John Kenneth Galbraith

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John Kenneth Galbraith, 1944

John Kenneth Galbraith (1908 – 2006), economista canadese naturalizzato statunitense.

Citazioni di John Kenneth Galbraith[modifica]

  • Così come vi è molto del passato in ciò che è presente, così vi è anche molto del presente in ciò che sarà nel futuro.[1]
  • Il socialismo, al nostro tempo, non è una conquista dei socialisti; il socialismo moderno è il figlio degenere del capitalismo. E così sarà negli anni a venire.[2]
  • Il solo rimedio davvero sicuro alla recessione è una domanda robusta da parte del consumatore, così come la debolezza della domanda è la recessione. Negli Stati Uniti, specialmente in periodi di stagnazione e recessione, i cittadini a basso reddito necessitano sia di istruzione e cure mediche, sia di maggiori consumi familiari. Tuttavia, di fronte all'aumento delle richieste di aiuto, i governi, a livello federale e locale, tendono a diminuire l'intervento sociale pro capite. [...] È una reazione che riduce ulteriormente il reddito personale e familiare, aggravando la recessione senza nessuna contropartita. Ma questo è il livello dell'attuale intelligenza economica.[3]
  • In economia, speranza e fede coesistono con grandi pretese scientifiche e un profondo desiderio di rispettabilità.
In economics, hope and faith coexist with great scientific pretension and also a deep desire for respectability.[4]
  • L'economia è estremamente utile come forma di lavoro per gli economisti.[5]
  • La politica non è l'arte del possibile. Consiste nello scegliere fra il disastroso e lo sgradevole.[6]
  • La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l'astrologia un po' più rispettabile.[7]
  • Le persone che si credono intensamente impegnate a riflettere in privato di solito non stanno facendo nulla.[8]
  • Ma, se non vide, o se non previde completamente la Rivoluzione industriale nella sua piena manifestazione capitalistica, Smith osservò con grande chiarezza le contraddizioni, l'obsolescenza e, soprattutto, l'angusto egoismo sociale del vecchio ordine. Se egli era un profeta del nuovo, ancor di più era un nemico del vecchio.[9]
  • Mi sono sempre preoccupato di conservare una certa distanza e penso che si debba sempre tenersi stretta una parte del proprio io e non essere mai totalmente convinto della giustezza di quello che si fa. La fede dovrebbe sempre essere temperata dalla moderazione.[10]
  • Nella società opulenta non si può fare nessuna valida distinzione tra i lussi e le necessità.[11]
  • Nessuno può mettere in dubbio che lo sviluppo del socialismo e dello stato assistenziale negli ultimi settant'anni sia stato strettamente collegato con l'ascesa dello sport di squadra.[12]
  • Non c'è niente che faccia tanto prestigio in un'azienda quanto il numero dei propri subordinati. E non c'è niente di tanto gratificante quanto poter passare a dei subordinati la responsabilità di pensare. Ne derivano un potente impulso ad aumentare le schiere del personale e una marcata tendenza alla stasi burocratica.[13]
  • Non occorrono né coraggio né prescienza per predire il disastro. Il coraggio è necessario per affermare che le cose vanno bene, proprio nel momento in cui stanno andando bene. Gli storici si divertono a crocifiggere il falso profeta del millennio. Non insistono mai sull'errore dell'uomo che a torto predisse l'Armageddon.[14]
  • Se ogni altra cosa fallisce, l'immortalità può sempre essere garantita da un errore spettacolare.[15]
  • Si può formulare la regola che quanto più l'esercizio di un qualsiasi potere è antico, tanto più apparirà benevolo, mentre quanto più recente ne è l'assunzione, tanto più apparirà innaturale e perfino pericoloso.[16]

Attribuite[modifica]

  • Nel lungo termine siamo tutti morti.
In the long run we are all dead.[17]
[Erroneamente attribuita] La frase viene spesso attribuita a Galbraith, in realtà essa appartiene a John Maynard Keynes e la citazione completa è: «Ma questo lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti: nel lungo termine siamo tutti morti.»[18]

Note[modifica]

  1. Da American Capitalism, 1952.
  2. Da Storia dell'economia, 1987.
  3. Da L'economia della truffa, Rizzoli, 2004.
  4. Da "The New York Times Magazine", 7 giugno 1970.
  5. Citato in Focus n. 104, p. 188.
  6. Citato in Al Gore, La Scelta, pag. 350.
  7. Citato in Panorama del 7 maggio 2009, p. 103.
  8. Da Discorso sulle scienze e sulle arti.
  9. Da Storia dell'economia, 1987.
  10. Citato in Ralf Dahrendorf, Erasmiani, traduzione di M. Sampaolo, p. 175.
  11. Da La società opulenta, XXI; citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013. ISBN 9788858654644
  12. Citato in Focus, n. 88, p. 106.
  13. Citato in Focus, n. 114, p. 151.
  14. Da Il grande crollo, 1954.
  15. Da La moneta: da dove viene e dove va, 1975.
  16. Da Il nuovo stato industriale; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  17. (EN) Citato in Congressional Record, V. 151, parte 18, dal 27 ottobre al 7 novembre 2005, U. S. Government Printing Office, p. 65.
  18. Cfr. (EN) Ralph Keyes, The Quote Verifier: Who Said What, Where, and When, Macmillan, 2007, p. 41. ISBN 1429906170

Bibliografia[modifica]

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