Carlo Pisacane

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Carlo Pisacane

Carlo Pisacane di San Giovanni (1818 – 1857), patriota italiano.

Citazioni di Carlo Pisacane[modifica]

  • [...] fra la guerra di difesa e quella di offesa altra differenza non v'è che questa muove ardita ed indipendente e sceglie a suo piacere il momento, mentre l'altra attende che il nemico gli presenti l'appicco [...].[1]
  • [Riferendosi al corpo di spedizione francese inviato per abbattere la Repubblica Romana del 1849] Un'armata francese di trentamila uomini, la cui magnifica organizzazione, la cui lodevolissima ed ammirabile disciplina la rende giustamente la prima armata del mondo; questa armata, accolta dalla simpatia dei popoli, avrebbe aggiunto brillanti vittorie agli allori francesi. Ma quest'armata, strumento di vilissimo governo, è confidata a vilissimi capi. Il soldato francese è obbligato, egli repubblicano, a punire chi grida viva la repubblica; il soldato francese si vede odiato da un popolo col quale simpatizza. Esso sparge il suo sangue senza guardare alla causa; difetto di quella disciplina tanto lodevole in sé, ma funestissima se messa a servizio d'una causa ingiusta.[2]
  • [Il corpo di spedizione francese] Lascia in Civitavecchia la bandiera italiana, fa credere di volere nei primi momenti rispettare il governo, e presenta un'ultimatum il cui 2º articolo era così concepito:
    La Francia non contende alle popolazioni romane il diritto di pronunciarsi liberamente sulla forma del loro governo.
    Intanto entra a Roma, scioglie l'Assemblea, e restituisce il dominio assoluto dei preti!!
    Il prezzo di tanti inganni, di tante bassezze, è il disprezzo del popolo. I suoi editti sono bruttati di schifose materie, il francese non vede che volti ostili, che ira, ed incontra anche la morte.[3]

Saggio sulla rivoluzione[modifica]

  • Come è assurda la gerarchia fra gl'individui, lo è fra i Comuni. Ogni Comune non può essere che una libera associazione d'individui e la Nazione una libera associazione dei Comuni.
  • I bisogni sono i soli limiti naturali della libertà ed indipendenza.
  • La miseria è la principale cagione, la sorgente inesauribile di tutti i mali della società, voragine spalancata che ne inghiotte ogni virtù. La miseria aguzza il pugnale dell'assassino; prostituisce la donna; corrompe il cittadino; trova satelliti al dispotismo.
  • La Natura, avendo concesso a tutti gli uomini i medesimi organi, le medesime sensazioni, i medesimi bisogni, li ha dichiarati eguali, ed ha, con tal fatto, concesso loro uguale diritto al godimento dei beni che essa produce. Come del pari, avendo creato ogni uomo capace di provvedere alla propria esistenza, l'ha dichiarato indipendente e libero.
  • Le gerarchie, l'autorità, violazione manifesta delle leggi di Natura, vanno abolite. La piramide: Dio, il re, i migliori, la plebe, adeguata alla base.
  • Le leggi non possono imporsi, ma proporsi alla Nazione.
  • Ogni individuo ha il diritto di godere di tutti i mezzi materiali di cui dispone la società, onde dar pieno sviluppo alle sue facoltà fisiche e morali.

Incipit de La rivoluzione[modifica]

La parola progresso suona nella bocca degli uomini d'ogni condizione, d'ogni partito, ma è da pochissimi, anzi quasi da nessuno compresa. I sorprendenti trovati della scienza che, applicati all'industria, al commercio, al vivere in generale, trasformano in mille guise i prodotti, sono fatti innegabili: noi vediamo, ove erano gruppi di capanne, sorgere superbe città; campi aspri e selvaggi squarciati dall'aratro, e resi fecondi; selve, monti, mari, superati; rozzi velli trasformati in finissime stoffe; le intemperie vinte con l'arte; le tenebre cacciate da fulgidissima luce; il navigar contro i venti; il percorrere con portentosa celerità sterminate distanze; finanche il fulmine reso rapido messaggiero dell'uomo; l'immensità dei cieli, le viscere della terra esplorate; gli astri, gli animali, i vegetabili, i minerali, tutti studiati, classificati, misurati… Se questo è il progresso, niuno può negarlo o non comprenderlo.

Citazioni su Carlo Pisacane[modifica]

  • Il motto della sua bandiera era vittoria immediata o martirio. Egli non si acquetava alle salmodie parlamentari, agli inni sacri, recitati con religioso atticismo da Terenzio Mamiani nella Camera Sarda; si impazientiva delle arringhe diplomatiche del Cavour e della politica del carciofo di Casa Savoia; non si commoveva se Francia ed Inghilterra ritiravano gli ambasciatori dal regno di Napoli, per dimostrargli il loro malcontento; notava con sarcasmo, che la maggiore concessione strappata al Borbone dalle rimostranze inglesi era stata la promessa di migliorare le condizioni dei detenuti politici trasportandoli in America ed esclamava: «Quale più solenne smentita alle previsioni ed alle speranze del signor Mamiani!» (Giovanni Faldella)
  • Il viandante ansioso di varcare il torrente getta pietre una sull'alra, nel profondo dell'acqua, poi posa sicuro il suo piede sulle ultime, che affiorano, perché sa che quelle scomparse nel gorgo sosterranno il suo peso. Pisacane, anche lui, pareva sparito nel nulla. Ma sulla sua vita, sulla sua morte poteva posare, e posa, uno dei piloni granitici dell'edificio italiano. (Nello Rosselli)
  • Noi dissentivamo su diversi punti: sulle idee religiose, ch'ei non guardava, errore comune al più, se non attraverso le credenze consunte e perciò tiranniche dell'oggi; sul cosidetto socialismo, che riducevasi a una mera questione di parole dacché i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sétte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti e sulla vasta idea sociale fatta oggimai inseparabile in tutte le menti d'Europa dal moto politico io andava forse più in là di lui: sopra una o due cose delle minori spettanti all'ordinamento della futura milizia; e talora sul modo d'intendere l'obbligo che abbiamo tutti di serbar fede al Vero. Ma il differire di tempo in tempo sui modi d'antivedere l'avvenire non ci toglieva d'essere intesi sulle condizioni presenti e sulla scelta dei rimedi. (Giuseppe Mazzini)
  • Pisacane lasciava così all'Italia [nel suo Testamento politico] un messaggio di fede nell'azione insurrezionale e insieme un altissimo insegnamento morale; ma lasciava altresì all'Italia dell'avvenire l'indicazione, sia pure permeata di estremismo utopistico, di una soluzione integrale, unitaria e socialista del problema della rivoluzione nazionale. (Giorgio Candeloro)

Note[modifica]

  1. Da Ordinamento dell'esercito italiano, cap. XXIV, Carriaggio delle vettovaglie, in Saggi storici-politici-militari sull'Italia, 4 voll., a cura di Aldo Romano, Edizioni Avanti!, Milano-Roma, 1957, vol. IV, p. 125.
  2. Da Rapido cenno sugli ultimi avvenimenti di Roma, Biblioteca democratica educativa, Roma, 1892, pp. 26-27.
  3. Da Rapido cenno sugli ultimi avvenimenti di Roma, Biblioteca democratica educativa, Roma, 1892, p. 27.

Bibliografia[modifica]

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