Alberto Pezzotta
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Alberto Pezzotta (1965 – vivente), critico cinematografico italiano.
- Con tipico ritegno da autore classico, Petrassi dichiarò di avere sempre composto la musica da film con la mano sinistra. A contraddirlo non sono solo le sue dichiarazioni di stima per registi come De Santis, ma anche la qualità dei risultati [riferimento alla colonna sonnora di Riso Amaro e Non c'è pace tra gli ulivi]. (citato in Corriere della sera, 21 ottobre 2004)
- Da piccolo Alberto Lattuada sgattaiolava tra le quinte della Scala dove lavorava il padre Felice, compositore. Ma presto cominciò ad amare la fotografia e il cinema. E nella Milano anni Trenta, appena ventenne, poneva le basi della Cineteca Italiana con i fratelli Gianni e Luigi Comencini, salvando pellicole dal macero e proiettando registi come Vigo e Renoir. (citato in Corriere della sera, 13 gennaio 2007)
- [Il film Venga a prendere il caffè... da noi di Alberto Lattuada] È un buon punto di partenza per conoscere il regista: un moralista senza morale, un fustigatore dei costumi e della borghesia, un conoscitore della vita che ne illustra i lati più materiali. E un grande narratore per immagini, che sa trarre il meglio dagli attori. Un autore così, è chiaro, non può essere celebrato in Campidoglio. (citato in Corriere della Sera , 13 gennaio 2007)
- [Alida Valli] Lei [...] è sempre una donna di mezze misure, capace di chiudersi e aprirsi, mostrare allegria e tristezza, spesso con il volto velato di una malinconia che neppure Hitchcock capisce: Il caso Paradine è un'interpretazione elegante, gelida, estranea. (citato in Corriere della sera, 23 aprile 2006)
- [Silvana Mangano] Poche dive del nostro cinema hanno saputo calarsi con altrettanta naturalezza nei panni di una popolana e in quelli di una nobildonna. Miss Roma a sedici anni, figlia di padre siciliano e madre inglese, diventa star con «Riso amaro» di Giuseppe De Santis, nel 1948, imponendosi come primo sex symbol del neorealismo. Il suo mambo in «Anna» di Lattuada (canta: «Arriva il negro Zumbon/ballando allegro il bajon») nel 1951 turba gli italiani, e se ne ricorda Moretti in «Caro diario». Nel 1959, come prostituta veneta di «La grande guerra» di Monicelli, tiene testa ai colossi Sordi e Gassman. Per Pasolini sarà Medea in «Edipo Re» (1967). Anche Luchino Visconti la vorrà di sangue blu – in «Morte a Venezia» e «Ludwig» – ma in «Gruppo di famiglia in un interno» (1974) la trasforma in un'arricchita. (citato in Corriere della sera, 13 dicembre 2006)
- Prova d'orchestra di Fellini è uno dei film più amati dai musicisti. All'epoca sembrò una metafora dell'Italia del 1979, sindacalizzata e allo sbando; ma il caos che mette in scena è universale. (citato in Corriere della sera, 5 dicembre 2007)
- [Su Facebook] [...] è una perdita di tempo in una vita già abbastanza affollata [...] (citato in Duellanti, n. 67, gennaio-febbraio 2011, p. 115)
- «Riso amaro» (1949) occupa un posto importante nella storia del cinema e in quella del costume. Giuseppe De Santis seppe fondere realismo sociale e mélo, mitologia e riflessione sui media, con un occhio all'epica sovietica e uno al noir hollywoodiano; e la mondina Silvana Mangano si impose come oggetto di desiderio. (citato in Corriere della sera, 14 ottobre 2004)
Tutto Ozpetek, dalle «Fate» alle «Mine», Corriere della sera, 20 maggio 2010
- Il film più amato: forse «La finestra di fronte», dove l'emancipazione della mogliettina insoddisfatta (Giovanna Mezzogiorno) passa attraverso la creatività pasticcera. [...] Il film che ha convinto anche i suoi detrattori (non pochi, anche in ambito gay): il recente «Mine vaganti».
- Nei suoi otto film ha fatto specchiare un'Italia incasinata e infelice, ma desiderosa di sentirsi più tollerante e colorata. Di rado è incappato in un film sbagliato o in un mezzo insuccesso, come «Un giorno perfetto» tratto da un soggetto non suo.
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