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Mario Poltronieri

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Mario Poltronieri (1975)

Mario Poltronieri (1929 – 2017), giornalista, pilota automobilistico e telecronista sportivo italiano.

Citazioni di Mario Poltronieri

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  • [Sul confronto tra la Formula 1 passata e quella del 2015] Allora il pilota prevaleva sull'auto. Oggi vediamo chi sono i migliori ma è difficile dare un giudizio consolidato, specie se la vettura non ha interpretato gli ondivaghi e a volte misteriosi regolamenti.[1]
  • [Sull'incidente di Senna al Gran Premio di San Marino 1994] Andammo avanti con il collegamento per ore e ore, con le notizie che arrivavano in cabina in maniera frammentata anche se fu subito chiaro che Ayrton non ce l'avrebbe fatta. Fu un week-end terribile quello di Imola nel 1994.[2]
  • Ogni tanto mi dicono: "le sue telecronache erano tutt'altra cosa rispetto alle attuali". Tante grazie: adesso si presentano sulla griglia di partenza 22 auto e arrivano in 22. Tranne la partenza, di solito, c'è ben poco da vedere. Quando c'ero io al microfono, al via erano in 40 e al traguardo erano sì e no 12 o 15. Ogni ritiro ti dava uno spunto, le noie meccaniche andavano analizzate, così come gli errori dei piloti. E poi, purtroppo, c'erano molti più incidenti: io sono un ottimista, pensavo sempre che non fosse capitato il peggio quando vedevo una monoposto malconcia. Invece ho purtroppo dovuto raccontare molte disgrazie.[2]

Dall'intervista di Mario Donnini ad Autosprint, 2007; ripubblicata in autosprint.corrieredellosport.it, 19 gennaio 2017.

  • [«Ti piace questa F.1?»] Sarò breve. No. [«Perché?»] Una volta chiesi a Schumi perché a metà Gp non aveva attaccato Damon Hill. Mi rispose: "Tanto l'avrei comunque passato col pit-stop". Ecco, visto?
  • [...] la mia F.1 ideale è pronti-via e chi resta davanti vince.
  • Le F.1 sembrano carri da guerra, con tutte quelle lame. Il Circus vive una filosofia distorta. Continuano ad aumentare le velocità in curva e fanno di tutto per limitare quelle in rettilineo, tanto che si volta a 240 all'ora e di massima si va a poco più di 300. È una follia, questa. Ma la vogliamo capire o no che da trent’anni – ossia dall'inizio dell'era turbo –, non è la F.1 che fa da banco di prova per la grande produzione, ma viceversa? Sai che di recente ho parlato con Dupasquier, ex uomo forte della Michelin, il quale mi ha confidato che solo il 10% dell'esperienza fatta in F.1 può essere riversata sulle gomme di serie? La verità è che qui nessuno vuole sostituire i mattoni rotti per paura che crolli la baracca. No, bisogna dare ai Costruttori solo una quantità d'energia imposta. E che poi si arrangino loro, con libertà e creatività.
  • Un pilota non può essere confinato a mero controllore di apparecchiature elettroniche. [...] queste F.1 non sono più macchine da competizione, ma solo degli attrezzi da corsa. Non fosse per i temporali improvvisi, era meglio prima. Sicurezza a parte...
  • [«La tua F.1 ideale?»] Quella Anni '70. Con tanti possibili vincitori. Oppure Anni '50, con le Mercedes carenate.
  • Mi hanno assunto tardi [in Rai], solo nel '71. Il gran giorno mi chiama un dirigente e mi fa: "lei a quale area culturale appartiene? Sì, insomma, è un DC, un PSI o che altro?". E io imbarazzato: "Ma vede, sono un tecnico... forse...". "Ho capito – rispose il tipo –, la metto in quota coi socialdemocratici".
  • [«Qual è il Gp più bello che hai commentato, l'equivalente del calcistico Italia-Germania 4-3 dell'Azteca?»] Il duello a Digione '79 tra Gilles Villeneuve e René Arnoux. Una sfida senza pari.
  • [«Fino alla metà degli Anni '70 la F.1 in diretta ci andava di rado, però»] Il salto di qualità ci fu con Lauda. Il suo titolo nel '75 e l'incidente col fuoco del Nurburgring, l'anno dopo, proiettarono le corse nel cuore della massa. E nel '77 per la prima volta la Rai decise di seguire quasi tutto il mondiale. Fu un giallo. Mi ritrovai in Argentina, con la giunta militare al potere. A fine gara mi chiamano da Roma: "Non torni, vai anche in Brasile a seguire il secondo Gp". "Sì, ma io ho finito i soldi" – rispondo preoccupato. "Te li manderà la Rai di New York". Pochi giorni e i soldi arrivano. Vado in banca a prenderli, ma mi chiedono di spogliarmi. Boh, okay. Entro in slip in un cunicolo, sotto l'occhio di due mitragliatrici e vado a ritirare il malloppo. Mica potevo sapere che con quell'atto eroico aveva inizio la continuità della F.1 in Rai. Quanto al clima di terrore, le cose andavano così sotto la dittatura. Morosini scrisse: "A Buenos Aires un Gp con 25.000 spettatori controllati da 40.000 poliziotti". L'anno dopo non ebbe il visto.
  • Nel '59 collaudo una vettura per Abarth e relaziono a Karl [Abarth] che a 170 all'ora sul bagnato i tergicristalli si alzano. Allora mi fa: "Poltronieri foi fa ta Enzo Ferrari a kietere konziglio". Vado dal Vecchio, gli spiego il problema e lui mi risponde secco: "Chi è quello stupido che già rischia la pelle sotto l'acqua a 170 all'ora e si preoccupa dei tergicristalli?". Insomma, Karl Abarth poteva diventare un altro Enzo Ferrari, ma non aveva la stessa grinta.
  • [«E i favolosi Anni '80 con Ezio Zermiani e le sue gag con Piquet? Ce n'è una inedita, magari troppo pesante per andare in onda?»] In Brasile i poveri vestono il morto con abiti buoni e poi all'ultimo momento, prima di chiudere la bara, glieli tolgono per riciclarli. Fatto sta che Zermiani aveva cambiato sarto e si vestiva da uno che gli faceva giacche con maniche sproporzionatamente lunghe e spalle esageratamente larghe. Un vero falegname. Una volta in griglia, a pochi attimi dal giro di ricognizione, Nelson chiamò Ezio e gli disse imperturbabile a telecamere spente: "Condoglianze, Zermiani. Immagino che il tuo defunto doveva essere molto più grande di te".
  • [«Il più forte di sempre?»] Fangio. Lo prendevo in giro dicendogli: "Bello sforzo, ogni anno cambiavi macchina e beccavi la migliore". E lui mi rispondeva: "Sbagli. Erano le Case che mi sceglievano perché ero il più bravo". Era vero.
  • [Su Niki Lauda] A me piaceva solo perché era il simbolo del pilota che sapeva gestire la corsa entro il limite. Io, che nella vita sono un ottimista previdente, l'ho sempre visto come un modello ideale.

Citazioni su Mario Poltronieri

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  • Era un perfezionista, come lo fu da giovane pilota, tanto da essere chiamato dal grande Carlo Abarth al ruolo di guida ufficiale, con funzioni di collaudatore. Ma era nato per comunicare, per raccontare e trasmettere emozioni. Ha sopportato duri e lunghi anni di tirocinio alla Rai, prima di essere promosso a pieni voti. Conosceva alla perfezione le sue risorse, conscio che sarebbe arrivato a un successo duraturo, fino all'età della pensione. [...] Il suo segreto era quello di usare un linguaggio semplice, ben comprensibile a tutti gli ascoltatori. E solo allora capii che aveva ragione lui, la volta in cui gli offersi, in accordo con la mia direzione, di venire con me alla Gazzetta dello Sport, quand'ero responsabile dei motori; rifiutò, perché si sentiva nato per la parola, per la telecronaca, che l'ha portato ai vertici della notorietà. (Enrico Benzing)

Note

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  1. Da Intervista a Mario Poltronieri, laf1indiretta.altervista.org, 24 giugno 2015.
  2. a b Da un'intervista a Mauro Corno per i quotidiani locali del Gruppo Espresso, 2 settembre 2015; citato in L'eredità di Poltronieri, l'ultima intervista tra saggezza e umanità, laprovinciapavese.gelocal.it.

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