Sergio Marchionne

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Sergio Marchionne nel 2007

Sergio Marchionne (1952 – 2018), dirigente d'azienda italiano naturalizzato canadese.

Citazioni di Sergio Marchionne[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [...] il costo del lavoro rappresenta il 7-8 per cento e dunque è inutile picchiare su chi sta alla linea di montaggio pensando di risolvere i problemi. Se avessi tagliato metà dei dipendenti, a parità di volumi, non avrei riportato Fiat Auto al pareggio. Quando si perdono 3 milioni di euro al giorno, come succedeva fino a due anni fa, e uno pensa che sia colpa degli operai vuol dire che ha saltato qualche ponte sulla sua strada. Questi sono metodi che forse possono andar bene nel sistema anglosassone, ma che da noi non funzionano.[1]
  • Concentrarsi su se stessi è una così piccola ambizione.[2]
  • Juventus e FIAT sono esempi dell'eccellenza italiana nel mondo e, oltre alla popolarità, condividono alcuni valori fondamentali: l'importanza della squadra e delle persone, l'ambizione di puntare a risultati eccellenti, lo spirito competitivo e la coscienza che il successo non è mai permanente, ma va conquistato ogni giorno.[3]
  • Entrambi, Juventus e Jeep, cominciano con la J: in America è usata per insegnare ai bambini la lettera, allo stesso modo in cui viene usata la Juventus in italiano.[4]

«Una società liberale che vuole durare deve difendere chi è colpito dal cambiamento»

Dall'intervento al convegno de L'industria, 22 settembre 2007; citato in corriere.it, 23 settembre 2007.

  • Alcuni economisti sono convinti che il sistema europeo – per migliorare produttività, efficienza e profitti – debba convergere verso il modello americano. Non credo che questo tipo di convergenza sia possibile nel medio termine, ma non credo neppure sia auspicabile.
  • Qualche ragione c'è se gli investimenti esteri sono ancora così bassi. E queste ragioni si chiamano burocrazia, servizi, infrastrutture, tasse e costi di gestione. Dalla mia esperienza personale, ho visto che i vincoli burocratici alla fine proteggono aziende inefficienti, aziende che non hanno prospettive di sviluppo e nella maggior parte dei casi scaricano i costi sui clienti.
  • Tutti questi ragionamenti valgono a maggior ragione per il Sud Italia, dove è prioritario colmare il gap nei confronti del resto del Paese. Ma la prospettiva con cui ci si deve muovere non può essere quella assistenziale. La cultura dell'assistenzialismo produce dipendenza e spegne lo spirito di iniziativa e il senso di responsabilità.

Marchionne: l'Italia è vergognosa

Dall'intervento alla Federazione dei Cavalieri, Firenze; citato in Massimo Vanni, la Repubblica, 3 ottobre 2010.

  • Il Paese ha perso il senso istituzionale, la bussola è partita, qualcuno ha aperto i cancelli dello zoo e sono usciti tutti. È difficile andare in giro per il mondo a spiegare cosa succede in Italia. È vergognoso.
  • In questo clima di incertezza, aspettare la crescita senza fare nulla appare come un atto di fede.
  • In Europa si sta esternalizzando il welfare a carico delle aziende. Guardate il conto dell'Inps e chi sta pagando veramente la Cig.
  • Investiamo 20 miliardi di euro e prendiamo anche gli schiaffi. E invece stiamo cercando di trasformare una rete produttiva che oggi non può reggere, perché non è facile mantenere qui una fabbrica.
  • Le logiche economiche e finanziarie ci spingerebbero verso altri paesi che offrono condizioni più vantaggiose e maggiori certezze. Ma credo che la Fiat abbia il dovere di guardare prima di tutto all'Italia, per quello che ha sempre rappresentato e per quello che significa ancora oggi per il Paese.

Citazioni non datate[modifica]

  • Il vero problema dei manager è che più piramidi crei e peggio gestisci l'azienda. Se avessi tre vice sotto di me starei tutto il giorno a rompergli le scatole chiedendogli cosa stanno facendo. Più stretto è il controllo e peggio funziona l’azienda. È per questo che io ho 70 o 80 persone con le quali lavoro direttamente e così rompo loro le scatole in maniera più distribuita.[5]

Citazioni su Sergio Marchionne[modifica]

  • Alcuni intellettuali e politici hanno etichettato Marchionne come "cattivo manager", che investe poco e punta solo ad abbattere il costo del lavoro. C'è del vero in queste accuse, ma bisogna rendersi conto che esse sono superficiali. In un certo senso potremmo considerarle simmetriche all'affrettato elogio del "capitalista buono" che gli veniva rivolto non moltissimo tempo fa. La verità è che Marchionne non è né buono né cattivo: egli è solo una equazione, è una mera funzione del meccanismo di riproduzione del capitale. Finché a un manager viene concesso, questi minaccerà sempre di effettuare investimenti lì dove le opportunità di sfruttamento del lavoro e i relativi profitti sono maggiori. (Emiliano Brancaccio)
  • Devo a Marchionne tantissimo, ebbe il coraggio di dare fiducia ad un giovane di 37 anni, lanciandomi nel mondo dell'alta dirigenza. Assegnarmi la responsabilità del marchio Fiat e della 500 fu una sua scommessa; da lì dipendeva tanto del futuro della Fiat. Non dimenticherò mai la notte, a Torino, in cui avvenne la presentazione della vettura, camminavamo per la strada, la gente ci salutava, batteva le mani a Marchionne, era felice, la Fiat era ripartita. (Luca de Meo)
  • È stato un uomo eccezionale, ma di finanza e non di prodotto. Ha salvato la Fiat, bisogna rendere onore al suo temperamento. (Giorgetto Giugiaro)
  • Il suo unico valore era il business, il mercato, la globalizzazione capitalistica. Dopo essersi appropriato di qualsiasi tipo di finanziamento pubblico ha trasferito la sede legale e fiscale all'estero, lasciando in Italia stabilimenti vuoti. (Marco Rizzo)
  • Il vero problema della Fiat non sono i lavoratori, l'Italia o la crisi (che sicuramente esiste): il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo Amministratore Delegato. (Diego Della Valle)
  • [Il] mago Otelma delle 4 ruote, che non fa una macchina, mentre gli imprenditori si misurano dai loro prodotti. (Diego Della Valle)
  • È un talento assoluto, bravissimo sul piano operativo. Ma ama essere in charge. Per un sottoposto è difficilissimo avere a che fare con un uomo così forte, e con tutto quel carisma. (Bernie Ecclestone)
  • L'esempio che Sergio ci da è il coraggio, il coraggio di non avere paura, ma al contrario affrontare le avversità. E se i problemi, come spesso, in qualunque organizzazione sono legati alle persone, credere nell’abilità e nella capacità delle persone di fare grandi cose è indubbiamente quello che lui ha fatto, in numerose occasioni. (John Elkann)
  • [Sulle dichiarazioni di Sergio Marchionne sulla scarsa attrattività dell'Italia] Marchionne mi sembra che ieri abbia dimostrato di essere un po' più canadese che italiano, visto che è italo-canadese. [...] Ha detto una cosa che sarebbe normale se detta da uno che non è un top manager italiano, ma è un po' paradossale che lo dica l'amministratore delegato della Fiat perché, se è ancora un grande colosso, è stato perché c'è stato il contribuente italiano a garantirlo. (Gianfranco Fini)
  • Marchionne non nasce dal nulla, Marchionne nasce da decenni nel corso dei quali diritti, legalità e magistratura sono stati oggetto di un attacco violento. Chi parla della FIOM come di un sindacato aggressivo sbaglia obiettivo: l'aggressività e la violenza sono dall'altra parte. (Stefano Rodotà)
  • Marchionne non va demonizzato. [...] Anche se la Fiat ha ricevuto ingenti contributi dallo Stato ha cento ragioni, come quando parla di perdita della competitività in Italia o degli stranieri che non investono nel nostro Paese. Dice cose sacrosante, non riesco a dargli torto. Bisogna rendersi conto della realtà, altrimenti la Fiat chiude le saracinesche delle fabbriche e va in Serbia. (Pier Ferdinando Casini)
  • Rimbalzano le parole dei comunicati e le frasi sulle condizioni ancora peggiorate, lui che "non potrà riprendere l'attività lavorativa", i ringraziamenti, il commiato inevitabile ormai: tutti frammenti che dall'Italia precipitano fin quassù [Ospedale Universitario di Zurigo], dove erano partite. Scorrono insieme alle immagini dell'ultima uscita pubblica di Sergio Marchionne, il 26 giugno, lui un po' gonfio che respira a fatica mentre consegna la nuova Jeep alla sua amata Arma dei Carabinieri. Un altro segno del destino. Così dice addio il figlio del maresciallo maggiore Concezio, in fondo siamo figli per sempre, e insieme dice ciao papà. (Maurizio Crosetti)
  • Sia negli Usa che in Europa, è toccato a un professionista multidimensionale, che però non era un car guy – ma un avvocato, certificatore di aziende, ottimizzatore finanziario, riassicuratore per le imprese – salvare due marchi storici che erano falliti. (Oscar Giannino)

Alberto Sabbatini[modifica]

  • A Torino Marchionne arrivò praticamente da sconosciuto nel 2004. Era appena morto Umberto Agnelli e la famiglia aveva estromesso brutalmente l'ad Giuseppe Morchio, che aveva avuto l'ardore di chiedere, direttamente al funerale di Umberto, di entrare come socio nell'azienda. Ma chi mettere al suo posto? Montezemolo fu scelto presidente, ma a chi affidare il gravoso compito della gestione quotidiana dell'azienda che deve sorbirsi l'amministratore delegato? Qualcuno si ricordò che Umberto Agnelli, prima di morire, aveva parlato benissimo di un tal Sergio Marchionne, esperto di economia, italiano di Chieti emigrato in Canada e ora cittadino svizzero che dirigeva una piccola compagnia finanziaria satellite del gruppo, la Sgs. Marchionne fu convocato e assunse l'incarico. All'epoca indossava ancora giacca e cravatta. La Fiat a quell'epoca aveva un indebitamento di qualcosa come otto miliardi di euro. Era alle soglie del fallimento. In cassa c'erano soldi per pochi mesi di stipendio delle maestranze. Marchionne all'inizio non diresse direttamente il settore dell'auto, ma l'intero gruppo industriale. C'erano altri manager alla guida di Fiat, Alfa e Lancia. Un ingegnere austriaco e uno tedesco ex BMW. Bastò un anno e mezzo a Marchionne per capire che non facevano al caso suo. [...] quei manager-tecnici erano lenti e troppo esitanti a prendere decisioni per riuscire a rivoluzionare. Erano abituati con calma, alla tedesca, a sperimentare ben bene prima di costruire. Marchionne gli fece capire che non c'era tempo. Mancavano i soldi per sopravvivere così a lungo se non si costruivano in fretta nuove auto da vendere per fare cassa. Li mandò via e assunse in prima persona l'incarico di amministratore delegato di Fiat Auto, Alfa e Lancia. Un finanziere alle prese con la meccanica. Cosa ci avrebbe capito? Qui è uscita fuori la grande dote di Marchionne [...]: saper individuare quelli bravi e sottostimati. E valorizzare il loro coraggio di osare. Così ha dato un impulso formidabile all'azienda e il primo anno nacque la nuova Punto, l'anno dopo la 500. Due boom. Con i soldi guadagnati la Fiat poté risollevare le finanze e investire sul futuro.
  • Si fa torto a qualcuno dicendo che Sergio Marchionne è stato il più grande manager italiano del dopoguerra? Manager, non imprenditore, capiamoci bene. Marchionne non ha posseduto società, ma le ha gestite, le ha fatte funzionare e ne ha decuplicato il valore ricavando profitti miliardari ai proprietari ma garantendo anche il lavoro a centinaia di migliaia di dipendenti. Basta questo a renderlo il più grande. È l'uomo che nel bene e nel male ha salvato la Fiat, rilanciato la Ferrari e cambiato profondamente la stessa società italiana. Sia a livello industriale che sociale. Non solo Marchionne ha trasformato un'azienda privata italiana in un gruppo industriale globale con radici sparse fra l'Europa e gli Stati Uniti, ma ha anche cambiato le regole del gioco fra impresa e lavoratori. Ha introdotto il concetto di flessibilità cancellando abitudini di accordi sindacali consolidati e uscendo persino da Confindustria per agire più liberamente. Soprattutto, cosa cui non tutti gli rendono sufficiente merito, ha salvato la Fiat dal fallimento. Senza di lui centomila dipendenti non avrebbero più avuto un lavoro dopo il 2004. Quando gli sono state affidate le redini della Fiat, nel 2004, la società era in profonda crisi e capitalizzava poco più di 5 miliardi di euro. Era tecnicamente fallita. Non aveva i soldi per pagare i propri debiti e gli stipendi nei mesi successivi. In quattordici anni Marchionne l'ha portata a un valore complessivo di oltre 65 miliardi facendola diventare la settima industria automobilistica del mondo, scorporando e quotando in borsa la Ferrari che prima era parte del gruppo Fiat mentre poi, da sola, ha capitalizzato quasi 25 miliardi. Marchionne insomma ha creato valore per le aziende che guidava e ha creato lavoro per i dipendenti Fiat salvando l'azienda dal fallimento. Questo merito nessuno, nemmeno il più acerrimo dei suoi nemici come i sindacalisti della Fiom che l'hanno spesso combattuto, potrà mai toglierglielo.
  • Tre sono stati i grandi meriti di Marchionne che col senno di poi hanno salvato la Fiat dal fallimento. Primo e meno conosciuto, ma basilare per il futuro, è la rinegoziazione del famoso "convertendo" con la General Motors. Nel 2005 Marchionne è riuscito a farsi pagare dagli americani un miliardo e mezzo di euro per svincolarli da un impegno firmato cinque anni prima che non volevano più rispettare. Quei soldi, versati nelle casse torinesi, hanno ridato ossigeno ai conti Fiat. Con quel denaro Marchionne si è pagato lo sviluppo dei nuovi modelli Panda, Punto e 500 prodotti fra il 2006 e il 2007 che hanno portato altri capitali freschi. La terza grande impresa è stata l'aver acquistato nel 2009 la quasi fallita Chrysler a costi ridottissimi grazie alla mediazione di Obama e del governo Usa. Cosa che gli ha portato in dote anche la Jeep che è diventata la vera fabbrica di soldi del gruppo FCA [...]. La Ferrari è un successo a parte. Il suo fiore all'occhiello. La sua passione recente. Che gli piaceva così tanto da tenere sempre sott'occhio, durante le conferenze stampa ai saloni dell'auto invernali, un telefonino dove riceveva gli aggiornamento in tempo reale dei crono durante i test invernali.

Note[modifica]

  1. Dall'intervista di Salvatore Tropea "Abbiamo risanato la Fiat senza Stato e senza stranieri", repubblica.it, 21 settembre 2006.
  2. Dalla lectio magistralis per il conferimento della laurea ad honorem in Ingegneria gestionale, Politecnico di Torino, 27 maggio 2008.
  3. Dalla presentazione dell'accordo di sponsorizzazione tra Juventus e Jeep, 6 aprile 2012; citato in «Orgogliosi di questo accordo», juventus.com.
  4. Dalla presentazione dell'accordo di sponsorizzazione tra Juventus e Jeep, 6 aprile 2012; citato in "Jeep-Juve, matrimonio da 35 milioni", lastampa.it, 7 aprile 2012.
  5. Citato in Diego Catalano, Red Bull: il segreto è "l'orizzontalità" di Newey, funoanalisitecnica.com, 21 agosto 2023.

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