Giovanni Floris

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Giovanni Floris

Giovanni Floris (1967 – vivente), giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano.

Citazioni di Giovanni Floris[modifica]

  • Che cosa è il populismo? In politica è la tendenza di un soggetto a rivolgersi direttamente a un non meglio identificato «popolo», da lui considerato portatore di valori positivi in contrasto a una non meglio identificata «élite» (da noi diremmo «la casta», o «i poteri forti», «le sinistre», talvolta «le destre», spesso «i politici»...) portatrice di valori negativi. Dal punto di vista del populista il popolo è ovviamente quello che è d'accordo con le sue idee, che le acclama, che non le discute. Fuori dal popolo, e mosso da intenti perniciosi, è chi alle idee del leader non si accoda, o che comunque in qualche modo le contrasta o falsifica, o delle quali semplicemente dubita.[1]
  • Con "Ballarò" ho imparato che ci sarà sempre una voce che descrive quello che fai in modo cattivo. Si dice che il video monta la testa. Per me è stato un bagno di umiltà.[2]
  • Il potere non si contesta, si conquista.[3]
  • Il pragmatismo ti aiuta a raggiungere gli scopi che ti sei prefisso, però te li fa anche dimenticare.[4]
  • La politica in Tv può essere molto facile anche per i politici, o per i politici che fanno finta di non essere tali: i politici populisti.[1]
  • La rete era nata come tentativo di aprire il mondo e la testa di tutti, ma si è ridotta al mondo dove ognuno di noi cerca le conferme a quello che pensa.[5]
  • La verità esiste, ma non possiamo mai sapere se è quella che stiamo dicendo noi.[6]
  • Mi preparo molto e miro a un obiettivo. E in genere riesco a portarlo a casa.[7]
  • Sono sempre stato convinto che essere di destra significhi difendere le opportunità di tutti, mentre essere di sinistra significhi darsi da fare perché tutti abbiano più opportunità.[8]
  • Sono sicuro che non si debba essere elitari. Ma l'idea che siccome chi c'è ora non sta lavorando bene, sia sostituibile da chiunque perché tanto uno vale l'altro, è un'idea pericola per la costruzione di una Società. L'idea che il denaro venga visto come un simbolo di peccato, come qualsiasi gradino che distacca dalla povertà o dalla semplicità possa essere un gradino che ti allontana dalla purezza, questa è un'idea molto pericolosa.[9]
  • Tutto ha un futuro, se si inventa qualcosa.[10]
  • L'assoluta poca fiducia che abbiamo nelle parole e nel potere della scuola di risolvere le cose sta condannando questo Paese al declino. Ormai abbiamo spostato l'interesse da quello che si può dare in termini di competenza, a quello che si può spendere in termini di soldi: un danno infinito per la società, che si sta permeando della certezza che coi quattrini puoi risolvere ogni cosa.[11]
  • Il religioso annuncia la verità, il giornalista la ricerca. E se crede di averla trovata deve appurarla, non fidarsene subito. Il filo della verità è una necessità per il giornalista che racconta: cercare la ragione delle cose, vuol dire concentrarsi, analizzare, studiare, dare importanza alla parola che si sta usando.[11]

La fabbrica degli ignoranti[modifica]

Incipit[modifica]

Perché ho la faccia incazzata? – esordisce il giovane manager guardando torvo il suo pubblico, camminando su e giù per il palco della convention aziendale – ho la faccia incazzata perché respiro sfiducia, respiro aria di aspettativa, respiro quelle facce da senso critico come quando uno vede le partite di pallone e non ce la fa … tutti sono professori, perché?

Citazioni[modifica]

  • Quando durante una cena un collega citò il fenomeno dei laureati precoci, pensammo tutti si trattasse di giovani fenomeni che erano riusciti a terminare gli studi in tempi da record. In realtà i precoci non sono dei fenomeni, sono quelli che, grazie alle convenzioni stipulate dagli enti in cui lavorano o dagli ordini professionali di cui fanno parte, si son potuti iscrivere direttamente al secondo o la terzo anno del corso di laurea. (p. 187)
  • In Italia per ottener qualcosa non bisogna meritarsela: se deve faje pena. I sistemi chiusi sono quelli che, isolati ermeticamente dalla realtà circostante, finiscono per vivere una vita propria, basata su regole, valori, principi non condivisi da altri che non siano quelli che del sistema fanno parte. In un'organizzazione chiusa abbiamo capi che altrove sarebbero gregari, abbiamo criteri di valutazione delle performance che in nessun altro ambiente sarebbero riconosciuti tali, abbiamo numeri un che in altri contesti non sarebbero classificati. Abbiamo baroni che altrove sarebbero scudieri. (p. 195)
  • Chi mette le mani su una cattedra non la molla più e può permettersi di costruire il suo sistema di potere: i privilegi e il prestigio legati all'insegnamento permettono di coltivare interessi e così essere professore universitario può diventare un modo per ottenere commesse, consulenze, contratti, contatti e lavori utili agli studi privati. Senza passaggi di denaro, ma solo attraverso lo scambio di favori e gentilezze, si consolida un sistema di potere che taglia fuori chi potere non ha. (p. 199)

Explicit[modifica]

Il paradiso finlandese nasce nel 1995, anno in cui il sistema venne completamente riformato. Presentando la riforma il ministro dell'educazione pubblica disse che sognava una scuola adatta a stimolare creatività e riflessione, divertire e non mortificare. L'ha avuta, a quanto pare. E noi?

Mal di merito[modifica]

Incipit[modifica]

Chi è il genio? Si domandava la voce narrante di Philippe Noiret raccontando le gesta degli "Amici miei". Il genio è quello che inventa l'imprevisto, chi crea qualcosa che non c'è e risolve una situazione in maniera inaspettata.

Citazioni[modifica]

  • Il professore italiano è più in forma degli altri? A cosa si deve tanta longevità? In fondo fare il prof non deve esser semplice: lezioni di continuo, aggiornamento, tesi da seguire, ricerche da coordinare e articoli da pubblicare, senza sosta, altrimenti la comunità internazionale ti taglia fuori. Non deve essere facile fare il professore, a meno che non si trovi qualcuno che tutte queste cose le fa per te. (p. 90)
  • È difficile proporre una riforma delle università che dia la sicurezza del risultato. Di certo non sembra funzionare l'ottica secondo cui i concorsi assicurano ottimi professori a tutte le università. La realtà è che se un dipartimento vuole assumere un candidato incapace lo riesce sempre a fare, qualunque siano le complesse regole dei concorsi pubblici. (p. 163)
  • Ma cosa ferma la meritocrazia in Italia, perché da noi non si è sviluppato il rispetto per la capacità e per il talento che sembra invece essersi sviluppato nel mondo anglosassone? Giuseppe De Rita mette sotto accusa il sistema formativo, in particolare la scuola pubblica, che ha livellato tutto al ribasso, e l'economista Diorella Kostoris sottolinea come in Italia l'idea dominante sia quella di proteggere chi il merito non ce l'ha. Così il sistema garantisce tutto a tutti, e il risultato è che provoca la selezione avversa, cioè penalizza i migliori, invece di premiarli. (p. 169)

Explicit[modifica]

L'Italia riparte se inverte la scala dei valori: quando i professori saranno orgogliosi di premiare un meritevole e si vergogneranno di raccomandare un inetto, quando i capi del personale nelle amministrazioni pubbliche avranno il senso di responsabilità, la forza e l'orgoglio di assumere chi merita in un ufficio che sentiranno come il loto. Investire nell'uomo, fornirgli il sapere, la cultura, la tecnica, coltivare il suo talento e darli la possibilità di far valere il suo merito significa regalarsi forza, autonomia, libertà. Significa far saltare lo schema del favore e del ringraziamento, sbriciolare il potere delle caste e dei monopoli, dare l'opportunità di crescer a tutti i cittadini, quale che sia la loro idea politica, il loro status sociale, il loro status economico. Perché nasciamo tutti uguali e abbiamo tutti il diritto di provarci.

Note[modifica]

  1. a b Dalla Lectio magistralis all'università di Cagliari, 12 novembre 2010.
  2. Da L'espresso, 27 ottobre 2005.
  3. Cortona, Scuola di politica, 23 settembre 2011 [1].
  4. Dall'intervista a Otto e mezzo, 4 aprile 2013.
  5. Dall'intervista Giovanni Floris: «Nel mio talk c’è spazio anche per l’arte», Corriere.it, 14 aprile 2017.
  6. Dall'intervista a Che tempo che fa, 5 marzo 2011.
  7. Da L'espresso, 27 ottobre 2005.
  8. Radio2, ospite di Paolo Bonolis, 30 gennaio 2009.
  9. Dall'intervista al programma televisivo Che tempo che fa, 23 marzo 2013.
  10. Dall'intervista di Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 3 settembre 2017.
  11. a b Dall'intervento ad Amatrice per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Citato in Giovanni Floris incontra gli operatori della comunicazione: «Siate tenaci, studiate sempre e non cercate scorciatoie», chiesadirieti.it, 6 febbraio 2020.

Bibliografia[modifica]

  • Giovanni Floris, La fabbrica degli ignoranti, Rizzoli, Milano, 2008. ISBN 978-88-17-02486-0
  • Giovanni Floris, Mal di merito. L'epidemia di raccomandazioni che paralizza l'Italia, Rizzoli, Milano, 2007. ISBN 978-88-17-01957-6

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