Aldo Moro

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Aldo Moro

Aldo Moro (1916 – 1978), politico italiano.

Citazioni di Aldo Moro[modifica]

  • Al Quirinale non ci si candida ma si viene candidati.[1]
  • È effettivamente insostenibile la concezione liberale in materia economica, in quanto vi è necessità di un controllo in funzione dell'ordinamento più completo dell'economia mondiale, anche e soprattutto per raggiungere il maggiore benessere possibile. Quando si dice controllo della economia, non si intende però che lo Stato debba essere gestore di tutte le attività economiche, ma ci si riferisce allo Stato nella complessità dei suoi poteri e quindi in gran parte allo Stato che non esclude le iniziative individuali, ma le coordina, le disciplina e le orienta.[2]
  • E, per quanto riguarda questa richiesta della pena, di come debba essere la pena, un giudizio negativo, in linea di principio, deve essere dato non soltanto per la pena capitale, che istantaneamente, puntualmente, elimina dal consorzio sociale la figura del reo, ma anche nei confronti della pena perpetua: l'ergastolo, che, privo com'è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento e al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumano non meno di quanto lo sia la pena di morte.[3]
  • Il decentramento nella gestione degli interessi comuni, la determinazione di centri più vicini e controllabili, la fiducia riposta nei direttamente interessati, sono altrettanti strumenti dell'avvicinamento del potere agli amministrati e dell'umanizzazione di esso come garanzia del suo retto fine.[4]
  • Il partito vuole aderire alla realtà, per orientarla e plasmarla secondo la sua intuizione, alla luce dei suoi ideali umani. Perché un partito, e soprattutto un partito come il nostro, è un punto di passaggio obbligato dalla società allo Stato, dal particolare all'universale, dal fatto alla legge. Esso è chiamato alla comprensione della realtà, ma anche a dare un giudizio su di essa e un principio di orientamento. Esso parte da posizioni individuali, ma già le amalgama, ma già opera una sintesi nella quale comincia ad esistere lo Stato. Il partito, ben lungi dall'esaurire il suo compito in una cristallizzazione realizzata una volta per tutte, tiene aperto un dialogo permanente il quale verifica costantemente la validità della costruzione giuridica e ne garantisce il continuo adeguamento alle vive esigenze della vita sociale e perciò ad un criterio di sostanziale giustizia.[5]
  • Il potere si legittima davvero e solo per il continuo contatto con la sua radice umana e si pone con un limite invalicabile: le forze sociali che contano per se stesse, il crescere dei centri di decisione, il pluralismo che esprime la molteplicità irriducibile delle libere forme della vita comunitaria. (durante il XI Congresso della Democrazia Cristiana, Roma, 29 giugno 1969[6])
  • La razza è l'elemento biologico che, creando particolari affinità, condiziona l'individuazione del settore particolare della esperienza sociale, che è il primo elemento discriminativo delle particolarità dello Stato.[7]
  • Lo Stato democratico, lo Stato del valore umano, lo Stato fondato sul prestigio di ogni uomo e che garantisce il prestigio di ogni uomo, è uno Stato nel quale ogni azione è sottratta all'arbitrio ed alla prepotenza, in cui ogni sfera di interesse e di potere obbedisce ad una rigida delimitazione di giustizia, ad un criterio obiettivo e per sua natura liberatore; è uno Stato in cui lo stesso potere pubblico ha la forma, la misura e il limite della legge, e la legge, come disposizione generale, è un atto di chiarezza, è un'assunzione di responsabilità, è un impegno generale ed uguale. (dal discorso pronunciato a Milano, 3 ottobre 1959[8])
  • Nehru è indubbiamente una delle grandi figure dell'umanità e già da vivo aveva il suo posto nella storia. [...] È stato un esempio di comprensione tra le civiltà dell'Oriente e dell'Occidente. Si deve certo molto a ciò se nella sua azione sul piano mondiale ha saputo esercitare una influenza moderatrice promuovendo il rispetto delle istituzioni di cooperazione internazionale. La sua perdita colpisce l'umanità intera.[9]
  • Nessuno è chiamato a scegliere tra l'essere in Europa e nel Mediterraneo, poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.[10]
  • Non basta dire, per avere la coscienza a posto: noi abbiamo un limite, noi siamo dei politici e la cosa più appropriata e garantita che noi possiamo fare è di lasciare libero corso alla giustizia, è fare in modo che un giudice, finalmente un vero giudice, possa emettere il suo verdetto. (da un discorso alla Camera sullo scandalo Lockheed, 11 marzo 1977; da Scritti e discorsi, a cura di Giuseppe Rossini, Cinque lune, 1982)
  • Non ci devono essere vittime sacrificali, non si devono fare sacrifici umani... La Dc fa quadrato attorno ai suoi uomini... Non ci processerete sulle piazze, non ci lasceremo processare.[11]
  • Per fare le cose, occorre tutto il tempo che occorre.[12]
  • [Scrivendo a Benigno Zaccagnini] Per una evidente incompatibilità, chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno veramente voluto bene e sono degni perciò di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore.[13]
  • Parliamo, giustamente preoccupati, di distacco tra società civile e società politica e riscontriamo una certa crisi dei partiti, una loro minore autorità, una meno spiccata attitudine a risolvere, su basi di comprensione, di consenso e di fiducia, i problemi della vita nazionale. Ma, a fondamento di questa insufficiente presenza dei partiti, non c'è forse la incapacità di utilizzare anche per noi, classe politica, la coscienza critica e la forza di volontà della base democratica?[14]
  • Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta: la verità è sempre illuminante.[15][16]
  • Siate indipendenti. Non guardate al domani ma al dopo domani.[17]
  • Tornando poi a Lei, On. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del Paese (che non tarderà ad accorgersene) a capo del Governo, non è mia intenzione rievocare la grigia carriera. Non è questa una colpa. Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, On. Andreotti, è proprio questo che Le manca [...] Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell’insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. Durerà un po’ piú, un po’ meno, ma passerà senza lasciare traccia [...] Passerà alla triste cronaca, sopratutto ora, che Le si addice.[18]

Ultimi scritti[modifica]

  • Naturalmente non posso non sottolineare la cattiveria di tutti i democristiani che mi hanno voluto nolente ad una carica, che, se necessaria al Partito, doveva essermi salvata accettando anche lo scambio dei prigionieri. Son convinto che sarebbe stata la cosa più saggia. Resta, pur in questo momento supremo, la mia profonda amarezza personale. Non si è trovato nessuno che si dissociasse? Bisognerebbe dire a Giovanni che significa attività politica. Nessuno si è pentito di avermi spinto a questo passo che io chiaramente non volevo? E Zaccagnini? Come può rimanere tranquillo al suo posto? E Cossiga che non ha saputo immaginare nessuna difesa? Il mio sangue ricadrà su di loro.
  • [Giulio Andreotti] Non le basterà la cortesia diplomatica del Presidente Carter, che le dà (si vede che se ne intende poco) tutti i successi del trentennio democristiano, per passare alla storia. Passerà alla triste cronaca, soprattutto ora, che le si addice.
  • Vi è forse, nel tener duro contro di me, un'indicazione americana e tedesca?

Citazioni su Aldo Moro[modifica]

  • Aldo Moro era di Maglie, il paese di mia madre. Giocavano insieme da bambini. Mia madre, sua sorella Raffaella e Aldo, l'unico politico decente che ha avuto forse questo Paese. (Carmelo Bene)
  • Aldo Moro. Il Dottor Divago. (Marcello Marchesi)
  • Aveva il senso del partito. Era intransigente, anche insofferente. Forse era meno duttile di me. (Giulio Andreotti)
  • [Ad un summit presso il Ministero degli Esteri alla fine dell'intervento di Aldo Moro] Chi parla in questo modo non può che essere un imbroglione e non può che rappresentare un popolo di imbroglioni. (Henry Kissinger)
  • [Sugli uomini politici che resteranno nella storia della Democrazia cristiana] Dossetti, De Gasperi, ma potrei aggiungere anche Piccioni, La Pira, Moro. Gente di quel livello, di quel carattere, di quella storia, nel partito non l'ho più vista. (Amintore Fanfani)
  • È l'incarnazione del pessimismo meridionale. Secoli di scirocco, fu detto, sono nel suo sguardo. (Alberto Ronchey)
  • Ed alla nostra mente si presenta la dolorosa immagine di un amico a noi tanto caro, di un uomo onesto, di un politico dal forte ingegno e dalla vasta cultura: Aldo Moro. Quale vuoto ha lasciato nel suo partito e in questa assemblea! Se non fosse stato crudelmente assassinato, lui, non io, parlerebbe oggi da questo seggio a voi. (Sandro Pertini)
  • Fanfani è un vulcano in eruzione, sia pure con intermittenze, Moro invece ribolle tutto dentro. (Emilio Colombo)
  • Il finanziamento illecito c'è sempre stato. Malagodi prendeva soldi da Confindustria, Moro si alzò per difendere Gui. Solo che quelli avevano... gli attributi. Noi ci lasciammo sbranare, portare via l'immunità parlamentare. (Francesco De Lorenzo)
  • Io se fossi Dio, | quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio, | c'avrei ancora il coraggio di continuare a dire | che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia Cristiana | è il responsabile maggiore di trent'anni di cancrena italiana. | Io se fossi Dio, | un Dio incosciente enormemente saggio, | avrei anche il coraggio di andare dritto in galera, | ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora | quella faccia che era! (Giorgio Gaber)
  • Io sono in pace con quell'uomo. Era una guerra, in cui c'erano alleati e avversari. Uno scontro, come era quello di quegli anni, ha creato tante sofferenze. (Prospero Gallinari)
  • Io voglio bene a Moro e gli ho dato un mucchio di buoni consigli. ma lui non li segue e si è messo in testa che io sia il suo rivale. Quando Moro si mette un'idea in testa non c'è modo di fargliela cambiare. (Amintore Fanfani)
  • Moro è quello che vien fuori dalle sue lettere, quelle lettere che scrisse quando era prigioniero delle Br e che sono quanto di più penoso ed umiliante sia mai uscito da una prigione. Lo «statista insigne» che, al momento del dunque, sconfessa tutti i principi dello Stato di diritto, sembra considerare lo Stato ed i suoi organismi come un proprio patrimonio privato, invita gli amici del suo partito ed i principali rappresentanti della Repubblica a fare altrettanto. L'uomo che chiede pietà per sé ma, in novanta lettere, non ha una parola per gli uomini della sua scorta, morti ammazzati per lui e, anzi, l'unico accenno che ne fa è gelidamente burocratico per definirli «amministrativamente non all'altezza». Il politico che conferma la tradizione della classe dirigente italiana pronta a chiedere tutto, anche la vita, agli umili, ma mai disposta, le poche volte che capita, a pagare di persona (si pensi a Mussolini in fuga sotto un pastrano tedesco, al modo con cui il re e Badoglio abbandonano Roma). Dire queste cose d'un uomo che è morto come è morto Moro può apparire, anzi è, crudele. Ma è la verità. E poiché ho scritto queste cose quando Moro era ancora vivo («Statista insigne o pover'uomo?». Il Lavoro, 4 aprile 1978) non ho alcuna remora a ripeterle ora che è morto e che altri tasselli vengono a completarne la figura. (Massimo Fini)
  • Moro era chiaramente il personaggio di maggiore spicco. Era tanto taciturno quanto intelligente; possedeva una formidabile reputazione intellettuale. L'unica prova concreta che ebbi di questo suo ingegno fu la complessità bizantina della sua sintassi. [...] Moro si disinteressava chiaramente degli affari internazionali. Era lo stratega del partito per eccellenza, destinato ad architettare con straordinaria sottigliezza nuovi sbocchi in tema di politica interna; si assunse il portafoglio degli Esteri non per intima vocazione, ma come puro e semplice trampolino di potere. (Henry Kissinger)
  • Moro vivo non serve più a nessuno. (attribuita a Giulio Andreotti)
  • Per Moro occorre andare oltre le emozioni, oltre anche ai quesiti non ancora risolti delle modalità della sua prigionia, del suo sacrificio e delle motivazioni dei suoi assassini, e cercare di continuare ad approfondire l'attualità della sua eredità politica. (Luigi Gui)

Indro Montanelli[modifica]

  • Calvinista a rovescio, invece che nella predestinazione della grazia, credeva in quella della disgrazia.
  • Quelle lettere erano tutte farina del sacco di Moro, e questa farina non è molto encomiabile perché, vede, tutti gli uomini hanno diritto ad avere paura, tutti. Però quando un uomo sceglie la politica, e nella politica emerge a uomo rappresentativo dello Stato, non perde il diritto a avere paura, ma perde il diritto a mostrarla. [...] Moro era certamente un politico a modo suo, estremamente abile – era anche un galantuomo, credo – ma uomo di Stato non era nemmeno lui.
  • Un generale che, sfiduciato del proprio esercito, credeva che l'unico modo di combattere il nemico fosse quello di abbracciarlo.

Note[modifica]

  1. Attribuita a Moro da Gianfranco Rotondi. Dall'intervista di Cesare Zapperi, Rotondi: «Così il centrodestra di fatto neanche esiste, si rischia la sconfitta», Corriere.it, 24 ottobre 2021.
  2. Verbali assemblea costituente, 3 ottobre 1946 pag 10
  3. Citato nell'introduzione di Stefano Anastasia e Franco Corelone del libro Contro l'ergastolo, Ediesse, dicembre 2009.
  4. Da La democrazia incompiuta, I Progetti del Corriere della Sera, I Maestri del pensiero democratico, n. 10, p. 25.
  5. Da La democrazia incompiuta, in I progetti del Corriere della Sera, I maestri del pensiero democratico, n. 10, pp. 33-34.
  6. Citato in Giovanni di Capua, Aldo Moro : il potere della parola (1943-1978), Roma, Ebe, 1988.
  7. Da Il diritto, 1944-1945: lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Universita di Bari, Cacucci, 1978.
  8. Citato in Giovanni di Capua, Aldo Moro : il potere della parola (1943-1978), Roma, Ebe, 1988.
  9. Citato in Il cordoglio dell'Italia, La Stampa, 28 maggio 1964
  10. Da Discorsi parlamentari, a cura di Emilia Lamaro, Camera dei deputati, 1996.
  11. Da un discorso in parlamento sullo scandalo Lockheed, 9 marzo 1977; citato in P. Guzzanti, La difesa di Moro, la Repubblica, 10 marzo 1977; citato in Ginsborg 1989, p. 510.
  12. Citato in Corrado Pizzinelli, Moro, Longanesi, 1969.
  13. Citato in [[John Foot]], L'Italia e le sue storie 1945-2019, traduzione di Enrico Basaglia, Laterza, Bari-Roma, 2019.
  14. Dall'intervento al Consiglio Nazionale della DC, Roma, 18 gennaio 1969; audio originale in Rai Storia - Q verso il Quirinale del 6 aprile 2013.
  15. Citato all'inizio del film Piazza delle Cinque Lune, 2003.
  16. Da L'intelligenza e gli avvenimenti: testi, 1959-1978, a cura della Fondazione Aldo Moro, Garzanti, 1979.
  17. Da una lettera a Benigno Zaccagnini, 1978; citato da Maurizio Lupi nella Seduta n. 9 della Camera dell'8 maggio 2018.
  18. Citato in Il memoriale di Aldo Moro (1978). Edizione critica, a cura di Francesco M. Biscione, Michele Di Sivo, Sergio Flamigni, Miguel Gotor, Ilaria Moroni, Antonella Padova e Stefano Twardzik, coordinamento di Michele Di Sivo, Ministero per i Beni e le attività culturali. Direzione generale degli archivi, Roma, 2019, p. 454-55.

Bibliografia[modifica]

  • Aldo Moro, Ultimi scritti, a cura di Eugenio Tassini, Piemme, 1998.

Voci correlate[modifica]

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