Elisabetta Rasy

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Elisabetta Rasy (1947 – vivente), giornalista, saggista e scrittrice italiana.

Citazioni di Elisabetta Rasy[modifica]

  • Che Matilde [Serao] fosse una donna eccezionale – nel senso letterale di un'eccezione alle regole: la regola dell'ambiente italiano e quella del suo genere sessuale – se ne accorse perfino una signora snob come la scrittrice americana, ma europea per scelta e per gusto, Edith Wharton, la pupilla di Henry James. Quando negli ultimi anni della Vecchia Europa, alla vigilia della Grande Guerra, la incontrò nell'elegante e selettivo salotto parigino di Madame Fitz-James, la Wharton non esitò a definirla nel suo diario «una donna tozza e grossa, rossa in faccia e sul collo», riconoscendo, però, che quando prendeva la parola era capace di raggiungere punte che l'americana cosmopolita e chic non aveva mai rilevato nei discorsi delle altre donne.[1]
  • [Su Matilde Serao] Di Roma non la interessavano i monumenti e le opere d'arte, ma la politica, la circolazione di idee e di denaro, la promessa di modernità. Anche se, rispetto alle altre emancipate dell'epoca, non solo le italiane, Matilde fu al tempo stesso più audace e più conservatrice. Non amava le suffragette, ma voleva essere indipendente; apprezzava gli uomini e i piaceri – e i tormenti – dell'amore, ma aveva il gusto degli affari e del denaro; non saltava un giorno di lavoro ma accettava con serenità le sue numerose maternità – come se in lei convivessero un uomo moderno e una donna all'antica.[1]

La scienza degli addii[modifica]

Incipit[modifica]

  • Stasera mangia controvoglia, Natal'ja Ivanovna deve insistere, lo fa scherzando come sempre, ma stasera sono scherzi senza sorriso. Quando si allontana, Nadežda la richiama nella stanza, vuole le sigarette oppure i fiammiferi, dell'acqua se non può avere del gin. È capricciosa e imperiosa come sempre, ma Natal'ja crede che stavolta invece siano tutte scuse perché non ha voglia di restare sola. In genere Nadežda alla solitudine non ci fa caso, ma stasera la situazione è diversa. Stasera sta per avverarsi uno dei suoi desideri, ora Nadežda lo sa, ne è certa: morirà nel suo letto.

Citazioni[modifica]

  • [Su Nadežda Jakovlevna Mandel'štam e Osip Mandelstam] In aprile arrivano a Suchum in Abchazia, città di lutto, tabacco e aromatici olii vegetali; Osip decide che è da lì che bisogna iniziare lo studio delle lingue del Caucaso, perché ogni parola comincia per a. Ma se le vocali sono amiche, le infinite gutturali lo intrappolano. (p. 121)
  • Quando Nadežda e Osip si conobbero, tutto intorno a loro cambiava nome e destinazione: le città, le vie, le piazze. Anche il tempo. All'inizio dell'anno successivo alla rivoluzione vennero tolti ai russi quindici giorni di vita: i bolscevichi decisero di passare dal calendario giuliano a quello occidentale gregoriano, così il 31 gennaio 1918 divenne il 14 febbraio 1918. Lì per lì quel taglio non sembrò granché, ma le date di nascita cominciarono a vacillare. (p. 15)
  • [Su Nadežda Jakovlevna Mandel'štam] Osip le parla della morte della madre. È terribile che l'uomo abbia trovato una parola per designare la morte, le dice. Com'è possibile chiamarla con un nome? Ha forse un nome? Un nome è una definizione. Come se uno della morte sapesse qualcosa... (p. 17)
  • Per quei soldi ogni tanto litigano. Al mercato un giorno Nadežda ha in tasca tre rubli sufficienti per comprare la carne, ma Osip vede degli iris di uno sfolgorante color violetto e li desidera; Nadja sta per comprarne uno, ma lui li vuole tutti... tutti o niente... (p. 173)

Note[modifica]

  1. a b Da Matilde Serao, in AA.VV., Italiane. Dall'Unità d'Italia alla prima guerra mondiale, vol. I, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, Roma, 2004, pp. 169-170.

Bibliografia[modifica]

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