Arco di trionfo (film 1948)
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Arco di trionfo
Ingrid Bergman in una foto di scena
Titolo originale |
Arch of Triumph |
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Lingua originale | inglese |
Paese | Stati Uniti d'America |
Anno | 1948 |
Genere | drammatico |
Regia | Lewis Milestone |
Soggetto | Erich Maria Remarque (romanzo) |
Sceneggiatura | Lewis Milestone, Harry Brown |
Produttore | David Lewis |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Arco di trionfo, film statunitense del 1948 con Ingrid Bergman e Charles Boyer, regia di Lewis Milestone.
L'inverno del 1938 fu l'ultimo inverno prima dell'inizio della seconda guerra mondiale. Parigi era ancora un'isola di luce nel profondo buio d'Europa. Fu allora che i parigini conobbero un nuovo cittadino europeo: il rifugiato. Nelle strade, i rifugiati politici erano spalla a spalla con i rifugiati della notte, ed a nessuno importava se questi uomini e donne vivessero o morissero. Così la storia preparava la fine di un errore, il principio dei nuovi tempi. (Narratore)
Frasi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- In tempi duri fa bene un po' di conforto: vecchia legge di guerra. (Ravic)
- La dignità dell'uomo, la bellezza della donna, l'eterno mistero dell'amore, nelle mani d'una sporca levatrice. (Ravic)
- Quando si muore si diventa sempre importanti. (Ravic)
- La prima virtù di un cameriere è la discrezione, l'indiscrezione è solo per i signori. (Boris)
- Rido, mio caro, perché l'uomo è grande nelle sue intenzioni ma debole nelle sue azioni: questa è la nostra miseria e la nostra grandezza. (Boris)
- È possibile dividere la felicità di una persona ma solo una parte dei dispiaceri: la pietà è una prerogativa delle persone ricche. (Boris)
- Un rifugiato senza passaporto cessa di far parte della razza umana: quelli che rimangono vivi saranno sempre dei braccati. (Boris)
- Io sono un rifugiato: è la mia professione aspettare, cercare di vivere e aspettare. (Ravic)
- L'unica cosa buona è il cognac, il resto è tutto marcio in questo popolo dalla vita troppo facile. (Haake)
- Io non dimentico mai né un appuntamento né una faccia: è la mia professione. (Haake)
- Ognuno chiede alla vita benessere e amore: tu hai trovato tutto, ma in due uomini, così vuoi l'uno e non vorresti perdere l'altro. (Ravic)
Dialoghi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Boris [brindando]: Che Dio benedica i tuoi occhi.
Ravic: E i tuoi. - Ravic: Il mio nome è Ravic.
Joan: Da quando?
Ravic: Joan, i nomi non contano: importa quello che siamo veramente. - Ravic: Sei mai stata abbandonata da qualcuno che amavi?
Joan: Sì.
Ravic: E che cosa hai fatto?
Joan: Ho reagito. Ma ero terribilmente infelice.
Ravic: Per quanto?
Joan: Forse una settimana.
Ravic: Non è molto.
Joan: Un'eternità se sei realmente infelice, ed io lo ero talmente che nient'altro esisteva per me. E quando nulla esiste al mondo, l'infelicità non è più infelicità. Così non resta che ricominciare a vivere. - Ravic: Non voglio delle confessioni. Ti chiedo soltanto perché sei qui.
Joan: Sono qui: non ti basta?
Ravic: Sì. Hai ragione, mi basta. - Joan: Non mi hai ancora chiesto cosa ho fatto in tutto questo tempo. Non vuoi sapere dove e come ho vissuto?
Ravic: Joan, guarda fuori. Chiede forse l'aria se ieri ha piovuto? Se c'è stata la guerra in Cina o in Ispagna? Se migliaia di uomini nascono o muoiono in questo momento? Il mondo esiste, noi esistiamo. Non frughiamo nel passato.
Citazioni su Arco di trionfo
[modifica]- Dal romanzo omonimo di Erich M. Remarque, un affresco melodrammatico sulla situazione dei rifugiati, tra ideali democratici e folclore. Boyer è troppo elegante per essere un povero perseguitato e la Bergman fuma per far capire che non è una donna per bene. Ma Laughton è grande come aguzzino nazi in cerca di piaceri proibiti. (Il Mereghetti)
- Il romanzo di Remarque, ricco di buone intenzioni umanitarie, è trasposto in modo un po' schematico e grossolano da un regista discontinuo. Come "melodramma", però, il film funziona abbastanza soprattutto per il grande mestiere degli interpreti (il più convincente di tutti è Louis Calhern, il colonnello russo). (il Farinotti)
- Un costoso, ambizioso fallimento artistico e commerciale che, tra l'altro, mandò in rosso e fece chiudere l'Enterprise Studios che lo produsse. Contribuirono anche i vincoli di censura che lasciarono nel vago il mestiere dell'infelice eroina. Milestone non era il regista adatto, ma aveva diretto All'Ovest nulla di nuovo. (il Morandini)
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