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Giovanni Stobeo

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La prima pagina del Florilegium di Stobeo, edizione 1536

Giovanni Stobèo (V secolo), scrittore bizantino.

Citazioni di Giovanni Stobeo

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  • Dove si trova una donna, si trova una causa d'infelicità.[1]
  • Stai attento: poiché i decani comandano sui pianeti, e noi siamo sotto il dominio dei Sette, ti rendi dunque conto di come siamo soggetti a una certa influenza dei decani, sia tramite i loro figli, sia tramite i pianeti? (VI frammento) [2]

Citato in Niccolò Persichetti, Dizionario di pensieri e sentenze di autori antichi e moderni d'ogni nazione

3 voll., Fratelli Rechiedei, vol. I e II, 1877, vol. III, 1878

  • Crate soleva chiamare i parassiti conepuloni, perché nei conviti approvano tutti i discorsi. (vol. I, p. 13)
  • Nulla è al disopra dell'audacia unita alla prudenza. (vol. I, p. 100)
  • Bione chiamava l'avarizia la metropoli d'ogni scelleratezza, e diceva che il ricco avaro custodisce i suoi averi come se fossero cosa propria, e non ne trae alcun comodo come se fossero cosa altrui. (vol. I, pp. 117-18)
  • Socrate interrogato, chi fosse avaro, rispose: colui che attende a turpi guadagni, e non soccorre ai parenti ed amici. (vol. I, p. 118)
  • Aristotile solea dire che vale più la bellezza che cento lettere di raccomandazione. (vol. I, p. 143)
  • Senofonte era solito dire, essere cosa più illustre e più lodevole lasciar dopo sé molti beneficî, che molti trofei. (vol. I, p. 151)
  • Democrito udendo un uomo promettere gran cose, senza poi mantenerle, gli disse: amico, sii più facile a donar poco che prometter molto. Le cose anche minime giovano a chi ha bisogno, le parole magnifiche ad ognuno sono inutili. (vol. I, pp. 152-53)
  • Udendo Diogene un uomo di rotti costumi calunniare Platone: Oh la finisci, disse, poiché sparlando di lui tu non sarai al certo creduto, né lo sarebbe egli stesso se ti lodasse. (vol. I, p. 179)
  • Degli scherzi fa d'uopo usarne come il sale, parcamente. (vol. I, p. 248)
  • Interrogato Solone in qual modo potesse essere ottimo il governo degli Stati, rispose: Se i cittadini obbediscono ai magistrati, ed i magistrati alle leggi. (vol. I, p. 434)
  • Un muto disprezzo è la miglior risposta ai motteggi. (vol. I, p. 482)
  • Una vita bene ordinata guarentisce un felice avvenire. (vol. II, p. 158)
  • Socrate interrogato che cosa fosse la prudenza, rispose: l'ornamento dell'anima. Come una nave non ormeggiata deve munirsi de' necessarî strumenti, così la vita convien sorreggerla colla prudenza. Come niuno può usar del cavallo senza freno, così non può anche usar con sicurezza delle ricchezze senza prudenza. E raccomandava ai suoi discepoli specialmente queste tre cose: Nell'animo la prudenza, nella lingua il silenzio, nel volto la verecondia. (vol. II, p. 266)
  • Biante dice: Rifletti, e dopo aver riflettuto, intraprendi; sii tardo nell'incominciare, costante nel condurre a termine. (vol. II, p. 268)
  • Chilone domandato che cosa fossero le ricchezze, rispose: il tesoro dei mali. (vol. III, p. 11)
  • Diogene diceva che nelle città e nelle ricche case difficilmente abita la virtù. (vol. III, p. 11)
  • Una pronta ricchezza non è mai innocente. (vol. III, p. 13)
  • San Girolamo interrogato che cosa fosse un uomo aiutato dalla filosofia, disse: costui è un tale che fa volentieri quello che fanno gli altri per timore delle leggi. (vol. III, p. 38)
  • Pittagora, il principe dell'Italiana filosofia, ammaestrava i suoi discepoli prima al tacere che al parlare, e voleva che i primi cinque anni sempre tacessero: Soleva egli dire: Non può imparare a ben parlare colui, che non sa ben tacere. O taci, o di' cose migliori del silenzio. (vol. III, p. 61)
  • Chilone interrogato qual cosa fosse difficile, rispose: il tacere il segreto; sebbene niente sembri più facile del tacere. (vol. III, p. 61)
  • Uno sciocco dice talvolta cose sensatissime. (vol. III, p. 114)
  • Pitagora interrogato come l'ubriacone potesse contenersi dal vino, rispose: se quando non è ubbriaco mediterà quello che ha detto o fatto quand'era nell'ubbriachezza. (vol. III, p. 199)
  • Platone diceva: la nave, il carro l'esercito o qualunque altra cosa governata da uomo bevitore, andrà in rovina e precipizio. (vol. III, p. 199)
  • Socrate interrogato chi avrebbe menata vita tranquilla, rispose: chi non ha da rimproverarsi alcun male. (vol. III, p. 333)
  • Democrito soleva dire, che per godere vita tranquilla, non conviene prendersi ansietà né per le pubbliche, né per le private cose, né addossarsi dei pesi superiori alle proprie forze. (vol. III, p. 333)

Anthologion

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  • Socrate diceva che è più facile trattenere sulla lingua un carbone ardente, piuttosto che un discorso che non deve essere pronunciato.[3] (libro III, cap. 41)
  • Socrate, essendogli stato annunciato, mentre discuteva, che suo figlio era morto, dopo aver terminato la discussione disse: "Andiamo ad adempiere per Sofronisco ciò che è d'uso".[3] (libro IV, cap. 44)

Florilegium

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  • [...] pensi al più affidabile; loro che non hanno nulla da contendere a nessuno? L'invidia è sempre un'ottima compagna. Guardati dall'invidiare ricchi e poveri. (tit. XXXVIII, 2-6)  traduttore? traduttore?
  • Guardati da chiunque sostiene di essere un uomo felice, ché, presto, a delle felici esequie andrebbe incontro. Solo ai morti gli elogî si danno senza pericolo. (tit. CV, 2 attribuibile a Leda)  traduttore? traduttore?

Note

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  1. Citato in Francesco Giuntini, La sapienza per tutti, Salani, Firenze, 1871, p. 60.
  2. Citato in Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, p. 53. ISBN 978-88-420-9239-1
  3. a b Citato in Alessandro Ravera e Francesco Adorno, Socrate: vita, pensiero, testimonianze, a cura di Armando Massarenti e Gabriele Giannantoni, Il Sole 24 Ore, 2006.

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