Massimo Bontempelli

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Massimo Bontempelli, 1954

Massimo Bontempelli (1878 – 1960), scrittore e drammaturgo italiano.

Citazioni di Massimo Bontempelli[modifica]

  • Civiltà è il superamento della animalità. Dunque è l'assieme di quanto allontana l'uomo dal bruto. Era buffo quel tempo (non tanto lontano) quando si indagavano sul serio rudimenti di estetica, di metafisica, di religione ecc., nella vita degli animali. Credo che oggi possiamo pretendere come presupposto a ogni ragionamento sulla "condizione umana" il fatto che tra l'uomo e il bruto c'è una frattura netta. Per ragioni misteriose (demiurgiche) l'uomo è innestato nella vita zoologica; ma egli ha in sè alcune zone che la superano [...] La condizione umana non trascende la condizione animale per il fatto di saper modificare la natura a proprio materiale vantaggio [...] Nemmeno la capacità di consociarsi e distribuirsi il lavoro utile a tutti e a ciascuno è un fatto tipicamente umano [...] La condizione umana supera la condizione animale, e se ne distingue e definisce, per due sole attitudini: la artistica e la filosofica. Di queste sole non troviamo alcun rudimento nel costume dei bruti.[1]
  • Il cinema «puro» come tutte le purità è distruttivo. Il cinema sta nel suo nascere come spettacolo, nel dover rispondere a una necessità: essere popolare. Esso vive in quanto c'è un milioni d'occhi che guardano. Naturalmente il mestierante è distruttivo e assurdo quanto il «puro». [...] L'arte cinematografica può diventare il fuoco centrale dell'espressione di un tempo e la più efficace educazione di un popolo. (da Lo Schermo, 30 ottobre 1926; citato in Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti, La nuova Italia, Firenze, 1984, p. 26)
  • La prima qualità delle anime candide è la incapacità di accettare i giudizi altrui e farli propri [...] Luigi Pirandello si affacciò anima candida alla vita e alla intelligenza delle cose, in uno dei tempi meno candidi che si possono immaginare. (dalla commemorazione di Luigi Pirandello del 17 gennaio 1937, in Introduzioni e discorsi, Bompiani, 19645)
  • M'affacciavo al Mistero, ero solo in faccia a un mistero che era grande come tutto il creato. (da Mia vita morte e miracoli, in Racconti e romanzi, a cura di P. Masino, Mondadori, Milano, 1961, p. 929.)
  • [Questo vuol dire che lei condivide le idee sull'arte professate dai partiti marxisti?] No, non le condivido, perché secondo queste idee in pratica gli artisti dovrebbero trattare argomenti che interessino i marxisti, mentre io penso che l'arte debba essere libera per essere efficace. Questa è certamente una delle ragioni per le quali non mi sono iscritto al Partito Comunista Italiano. D'altra parte io credo di poter rendere al comunismo maggiori servigi in questa posizione che non in quella di iscritto. [Che cosa pensa allora dello sforzo di adeguamento comunista dell'arte di Elio Vittorini?] Che è uno sforzo semplicemente inumano, che si può seguire perfettamente nel corso delle sue opere, e che non gli giova.[2]
  • Noia è non sapersi accorgere delle variazioni minime, quelle dalle quali comincia il cammino per scendere in profondità. (da Ali dell'Ippogrifo, in Racconti e romanzi, a cura di P. Masino, Mondadori, Milano, 1961)
  • Passando davanti alle Giubbe Rosse, che allora erano i Portici d'Academo e i Giardini di Epicuro della intelligenza fiorentina, potei contemplare con venerazione, oltre i vetri, la magnetica fluidità del corpo di Giovanni Papini, che svolgendo allora la sua rapida "esperienza futurista", dettava un articolo per Lacerba, il giornale della maturità del futurismo. (da La vita intensa, 1978, p. 100)
  • Per breve ancora mi sentii, strisciando come un'immagine, vivere sopra due dimensioni, poi la soppressione di me fu totale. Fui un punto, fui nulla. Pur sentivo il mio essere, e, privo il mondo di Spazio, intesi che anche vivo, o almeno ero, angosciosamente ero, come una non annullabile porzione di coscienza. (da Viaggi e scoperte. Ultime avventure, in Racconti e romanzi, a cura di P. Masino, Mondadori, Milano, 1961, p. 477)
  • Quando la macchina raggiunge i "cento all'ora", non è più il senso di una maggiore velocità, quello che vi prende e soggioga. È la rivelazione di un'atmosfera nuova e improvvisamente diversa. Dai settanta agli ottanta, agli ottantacinque, ai novanta, sentire semplicemente un aumento di rapidità. Sopra i novanta può sembrarvi di andare a una velocità pazza: ma appena il tachimetro raggiunge la cifra dei cento, la sensazione di rapidità svanisce, non si tratta ormai di più o di meno rapido, è un piano diverso di vita che si ammassa intorno a voi e in cui vi introducete religiosamente: religioso, infatti, e come solenne e sacro è il senso che vi avvolge. (da Stato di grazia. Interpretazioni (1925-1929), Stock, Roma, 1931, p. 101)
  • Quanto all'uomo deve bastare per reggersi da sé senza un Principe né una Provvidenza, per essere e sentirsi, uno per uno e solidalmente, responsabile della propria buona o mala fortuna: l'Uomo, l'Io. Ecco Stirner, con l'Unico e le sue proprietà. (da Dignità dell'uomo (1943-1946), Bompiani, Milano 1946, p. 57)
  • Racconto fatti veri, accaduti a me, nella città di Milano. Questa narrazione – la quale comprende tutte le avventure che mi sono accorse una mattina, tra le 12 e le 12.30, andando da via San Paolo alla Galleria – potrà sembrare troppo complicata a quanti hanno l'abitudine di andare da casa alla trattoria senza incontrare nulla che sia degno di essere raccontato. Eppure questa è una storia vera. E io non la scrivo per quegli uomini troppo semplici. (dalla prefazione a La vita intensa. Romanzo dei Romanzi)
  • [...] tutto Leopardi è un momento della polemica tra Socrate e i Dicasti, tra Gesù e i Farisei, tra Bruno e Bellarmino: la gran battaglia tra Lao-tse e Confucio, cioè tra l'uomo spontaneo e il funzionario.[3]
  • Un giorno d'improvviso m'apparve l'idea, che l'eco stava alla mia voce come l'immagine nello specchio alla mia persona visibile. (da Mia vita morte e miracoli, in Racconti e romanzi, a cura di P. Masino, Mondadori, Milano, 1961, p. 931.)

Giro del sole[modifica]

Incipit[modifica]

La figlia del Re compiva quattordici anni il giorno che insieme con i sacerdoti e altre dieci vergini fu mandata al Libano in cerimonia a veder morire e rinascere l'Augello Fenice. (p. 449)

Citazioni[modifica]

  • La religione insegnava come l'Augello fenice ogni cinquecento anni al sentirsi morire vola a quella rupe dell'Arabia, arrivando la sera e consumando la notte a costruirsi la pira, che la mattina appresso i raggi del sole accendono. (p. 450)
  • Uscì da un cespuglio di ginepro l'Augello Fenice. Teneva nel becco due coccole, con un ultimo volo andò a lasciarle cadere sul nido. Poi scese a posarvisi, vi si abbandonò. I colori delle sue piume erano smorti. La sua stanchezza era piena di nobiltà. Teneva le ali aperte a mezzo, con le punte appoggiate alla catasta. Il gran ciuffo del capo stava ripiegato giù come esausto. I sacerdoti e le vergini si sporgevano per vedere l'Augello negli occhi ma lui teneva la testa volta dall'altra parte, levata verso le cime più alte d'oriente, aspettando il raggiare del sole che doveva accendere la pira. (p. 452)

Il Bianco e il Nero[modifica]

  • [Beethoven] È la sinfonia fatta uomo. Tutto tra le sue mani diventò sinfonia. La ultramonodica canna dell'antico pastore per lui si sarebbe fatta orchestra. (da Beethoven, p. 42)
  • La condizione umana non trascende la condizione animale per il fatto di avere (mediante coltivazioni, fabbriche eccetera) modificato la natura a proprio materiale vantaggio: questo lo fanno anche gli uccelli quando di paglia e di fango si fabbricano i nidi. Nemmeno la capacità di consociarsi e distribuirsi il lavoro è fatto tipicamente umano: vivono organate in società di lavoro le api e le formiche (per non ricordare che gli esempi più noti.
    La condizione umana supera la condizione animale, e se ne distingue e definisce, per due sole attitudini: la artistica e la filosofica. Di queste sole non troviamo alcun rudimento nel costume dei bruti. (da Conquista umana, p. 59)
  • Arte è scoprire nella realtà che ci attornia certi segni e rapporti, logicamente inspiegabili ed evocarli comunicandoli; così che per mezzo di quelli il mondo reale ci si presenti [...] [1] (da Conquista umana, pp. 59-60)
  • Filosofia ci conduce a scoprire le leggi prime secondo le quali si comportano e compongono i movimenti spirituali fondamento della universa vita.[1] (da Conquista umana, p. 60)
  • Qualcuno vorrà ch'io conti, tra le disposizioni singolarmente creatrici di umanità, la conquista scientifica. Ma questa, con le sue maraviglie, supera l'animalità solamente come ampiezza di svolgimento. La scienza è la capacità di esplorare il mondo fisico, e riconoscere le regole secondo cui esso si comporta e si regge, e sfruttarle per il benessere quotidiano degli uomini. Ora, così i rudimenti della conoscenza dell'esterno fisico, quanto l'uso di qualche sua legge a proprio vantaggio, son pur noti dalla bestia: le rondini mostrano di possedere nozioni di geografia e di meteorologia: si videro cani gettare in un fiume un pezzo di legno per valutarne l'intensità di corrente prima di avventurarsi. Penso pure che la scienza, per la sua stessa natura, non può servire alla vera vera conoscenza se non per diffonderla; la sua funzione rispetto a essa è puramente strumentale. Dite «la matematica»? Ma la matematica solo strumentalmente serve le scienze fisiche: idealmente essa va forse allineata con la filosofia. (da Panorama delle attività umane, La Nuova Europa, 25 marzo 1945)[1] (da Conquista umana, p. 60[4])
  • La distinzione spengleriana tra civiltà e cultura sarebbe per ora da accettare. Ma vorrei che, venute da cammini e contenuti diversi, esse potessero un giorno arrivare a coincidere. La immedesimazione tra cultura e civiltà dovrebbe significare l'avvento d'una superiore epoca del mondo umano, ove si presenti per la prima volta possibile la conciliazione tra umanità e storia.[1] (da Conquista umana, p. 62)
  • Gesù col «Date a Cesare quel che è di Cesare», rifiuta di collaborare con la storia, e anche di ribellarvisi, che è pur collaborare. L'unico modo di non collaborarvi è subirla; subendola ne rimani fuori. (Date a Cesare..., p. 66)
  • [I generi letterari] Quei bei signori paffuti, polputi, infronzoliti, orgogliosi dell'antichità familiare, che i nostri avi nutrirono per tanti secoli, non sono né sepolti nell'oblio, né svaniti nel nulla. Tutte le loro forme son vive tra noi: gli ultimi discendenti han cambiato vesti e costumi, ecco tutto: era naturale. Si sono un po' assecchiti, e i loro costumi son meno sgargianti e i loro gesti forse meno definiti: ma tutta la modernità è così. E vivono bene, e sono molto più conosciuti che un tempo non fossero i loro avi. Ognuno di noi li frequenta, senza metter piede né nelle accademie né nei salotti letterari, passano continuamente ogni giorno sotto il naso di quei professori che li dichiarano morti o banditi. Hanno forse nomi più volgari o non ne hanno affatto. Ma vivon più lesti di quando ne avevano uno ben sonoro, di quando li aspettavano, sontuosa tomba di famiglia, la pubblica e la privata biblioteca e lo schedario dei dotti.
    E vivono molto vicino a noi, a tutti, dove? Nelle colonne del giornale quotidiano. (da Generi letterari, p. 81)
  • La geometria è la regione di collegamento tra la terra e il cielo. (Geometria, p. 84)
  • Forse, per un oscuro istinto, chi si è separato dal mondo è sempre un uomo che, per incapacità o difficoltà di adattamento non riuscendo ad aderire con i suoi simili, trovandosi solo tra molti, si è segregato per fuggire alla solitudine, a quella solitudine che gli appariva colpevole e assurda. (da Isolamento, p. 97)
  • Poesia sta tutta dalla parte del Paradiso o dalla parte dell'Inferno. Nel mezzo c'è il buon cittadino, da evitare. (Segno della poesia, p. 148)
  • La letteratura viaggiatoria italiana da Marco Polo in poi; e le Relazioni degli ambasciatori veneti alla loro Repubblica; e l'epistolografia dei nostri letterati dal Petrarca all'Aretino, sono i nobili progenitori del giornalismo di terza pagina, gloria italiana recentissima. [...]
    L'invenzione fortunata non favorì solamente la diffusione generale della cultura, ma operò in modo straordinariamente benefico sulla stessa arte dello scrivere, sia di critica sia di creazione, e ci liberò del tutto da quello spirito accademico che da secoli andava minacciando le sorti della nostra letteratura. Narratori e critici sentirono il loro lavoro avvicinarsi al più vario e vero pubblico, e si sforzarono di sempre meglio meritarne il favore. (da Terza pagina, pp. 169-170)
  • La poesia lirica tocca la possibilità dell'anima umana a sublimarsi dalla vita. È un atto di follia e insieme di veggenza. Soltanto la musica (la «musica pura») la supera. La lirica, quasi quanto la musica tocca l'anima umana a sublimarsi e più in alto e più in profondo della vita. Perciò la lirica e la musica sono fondamentalmente solitudine. Solitudine in chi le crea, e in chi sa e vuole goderne. Il quale, anche in un teatro pieno, quando ascolta diventa solo, solissimo. (da Udire, p. 175)
  • Una moda è caduca, non perché sia arbitraria e capricciosa, sì perché rappresentava qualche cosa di fugace, ma non perciò meno vero ed esatto, dell'anima collettiva ch'essa è destinata a rappresentare nella sua continuità.
    La donna, andando dal sarto a scegliersi un vestito, non veste sé, veste il proprio tempo. Anzi, tutt'insieme la donna col suo vestito, è ella stessa veste alla nudità del suo tempo. (da Virtù della moda, p. 189)

L'amante fedele[modifica]

Incipit[modifica]

  • Possedevo un'automobile: una sera da un luogo di villeggiatura accompagnai certa gente alla stazione della città più vicina. Il treno era in ritardo, loro dicevano: "Vattene pure, si fa buio, fino a casa hai forse cento chilometri, ecc.". Ma io ho preferito aspettare, per andarmene poi traverso la notte piena, quando il creato si rifà semplice ed eterno.
    Partita la gente uscii dalla stazione e ripresi in fretta il mio posto al volante. In breve ero fuori delle case, via per il bel viale diritto, a fari accesi.

Citazioni[modifica]

  • In uno di quegli anni incerti tra giovane e uomo, fui per una notte pellegrino. (p. 35)
  • Fu tenace, l'antico nottambulo, e vinse la prova. Arrivato ai settant'anni s'era dovuto rassegnare a un nottambulismo casalingo; ma contro ogni prescrizione, insistenza, preghiera, non accettò mai di andare a letto prima delle due dopo la mezzanotte (e gli parve gran condiscendenza rinunziare per sempre a quelle ultime ore preziose quando la tenebra si disfa). Così durò fino al suo anno settantaseiesimo; nel quale morì: di notte, come di notte aveva sempre vissuto; e non in casa morì, ma fuori all'aperto. (p. 51)

L'avventura novecentista[modifica]

  • Nulla è stato mai inventato dagli scienziati che non fosse stato immaginato dai poeti. (1938, p. 102)
  • La scoperta dell'America, l'invenzione del vapore, del telegrafo, del telefono ecc. non hanno dato niente alla ispirazione dei creatori. O come mai? Per una ragione semplicissima. Perché l'esistenza di continenti ancora ignori, il correre la terra assai più rapidi che non sia dato alla facoltà dell'animale di cui disponiamo, il volare, il trasmettere voci a distanza, è poetico solo in quanto è immaginato; e la scienza non farà mai niente che la poesia non abbia già saputo immaginare. (1938, p. 103)
  • Una sola cosa ha da temere l'arte da parte di un regime politico: la protezione. (1974, p. 116)
  • Le parole non sono belle. Le lingue non sono belle. La creta bella non esiste; la creta è fango, è sporca. Così le parole. Le parole generano il «letterato», pseudo-uomo, antipoeta: la più ridicola genìa che l'umanità abbia conosciuta. Temo che l'Italia sia la nazione che ne ha prodotti in maggior copia. Speriamo che stia esaurendoli. (1974, p. 197)
  • La decadenza ha questo processo: il poeta decade in scrittore, lo scrittore decade in letterato. Più in basso non si va. (1978, p. 760)
  • L'ideale supremo di tutti gli artisti dovrebbe essere: diventare anonimi. (1978, p. 762)
  • Il compito primo e fondamentale del poeta è inventare miti, favole, storie, che poi si allontanino da lui fino a perdere ogni legame con la sua persona, e in tal modo diventino patrimonio comune degli uomini, e quasi cose della natura. (1978, p. 762-763)

La donna del Nadir[modifica]

  • L'uomo è ansioso d'invenzioni, per illudersi di poter mutare la natura, e se stesso. Ma fino a oggi tutti i trovati inventivi della scienza più fantasiosa si sono esercitati esclusivamente sopra la velocità e sopra la distanza. Dopo averli avidamente accettati, ci siamo accorti che percorrere più rapidamente la crosta terrestre, o isolare e riprodurre i movimenti e i suoni, o staccarsi per qualche ora dalla superficie del globo per poi dovervi ridiscendere, son tutte cose che non rispondono per nulla alla nostra vera aspirazione, che è questa: poterci persuadere che il mondo può cambiare di sostanza e di leggi. Questa è la ragione per cui la scienza non riuscì mai a sopraffare la fede nella magia, che promette di sovvertire le leggi naturali, tramutar luogo alle montagne e ai mari, svellere la luna dal cielo, confondere tra loro la vita e la morte. (p. 66)
  • La filosofia e la religione hanno cercato di imporre all'uomo il certo, l'assoluto, lo stabile, per innalzarlo al possibile dalla brutalità alla divinità. Oggi la fisica einsteiniana, non senza maschera di metafisica, solletica nell'uomo il desiderio di ritornare all'instabile, all'inafferrabile, al disperato. (p. 69)
  • La medicina è un'opinione. (p. 109)
  • Io lodo Luigi e lodo tutti i cerignolani (se pure non deve dirsi cerignolesi), che in un tempo arido come il nostro mantengono il gusto del mistero. Non basta credere nelle semplici e alte verità della religione, cioè al Cielo. È necessario avere la sensazione del mistero sulla terra, la fede nel soprannaturale incombente, il senso delle presenze occulte mescolate quotidianamente alla nostra scarsa vita reale. Pochi oggi l'hanno, in questa civiltà dominata dall'eresia della materia: pochi e sparsi: qualche poeta, qualche donna, qualche innocente. (pp. 116-117)
  • L'ultima e la più tenace delle imprese di quello spirito democratico, che da più di un secolo si è abbattuto sul mondo, è il tentativo di render sensibile l'occulto, e spiegabile il mistero. Il teosofismo caro alle signore anglosassoni che hanno raggiunto la maturità, manteneva pur qualche rispetto al mondo dei misteri; ma da qualche tempo assistiamo alla recrudescenza di qualcosa, che è ancora più grossolano del teosofismo: il tentato impadronimento dell'occulto da parte dei laboratori e dei gabinetti universitari. (p. 120)
  • La magia ha il culto del misterioso, e non cerca già sacrilegamente di intenderlo nella sua totalità, ma di dominarne religiosamente qualche effetto. Invece questo Rhamadan è, come i suoi pari, un sciagurato democratico, probabilmente di educazione anglosassone: democratico fino a credere che il mistero dell'uomo si risolva nella quantità di elettrodinamismo che può esistere nel corpo umano. (p. 121)
  • La sentenza è importante, perché aiuta la cronaca in quello che è il più paradossale dei suoi doveri: dar corpo e peso a una quantità di fatti estremamente insignificanti. Dovendo servire un pubblico frivolo e pettegolo, che si interessa in modo inverosimile a ogni truffarella con la patacca, a ogni cornificazione che desti qualche clamore nell'ambito del quartiere ove si è consumata, il povero cronista è costretto a inauditi sforzi di trasformazione coloristica, che io ammiro ogni giorno con rinnovata maraviglia. Il cronista è lo stilista per eccellenza, dappoiché spesso egli deve per sola virtù narrativa foggiare un'apparenza di singolarità agli episodi più banali. (p. 138)
  • La donna è l'essere meno fantasioso che esista: ne deriva che essa ha scarsa curiosità. È invece, fondamentalmente abitudinaria. Per ciò le è difficile innamorarsi (cioè desiderare un nuovo amore), e più difficile ancora disamorarsi (cioè stancarci dell'amore che ha): la sua vita amorosa, avendo deboli risorse nella fantasia, è scarsamente soggetta alla curiosità, e per contro soggiace facilmente alla forza dell'abitudine. Ciò spiega la fondamentale costanza della donna, sancita in tutti i codici divini e umani. (p. 150)
  • Avvenne una volta ad Alessandro Manzoni, già vecchio, di trovarsi a passare per uno dei paesi che gli eruditi additano come l'originale di quello dei Promessi Sposi: Acquate, mi pare. Un contadino, mostrando a quell'ignoto forestiere le bellezze del villaggio, gli segnalò "la casa di Lucia". Interrogato, raccontò a modo suo la faccenda di Renzo e Lucia come fatto realmente accaduto molti anni avanti; non si sognava neppure di pensare che fosse un romanzo; ignorava l'esistenza di questo genere letterario; avrebbe per lo meno dato del matto a chi avesse voluto fargli credere che quella realtà era stata un'invenzione del vecchio forestiere. Qui lo straniamento dell'opera creata, dall'individuo creatore, era avvenuto in modo totale. Ma un primo grado di questo distacco si ha quando la conoscenza popolare, anche sapendo di aver a fare con un'opera di fantasia, dimentica il nome dell'autore. Ogni autore, se è saggio, deve desiderare con tutte le sue forze di essere in tal modo totalmente dimenticato come persona. (pp. 201-202)
  • Tutta la nostra politica, da molti anni a questa parte, ha avuto carattere eminentemente femminile. Lo stesso Risorgimento è stato operato in gran parte con l'astuzia, l'arrendevolezza, il doppio gioco: il virile vi ha avuto funzione episodica, ha dovuto vestire colori romantici per introdursi nella storia della liberazione italiana. […] E tutto il miserando tentativo di imposizione pseudosocialista, fu un episodio della femminilità alla riscossa: era una rivoluzione fatta di dispettosa iracondia anziché di maschia collera; e in fondo ad esso v'era un programma di dedizione e di asservimento. Sarebbe interessante esaminare tutta la storia d'Italia da questo punto di vista strettamente psicologico; cioè come sequela di battaglie della maschilità contro la femminilità, con alterne vittorie. Chi oggi volesse partecipare alle più vive lotte del giorno, dovrebbe tener conto di questo: che stiamo assistendo, soprattutto, al risollevarsi e riprendersi di tutta la virilità assopita e distratta nelle braccia della politica femmina che governò la guerra e i suoi primi risultamenti. Il parlamento è il risultato, e la personificazione, e il simbolo più pieno e preciso che possiamo immaginare, di tutti i caratteri della femmina-tipo che per tanto tempo ha dominato la nostra vita. E s'intende per parlamento qualche cosa che trascende ampiamente i confini di Montecitorio. Assisteremo al grottesco di una lotta tra lo Stato-femmina e la Nazione-maschio? Queste lotte di sessi qualche volta finiscono con un atto di fecondazione. Ma è da tener presente che nel caso nostro la femmina non è più atta a concepire. (pp. 239-240)

Incipit di alcune opere[modifica]

Dallo Stelvio al mare[modifica]

Brescia, 14 agosto.

ANDAR A VEDERE LA GUERRA.... È un'idea, anzi una frase, che mette i brividi.
È una frase, non un'idea. Una pura frase vuota di senso. La guerra non è una cosa che SI VA A VEDERE.

Eva ultima[modifica]

I casi, che sto per raccontare, sono semplici, ma tutt'insieme m'è sembrato che formino una storia amabile a narrarsi, forse anche a sentirsi; e perfino spero che altri sappia cavarne ammaestramenti, la cui precisione a me sfugge. Così semplici quali mi paiono, e sono, qualcuno potrà trovarli strani e sino incredibili, tanta è la diffidenza degli uomini: io li ho saputi da fonti dirette e in certo modo riscontrati dimorando qualche tempo nei luoghi ove si svolsero. M'importava stenderne la storia prima che il ricordo impallidisse in me, o forse la fantasia li trasformasse.

Gente nel tempo[modifica]

La Gran Vecchia morì di domenica, 26 agosto del millenovecento, ultimo giorno di una settimana che era tutta stata di ferocissimo sole.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

La vita operosa. Nuovi racconti d'avventure[modifica]

Alla scuola degli allievi ufficiali io e i miei compagni studiavamo le molteplici bellicose materie su certi quaderni che si venivano trasmettendo dinasticamente di corso in corso.
Poiché i corsi duravano due mesi, il succedersi delle nostre generazioni era rapido. Passavano gli studenti; ma restava, inesausto come il sole e il pensiero, il Quaderno. Molti degli studenti li portò via la guerra; i quaderni li dovè distruggere la pace, perché l'uomo è un animale improvvido, e probabilmente nessuno ha pensato a conservare, per qualche ventura guerra con corsi accelerati, quelle concentrazioni manoscritte delle discipline di Marte e di Bellona.

Citazioni su Massimo Bontempelli[modifica]

  • E anche in materia di lingua, difficile rinvenire una disparità più forte di quella tra lo stile cristallino raggiunto allora dal Bontempelli e il fangoso gergo vagheggiato oggidì da taluni presunti riformatori. (Enrico Falqui)
  • Il cervello di Bontempelli è come una bombola d'alchimista dove tutto si trasforma e assume parvenze irreali e fantasiose. Ciò non vuol dire ch'egli non sia un artista di esperienze reali e vissute, un sagace e satirico pittore dei nostri tempi. (Vincenzo Cardarelli)
  • Massimo Bontempelli costretto a dimettersi da senatore comunista, muore nel quasi disprezzo degli scrittori militanti e antifascisti. Di lui si disse che in qualità di accademico d'Italia era stato scelto come guardia d'onore ai caduti nella rivoluzione fascista. (Marino Piazzolla)
  • Per sua disgrazia, Bontempelli fu nominato accademico d'Italia da un fascismo che puzzava già di morto. Eletto senatore nelle liste del Fronte popolare dopo la guerra, non esitò a pronunziare giudizi brucianti su chi aveva collaborato col regime. Quel voltafaccia gli costò caro, perché a un certo punto saltarono fuori le lettere che aveva scritto a Mussolini per impetrare la sua nomina: i comunisti lo scaricarono e lui cadde in un tale stato di prostrazione da morirne. (Indro Montanelli)

Giovanni Artieri[modifica]

  • Da Sorrento, quel giorno andammo da Alvaro a Positano e alla spiaggia per il bagno. In quell'arenile si trovavano spesso frammenti di corallo rosso, portati a riva dalle onde. Bontempelli mostrò un bel pezzo lucido e umido che affiorava dalla sabbia. «Se ne potrebbe fare un cammeo», disse. E subito dopo: «M'accorgo che non è corallo; è solamente un pezzo dell'alluce del mio piede». L'umorismo bontempelliano era fatto di questi esili filamenti di logica e di paradosso. Esistono creature marine composte di novantanove parti di acqua; pure, esse si distinguono dall'acqua. L'arte la fantasia, la misteriosa poesia dei romanzi e dei racconti metafisici di Bontempelli erano come quelle creature marine. Forse altrettanto delicate e caduche.
  • Il Bontempelli era l'ideatore e lo scrittore dei programmi teorici del movimento [Novecentismo]; che si poneva come successore ed erede del futurismo e del cubismo; riassumeva il compito dello scrittore nella ricostruzione dello spazio e del tempo.
  • Naturalmente il capo del movimento, Massimo Bontempelli, senza dirlo, proponeva a esempio, stile e modi e forme fantastiche sue a una pleiade di giovani che, poi, finivano per obbedire ognuno al proprio estro particolare.
  • Tra le due guerre la letteratura italiana brillò del nome di Massimo Bontempelli e di quello di Pirandello. Già cinquantenne, Massimo rappresentò per la nostra generazione di giovani, la vera giovinezza; cioè la speranza nella gloria letteraria. [...] Bontempelli vedeva l'esistenza di un mistero, di una «magia» anche nella più umile e borghese contingenza.

Note[modifica]

  1. a b c d e da Panorama delle attività umane, La Nuova Europa, 25 marzo 1945.
  2. Dall'intervista di Alfredo Pieroni, Perché Bontempelli ha "detto male" dei romani (Nostra intervista), La Fiera Letteraria, 27 marzo 1947
  3. Da Leopardi, Reale Accademia d'Italia, Roma, 1937, p. 31.
  4. Il testo è citato da Il bianco e il Nero; esso presenta in alcuni punti delle varianti rispetto a quello riportato in La Nuova Europa, 25 marzo 1945.

Bibliografia[modifica]

  • Massimo Bontempelli, Dallo Stelvio al mare, Firenze, 1915.
  • Massimo Bontempelli, Eva ultima, Alberto Stock Editore, Roma, 1923.
  • Massimo Bontempelli, Giro del sole, in Opere scelte, Mondadori, Milano, 1978.
  • Massimo Bontempelli, Il Bianco e il Nero, a cura di Simona Cigliana, Guida Editori, Napoli, 1987. ISBN 88-7042-725-0
  • Massimo Bontempelli, La donna del Nadir, Mondadori, Milano, 1928.
  • Massimo Bontempelli, L'amante fedele, I Premi Strega, CDE, Milano, 1979.
  • Massimo Bontempelli, La vita intensa. Romanzo dei Romanzi, Vallecchi editore, Firenze, 1920.
  • Massimo Bontempelli, La vita intensa. Romanzo dei Romanzi, in Opere scelte, Mondadori, Milano, 1978.
  • Massimo Bontempelli, La vita operosa. Nuovi racconti d'avventure, Vallecchi, 1921.
  • Massimo Bontempelli, L'avventura novecentista: selva polemica, 1926-1938: dal realismo magico allo stile naturale, soglia della terza epoca, Vallecchi, Firenze, 1938.
  • Massimo Bontempelli, L'avventura novecentista, Vallecchi, Firenze, 1974.
  • Massimo Bontempelli, L'avventura novecentista, in Opere scelte, Mondadori, Milano, 1978.

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]