nel mondo. Ci ha lasciato l'Alfasud e la Panda, la Uno e la Punto, ma anche l'Alfa Romeo Gt, che magari non avevamo ma desideravamo. È il genio della porta accanto. (Giosuè Boetto Cohen)

Note

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  1. Citato in Fulvio Cinti, I carrozzieri sono realisti, non è più tempo di sogni, La Stampa, 13 novembre 1971, p. 21.
  2. Citato in Una macchina o una moto? Per Giugiaro è provocazione, Stampa Sera, 22 aprile 1986, p. 21.
  3. Citato in Sebastiano Messina, Ecco la Ferrari GG50, "la Rossa che vorrei", repubblica.it, 18 ottobre 2005.
  4. Da un evento del Gruppo Dirigenti Fiat al Museo dell'Automobile di Torino, 14 novembre 2019; citato in Piero Bianco, Lancia Delta, quarant'anni da star, veloce.it, 27 dicembre 2019.
  5. Da un evento del Gruppo Dirigenti Fiat al Museo dell'Automobile di Torino, 14 novembre 2019; citato in Piero Bianco, Dopo quarant'anni la Lancia Delta continua a regalare emozioni, autologia.net, 27 novembre 2019.
  6. a b Citato in Adriano Torre, Giorgetto Giugiaro racconta la sua Panda: "Ho disegnato un frigorifero", auto.it, 11 luglio 2024.
  7. a b Dall'intervista di Vittorio Sabadin, Giugiaro: «Com'è difficile progettare per il futuro», La Stampa, 1º giugno 1984, p. 15.
  8. Dall'intervista di Piero Bianco, Il gioiello di Giugiaro «Brera è un'Alfa sexy che sa dare emozioni», La Stampa sez. Speciale motori, 14 marzo 2002, p. 15.
  9. a b Dall'intervista di Michele Fenu, Più bella che mai, si ispira alla Brera, La Stampa, 4 giugno 2003, p. 12.
  10. a b Da Umberto Panarella, Intervista a Giorgetto Giugiaro, archimagazine.com, 8 ottobre 2004.
  11. Dall'intervista di Silvia Nani a Casastile; citato in Giugiaro: «Il made in Italy è tensione verso la qualità», arketipomagazine.it, 15 aprile 2008.
  12. Dall'intervista di Leonardo Di Paco, «La sfortuna di Lancia è stata la Fiat: Agnelli alla Delta preferiva la Ritmo», cronacaqui.it, 14 settembre 2019.
  13. a b Dall'intervista Fiat, dopo il 1976 con Panda e Uno arriva il design di Giugiaro, ansa.it, 11 luglio 2024.
  14. a b Da un'intervista a La Verità; citato in Roberto Mazzu, Giugiaro 'Della mia Panda non è rimasto nulla, ora decidono i francesi. Cina? Siamo morti', auto.everyeye.it, 12 luglio 2024.
  15. Dall'intervista di Leonardo Di Paco, Giugiaro: "Che dolore vedere in vendita la mia Italdesign. C'è stata troppa fretta sull'elettrico", lastampa.it, 9 maggio 2025.
  16. Da un'intervista a Gente Motori; citato in Samuele Prosino, Alfasud, secondo Giugiaro, formulapassion.it, 13 novembre 2021.

Altri progetti

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