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Massimo Luigi Salvadori

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Massimo Luigi Salvadori

Massimo Luigi Salvadori, spesso citato come Massimo L. Salvadori (1936 – vivente), storico e politico italiano.

L'Unità, 25 settembre 2011

  • [«Dal punto di vista ideologico, come definire Vladimr Putin?»] Credo si possa definire come l'espressione, indubbiamente abile quanto cinica, di una concezione statalistico accentatrice che governa in maniera di fatto autoritaria, la società civile russa, la quale vive in una condizione di pluralismo limitato e fortememente controllato dall'alto.
  • Nelle relazioni con il resto del mondo, Putin può contare su due elementi di forza: il primo, è il fatto che egli ha risollevato sul piano internazionale la Federazione Russa, dando al sistema politico una forte stabilità. Il secondo fattore, che è strettamente collegato al primo e che riguarda in particolare i rapporti tra Mosca e l'Unione Europea, risiede nel fatto che la Russia è la grande fornitrice di una risorsa preziosa, come quella energetica, di cui è enormemente ricca. Grazie alla stabilità interna, Putin può farsi garante di forniture energetiche, gas e petrolio, di cui l'Europa, e non solo essa, ha gran bisogno.
  • [Su Vladimir Putin e Silvio Berlusconi] Ciò che li lega è sicuramente l'insensibilità verso le procedure democratiche, e poi vi è la simpatia profonda tra due personaggi che condividono il piacere di un potere svincolato dall’ascolto di una società che abbia a cuore il rispetto dei diritti personali e collettivi.

Democrazie senza democrazia

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  • Proprio mentre conosce i suoi maggiori trionfi, la democrazia, sotto la cappa della sua glorificata ideologia, appare però tutt'altro che in buona salute, poiché nella realtà dei fatti e dei suoi concreti meccanismi di funzionamento, troppi dei suoi presupposti essenziali appaiono profondamente scossi da processi di natura insieme politica, sociale ed economica [...] La questione su cui occorre incentrare la riflessione è in quale misura le società occidentali che della democrazia si fanno paladine continuino a potersi definire democratiche... (cap. I, La sacralizzazione della democrazia trionfante, pag. 6-7)
  • ...la sostanza della democrazia è il potere dei cittadini di decidere del proprio destino in modo consapevole e pacifico nel quadro di una «società aperta», nella quale non si dia una distribuzione delle risorse materiali e culturali tale da impedire a qualsiasi cittadino di partecipare alla formazione delle decisioni politiche, come anche di accedere ai massimi livelli del potere [...] Si pone quindi l'interrogativo: nelle attuali società democratiche si sono o no costituite barriere le quali impediscono loro di essere e di restare società effettivamente aperte, e cioè si sono o no stabilite posizioni di potere inaccessibili al controllo e alle decisioni della maggioranza? (cap. II, Democrazia diretta e democrazia rappresentativa, pag. 9-10)
  • Vi è oggi da domandarsi se nei sistemi che continuiamo a chiamare democratici non siano intervenuti mutamenti tali da richiedere l'elaborazione di nuove categorie atte a definirli. A tal fine occorre fare riferimento a tre tipi di sistemi [...] Il primo è il sistema liberale in senso proprio, che [...] è stato contraddistinto da un suffragio fortemente ristretto e dal fatto che le istituzioni parlamentari poggiavano su partiti di notabili i quali si attivavano soprattutto in occasione delle tornate elettorali. Il secondo è il sistema liberaldemocratico basato su un suffragio notevolmente allargato o universale, sulla competizione tra partiti [...] a carattere di massa, divenuti i principali artefici tanto della formazione e dell'orientamento dell'opinione pubblica quanto dell'azione politica e dei processi parlamentari. Il terzo è il sistema liberaldemocratico di ultima evoluzione [...] nel quale i partiti restano sì i principali soggetti della competizione elettorale [...] ma la loro struttura risulta profondamente mutata, insieme con le tecniche attinenti all'organizzazione del rapporto con le rispettive basi di massa e alla formazione dell'opinione politica. (cap. IV, Le applicazioni del principio rappresentativo, pag. 20-21)
  • ...nel secondo sistema liberaldemocratico, che pure viene presentato come il pieno compimento della democrazia liberale, i presupposti della democrazia liberale hanno in realtà subìto e continuano a subire un'alterazione sempre maggiore, al punto da risultare oggi, più ancora che profondamente erosi, per aspetti sostanziali rovesciati [...] il processo di globalizzazione ha ridotto drasticamente la capacità degli Stati di mantenere sotto il proprio controllo l'organizzazione, la dislocazione e la distribuzione delle forze produttive; ha concentrato contemporaneamente enormi poteri nelle mani di ristrette oligarchie industriali e finanziarie internazionali, le quali hanno preso ad agire senza sottostare al potere sovrano di alcun parlamento e corpo elettorale e senza disporre di alcuna legittimazione democratica, e a dotarsi di possenti mezzi di informazione al fine di orientare l'opinione pubblica a favore dei loro interessi (cap. XI, Il secondo sistema liberaldemocratico, pag. 56)
  • [Oggi] sono entrati in uno stato agonico i grandi partiti organizzati, con i loro distinti bacini sociali, portatori di determinati interessi e di specifiche ideologie; [...] è venuta meno l'«economia nazionale», soppiantata da un sistema di economia globale dominata da ristrette oligarchie di finanzieri, investitori e industriali le cui decisioni non solo si sottraggono largamente al potere sovrano degli Stati, ma spesso letteralmente vengono imposte agli Stati; [...] la formazione dell'opinione pubblica [...] è sempre meno espressione dell'influenza dei partiti politici, degli intellettuali e di quella che veniva chiamata la libera stampa. Nell'era della rivoluzione informatica essa è per contro sempre più largamente un prodotto pianificato e confezionato con le tecniche della pubblicità commerciale e controllato dai tycoons dell'informazione di massa (cap. XI, Il secondo sistema liberaldemocratico, pag. 60-61)
  • Nella società odierna [...] troppi poteri di primaria importanza per la vita dei cittadini sono stati sottratti alle istituzioni figlie del voto popolare, troppi poteri formalmente attribuiti a siffatte istituzioni sono sostanzialmente depotenziati e al limite annullati da altri poteri. (cap. XI, Il secondo sistema liberaldemocratico, pag. 63)
  • Se così stanno in sostanza le cose, ecco l'interrogativo che si pone con forza: qual è nelle attuali circostanze la condizione del «cittadino democratico»? [...] Il cittadino politicamente attivo ha ceduto [...] alla figura del consumatore, il cui voto, la cui scelta tra gli schieramenti e il cui atteggiamento di fronte ai loro programmi si esprime nel dire «mi piace» o «non mi piace», «compro» o «non compro» sulla base, oltretutto, di una diffusa incapacità di comprendere quali siano gli ingredienti e gli effetti dei prodotti che gli vengono offerti (cap. XI, Il secondo sistema liberaldemocratico, pag. 63-65)
  • ...nulla può tanto danneggiare la democrazia e contribuire al suo esaurimento quanto accettarla come discorso retorico, non guardare alla sostanza che sta dietro alla sua forma, compiacersi del dato [...] che mai come ora vi sono nel mondo tanti Stati che portano e si danno il nome di democratici. Se dunque i regimi che continuiamo a chiamare democratici in effetti non lo sono, quale definizione conviene loro più propriamente? [...] Chi può oggi credere che abbia ancora un senso parlare di «sovranità popolare» quando il ruolo del cittadino è ridotto ovunque a quello di un consumatore della politica che ha quale unica possibilità di cambiare fornitore? [...] Stando ai processi che effettivamente presiedono alla loro formazione, sembrerebbe più proprio definire i governi dei sistemi oggi chiamati «liberaldemocratici» più propriamente «governi a legittimazione popolare passiva». (cap. XIV, I «governi a legittimazione popolare passiva», pag. 84-86)
  • Se la democrazia deve avere un futuro, è necessario che essa scopra le vie del proprio rinnovamento, che appare tanto necessario quanto difficile da prospettare nelle sue forme possibili [...] Chi ha oggi un maggiore spirito democratico? Colui che si accontenta, o chi non si accontenta dello stato di salute delle nostre democrazie? (cap. XIV, I «governi a legittimazione popolare passiva», pag. 86-87)

Storia dell'età contemporanea

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  • Ferrari rimproverò tanto a Gioberti, quanto a Mazzini il concetto di «missione italiana», concetto da lui giudicato privo di realtà storica nel mondo contemporaneo e dannoso in quanto tendeva a isolare l'Italia dalle correnti più vive della cultura e della politica le quali avevano il loro centro in Francia. L'Italia poteva sfuggire alla sua arretratezza solo inserendosi nel movimento rivoluzionario europeo e abbandonando il vagheggiamento di «missioni» irrealizzabili. (vol. I, cap. VIII, p. 144)
  • Innestandosi su una base filosofica che, sostenendo l'immanenza divina, faceva coincidere mediante l'azione religione e morale, il modernismo assunse due articolazioni fondamentali: una critico-dottrinale ad opera di Loisy, Le Roy, Tyrrell e Buonaiuti, i quali dal sostenere che i dogmi sono simboli della rivelazione epressi in modo da risentire del clima storico, furono portati a difendere il principio metodologico che la stessa Bibbia dovesse essere studiata secondo i metodi propri della critica storica con lo scopo di cogliere, attraverso la forma simbolica imperfetta, l'essenza della rilevazione divina; un'altra politico-sociale, ad opera specie di Murri, il quale si fece propagandista di un concetto di «democrazia cristiana», secondo cui nel popolo si manifesta la vita divina e missione del cristiano è di favorire il progresso morale, religioso e civile in lotta con i privilegi sociali, compresi quelli di una Chiesa che va liberata dalle incrostazioni di un passato storico condannato. (vol. I, cap. XXIII, pp. 426-427)
  • Stolypin scatenò il terrore nelle campagne e nelle città [russe] stroncando per molti anni tutte le correnti rivoluzionarie, e mandando a morte migliaia di oppositori. Ma egli era un reazionario di lucida intelligenza. Capì che se lo zarismo non avesse affrontato la questione agraria così da separare i contadini dagli operai, il trono non avrebbe avuto avvenire. (vol. I, cap. XXIV, p. 446)

Bibliografia

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  • Massimo L. Salvadori, Democrazie senza democrazia, Laterza, Bari-Roma 2009. ISBN 9788842089834
  • Massimo L. Salvadori, Storia dell'età contemporanea, vol. I, 1815-1914, Loescher editore, Torino, 1977.

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