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Enzo Paci

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Enzo Paci

Enzo Paci (1911 – 1976), filosofo italiano.

Citazioni di Enzo Paci

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  • Nel vento fresco che s'alza nella notte [...] si ravviva forse un filo di fiducia: che gli orrori della vita possano essere dimenticati, e i suoi problemi labirintici e tormentosi trasformati in valore, col passare del tempo [...] nel lento e irreversibile cammino verso la morte. Un sorriso ti consola, un moto di affetto ti raggiunge, anche se ignora la tua angoscia.[1]
  • Risuscitando il mito di Faust Mann fa sì che Adriano, per salvarsi dall'aridità e dalla crisi dell'arte contemporanea, crisi che è nello stesso tempo crisi di una civiltà al tramonto, stringa un patto con il diavolo che gli darà la grandezza e la potenza creatrice in cambio della rinunzia all'amore e alla salvezza della sua anima. Per Mann la Germania, sfiduciata, inibita ed impotente, ha tentato di liberarsi dalle sue inibizioni con la morbosa e diabolica intossicazione nazista. Sembra che anche l'arte, nel mondo contemporaneo, non riesca a sopravvivere se non si allea con il morboso e con il diabolico, e se non ride di sé condannandosi nel momento stesso nel quale si crea, risolvendosi nella parodia di se stessa. L'arte e in particolare la musica, è oggi, nel massimo disordine, nella massima ambiguità. Come uscirne? Come superare il caos? Come e dove trovare un principio, un ordine, un sistema di regole? Politicamente tale ordine è stato cercato nella negazione della libertà. Il compositore Adriano Leverkühn lo cerca nelle nuove regole della musica dodecafonica dopo essersi anche lui diabolicamente intossicato servendosi della malattia, della sifilide, come di una mostruosa droga, per stimolare la propria fecondità estetica, per poi sprofondare nella notte fonda della pazzia e della morte.[2]

Introduzione all'esistenzialismo di Jaspers

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Con Hegel la filosofia tedesca sembra conquistarsi il suo più vasto orizzonte. Sotterranee correnti del misticismo medievale e della Riforma luterana, motivi dello spirito nordico, rifioriti a contatto con la primavera classica e con lo spiritualismo cristiano, un fervore di vita possente che si costruisce da solo i propri limiti per la gioia di spezzarli, una coscienza sovrumana dell'intimo legame che unisce l'uomo al cosmos, l'individuo alla storia: tutto sembra condurre Hegel alla grande meta, all'universale armonia che risplendeva, come un irraggiungibile dono, nella chiarità notturna dell'anima gotica, nell'ansia secolare dell'individualismo germanico di imprigionare il cielo, di rinserrare nella volontà umana l'infinità dello spirito.

Citazioni

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  • Col trionfo della nuova filosofia l'uomo scopre in sé l'inesauribile potenza della creazione spirituale e rivive, nella storia del proprio pensiero e della propria vita, il divenire del mondo. (p. 187)
  • [...] la «Fenomologia dello spirito», quest'opera di filosofia che, più che ad un sistema filosofico, fa pensare ad una fuga irruente di temi wagneriani ed insieme ad una tragedia greca che abbia per scena l'universo, conduce l'uomo alla conquista dell'infinito. E, come nell' «Ode alla gioia» di Schiller e nel finale della «IX Sinfonia» di Beethoven, l'umanità sembra spezzare i confini del tempo e salire a quell'Eterno che solo dal regno di tutti i viventi vede salire a sé, come da una spumeggiante coppa, la ricchezza della sua infinità.
  • Hegel ha creato la storia: l'uomo non è più solo. Ogni sua azione lo trasporta nel divenire universale, i segreti più profondi della sua personalità diventano figure della coscienza assoluta, si illuminano alla luce solare dell'idea. (p. 188)
  • La fede nell'infinità del movimento; ecco il segreto del pensiero di Hegel. (p. 188)
  • Nella visione hegeliana dell'universo si cancella ogni colpa. (p. 188)
  • Nel «Tristano» di Wagner rivive il dramma della coscienza infelice in un tema già presentato da Hölderlin e da Novalis; il contrasto tra la chiarità separatrice del giorno e l'unità primigenia della notte. Il giorno è quel mondo della realtà in cui valgono le leggi della fedeltà e dell'onore, che regolano la vita civile, ed in cui Tristano è l'eroe, il fedele guerriero di Re Marke. Ma la vita del giorno non è che illusione di fronte alla cosmica unità che lega a sé le anime nella loro più profonda assenza e spezzati i legami illusorii, le sommerge nell'universale respiro della volontà inconsapevole. (p. 195)
  • In Heidegger, ripensati filosoficamente, si ritrovano i termini del «Tristano»: l' esistenza banale, in cui l'uomo disperde se stesso nella chiacchiera e nella superficialità del suo rapporto sociale con gli altri, equivalente al mondo della luce che Tristano ed Isotta tradiscono ed obliano; l' essere-per-la-morte, che per Heidegger è la vera storicità, dove l'uomo si trova di fronte al nulla, equivalente a quel mondo che i due amanti raggiungono solo con la morte, nella voluttà di sommergersi nell'infinito. (p. 195)
  • E la fedeltà al proprio destino che Jaspers, richiamandosi a Nietzsche, ha riportato in primo piano come problema filosofico, non ci fa pensare a Sigfrido che solo completa nella sconfitta e nella morte il senso del proprio mito, morte dovuta a tradimento, è vero, ma legata all'incapacità dell'eroe fanciullo di diventare, di essere un uomo? E non c'è nella fatale sconfitta, nello scacco o naufragio di Jaspers, qualcosa di disperatamente fedele al pessimismo di Wagner?

La filosofia contemporanea

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La situazione della filosofia contemporanea è in gran parte determinata dall'eredità di Kant e dalle interpretazioni che il pensiero dell'Ottocento ha creduto di poter dare della critica kantiana. Fin dall'inizio l'opera di approfondimento del criticismo denunzia, nei filosofi che ad esso si ispirano, sia l'impossibilità di non accettare la critica così com'è, sia l'impossibilità di accettarla. Kant aveva presentato la critica anche come una propedeutica, come un'introduzione alla filosofia. Da questo punto di vista dopo la critica doveva cominciare una nuova filosofia. Ma Kant aveva anche dimostrato l'impossibilità di una filosofia metafisica: da quest'altro punto di vista la filosofia non sembrava più possibile perché si riduceva alla stessa attività della critica, all'analisi e alle condizioni dei limiti del conoscere.

Citazioni

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  • Quando si parla di romanticismo si pensa alla difesa del sentimento, dell'irrazionale, allo slancio e alla passione dell'infinito, al gusto dell'oscuro e dell'indeterminato. Ed è vero che nei romantici è dominante il senso dell'infinito. È anche vero, però, che i romantici cercavano nel sentimento e, come nel caso di Friedrich Schlegel, nell'eros, la soluzione di un dualismo, del dualismo tra la natura e lo spirito e tra l'inconscio e la coscienza, nel quale rientra anche il dualismo tra il finito e l'infinito. (cap. 2, p. 15)
  • La Filosofia dell'arte, scritta nel 1931, è un punto cruciale nel pensiero del Gentile. Qui l'arte esiste soltanto se non è risolta nel pensiero pensante, cosa che d'altra parte non può non fare. Però se l'arte si risolve nel pensiero pensante è pensiero e non arte e come arte non esiste. L'arte si pone ma ponendosi si nega: è inafferrabile, si può vivere ma non pensare. Se si pensa muore. (cap. 3, p. 64)
  • Il punto centrale della filosofia di Dilthey è nella convinzione che le categorie nascono dalla vita e dalla situazione storica. [...]. Non esiste un sapere separabile dalla vita, non esistono categorie e metodi non radicati all'esperienza psichica, che media il fatto e la consapevolezza del fatto. (cap. 4, p. 85)
  • [...] Unamuno aveva visto la caratteristica dell'esistenza umana nel dramma dell'azione spezzata tra il sogno e la realtà, tra l'agonia del finito e la fede. Per Unamuno l'esistenza si può salvare nel paradosso della fede di Don Chisciotte perché il sogno è intensificazione della vita: si tratta sempre di un tono pragmatistico fortemente critico rispetto alla razionalità del pensiero e in fondo polemico verso la stessa filosofia.
    Vivere, come «se il sogno di Don Chisciotte fosse realtà»: questa potrebbe essere la formula di Unamuno. (cap. 5, p. 123)
  • Hartmann [...] ha spesso detto che ciò che conta nella filosofia sono i problemi e non le soluzioni [...]. (cap. VII, p. 194)
  • Lo sviluppo futuro della filosofia del Novecento potrebbe essere almeno in parte determinato da una rinascita della filosofia husserliana. Man mano che vengono pubblicati i manoscritti husserliani ci si rende conto che non solo Scheler e Hartmann[3] vanno interpretati in funzione della filosofia di Husserl, ma che anche l'esistenzialismo di Martin Heidegger è interno a una particolare problematica che nasce dalla fenomenologia. (cap. 8, p. 204)
  • Il pericolo della filosofia di Heidegger non sta tanto nel suo mascherato nichilismo, che in fondo è sempre avvertibile, ma nel fatto che, nella sua innegabile profondità, tale filosofia contiene nel suo seno esigenze non rifiutabili dal pensiero contemporaneo, per cui il valore di molte analisi heideggeriane diventa una copertura che non permette spesso di riconoscere il negativo che sta costantemente in agguato dietro il positivo. (cap. 8, p. 210)

Note

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  1. Da Diario fenomenologico, il Saggiatore, Milano, 1961, p. 53. Citato in Vittorio Sereni, Il grande amico. Poesie 1935-1981, introduzione di Gilberto Leonardi, commento di Luca Lenzini, I Grandi Classici Della Poesia, Fabbri Editori, Milano, 1997, p. 267, nota.
  2. da Profili: Thomas Mann, L'Italia che scrive, a. XXXIX, n. 1, gennaio 1956, p. 2.
  3. Max Scheler (1874–1928) e Nicolai Hartmann (1882–1950), filosofi tedeschi.

Bibliografia

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  • Enzo Paci, Introduzione all'esistenzialismo di Jaspers, in Logos, Vol. II, S. A. Editrice Perrella, Roma 1940.
  • Enzo Paci, La filosofia contemporanea, serie Saper tutto, Garzanti, Milano, 19634.

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