Pietro Mignosi

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Pietro Mignosi (1895 – 1937), critico letterario, giornalista, insegnante e scrittore italiano.

Arte e rivelazione[modifica]

Incipit[modifica]

La filosofia si è posta alle sue origini come storia della natura, cioè come poesia. L'unico senso possibile di ogni poesia primitiva è infatti quello storico. Il poeta rifà nelle sue abbreviazioni ritmiche il mondo delle esperienze temporali.
La poesia è l'arte di abbreviare il tempo nel poema. La prima poesia di tutti i popoli si traduce e realizza nel poema epico, cioè nell'istinto di un'oggettività abbreviata ma non depauperata dei suoi elementi più caratteristici.
Or la filosofia dei primitivi non è espressa in sistemi poematici per mero caso. Nel poema si ritrovano quei mezzi di condensazione della molteplicità delle esperienze umane che nessuna forma realistica e discorsiva potrebbe rendere.

Citazioni[modifica]

  • Empedocle e Parmenide sono filosofi solo in quanto sono poeti. (Parte prima, cap. I, pp. 20-21)
  • La logica dei dialettici è essenzialmente musicale e la loro sistematicità non può avere che un unico corrispettivo: il poema. (Parte prima, cap. I, p. 22)
  • Le cose in se stesse nel loro presentarsi alla sensibilità non sono né belle né brutte; e se son belle o brutte lo sono in un senso diverso da quello estetico.
    Diventano belle dal punto di vista estetico quando rivelano la loro inerenza col Bello, cioè quando rivelano un ordine di universalità e di espressività. (Parte terza, cap. II, p. 213)
  • Si può cantare tutto lo scibile della storia sacra e non cogliere un solo rigo di religiosità operante come arte, e si può non nominare una sola volta il nome di Dio, facendo tuttavia poesia religiosa. (Parte terza, cap. III, p. 224)
  • Che l'arte sia un dono è provato dai fatto che essa è puramente gratuita; non si sa come ci venga, non si sa perché ci venga. Se è un dono, il suo prodursi non è coessenziale al nostro spirito. Noi possiamo coglierla e ridurla nel sistema delle nostre analogie, ma nessuna analogia potrebbe esaurirla esattamente.
    Non è un momento meramente soggettivo dello spirito tant'è vero che essa non nasce dalla mediazione, che anzi è come una fulgurazione come un imperativo esterno, come un richiamo a vedere la sua stessa realtà che ci sta di contro.
    Che cosa è il raptus, l'ispirazione, la musa se non i termini mitologici di questo annunzio?
    E perché anche quelli che hanno avuto il dono dell'arte possono, d'un tratto, perderlo senza che la loro volontà l'abbia voluto?
    Se l'arte fosse un modo della nostra interiorità come si spiegherebbe il suo isterilirsi e seccarsi? (Parte terza, cap. V, p. 235)

Citato in Francesco Bruno Il decadentismo in Italia e in Europa[modifica]

  • L'opera di Pirandello si riannoda storicamente a quella rinascita della letteratura religiosa, che sotto forme più varie ed eterodosse cela il grande mistero dell'anima naturaliter christiana. Dopo il naturalismo e il verismo positivista della seconda metà dell'Ottocento, l'opera di Pirandello segna una via ed un metodo nuovo. Egli appartiene alla grande famiglia dei Dostojewski, dei Tolstoi, dei Verga che attraverso i loro difetti mantennero intatta una fede nella vita e nell'umanità. Non somiglia per nulla agli scettici tipo Shaw, tipo Gide, tipo Unamuno, agli inumani analisti come Joyce, come Proust, come Svevo, agli sperimentatori in astratto come Huxley, come Mann, ai ricercatori di basso naturalismo come Wassermann, come Dos Passos, come insomma tutti i grandi corruttori del romanzo contemporaneo.[1] (p. 186)
  • [Nell'esperienza di crisi dello spirito contemporaneo, al pensiero che si ribella] Evidentemente manca Cristo. Manca cioè la solidarietà umana ordinata e convergente al divino. Manca la poesia come Rivelazione dell'Eterno. Manca la coscienza dell'Arte come metodo religioso della vita... La vita morale è la vita reale solo quando essa poggi e tenda verso la concretezza di un Modello.[2] (pp. 188-189)
  • L'arte è un dono: essa non ci viene dall'interno. L'arte suppone un mondo extra-soggettivo. L'arte è spiegabile solo ammettendo il criterio della Rivelazione.[3] (p. 189)

Note[modifica]

  1. Da Il segreto di Pirandello, editrice La Tradizione, Milano, 1937, p. 8.
  2. Da Il segreto di Pirandello, editrice La Tradizione, Milano, 1937, p. 171.
  3. Da Il segreto di Pirandello, editrice La Tradizione, Milano, 1937, p. 189.

Bibliografia[modifica]

  • Francesco Bruno, Il Decadentismo in Italia e in Europa, a cura di Elio Bruno, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1998. ISBN 88-8114-727-0
  • Pietro Mignosi, Arte e rivelazione, La Tradizione Editrice, Palermo, 1933.

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