Giulio Terzi di Sant'Agata

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Giulio Terzi di Sant'Agata

Giulio Terzi di Sant'Agata (1946 – vivente), diplomatico e politico italiano.

Citazioni di Giulio Terzi di Sant'Agata[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Probabilmente poche frasi della signora Tawakul Karman sono significative quanto la seguente: "Le donne devono smettere di sentirsi parte del problema e diventare parte della soluzione". Le donne non devono cioè più essere viste come oggetto di affermazione e di promozione dei loro diritti, ma devono acquisire consapevolezza della loro forza e capacità nelle società, anche nell'Islam politico – e questo è un elemento particolarmente importante – onde poter rimuovere stereotipi, repressioni e ostacoli che si pongono all'affermazione della loro parità.[1]
  • Un altro aspetto che mi ha colpito, nell'incontro con la signora Karman, è che pur soffermandosi sulla situazione dello Yemen, il suo Paese, e sulla necessità di uscire dal regime di Saleh in modo credibile, si sia però concentrata soprattutto su quanto sta avvenendo in Siria. Si tratta quindi di una persona che pur se molto giovane e forse ancora priva di una grande esperienza politica, è comunque dotata di una visione ampia, che collega le diverse parti del mondo nell'effetto etico che possono avere le conquiste e i valori positivi che si raggiungono.[1]
  • La Primavera araba è stata la più travolgente manifestazione del rigetto di tale esistenza artificiale e della domanda di dignità personale e libertà. Gli studenti, gli uomini e le donne scesi in Piazza Tahrir, nelle vie di Tunisi e Bengasi, e che oggi continuano a rischiare la vita per le strade di Damasco, invocano diritti e libertà. Diritti e libertà che sono alla base dell'identità politico-culturale dell'occidente e, mi piace ricordarlo, della nostra Costituzione.[2]
  • Guardato in retrospettiva, il 1989 non fu un fatto solo occidentale. Non fu solo la "caduta del Muro" e la fine della guerra fredda, né tanto meno la fine della storia, come qualcuno troppo frettolosamente sentenziò. Fu anche l'anno di Piazza Tienanmen, il momento più drammatico nell'evoluzione del sistema cinese. E il 2001 non fu solo la tragedia dell'11 settembre e l'inizio della guerra al terrorismo, ma anche l'ingresso della Cina nel WTO: l'evento economico di maggiore rilievo nel primo scorcio del XXI secolo, che ha trasformato un'economia semi-chiusa in una delle principali locomotive della crescita mondiale.[2]
  • Per difendere l'euro e uscire dalla crisi del debito ogni Stato membro deve fare fino in fondo la sua parte in termini di austerità fiscale e rilancio della crescita economica. Nessuno può sottrarsi alle sue responsabilità. Traendo forza vitale dalla sua fiducia nel progetto europeo, l'Italia sta dando il buon esempio. Non siamo più causa del problema, ma siamo diventati parte della soluzione. Abbiamo operato con rapidità e efficacia, adottando misure significative che ci hanno restituito credibilità internazionale. In Europa e nel mondo, riscontriamo gratitudine e apprezzamento per il lavoro svolto.[2]
  • Naturalmente, se in Europa cercassimo, nei rapporti con i partner mediterranei, solo nuove modalità di accesso economico e di mantenimento di posizioni di interesse pratico ed energetico, trascurando la dimensione umana, faremmo un immenso torto ai giovani e alle donne che sono scesi nelle piazze e hanno pagato con la vita la difesa dei loro ideali, con grande senso di altruismo.[1]
  • Incoraggiamo con forza gli sforzi dell'Albania nel suo impegnativo percorso di avvicinamento all'Unione Europea. Auspichiamo vivamente che siano soddisfatte da Tirana le priorità stabilite dalla Commissione europea nel 2010 e siamo pronti a valorizzare con i nostri partner i progressi compiuti. Ci rallegriamo dei recenti positivi sviluppi sul cammino delle riforme evidenziati dal Commissario europeo per l'Allargamento, Štefan Füle, durante e dopo la sua visita a Tirana. Il nostro comune obiettivo è quello della concessione da parte dell'Unione Europea all'Albania dello status di Paese candidato all'adesione entro la fine di quest'anno. Il nostro sostegno non si basa su un approccio fideistico o una concezione visionaria. Esso deriva dalla constatazione che l'esclusione dell'Albania dall'Unione Europea non è giustificata da una diversa connotazione culturale, storica o geografica. E si basa anche sulla salda convinzione che l'adesione dell'Albania, la cui linea di politica estera nell'area balcanica è stata tradizionalmente improntata a grande moderazione, farebbe gli interessi di sicurezza e stabilità dell'Italia. È in Europa, nel progetto di piena integrazione di tutti i Balcani Occidentali, che le differenze etniche potranno trovare piena composizione. La dirigenza albanese sa di poter contare in questa sua missione sul ruolo di raccordo e di stimolo che l'Italia svolge all'interno dell'Unione Europea. Noi siamo stati e continueremo a essere i primi difensori dell'Albania in Europa.[3]
  • Il governo italiano sostiene con grande convinzione il processo di evoluzione democratica della Libia, di fronte alle grandi difficoltà che il Paese deve affrontare in termini di stabilizzazione, sviluppo delle sue istituzioni, consolidamento della democrazia nel momento in cui si stanno per tenere delle libere elezioni per la prima volta in 40 anni.[4]
  • La crisi più drammatica rimane quella somala. Il Governo italiano ribadisce il proprio impegno per la Somalia, un'intera generazione di giovani al di sotto dei trent'anni non conosce il significato delle parole pace e convivenza civile. Abbiamo sostenuto il processo di transizione nato sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Abbiamo contribuito a rafforzare le Istituzioni Federali Transitorie, che il 20 agosto dovranno lasciare il posto a uno Stato somalo con nuovi basi istituzionali e politiche.[5]
  • Parlare di Somalia evoca inevitabilmente una delle minacce più insidiose alla sicurezza internazionale. Mi riferisco alla pirateria, che trae origine dalla situazione di anarchia presente lungo ampi tratti delle coste somale. Colpendo le rotte nell'Oceano Indiano, essa tocca non solo tutti i Paesi rivieraschi, ma anche l'intera comunità internazionale. Occorre una risposta forte, coordinata e coesa a livello mondiale. Servono regole marittime certe, universalmente riconosciute e rispettate da tutti i Paesi impegnati in questa difficile sfida. Vorrei ribadire in questa sede il principio fondamentale per tutte le nazioni impegnate nel contrasto alla pirateria: quello della giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera e dell'immunità funzionale dei militari impegnati in operazioni anti pirateria.[5]
  • La crisi siriana sta sempre più affondando in un groviglio di guerra civile, massacri e violenze perseguiti con la più feroce e criminale determinazione: un eccidio di civili innocenti è stato perpetrato con colpi di artiglieria e mortaio dalle forze di sicurezza siriane ad Houla; bambini sono stati massacrati volutamente. Interpretiamo la dichiarazione di condanna del Governo siriano emanata nella notte dal Consiglio di Sicurezza come il rigetto assoluto e unitario da parte della comunità internazionale di tali ignobili atrocità.[6]
  • Grazie alla vicinanza geografica, ai legami storici e culturali, agli intensi flussi commerciali, alle forti complementarietà tra le economie e ai sentimenti di profonda amicizia tra i popoli, noi italiani abbiamo da sempre una speciale comprensione della realtà della sponda sud del Mediterraneo. La Primavera araba ha però colto di sorpresa anche noi, come se ci fossimo trovati davanti a un idioma che non riuscivamo a decifrare. Accostandoci al Mediterraneo come a una regione di convergenze e somiglianze, avevamo trascurato le profonde differenze costituite dall'innaturale esclusione dei popoli arabi dalla vita democratica e dai diritti fondamentali. L'accondiscendenza verso i regimi autoritari, complice anche il timore di involuzione fondamentalista dei movimenti di ispirazione islamica, ci aveva indotto a scambiare l'immobilismo per stabilità, la paura oppressiva per sentimento di sicurezza.[6]
  • [Durante la guerra civile siriana] In Siria la brutale repressione del regime di Assad ha portato il Paese sull'orlo del baratro. La drammatica situazione umanitaria, l'afflusso di profughi nei Paesi vicini, gli scontri lungo la frontiera con la Turchia, i rischi di derive estremistiche richiedono una risposta determinata e coesa della comunità internazionale. L'Italia chiede fermamente che il regime siriano cessi le violenze e avvii la transizione politica.[7]

Citazioni su Giulio Terzi di Sant'Agata[modifica]

  • [Sulle dimissioni di Terzi dalla carica di Ministro degli affari esteri] È sufficiente pensare che l'unico attrezzato a salvare i militari, Terzi di Sant'Agata, è stato mandato via dall'esecutivo con ignominia proprio perché minacciava di aver indovinato la strada idonea per giungere al traguardo. Il trattamento subito dall'ex ministro è istruttivo: guai a chi osa proteggere e assicurare giustizia ai marò. (Vittorio Feltri)
  • Il ministro dimissionario di un governo dimissionario [governo Monti], nel vuoto generale si è più volte arrogato il diritto di rappresentare l'Italia senza una discussione reale del parlamento. (Tommaso Di Francesco)
  • [Sulle dimissioni di Terzi dalla carica di Ministro degli affari esteri] Sono rimasto stupefatto per ciò che il Ministro ha fatto e per ciò che il Ministro non ha fatto in connessione con le sue dimissioni. Ciò che ha fatto è aver reso note qui le sue dimissioni, senza alcuna informazione preventiva né al Capo dello Stato né al Presidente del Consiglio, ma soprattutto ciò che non ha fatto. Abbiamo tutti esperienza di funzionamento degli organi decisionali, di organi collegiali e sappiamo tutti che possono esistere all'inizio divergenze di punti di vista. Sappiamo tutti che è natura della collegialità pervenire a decisioni condivise. Sappiamo anche tutti che può essere al limite utilizzato lo strumento per indurre altri partecipanti alla decisione, o in questo caso il Presidente del Consiglio, a modificare la loro posizione; può anche essere utilizzato un preannuncio di dimissioni a meno che qualche cosa cambi. Signori, niente di questo è avvenuto, né alle riunioni del CISR, né alla riunione che si è svolta nel mio ufficio a Palazzo Chigi ieri mattina dalle 11 alle 13, alla presenza del Ministro della difesa, del Ministro degli affari esteri e in collegamento frequente, telefonico e via internet, con il Ministro della giustizia e con altri collaboratori. Abbiamo messo a punto il testo che i due Ministri, a nome del Governo, avrebbero presentato, e in particolare il Ministro degli affari esteri, qui ieri pomeriggio, come poi è avvenuto, e niente mi è stato detto dal Ministro degli affari esteri circa un suo dissenso e men che meno circa una sua intenzione di dimettersi. Questo lo dico perché, sulla base di questi fatti oggettivi, ho ragione di ritenere che l'obiettivo non fosse quello di modificare una decisione, alla quale il Ministro aveva consapevolmente partecipato con il suo lavoro, ma fosse quello più esterno di conseguire altri risultati che magari nei prossimi tempi diventeranno più evidenti. (Mario Monti)

Note[modifica]

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