Alberto Sordi

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Alberto Sordi

Alberto Sordi (1920 – 2003), attore, regista, sceneggiatore, cantante e doppiatore italiano.

Citazioni di Alberto Sordi[modifica]

  • [Riferendosi a Carlo Verdone] A Carlè, magari avessi avuto un figlio come te, anche se proprio bello nun sei... Oh, non giudicatelo dalla faccia perché Carlo è un ragazzo intelligente... A Carlè, io vorrei ave' l'età tua, cieco de n'occhio.[1]
  • [Rivolto a un beduino nel mezzo del deserto] Aò, 'ndo stà er mare?... Ammazza che spiagge che c'avete![2]
  • [Su Rodolfo Sonego] Era un uomo minuto che trascinava i piedi, si muoveva con lentezza, spandeva intorno distensione.[3]
  • Eravamo due poveracci. Andavamo a mangiare in una latteria in via Frattina e c'eravamo accattivati la simpatia della cuoca. ordinavamo uno spaghetto e lei sotto ci metteva due bistecche e due uova. Io e Federico Fellini facevamo lunghe passeggiate la sera: sognavamo, parlavamo di aspirazioni, progettavamo di diventare io un grande attore e lui sosteneva sempre, diceva: «Ti assicuro, Albè, che io un giorno diventerò un grande regista, forse il regista più grande del mondo». Solo che lo dovevo sostenere, lui c'aveva fame. Gli era rimasta solo una testa così, piena di capelli, su un corpo che ormai non si sosteneva più perché...perché era debole, deperiva di giorno in giorno. E io non potevo fare niente per lui...potevo divertirlo, potevamo ridere, scherzare insieme, ma non potevo sfamarlo perché anch'io ero un poveraccio. Non c'avevo 'na lira. E poi arrivò il suo angelo salvatore: conobbe una ragazzina che faceva la radio, si chiamava Giulietta. Lui scrisse per lei una rubrichetta alla radio e si fidanzarono. Lei da buona emiliana cominciò a cucinare agnolotti, lasagne, tortellini e cominciò a ingrassare Federico. Cominciò a camminare da solo, cominciò a scrivere e cominciò a lavorare. Tutto quello che vi racconteranno che non sia quello che vi ho raccontato io, probabilmente non è la verità. E sapete perché? Perché probabilmente gliel'ha raccontata lui. Perché, dovete sapere, oltre ad essere un grande regista, Federico è anche un grande bugiardo, forse l'uomo più bugiardo del mondo. Però, aò, Federico c'ha una capoccia così![4]
  • [Parlando del primo incontro con Totò] Mi chiese subito di dargli del tu, anche se io gli confessai la mia emozione di trovarmi di fronte all'esempio vivente del comico tradizionale, colui che, al solo apparire, in teatro e sullo schermo, conquistava il pubblico prima di dire «Buonasera». [...] Un attore talmente eccezionale e irripetibile che forse ci vorranno cento anni perché ne nasca un altro.[5]
  • Non mi sposo perché non mi piace avere gente estranea in casa.[6]
  • [«C'è un segreto per far ridere?»] Sì, fare le cose sul serio. [«Il momento più bello della sua vita e quello più triste.»] Io la tristezza la nascondo. Ecco, l'unica volta che recito, non davanti alla macchina da presa, è il fatto di non manifestare tristezza perché, partecipare gli altri alla mia tristezza, ho capito che non importa niente a nessuno delle mie tristezze, perciò non mi confido mai e dico: "Tutto bene, tutto bene". Me la tengo per me.[7]

Da Cinema e tagliatelle

Il Monello, Casa Editrice Universo, n. 17 1975.

  • La mia comicità non è mai stata astratta, gratuita. L'ho sempre ricalcata sulla realtà del momento.
  • Nei miei film io mi limito a riflettere le inquietudini di tutti noi, il pessimismo dilagante.
  • Se Fellini mi dicesse: «Albe', ho una parte per te nel mio prossimo film...» Eh, allora come faccio a dire di no? Con Federico ho fatto Lo sceicco bianco, I vitelloni, e se so' quello che sono, oggi, lo devo anche a lui, no?
  • Sa perché dicono che sono avaro? Perché i soldi non li sbatto in faccia alla gente, come fanno certi miei colleghi.
  • Sono un credente, un cattolico osservante. La domenica vado a messa. Mi faccio la comunione. Be', diciamo la verità, è deprimente constatare che la mia religiosità stupisce, non le pare?
  • Se il mondo fosse come lo presenta un certo cinema d'oggi, sarebbe un incredibile bordello.
  • Dubito fortemente di poter essere matrimoniabile.
  • Alla mia età ho fatto il callo alla solitudine. Una solitudine, però, molto relativa, perché il lavoro riesce a riempire completamente la mia esistenza.
  • Voglio realizzare un film su Henry Kissinger. Prima di tutto, perché gli somiglio moltissimo, al punto che quando vado negli Stati Uniti la gente si ferma a guardarmi per strada, mi blocca e mi chiede l'autografo.
  • Il personaggio di Kissinger mi affascina. È un po' Metternich, un po' Talleyrand, non sta mai fermo, tira le fila dei destini del mondo...
  • La sa quella storiella su Kissinger? Aeroporto di Washington: atterrano contemporaneamente tre jet, uno proveniente da Pechino, l'altro da Mosca, il terzo da Tel Aviv. E da tutti e tre scende, sorridente, Henry Kissinger. Divertente, no? La metterò nel film, che ne dice?

Da Quando il balilla Sordi andò dal Duce

Intervista di Nantas Salvalaggio, Corriere.it, 8 gennaio 1986.

  • [L'incontro con Benito Mussolini] Io avevo intorno ai tredici anni, era il 1933. [...] Ci sembrò un sogno. Una mattina alle 9, a Palazzo Venezia, l'usciere Navarro[8] ci fa entrare nella mitica Sala del Mappamondo. Era immensa e lustra come uno specchio. Mi tremavano le gambe. Il Duce ci aspettava dietro un grande tavolo. Salutiamo romanamente nelle nostre divise fiammanti. Poi il Duce parla con voce rotonda: "Camerati, vi ascolto". Al che il veterano si slancia in avanti: "Eccellenza, Duce, ecco il mio piano laborioso. Darà lavoro a centinaia di persone". E gli porge alcuni fogli con mappe e grafici. Passano cinque, dieci secondi, sufficienti perché Mussolini intuisca tutta l'inconsistenza del progetto. "Mi vorreste alla posa della prima pietra? No – dice –, vi do tempo. Verrò all'ultima". Così ci licenzia, e noi usciamo dal palazzo come cani bastonati. [...] Mi è servito in seguito. Non ho più raccomandato nessuno. Quando c'è qualcuno che insiste, gli dico: guarda, mi è andata male perfino con il Duce.
  • [Mussolini] Mi faceva ridere. Per me era un grande attore comico, forse involontario. Naturalmente lo ammiravo, come tutti. Però, ripeto, mi faceva ridere. Aveva delle battute impressionanti.
  • [Ettore Petrolini] Come era? Bah, non vorrei dare scandalo, ma non mi ha fatto grande impressione. Lo stesso Bonnard, che lo ha sostenuto moltissimo, anni dopo mi confessava che, insomma, la leggenda era più grossa dei suoi meriti. Sono le mistificazioni della intellighentzia. Neppure la Duse fu quel mostro di bravura che dicono. Anzi. Gente degna di fede assicura che in molte cose era abbastanza mediocre.
  • [Il grande attore comico è] Fabrizi. Aldo Fabrizi è stato grandissimo. Ma i soliti snob lo trascurano, lo confondono con le sue macchiette e le sue ricette di pastasciutte. Purtroppo, succederà a Fabrizi quello che è capitato a Totò: verrà beatificato solo dopo la morte. Lontana sia. Questo è un Paese dove i critici si commuovono solo sui marmi dei sarcofagi.
  • [Roma] È diventata un brutto parcheggio. È indecente il modo in cui viene degradata una delle più belle città del mondo.
  • Ero in piazza Navona, il cuore della città. A un certo punto vedo spuntare, prima a destra e poi a sinistra, quattro ceffi che non promettevano niente di buono. Questi ti fanno blu, mi sono detto. Per fortuna, arrivato a pochi passi da me, uno dei ceffi mi riconosce: "Albe' – grida – Albertone bello, ma dove cavolo vai a quest'ora di notte?". E rimettendo in tasca qualcosa, che poteva essere una pistola o un coltello, mi dà una gran botta sulla spalla. Così fanno anche gli altri manigoldi. "Andiamo a bere qualcosa!" dice uno coi baffi. "No, grazie – mi difendo – ho un gran mal di testa, fate finta che ho accettato". Qualche volta anche i teppisti hanno un'anima. Ma fino a quando?

Da Un cristiano a Roma

Intervista di Roberto Rotondo, 30Giorni, gennaio 2000.

  • Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio: un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l'ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa.
  • Noi abbiamo avuto il privilegio di nascere a Roma, e io l'ho praticata come si dovrebbe, perché Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi.
  • La festa del Carmine o quella dell'Immacolata Concezione, per esempio, con l'affluire disordinato e rumoroso dei devoti, per noi bambini erano sempre sinonimo di allegria.
  • Il mio rapporto con il Padreterno si basa proprio sull'educazione che fin da piccolo i miei genitori mi hanno dato così come mi hanno insegnato a camminare e a parlare.
  • Io la [mia madre] vedevo come la Madonna, senza peccato: per questo cercavo di preservarla da ogni dolore raccontandole, a volte, pietose bugie.
  • Vado a messa, mi confesso, prego ogni giorno, credo nei dogmi e non li discuto.
  • È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero. Che bisogno c'è di ragionarci su?
  • La nostra pratica religiosa è sempre accompagnata dalla confessione: vieni perdonato dal prete, poi ricadi nello stesso peccato e torni a confessarti facendo il proposito di non ricaderci più. E stai di nuovo come un santo. L'importante è essere sinceri e non barare con il Padreterno.
  • I preti ci hanno insegnato tutto, la socializzazione, l'equilibrio tra il bene e il male, il piacere del perdono dopo uno strappo alle regole.
  • Anche la Chiesa può peccare di esibizionismo, di leggerezza, come quando è ossessionata dal problema di catturare il consenso dei giovani.
  • Noi romani ci siamo sempre sentiti più sudditi del papa che dei re o di Mussolini, che non a caso ha subito fatto un concordato.
  • A Roma un tempo, se uno passava di corsa, lo prendevano, lo sbattevano contro una porta e gli dicevano: «'Ndo' scappi?». Perché a Roma, se correvi come un matto, poteva voler dire solo che scappavi.
  • Una volta anche solo il fatto di andare a piedi, di salutarsi, di sentirsi parte di una società, aiutava a essere più umani.
  • I preti tendono a mimetizzarsi, vivono e vestono come laici e si vergognano di mettersi anche una crocetta sul maglione (così non c'è da stupirsi se finisce che il semplice fedele poi si vergogna pure a farsi il segno della croce in pubblico).

Citazioni su Alberto Sordi[modifica]

  • Alberto Sordi era un accentratore terribile e si considerava nei pressi di Dio. Per lui al mondo c’era soltanto Sordi. Sordi e basta. (Sandra Milo)
  • Allora molti dell'ambiente avevano il loro soprannome. De Sica, per esempio, era «il Buono»; Sordi era «il Mostro». L'aggettivo sottolineava un lato appariscente della maschera dell'individuo in questione. De Sica pubblicamente era indulgente e benevolo; nella personalità di Sordi il lato conservatore e qualunquista coesisteva con quello opposto, ferocemente dissacratore, in un modo che poteva sembrare inquietante. (Masolino D'Amico)
  • Ci vuole comunque il dopoguerra perché Sordi compia un salto di qualità e il primo regista a valorizzarlo sarà Mario Soldati. (Massimo Scaglione)
  • – Gli offri un dito e si pigliano tutto il braccio, questa è la vera verità. Noi italiani stavamo bene a pascolare le pecore. Poi abbiamo voluto fare un paese industriale, paese industriale. Noi italiani siamo fatti così, "rossi" "neri" alla fine tutti uguali.
    – Ma chi è che sta parlando? Chi è? Rossi e neri sono tutti uguali? Ma che, siamo in un film di Alberto Sordi? Sì, bravo, bravo... Te lo meriti Alberto Sordi! (Ecce bombo)
  • È stato l'attore più grande ma è soprattutto stato uno straordinario autore, l'artefice del suo personaggio con cui ha attraversato più di 50 anni di storia italiana. Da regista dico che era straordinariamente facile lavorare con Sordi proprio perché era un grandissimo; bastavano poche occhiate e ci si capiva sul tono da dare alla sua interpretazione e quindi al film. È stato un comico capace di contraddire tutte le regole del comico. (Mario Monicelli)
  • Il doppiaggio di Stanlio e Ollio è una delle cose più deliziose del cinema di quel periodo. Sordi e Zambuto si sono inventati questo modo di parlare molto lontano da quello che era l'originale. Hanno spostato gli accenti, hanno diversificato le voci. Hanno aggiunto roba. Bellissimo lavoro. (Mina)
  • Il mio modello è Sordi e come lui ho incarnato in tutti questi anni il ruolo dell'italiano imbroglione, del palazzinaro e ho reso simpatici dei personaggi tremendi mettendo in scena le loro debolezze. (Christian De Sica)
  • Nel 1990 con lui ho girato L'avaro di Molière diretto da Tonino Cervi. Mentre pronunciavo una battuta, sento come un'eco. Credo che sia l'acustica di Palazzo Farnese, invece no: era Sordi che l'aveva ripetuta fuori campo. Non riusciva a star fermo, né a tacere! Ma lui, non Mastroianni, è stato il più grande attore italiano. (Christopher Lee)
  • Non è un uomo colto. Non ha letto niente. Ma ha un colpo d'occhio infallibile. È un animale selvaggio, un animale del bosco che ci vede anche di notte. (Rodolfo Sonego)
  • Siamo andati anche a Mosca insieme a Sordi. Era simpatico Sordi. Sul set però terribile, molto cattivo. "Non capisci niente", mi sgridava, si irritava subito. Certo io non ero una professional. (Ira von Fürstenberg)
  • Sordi, secondo me, è un inventore di cose nuove, di comicità nuova, è stato un precursore. (Massimo Troisi)

Pier Paolo Pasolini[modifica]

  • Ma di che specie è il riso che suscita Alberto Sordi? Pensateci un momento: è un riso di cui un po' ci si vergogna.
  • Alla comicità di Alberto Sordi ridiamo solo noi: perché solo noi conosciamo il nostro pollo. Ridiamo, e usciamo dal cinema vergognandoci di aver riso, perché abbiamo riso sulla nostra viltà, sul nostro qualunquismo, sul nostro infantilismo.
  • Se in Sordi entrasse definitivamente questa contraddizione, se egli capisse che non si può ridere se al fondo del riso non c'è della bontà – pur esercitata o repressa in un mondo nemico – la sua comicità finirebbe di essere uno dei tristi fenomeni della brutta Italia di questi anni, e potrebbe, nei suoi modesti limiti, contribuire almeno a una lotta riformistica e morale.

Note[modifica]

  1. Citato in Roberto D'Agostino, Chi è, chi non è, chi si crede di essere, Arnoldo Mondadori, 1988. ISBN 8804313757
  2. Citato in Gino & Michele, Matteo Molinari, Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano. Anno 2000, Baldini e Castoldi, § 437.
  3. Citato in Simonetta Robiony, Sonego, il cinema italiano che se ne va, La Stampa, 16 ottobre 2000.
  4. Dall'intervista della RAI. Video disponibile su Youtube.
  5. Citato in Orio Caldiron, Totò, Gremese Editore, 2001, p. 132. ISBN 8877424133
  6. Citato in Aldo Grasso, Quell'ossessione di Albertone per gli estranei in casa, Corriere.it, 24 febbraio 2013.
  7. Dall'intervista di Enzo Biagi nel programma televisivo Cara italia. Video disponibile su Yooying.com.
  8. Il nome corretto è Navarra

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]