Gherardo Colombo

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Gherardo Colombo

Gherardo Colombo (1946 – vivente), ex magistrato italiano

Citazioni di Gherardo Colombo[modifica]

  • Anche la P2 voleva la morte di Moro perché apriva al Pci. E Cossiga fu impotente.[1]
  • Forse l'unico modo che abbiamo di dare finalmente seguito agli stimoli che Gaber ci lanciava già allora [negli anni settanta], è quello di recuperare fino in fondo la sua spinta di cercare una Libertà con la maiuscola. Seguendo la strada con la quale egli, nell'arte, ha indicato i modi per giungere alla "Liberazione". Ovvero, superare in modo definitivo l'idea di considerare la persona come uno strumento. Rimettere al centro di ogni cosa l'essere umano.[2]
  • [Parlando di Giorgio Gaber] Resta il suo grido di quanto la persona, oggi, sia umiliata. In politica, in televisione, dal mercato. La sua denuncia di come esista a volte persino un gioco ad autoumiliarsi. Resta anche, però, il concetto che la persona non deve venire umiliata. [...] Tutto è un problema se si perde di vista la persona, se non si ritorna a un modello culturale che la metta al centro del vivere.[3]

Citazioni in ordine temporale.

  • Il consenso dell'opinione pubblica è stato un fattore essenziale del successo dell'operazione Mani pulite.[4]
  • In Italia quella tra cittadino e legalità è una relazione sofferta, la cultura di questo Paese di corporazioni è basata soprattutto su furbizia e privilegio. Tra prescrizioni, leggi modificate o abrogate, si è arrivati a una riabilitazione complessiva dei corrotti.[5]
  • La giustizia non può funzionare senza che esista prima una condivisione del fatto che debba funzionare.[5]
  • [Sullo sciopero della fame di Alfredo Cospito] [...] in forza del regime 41 bis, gli è stato vietato di tenere in cella le foto dei genitori defunti, perché viene richiesto il riconoscimento formale della loro identità da parte del sindaco del paese d'origine. Davanti a questo, a mio parere, trova spazio la disobbedienza civile dello sciopero della fame.[6]

"Le riforme ispirate dalla società del ricatto"

Intervista di Giuseppe D'Avanzo, Corriere della Sera, 22 febbraio 1998.

  • Il compromesso in Italia è stato sempre opaco e occulto. Le dico di più, negli ultimi venti anni la storia della nostra Repubblica è una storia di accordi sottobanco e patti occulti. L'Italia la si può raccontare a partire da una parola...
  • [Alla domanda «Una parola sola? Quale?»] Ricatto.
  • Dallo sbarco degli alleati in Sicilia, e dalla scelta di coinvolgere la mafia per facilitarlo, si è stabilito un rapporto di "quieto vivere" con questa organizzazione criminale, che ha caratterizzato decenni della nostra storia. È stato un accordo necessariamente occulto. E ancora più occulto e opaco è stato necessariamente il suo perpetuarsi. Cosa ha potuto produrre se non il ricatto? Il ricatto dei poteri criminali sulla politica. Un altro esempio di quel modo di governare il Paese con il compromesso, e poi con il ricatto, è il "caso Cirillo". Ricorda? Una parte della Dc si accorda con la camorra di Raffaele Cutolo per la liberazione dell'assessore Ciro Cirillo concedendo, in cambio, l'accesso della criminalità alle risorse pubbliche della ricostruzione post-sismica. E potrei continuare: i fondi neri dell'Iri; la P2...
  • Ieri anche la magistratura, salve eccezioni rese inoffensive, ha fatto parte di quella società del ricatto che è stata (e purtroppo è ancora) l'Italia. Le inchieste erano aperte o rapidamente finivano nel nulla per sostenere il ricatto della politica. Ricorda cosa accadde a Sarcinelli, capo della vigilanza della Banca d'Italia, arrestato quando si opponeva al salvataggio di Michele Sindona? E ricorda come morì Giorgio Ambrosoli?
  • Oggi la magistratura è meno inserita in quella società. Magari fa degli errori. Magari scivola in qualche sconfinamento. Magari c'è chi è ancora omologo a quel sistema. Per questo, credo, quella "società" minaccia la sua indipendenza. Il problema è tutto lì. La magistratura è una variabile non coerente con il sistema consociativo. Per questo infastidisce, preoccupa, inquieta. Potere diffuso per antonomasia, può rompere in qualsiasi punto e imprevedibilmente il patto del silenzio, della complicità consociativa che il ricatto consiglia. Ecco la necessità di ridimensionare l'indipendenza del magistrato. Una magistratura meno indipendente, o addirittura dipendente, non riuscirebbe più a svolgere il controllo di legalità che le è proprio.
  • [Alla domanda «E domani?»] Per domani le tendenze sono evidenti. L'aumento dei membri del Consiglio superiore nominati dal Parlamento, l'istituzione di un procuratore disciplinare (e cioè di controllo di ogni singolo magistrato) eletto dal Senato sono sulla strada di un ritorno al passato. Ovvero a un limitato esercizio di verifica dell'applicazione delle leggi. Diventerebbe problematica la possibilità di svelare le cause del ricatto. La strada da percorrere, a mio avviso, è un'altra: svelare tutti gli illeciti, indicare tutte le responsabilità. Solo così la nuova Costituzione non avrà come fondamento il ricatto. Solo così la società italiana potrà crescere tra trasparenti conflitti e non accompagnata da occulti accordi.
  • Non credo che la forza del ricatto stia nel timore di essere puniti, quanto nella paura di essere scoperti. Per quanto si sia perso il senso dell'onore, i rapporti tra l'opinione pubblica continuano a funzionare con riferimento più alla responsabilità che alla punibilità. E allora le cose non cambierebbero molto, soprattutto in un Paese come il nostro dove la pena, salvi gli emarginati, è applicata eccezionalmente. Per dire, la maggioranza dei reati di cui ci occupiamo cadrà in prescrizione. L'amnistia equivale a oblio: produce occultamento del conflitto e diventa generatrice del ricatto.

Da Colombo: "Cari ragazzi vi racconto Mani pulite"

Intervista di Piero Colaprico, Repubblica.it, 20 marzo 2015

  • I giovani sono creatori di regole continuamente. Magari inconsapevolmente, e sono abituati a gestirle.
  • [Sugli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino] La particolarità di Falcone e poco dopo di Borsellino non sta solo negli attacchi così clamorosi che hanno subito, quanto nel fatto che sono stati colpiti in un periodo speciale.
  • [Sulle inchieste giudiziarie da cui fu allontanato] Mi ha turbato di più la fine di un'altra inchiesta, quella sui fondi neri dell'Iri. Nel caso della P2 era la prima volta, e ho creduto fosse un infortunio che potesse succedere. Ma la volta successiva ero sul punto di dimettermi.
  • Noi facciamo esperienza in due modi. O direttamente o usufruendo dell'esperienza altrui. E la lettura è uno degli strumenti di fruizione dell'altrui, un'esperienza più coinvolgente perché il lettore entra nel racconto, ne fa parte.
  • [Sul cambiamento dall'inchiesta Mani pulite] Non molto. Sono convinto che scoprire i reati sia necessario per ristabilire le regole e restituire dignità a chi ne ha patito gli effetti. Ma non è attraverso il processo penale che cambia la cultura di una comunità. Il perno decisivo del cambiamento, della crescita civile per me è diventato quello dell'educazione, del capire e far capire che è importante non guardare solo alla possibile corruzione degli altri, ma anche alla propria disponibilità ad accettare o tollerare comportamenti corruttivi, o, in genere, non rispettosi dei diritti degli altri.
  • Ripercorrendo Mani pulite si coglie, così almeno a me è successo, che se si vuole ottenere un risultato non si può delegare l'impegno ad altri. Invece in Italia è stato, e tuttora è, a mio parere, come se gli altri poteri avessero detto alla magistratura "Pensateci voi", invece di impegnarsi direttamente per il bene comune.

Il vizio della memoria[modifica]

Incipit[modifica]

"Sei sicuro di iscriverti a legge?"
"Non del tutto. Mi piace molto anche fisica, ma penso proprio che sceglierò legge."
"E pensi sempre di frequentarla per poi fare il magistrato?"
"Se mi iscrivo a legge, è per fare il magistrato."
"Sei sicuro davvero?"
Pensavo a tantissime cose, sempre, quando rispondevo a questa domanda che, nel nostro rapporto così acerbo, lei mi poneva sovente. Pensavo a mio padre, al suo lavoro di medico, al segnale forte che mi avevano trasmesso lui e mia mamma. Mio padre non ha mai voluto diventare ricco. Mia madre lo era stata, e lo era ancora un pochino. Hanno vissuto sempre come se il denaro non esistesse. Ce n'era sempre abbastanza, ma mio padre non lavorava per quello. Ha lavorato tanto per la dignità del suo lavoro, di se stesso e della gente che gli stava intorno. Ha continuato per anni da generico, alzandosi la notte per recarsi a visitare chi aveva bisogno. E poi, più anziano, quando avrebbe potuto "far soldi", si è sempre rifiutato di venire a patti con sé. Devono aver fatto fatica all'inizio, tre figli in tre anni.

Citazioni[modifica]

  • Se la società deve servire l'uomo, gli uomini che impersonano le istituzioni non possono servire se stessi, o una parte soltanto della società. Chi l'ha fatto in passato si è reso incompatibile, non per ragioni morali, etiche o di principio, ma perché si è dimostrato dannoso, e continuerà a essere dannoso.

Sulle regole[modifica]

  • Lo schema organizzativo della società verticale è relativamente semplice, perché le situazioni di conflitto si risolvono il più delle volte applicando il principio della scala gerarchica per cui chi è più in basso deve sempre cedere. A dispetto di tale semplicità, l'esigenza di opacità e di disinformazione appena ricordata favorisce l'istituzione di complesse macchine burocratiche che disperdono conoscenze e responsabilità.
  • Che la pena di morte sia figlia della società verticale è indubbio. L'eliminazione fisica calpesta il più fondamentale dei diritti, quello alla vita.
  • La giustizia non può funzionare se i cittadini non comprendono il perché delle regole. Se non lo comprendono tendono a eludere le norme, quando le vedono faticose, e a violarle, quando non rispondono alla loro volontà.
  • [...] sarebbe opportuno introdurre nella Costituzione disposizioni che garantiscano al cittadino l'effettiva imparzialità dell'informazione. Sarebbe necessario garantirne l'imparzialità rispetto agli altri poteri dello Stato, all'economia e alla finanzia, escludendo influenze indebite di queste ultime sull'amministrazione della società.
  • Paradossalmente, una delle resistenze alla costituzione della società orizzontale sta nel fatto che essa rende liberi.

Citazioni su Gherardo Colombo[modifica]

  • Gherardo Colombo farnetica e delira: si rivolga a uno psichiatra. La sua intervista [sulla Bicamerale D'Alema] fotografa un'ideologia del fanatismo tipica, del resto, di una piccola borghesia eversiva. Ora, sul modo di condurre le inchieste da parte di un magistrato che la pensa così, non possono non sorgere interrogativi inquietanti. (Cesare Salvi)
  • Il bersaglio sono le riforme, e per colpirle ci si traveste da rivoluzionari. Colombo è un'estremista di sinistra, per lui la politica è il regno del male. Un teorema che ho già sentito, tipico di quanti si considerano avanguardie rivoluzionarie, non nuovo all'etremismo di sinistra [...] a cominciare dal vezzo di attaccare chi è più vicino. (Massimo D'Alema)
  • L'analisi di Colombo [sulla Bicamerale D'Alema] è un fatto paranoide, nel senso tecnico della parola. Un delirio di onnipotenza. Pretende che tutta la società venga messa sotto il controllo del Grande Fratello, il Magistrato Inquirente. (Marco Boato)

Note[modifica]

  1. Citato in Piero Colaprico, Gherardo Colombo: “Anche la P2 voleva la morte di Moro perché apriva al Pci. E Cossiga fu impotente”, La Repubblica , 6 marzo 2024
  2. Citato in Pedrinelli, pp. 49-50.
  3. Citato in Pedrinelli, p. 50.
  4. Citato in La pubblica opinione ha aiutato Mani pulite, La Stampa, 4 agosto 1994.
  5. a b Dall'intervista di Luigi Ferrarella, Colombo lascia: vedo riabilitati i corrotti, Corriere.it, 17 marzo 2007.
  6. Da Salviamolo e cambiamo il carcere duro, Domani, 29 gennaio 2023.

Bibliografia[modifica]

  • Gherardo Colombo, Il vizio della memoria, Feltrinelli, 1996. ISBN 88-07-17011-6
  • Gherardo Colombo, Sulle regole, Feltrinelli, 2008, ISBN 8820132524
  • Gherardo Colombo, La Libertà con la maiuscola (pp. 49 – 50); in Andrea Pedrinelli (a cura di), Gaber, Giorgio, il Signor G. Raccontato da intellettuali, amici, artisti, Kowalski, Milano, 2008. ISBN 978-88-7496-754-4

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