Guillermo Arriaga

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Guillermo Arriaga, 2009

Guillermo Arriaga Jordán (1958 – vivente), scrittore, sceneggiatore e regista messicano.

Dall'intervista di Francesca De Sanctis, l'Unità, 18 giugno 2004
  • Il filosofo spagnolo Ortega diceva che "non siamo la circostanza", ma ciò che mi interessa è capire come possiamo superare la circostanza, il destino.
  • Mi piacciono i personaggi che hanno una forte volontà di camminare sull'orlo della vita, senza cadere.
  • La mia grande passione per la caccia deriva della grande passione che nutro per gli animali. Mi piace la natura, soprattutto la natura umana, che è la più paradossale di tutte. E la caccia esprime questo paradosso della condizione umana.
  • Sogno tutte le storie che scrivo. [...] Ho sempre sognato sia i miei romanzi che le sceneggiature. L'inconscio lavora meglio del conscio. I sogni raccontano storie, io sono un narratore di storie e per questo sogno i miei racconti.
  • L'esperienza della morte si può tradurre in due momenti: la morte di una persona che si ama, e il rischio personale di morire.
  • Personalmente ho vissuto delle esperienze molto violente, ma anziché lasciarmi distruggere ho cercato di imparare da esse. Per esempio, quando avevo 11 anni un veterano della guerra del Vietnam mi ha preso a bastonate, quasi uccidendomi. Per questo voglio parlare delle conseguenze della violenza. Penso che tutti gli esseri umani prima o poi si trovino di fronte a momenti in cui hanno molto a che fare con la violenza o con la morte. Ma io voglio parlare della vita.
Dall'intervista di Alberto Crespi, l'Unità, 4 luglio 2005
  • Il mondo moderno rimuove la morte. Il capitalismo ci vuole occupati esclusivamente a produrre e a consumare, non a vivere, né a morire. Ma la vita e la morte sono strettamente unite, e nella cultura messicana la morte è solo un nuovo inizio.
  • Siamo seduti, parliamo. Se io disponessi sulle sedie alcuni scheletri, ci sarebbe forse un minimo di disagio ma la conversazione potrebbe proseguire. Ma se portassi qui alcuni cadaveri morti da 2-3 giorni, nessuno potrebbe tollerare la loro presenza. Un cadavere in decomposizione è una minaccia. Il suo odore, il suo colore, la sua consistenza sono "scandalosi".
  • Sono stato educato in modo ateo e sono tuttora ateo. Non so cosa significhino le parole "colpa" e "peccato". Però non nego Dio. Solo non riesco a capire come si possa parlare con qualcuno che non c'è.
  • Molti sceneggiatori lavorano PER i registi, ma io cerco di lavorare CON i registi, e sostengo che nei film da me scritti ci sono almeno due autori.
  • Negli Usa c'è chi accetta che gli ispanici siano ormai la prima "minoranza", e chi lo rifiuta. Io trovo intollerabile che la gente ancora muoia annegata nel Rio Grande, tentando di arrivare negli Usa per vivere una vita decente. Questo deve finire: gli Usa devono capire che senza il lavoro dei "latinos" alcuni stati del Sud-Ovest farebbero bancarotta. Ma il rapporto Usa-Messico sta lentamente cambiando, anche nel cinema, e mi piace pensare che noi messicani siamo una sorta di virus che sta contaminando il cinema hollywoodiano. Nel 2050 i "latinos" saranno più degli "anglos". Washington dovrà accettare questo. E dovrà accettare che noi messicani abbiamo prestato agli Usa gran parte del loro territorio (Texas, California, Colorado, New Mexico, Arizona), e che prima o poi ce lo riprenderemo. Forse lasceremo il Texas a Bush. Ma ci terremo Disneyland.
Liberazione, a cura di Monia Cappuccini, 10 luglio 2005
  • Tra amore e vendetta esiste un rapporto molto forte. Invecchiando mi rendo conto di quanto siamo condizionati dal nostro istinto animale, che la civiltà tenta di addomesticare senza riuscirvi completamente.
  • Ho perso l'olfatto quando avevo tredici anni e sono ossessionato dagli odori. È strano come ad esempio il senso del gusto ha sostituito quello dell'olfatto e di come ormai riesca a sentire gli odori con la bocca.
  • È un onore per me essere stato tradotto in Italia, perché ritengo che questo sia uno dei paesi ad aver influenzato maggiormente la cultura internazionale.

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