Nerone
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Tiberio Claudio Nerone Domiziano Cesare (37 – 68), imperatore romano.
Citazioni attribuite a Nerone
[modifica]- [Ultime parole] Quale artista muore con me!
- Qualis artifex pereo! (attribuita da Svetonio in Vita Neronis, 44)
- [Dovendo sottoscrivere una condanna a morte] Vorrei non sapere scrivere. (attribuita da Lucio Anneo Seneca nel trattato De Clementia, lib. 2, cap. 1)
- Vellem nescire literas.
Citazioni su Nerone
[modifica]- Il coronato santo patrono del dilettantismo. (Hugo von Hofmannsthal)
- L'opinione pubblica romana era abituata agli imperatori che si tenevano vicino qualche fanciullo – generalmente in parallelo con le normali attività eterosessuali – ed era diffusa la credenza che Nerone si fosse interessato, oltre che delle donne, anche di uomini più vecchi di lui. (Michael Grant)
- La impronta caratteristica, che il governo di Nerone lasciò nella storia dell'istruzione pubblica, non si rintraccia nelle scuole primarie o in quelle di retorica o di filosofia.
L'originalità del suo governo consistette invece nella introduzione di una nuova forma di educazione fisica nel piano generale dell'istruzione e della vita romana, non che il decisivo trionfo del culto dell'istruzione musicale: due fatti, che reagirono contro tendenze tradizionali, subirono discussioni e contrasti vivaci, e furono tutta opera personale del principe. (Corrado Barbagallo) - La migliore prova, intanto, della rara bellezza del luogo e della sottile purezza del clima è che Nerone – e Nerone se ne intendeva di quello che fa piacere – si regalava a Subiaco una delle sue residenze estive più sontuose, vi si conduceva magnificamente per una via da lui apposta costruita e vi sfoggiava pompe che gli storici hanno registrato. Ma nessuna traccia più resta a Subiaco del passato e dei fasti di Nerone. Pochi sassi nell'erba e tra i pruni, rovine di rovine, segnano appena il luogo dove sorgeva il suo palazzo, splendido di colonnati e di statue, e l'Aniene, rompendo gli argini che gli erano stati imposti, si è portato via già da più di mill'anni, inabissandosi tumultuoso nella vallata, i laghi dove s'era piaciuto di mirarsi, coronato di rose il tiranno. (Ernesto Ragazzoni)
- Né mai imperatore fu più di lui raffinato nel vestire, pomposo e superbo. Qualsiasi veste egli avesse un giorno portata, egli poi mai più volle vedere. Molte reti di fili d'oro ebbe intessute per pescare nel Tevere quando gli gradisse lo svago. Legge, per suo decreto, era ogni suo piacere, perché fortuna, come amica, gli volesse ubbidire. (Geoffrey Chaucer, I racconti di Canterbury)
- Nerone aveva una Tigre femmina, chiamata Febe; se la teneva sempre vicina, nelle sue stanze, e si narra che parecchie volte la fece ministra delle sue private vendette. Alla fine di una di quelle orgie, ove, per compiacerlo, i più illustri patrizi lasciavano in disparte ogni dignità, l'imperatore mostrava all'animale uno dei convitati; e in breve una vittima si dibatteva ai piedi della faccia umana. La vera Tigre era Nerone. (Louis Figuier)
- Nerone era un giovinetto intelligente, e quasi timido: dinanzi a sua madre [Agrippina minore] tremava come una foglia; la sua giovine età, la sua inesperienza, l'ebbrezza degli onori supremi a lui tributati, non gli permisero di sottrarsi all'impero della genitrice, verso la quale sentivasi avvinto dal timore e dalla riconoscenza. (Licurgo Cappelletti)
- Ora avvenne che la fortuna più a lungo non sofferisse d'indulgere alla gran superbia di Nerone; perché, fosse egli pur forte, più forte era essa. E pensava così: «Per dio, troppo semplice sono a collocare in alto stato un uomo ricolmo di vizi, e a chiamarlo imperatore. Voglio, per dirlo, strapparlo fuor del suo seggio, e quando meno se l'attende, d'improvviso deve precipitare». (Geoffrey Chaucer, I racconti di Canterbury)
- [Interrogato sul perché non temesse Nerone] Perché il dio che ha concesso a lui di ispirare paura, a me ha concesso di non provarla. (Apollonio di Tiana)
- Quello con Poppea fu un grande matrimonio d'amore. Poppea era intellettualmente curiosa, Nerone anche. Poppea era allegra, Nerone anche. A Poppea piaceva divertirsi, come a Nerone. A Poppea interessava l'Oriente, a Nerone interessava l'Oriente. Poppea proteggeva gli ebrei e Nerone chiuse un occhio sui trambusti che costoro provocavano continuamente dentro e fuori Roma. La loro intesa era perfetta. Nerone aveva abbandonato i suoi vagabondaggi notturni, passava le sere a Palazzo e scriveva poesie per lei, sui suoi capelli «color dell'ambra». Per la prima, e forse unica, volta nella sua vita, Lucio Domizio Enobarbo, alias Nerone, era felice. (Massimo Fini)
- Soprattutto Nerone, l'uccisore della madre e del fratello, l'istrione e l'auriga, l'imperatore che non aveva mai visitato gli eserciti e aveva sciupato tutta la sua vita tra la feccia urbana e i Greci, distrusse completamente il prestigio della dinastia augustea. (Michail Ivanovič Rostovcev)
- Contrariamente a quanto si crede, Nerone non è affatto crudele. Certamente, all'occasione, come tutti i Romani del suo tempo, non mostra di risparmiare troppe vite umane; tuttavia non soltanto non è più feroce dei suoi contemporanei, ma anzi lo è sensibilmente di meno di loro. Se lo si raffronta ai suoi predecessori, in fatto di atrocità è molto al di sotto di Tiberio, di Caligola, addirittura di Claudio.
- È di statura alquanto modesta. Il corpo, piuttosto tarchiato, è coperto da macchie rossastre che Svetonio chiama «infette», il che non è molto gentile per coloro i quali ne sono provvisti. Più che biondi, i capelli sono color fuoco. Luciano di Samosata scriverà che «ha la carnagione naturalmente rossa». Insomma, un autentico «rosso malpelo», se ci è consentito adoperare questo termine.
- L'immagine popolare di Nerone, troneggiante al Circo nel suo palco imperiale, compiaciuto al cospetto dei disgraziati sbranati da leoni ruggenti, questa iconografia comune è completamente erronea. Simili atrocità incominciarono soltanto assai più tardi, non prima del II secolo.
- Si sa che Nerone, il quale non credeva ad alcun dio ed in nessuna religione, per converso è profondamente superstizioso, molto attirato da ciò che, ai nostri giorni, chiameremmo «le scienze occulte».