Elda Lanza

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Elda Lanza nel 1964

Elda Lanza (1924 – 2019), giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice italiana.

Citazioni di Elda Lanza[modifica]

  • [Sulla Rai degli anni Cinquanta] Era una televisione di Stato e lo Stato era in mano ai partiti, soprattutto in mano alla Dc. L'ispirazione cattolica era profonda. Direttore generale era Filiberto Guala. Un uomo molto pio che girava con il crocifisso in bella evidenza. Io non ero cattolica. Ricordo la pena durante l'ora di religione a scuola. Stavo fuori dell'aula a meditare sulla mia solitudine. La mia famiglia, di origine protestante, chiese espressamente che fossi esonerata.[1]
  • Fui tra le prime ad essere assunta in Rai. Feci ben quattordici provini e la sera dell'8 settembre del 1954 debuttai. [...] Non ero particolarmente bella, almeno secondo i canoni di allora; non ero raccomandata. Non ero importante. Però avevo una bellissima voce. Ed ero spigliata. Fui la prima a dire davanti a una telecamera: "Buonasera signore e signori".
  • Ho avuto un'infanzia dolorosa, una maturità impegnata, una vecchiaia serena.[1]
  • Ho sempre scritto, ma l'ho fatto come un sottomarino che non riesce mai veramente ad emergere. Quando portavo i miei primi racconti ai settimanali femminili, dicevo: da grande farò la scrittrice. Una volta incrociai Giorgio Scerbanenco, non immaginavo che sarebbe diventato un apprezzatissimo autore di libri polizieschi. Era un uomo alto e magrissimo. Una guglia con gli occhi dolci e tristi. Dirigeva, mi pare, Bella. Mi disse: lei signorina scrive come un uomo, non diventerà mai, per fortuna, un'altra Liala.[1]
  • I miei sono morti tutti e due a settant'anni, ma a distanza di sette anni. Non erano mai andati d'accordo. E alla fine hanno trovato questa strana armonia.[1]
  • Mia madre se ne andò di casa che non avevo quattro anni. Poi all'età di otto anni fu mio padre ad andarsene. Sparì. Venni parcheggiata dai nonni e poi spedita in collegio. Da allora credo di aver sofferto la sindrome dell'abbandono. Posso sopportare tutto: il castigo, l'insulto, l'indifferenza, ma l'abbandono no. In quegli anni speravo solo che i miei genitori tornassero insieme.[1]
  • [Alla domanda "Perché ha lasciato la televisione?"] Perché volevo fare altro. In realtà mi offrirono di fare una pubblicità con una quantità di soldi e non me la sentii di rifiutare. Aprii un'agenzia e cominciai a occuparmi di moda e di fotografia. Avevo conosciuto bene Giorgio Armani, quando, ancora giovane, allestiva le vetrine per La Rinascente. Una sera mi invitò a vedere alcuni suoi lavori. Mi portò in un sottoscala e scoprii il suo talento. Conobbi bene Gianfranco Ferré. Adoravo Capucci che era sempre così teatrale e poi Irene Brin, una donna che con i suoi articoli ha fatto solo del bene alla moda italiana. Nel frattempo mi ero sposata. Dopo due gravidanze fallite, arrivò finalmente un maschio. Mi sembrava una rivincita su quello che avevo patito da piccola.[1]
  • Quando pubblicarono il mio primo romanzo avevo ottantasette anni. La protagonista era una anziana signora che viene trovata impiccata nel suo appartamento di Milano. E un commissario, Max Gilardi, quasi cinquantenne, piccolo, rubicondo, disincantato, indaga sulla morte. Perché mi è venuta in mente una simile storiaccia? Non lo so. L'unica spiegazione è che adoro Simenon. Gilardi è poi diventato protagonista di tutte le storie successive, tranne l'ultima che esula dal genere noir.[1]
  • [Sul marito Vitaliano Damioli] Siamo rimasti a lungo separati. Vivevamo in case vicine, quindi era molto facile che ci incrociassimo. Un giorno mi ha chiesto se fossi sicura di voler restare separata. Ho pensato che potevamo tornare insieme e così abbiamo ripreso la nostra storia. Poi abbiamo avuto un'altra separazione. Questa volta non per colpa mia. All'età di ottantaquattro anni ci siamo nuovamente rimessi insieme.[1]

Incipit di Una pazza voglia d'amore[modifica]

Io ho un vantaggio, ti ho amata per primo.[2]

Note[modifica]

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