Pietro Cimatti
Pietro Cimatti (1929 – 1991), scrittore, poeta e saggista italiano.
Citazioni di Pietro Cimatti[modifica]
- L'«incendiario» non è morto, abbiamo visto, e l'ironia qui corre a fiumi: ma se un messaggio possiamo leggere in controluce a Roma, sarà proprio di ottimismo, di speranza, addirittura di sicurezza nei valori eterni delle città e degli uomini. Una novità sensazionale, di questi tempi. Ma Palazzeschi ha fatto sempre moda a sè, contro tutte le mode.[1]
- Oggi, tra gli urli e i battimani della plebe montata in cattedra letteraria, Il sarto stregato rischia di passare inosservato. Alle scimmie non piace il the inglese. [...] La satira della Nemi, a tirarla per il verso buono, può tendersi ancora, può arrivare a colpire altri personaggi dell'odierna recita culturale: e sono quelli che conosciamo tutti, che scrivono sui grossi giornali, dirigono l'orchestra cacofonica della cultura impegnata, e ci amareggiano ogni giorno.[2]
- Rarissimo evento, Fernanda Romagnoli è poeta.... La rima, che rende memorabile il senso, e il sapiente tamburo della versificazione, che restituisce il polso miracoloso della vita, qui avvisano di tutto ciò che la poesia non è, per essere: essa è un distacco estatico... un assalto ordinato, una provocazione scandita secondo antichi rituali e con musica inclusa.[3]
- Tutto è venuto dal Sud: la religione e la morte. Nelle poesie di Marino Piazzolla si respira quest'aria di civiltà, così antica da avere dimenticato origine e svolgimento.[4]
Incipit di alcune opere[modifica]
È la fine[modifica]
Fratello legno[modifica]
Fratello legno, trucioli
sopravvissuti all'albero,
amorosamente composti ai piedi d'una scala
per lo spazzino di domani;
Al nuovo Dio[modifica]
Una cosa i robots non faranno,
l'aritmetica della miseria:
calcoleranno spazi intergalattici
e code di comete, il plasma d'Elios
e gli spettri di Sirio, ma una cosa
non faranno, beati veramente
come dei: vegliare incolonnando
cifre di sangue, comporre nel buio
speranze di pareggio, l'aritmetica
che infiamma la memoria, accende rossi
di pericolo, eccita sonerie,
numeri che diventano vampiri,
albe temute, giorni rossi. i robots
veramente tranquilli come dei
partoriscono numeri perfetti,
somme astratte: negli agili transistors
non si registra il male della vita,
il conto che non torna.
Lucidamente[modifica]
Un momento di sole e tornerà
il buio dopo il giorno grigio (come
a mia madre il sorriso, che moriva).
Bar di notte[modifica]
L'una di notte: due giovani
eleganti si scambiano sigarette,
una ragazza spaventata è sola
con un bicchiere azzurro.
Gli ultimi[modifica]
E l'ora è vicina:
nell'inganno del tempo
l'orologio cammina.
Il telegramma[modifica]
"Tuo padre deceduto sei et trenta
Ospedale Civile. Ti aspettiamo".
Sono due endecasillabi: tuo padre
è il mio, l'Ospedale Civile
è la fine di un viaggio – ancora all'alba
ho attraversato un giardino sfiorito
e l'ho veduto lungo, verde, antico,
come avevo da tanto desiderio,
aquila e lupo, un vecchio.
La pazzia degli orologi[modifica]
Orologi Rologi Ologi!
Io non so fare orologi
Bisogna fare orologi per vivere
Io so cantare e sognare
Io sono libero io vivo
Ti piegherai Orologi Rologi
Ho amore[modifica]
La mia ragazza è il vento[modifica]
La mia ragazza non è mia, è del vento.
E più la seguo e più vado lontano
E più l'amo più stento a farmi amare.
La mia ragazza non è mia, è del mare.
A Laura[modifica]
La fanciulla mi trema nei capelli
con una mano bianca e basso dice
amore per la bocca dolorosa
raro come sorriso, e più non osa.
Invocazione[modifica]
Dio, svuotami, fammi come mi chiedono:
adorano le manse bestie, e irridono.
Dio mio, vuotami od empili, prendimi
o lasciali i tuoi pascoli servili.
Nebbiata[modifica]
La nebbia è calda stasera.
In una mostra di fiori finti
fiorisce un fiore di cera.
Io non ho nome[modifica]
Bianco[modifica]
Per questo foglio – prima che sia l'ora
petrosa dei miei sonni –
Madre, cammini. Cadono le ore
lacrime di campane: vanno al canto
della speranza vele di febbraio,
fuochi lontani dalla costa.
Io non era[modifica]
Io non era per piangere che venni
ma poi, piangendo, l'ho dimenticato.
Forse a cantare – questa larga bocca
per antiche focacce di guerriero -
Noi veli[modifica]
14[modifica]
Gli Dei sono remoti. Non c'è un verso,
un relitto di sillabe che additi,
non il segreto, anticamente perso,
ma la soglia, impossibile,
murata.
19[modifica]
Cent'anni dopo venne qui, aprì al foglio,
e questi versi (ancora così attesi
da me) vide, eccezione nel trifoglio,
e li colse come io solo li intesi,
20[modifica]
Il corpo parla: che dovrai morire.
non dice a te: che non lo puoi sentire.
Al corpo dici: ancora non morire.
Non sa che parli: non ti può sentire.
Segno di vita[modifica]
XXXV[modifica]
Poesia, ampie ore, iter indietro
dalle ferite non proprio mortali,
nerità di presagi: un uomo, pietro,
che non farà mistero dei suoi mali:
XXXIX[modifica]
Vendo lunarie primole e solstizie,
cannìbule di stinco e rigulizie,
ossueri e femoralie, chi ne vuole
prego presenti moduli vigenti,
Stanze sulla polveriera[modifica]
La reggia[modifica]
Questa è la reggia, ognuno che viene
ospite narra come fu percosso
dagli dei, e rinsaldate le catene
si riaffida al suo mare sempre mosso.
Il bue della sera[modifica]
Lavorare lavorare, amor mio,
è come ogni giorno svegliarsi per andare
a morire, questi uffici sono tombe
senza fiori, che fatica rinascere poi
lungo i muri della sera
Amor mio[modifica]
Sei tu che mi invii
al telefono della memoria
messaggi di pazienza mentre brancolo
schiodato per la notte – è la solita storia
di cristo che ripetono, a ogni angolo
alzano croci, vederle invisibili
sugli uffici e sulle fabbriche
è civile agonia.
Pau[modifica]
Hai detto pau guardando le finestre.
Tornano tempi remoti ai fanciulli
prima del nostro tempo
che li accerchia e li limita: dai vetri
quando la sera scende da lontano
torna il primo terrore delle tenebre
e dice pau guardando le finestre.
Note[modifica]
- ↑ Da Roma di Palazzeschi, Il Popolo, 13 aprile 1959.
- ↑ Da Orsola Nemi e i burattini della cultura, La fiera letteraria, 21 maggio 1961.
- ↑ Citato in Donatella Bisutti, Fernanda Romagnoli. L'anima in disparte, Poesia, Crocetti Editore, Anno XII, marzo 1999, n. 126.
- ↑ Da Marino Piazzolla, un poeta da riscoprire, La fiera letteraria, XV, 14 febbraio 1960; citato in Stefano Lanuzza, Lo sparviero sul pugno: guida ai poeti italiani degli anni Ottanta, Spirali, Milano, 1987, p. 77.
Bibliografia[modifica]
- Pietro Cimatti, È la fine, Rebellato Editore, Padova, 1967.
- Pietro Cimatti, Ho amore, Rebellato Editore, Padova, 1967.
- Pietro Cimatti, Io non ho nome, Rebellato Editore, Padova, 1958.
- Pietro Cimatti, Noi veli, Umbria Editrice, Perugia, 1980.
- Pietro Cimatti, Segno di vita, Rusconi, Milano, 1976.
- Pietro Cimatti, Stanze sulla polveriera, Rusconi, Milano, 1978.
Altri progetti[modifica]
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- Wikisource contiene una pagina dedicata a Pietro Cimatti