Charles Burney

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Charles Burney nel 1781

Charles Burney (1726 – 1814), compositore, critico e storico britannico.

Citazioni di Charles Burney[modifica]

  • Ci formiamo un'idea così romantica di Venezia per la sua ben nota e singolare posizione, che ora essa non risponde per nulla alle mie aspettative, specie dopo aver esaminato le vedute di Canaletto, tutte d'un solo colore: io trovo che questa, come altre famose città, è composta di cose diverse per dimensioni, per ordini architettonici, per tempo, per materiali.[1] (da The present state of music in France and Italy, 1771)

Viaggio musicale in Italia 1770[modifica]

  • Il signor Pugnani; ha dato un concerto mattinale nella Cappella del Re, che s'è riempita di gran folla accorsa per assistervi. [...].
    Non ho nulla da dire sull'esecuzione del Pugnani; la sua abilità è troppo nota in Inghilterra perché io abbia bisogno di ricordarla. Osserverò soltanto, ch'egli aveva l'aria di non mettervi troppa cura, e io non ne fui molto meravigliato, poiché né Sua Maestà, né la numerosa famiglia Reale, prestavano attenzione alla musica. Alla Corte di Torino è una grande e scura monotonia nei corso giornaliero delle cose, che si ripetono macchinalmente come una rivista o delle preghiere abituali. (cap I - Torino, pp. 10-11)
  • [...] son tornato alla chiesa di Celestia che trovai piena di gente. La messa, in musica, che vi si cantava era di composizione di Furlanetto, maestro della Pietà, musicista di poche risorse, poco calore, e ancor meno varietà; egli pecca a ogni modo più di scienza che di genio poiché la sua armonia è buona e la modulazione regolare e conforme alle leggi. Ma confesso che la sua musica m'annoia, lascia un senso di fiacchezza, un disgusto di sazietà, mentre quella di Galluppi e di Sacchini rallegra, risveglia e distrae sempre. (cap V - Venezia, p. 94)
  • Farinelli ha abbandonato il canto da un pezzo, ma si diverte ancora sul suo clavicembalo e sulla viola. Ha molti clavicembali costruiti in diversi paesi, ed egli li chiama col nome dei più grandi pittori Italiani, secondo l'importanza che ognuno d'essi occupa nel suo pensiero. Il suo favorito, ed il primo, è un istromento fabbricato a Firenze nel 1730, sul quale a lettere d'oro è scritto : Raffaello d'Urbino; dopo, vengono il Correggio, il Tiziano, il Reni, ecc. Egli ha suonato sul suo Raffaello con molta sapienza e delicatezza: ha composto per esso parecchi pezzi eleganti. (cap VI - Bologna, p. 116)
  • [Farinelli] Nella celebre aria «Sono qual nave» scritta da suo fratello, quando egli intonava la prima nota, la prendeva con infinita delicatezza, e la rinforzava a gradi insensibili fino a una forza meravigliosa per diminuirla nello stesso modo, lo si applaudiva per più di cinque minuti. Egli poi ripigliava il canto tanto brillantemente e rapidamente, che i violinisti d'allora stentavano a seguirlo. Era superiore a tutti i cantanti, e come il cavallo di Childers vinceva ogni altro cavallo di corsa. Non solo per la rapidità, ma in tutto ciò che distingueva gli altri artisti, per dolcezza, per estensione e per forza, aveva saputo eccellere; riuniva in sé tenerezza, agilità ed eleganza, e possedeva tali mezzi quali non s'erano mai riscontrati prima, e che dopo non si sono rinvenuti in nessun altro essere umano: mezzi che lo rendevano irresistibile, e co' quali poteva soggiogare ogni uomo che lo udisse, il dotto e l'ignorante, l'amico e il nemico. (cap VI - Bologna, pp. 120-121)
  • L'abate Callisto Zanotti [...] aveva composto il Dixit, ed io vi trovai tutti i segni d'un genio originale e colto, i movimenti ed i passaggi erano ben contrastati, e per dirla in linguaggio pittorico, nell'esecuzione di questa musica si scorgevano non solo le luci e le ombre, ma pure le mezze tinte; andava da un motivo all'altro per gradazioni così piane ed insensibili, da sembrare sempre opera delia Natura, quantunque condotta da grandissima arte. Gli accompagnamenti erano tutti bene appropriati, i ritornelli esprimevano tutti qualche cosa, la melodia era sempre nuova e piena di gusto, e il tutto formava un insieme vigilato da un grande ingegno e una profonda scienza. Insomma, raramente ho provato, nella mia vita, più piacere a udir musica come questa volta. (cap. VI - Bologna, pp. 131-132)
  • Stamani, per la prima volta, ho avuto il piacere di parlare con Jomelli, che non prima della sera avanti era tornato dalla campagna.
    È un uomo assai corpulento e il suo viso m'ha ricordato quello d'Handel; ma è assai più gentile e dolce di modi. L'ho trovato in veste da camera, seduto avanti al suo cembalo, sul quale scriveva. (cap. IX - Napoli, p. 199)
  • Egli [Jomelli] è senza dubbio, uno dei più grandi uomini della sua professione, fra quanti ora esistano poiché, se dovessi classificare gli attuali compositori d'Italia che scrivono per il teatro, seguendo l'idea che mi sono formata del loro merito, io li enumererei in questo ordine: Jomelli, Galuppi, Piccini e Sacchini, persuaso, però, che è difficile decidere quale dei primi due abbia più meritato dal publico. Le opere di Jomelli son piene di grandi e nobili idee, trattate con gusto, con scienza e con erudizione. Quelle di Galuppi sono piene di fuoco, di fantasia e di sentimento. Piccini ha superato i suoi contemporanei nello stile comico; e Sacchini é il compositore che più prometta nel genere serio. (cap. IX - Napoli, pp. 201-202)
  • Barbella è la migliore creatura che io conosca; il suo carattere è dolce come il suono del suo violino [...]. (cap. IX - Napoli, p. 205)
  • Dopo pranzo si riunì nel salotto un'orchestra completa, e vi si fece musica fino alle 11 passate della sera. Barbella mi è piaciuto più del solito; egli suonava con maggior sicurezza, e mostrava ancora più gusto e sentimento. Se questo artista avesse un po' più di vivacità nel suo canto, di rotondità nella voce, e di varietà nel suo stile, egli sarebbe unico in Europa. Così com'è, pare che abbia dell'apatia, della pigrizia: certo ha bisogno di mettere più anima in quel che fa. (cap. IX - Napoli, p. 222)
  • Tutti temevano di non veder venire Caffarelli, quando egli arrivò. Era di buon umore, e contro ad ogni attesa, appena arrivato acconsentì a cantare. Presentemente ha parecchie note deboli nella voce, ma nella sua esecuzione son sempre tratti abbastanza accentuati per convincere quelli che lo sentono qual meraviglioso artista egli sia. S'accompagna da sé e canta col solo clavicembalo: le sue principali caratteristiche sono la grazia e l'espressione in tutto ciò che esegue. (cap. IX - Napoli, p. 222-223)
  • Dopo cena, Barbella suonò con grande perfezione parecchie arie calabresi, leccesi e napoletane, e un pezzo caratteristico composto da lui e intitolato «Ninnananna», una specie di canzone di nutrice, eccellente in sé stessa e molto espressiva. (cap. IX - Napoli, p. 223)

Note[modifica]

  1. Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 – 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462

Bibliografia[modifica]

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