Gabriella Belli

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Gabriella Belli (1952 – vivente), storica dell'arte italiana.

Citazioni di Gabriella Belli[modifica]

  • Attiva con alterne vicende per oltre vent'anni la Casa d'Arte Futurista Depero inizia la sua attività nell'autunno del 1919 a Rovereto, in un piccolo locale di via Vicenza. La notizia relativa all'apertura era stata data alla stampa dallo stesso Depero. Il 5 giugno infatti, nel n. 12 di «Cronache d'Attualità» si legge: "Il pittore Depero sta per fondare un grande stabilimento per mobili e oggetti d'arte decorativa nel Trentino". Il progetto della Casa d'Arte ha però origini più lontane e può essere agevolmente fatto risalire ancora all'estate del 1917. Fu proprio in quell'anno che Depero, nel clima incantato di Capri, vicino all'amico Gilbert Clavel, iniziò a sperimentare i primi quadri di stoffa "cuciti".[1]
  • Il trentino Luigi Bonazza, educato in ambiente viennese, alunno della Kunstgewerbe Schule e allievo di Franz Matsch, accoglie la lezione dell'estetica secessionista che gli propone modelli di composizione molto persuasivi nella soluzione dei problemi grafici. Diversamente dagli autori trentini suoi contemporanei, Luigi Bonazza riesce infatti a raggiungere un equilibrio tra figura e scrittura, sollevando quest'ultima dal decennale ruolo subalterno.[2]
  • [Su Carlo Bonacina] In Bonacina l'architettura, quasi sempre vista in relazione al paesaggio naturale, pur salda nei perimetri e spesso affastellata nella scansione prospettica, così da apparire talvolta come un'unica massa tettonica, si accende invece di tutte le gamme tonali della colorazione pastello ed è inserita in una spazialità arcaica, quattrocentesca, a larghe maglie, lucida misura di un'immagine primitiva della rappresentazione del paesaggio che nel mondo contadino e rurale valligiano, dimenticato all'inizio del XX secolo dallo stravolgimento meccanicistico delle avanguardie, ritrova qui il gusto per i ritmi lenti del perpetuarsi del ciclo vitale delle stagioni e del lavoro dell'uomo. Cosa di più saldo alla tradizione?[3]
  • In oltre sessant'anni di attività Paolo Vallorz ha sviluppato un percorso artistico che è sempre andato contro ogni tipo di mercificazione dell'arte. Il suo lavoro è sempre stato molto coerente con un'idea figurativa della pittura, a parte una brevissima parentesi astratta iniziale che oggi appare un esercizio di stile, subito abbandonato. La coerenza è stata il lei-motiv della sua vita e della sua produzione artistica, sempre molto rigorosa e segnata da un lavoro silenzioso, raccolto e meditato, mai chiassoso. Vallorz discende dalla tradizione pittorica che dal Seicento in poi ha segnato la grande produzione artistica europea, ma c'è sempre nelle sue opere un'idea di innovazione e rinnovamento. I suoi soggetti non vengono mai affrontati in maniera banale o scontata.[4]
  • L'opera di Vincenzo Agnetti, qui presentata per la prima volta nella sua completezza, a oltre ventisei anni dalla sua scomparsa, attendeva da tempo un riconoscimento che ne mettesse in piena luce l'importanza. Sostenuta da un pensiero critico acuto e vivace, e aperta, allo stesso tempo, a esiti altamente poetici (valgano come esempio le frasi folgoranti dei suoi "ritratti" su feltro), essa ha segnato profondamente una delle stagioni più affascinanti e complesse dell'arte italiana e internazionale, in cui sono stati messi in discussione il modo stesso di concepire l'arte, il suo significato, la sua storia, i suoi canoni di linguaggio. A tutto questo Agnetti ha contribuito attraverso un percorso breve ma assai intenso, ricco di contenuti di straordinario spessore.[5]
  • La storia della pubblicità dedicata alla propaganda del Trentino, offre interessanti paralellismi con la pittura. La grande tradizione Jugendstil che nell'arte locale ha molti meriti nel processo di svecchiamento della cultura figurativa, grazie soprattutto al lavoro di alcuni artisti formatisi nell'ambito della secessione viennese, offre la sua prova migliore nel campo della grafica pubblicitaria nell'opera di Luigi Bonazza, autore del manifesto Italiani, visitate il Trentino, stampato nel 1903 nelle officine tipografiche Ricordi di Milano e destinato ad una campagna di propaganda della S.A.T. (Società Alpinisti Trentini). Nel manifesto l'allegoria della donna col fanciullo, trasportati sulle grandi ali di un'aquila, si spiega come un sereno tributo alla beltà femminile, qui identificata con la purezza virginea delle montagne su cui solo l'aquila può alzare il suo volo e sollevare lo sguardo.[6]
  • Nella percorribilità critica degli eventi del Ventennio, oggi per fortuna esente da molti pregiudizi, la posizione di Adalberto Libera si colora dunque di una fondamentale attitudine interdisciplinare che discende senza ombra di dubbio da una formazione accademica largamente compromessa con il mito dell'opera d'arte totale e con l'estetica dello Jugendstil degli anni giovani e opera con altissimi risultati, sia nel campo della progettazione – basti pensare alla serie degli stupendi disegni da studente o alle tempere dei progetti per concorsi negli anni della maturità – sia nella fase più delicata dell'architettura costruita come nel caso della Scuola Raffaello Sanzio di Trento dove chiama a collaborare alle pitture murali Gino Pancheri, artista trentino di solida formazione novecentista, o del ben più complesso palazzo dei Congressi dove progetta pareti "costruite" a mosaico, suggestioni di storia romana formulate in collaborazione con Quaroni, Gentilini, Capizzano e Guerrini.[7]
  • [Sullo stile pittorico di Luigi Bonazza] Nella reclame dei luoghi di cura e soggiorno del Trentino le soluzioni compositive appaiono invece fin dalle prime prove ancora in debito con l'esperienza pittorica e grafica degli ultimi anni dell'800, come chiaramente dimostra il manifesto Antica Fonte Rabbi, stampato dall'Unione Tipolito di Brescia. L'affiche, peraltro, apre un capitolo fortunatissimo dell'iconografia turistico-termale del Trentino e impone nel panorama locale l'uso dello stile eclettico, influenzato dal candore delle femmine preraffaellite, e sposato con le volute di gusto neo-medievale dei cartigli. L'allegoria della salute è affidata alla donna in primo piano e al potere miracoloso di un liquido trasparente contenute nelle bottiglie contrassegnate da grandi etichette pubblicitarie.[8]
  • Sappiamo del resto dallo stesso Depero che nell'autunno del 1919, rientrato definitivamente a Rovereto, aveva ottenuto da Umberto Notari l'incarico di eseguire due grandi arazzi in panno colorato per decorare le pareti della sala da fumo della sua villa a Monza. Venivano così realizzati Cavalcata fantastica e Il corteo della Gran Bambola, due arazzi di grandissime dimensioni cuciti in pochi mesi, straordinario atto di nascita della Casa d'Arte Futurista Depero. Nell'agosto del 1920, grazie anche alle prospettive aperte da queste prime importanti commissioni, la Casa d'Arte viene trasferita nei grandi saloni di casa Keppel in via 2 Novembre a Rovereto e in questo nuovo spazio si assiste allo sviluppo e all'incremento massimo del suo programma di produzione. In questi ampi locali Depero si prepara per l'esposizione del 1921, ma anche per quelle ben più importanti del 1923 a Monza e del 1925 a Parigi. Da qui escono anche i progetti esecutivi del primo allestimento d'interni a lui affidato, quello del Cabaret del Diavolo a Roma (1921-1922).[9]
  • Se è vero che paesaggio e figura sono entrambi terreno di ricerca e sperimentazione del nuovo linguaggio classico è eltrettanto evidente che negli anni Trenta è proprio nel quadro di figura che Bonacina sembra ottenere il meglio di sé, ottemperando in questo al dettato bontempelliano che attribuiva alla pittura di paesaggio una funzione secondaria, di semplice scenario delle vicende umane. Il grande olio Le donne dei marinai, dipinto da Bonacina nel 1934-'35, segna il traguardo del suo fedele passaggio nella grande stagione di Novecento.[10]
  • Si è molto scritto relativamente all'interesse etnografico e antropologico che ha spinto Faganello in tutti questi anni a indirizzare la sua ricerca verso queste purissime fonti iconografiche. Dunque Faganello antropologo? Forse... ma preferisco pensare a Faganello, paragonando la sua esperienza umana e professionale a quella di un altro grande artista trentino, Tullio Garbari, straordinario conoscitore della storia e dei suoi complessi sviluppi ma capace di salvaguardare nell'operato artistico, la sua più originale vena creativa dalla seduzione di troppo dotte riflessioni, pure per lui tanto importanti. Un esempio e un confronto tra due nobiltà, che trova affinità anche nella scelta "al femminile" dell'arte di entrambi. La donna di Faganello, come quella di Garbari appartiene alla razza forte della montagna, vive il suo destino di fatica come un traguardo morale, ha svolto un ruolo epico nella storia della nostra terra. Qualcuno ne ha fermato il passo pesante di fatica e di amore in testimonianze che non andranno perdute. In questo senso la fotografia come la pittura detiene lo straordinario potere di conservare il mondo e le sue cose.[11]

Note[modifica]

  1. Da La Casa del Mago. Le Arti applicate nell'opera di Fortunato Depero 1920-1942, Catalogo Mostra, Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Edizioni Charta, Milano-Firenze, 1992, p. 20. ISBN 88-86158-09-2
  2. Da L'arte nel manifesto, in Visitate il Trentino! Pubblicità e turismo a Trento e nel Trentino tra Ottocento e Novecento, a cura di Roberto Festi, Qm Edizioni, Trento, 1998, p. 34
  3. Da Dall'antiretorica di Novecento alla sensibilizzazione postimpressionista della materia: 1926-1945; in Carlo Bonacina. L'Opera, catalogo mostra, a cura di Giovanna Nicoletti, Palazzo Trentini Mostre, Trento, 1993, p. 17.
  4. Da L'antiavanguardia di Paolo Vallorz; in Paolo Vallorz. la donazione al Mart, Silvana Editoriale, Milano, 2011, p. 13.
  5. Da Prefazione a Vincenzo Agnetti, a cura di Achille Bonito Oliva e Giorgio Verzotti, catalogo della mostra del Mart, Skira, Ginevra-Milano, 2008, p. 17.
  6. Da L'arte nel manifesto, in Visitate il Trentino! Pubblicità e turismo a Trento e nel Trentino tra Ottocento e Novecento, p. 33.
  7. Da Per ricordare Libera; in Adalberto Libera, Opera completa, Electa, Milano, 1989, p. 13.
  8. Da L'arte nel manifesto, in Visitate il Trentino! Pubblicità e turismo a Trento e nel Trentino tra Ottocento e Novecento, p. 34.
  9. Da La Casa del Mago, pp. 25-26.
  10. Da Dall'antiretorica di Novecento alla sensibilizzazione postimpressionista della materia: 1926-1945; in Carlo Bonacina. L’Opera, p. 15.
  11. Citato in Flavio Faganello, Trentino - Alto Adige. Il mio mondo, Regione Autonoma Trentino - Alto Adige, Trento, 1992.

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