Giovanni Benincasa

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Giovanni Benincasa (2008)

Giovanni Benincasa (1960 – vivente), autore televisivo, giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Giovanni Benincasa[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Aldo Grasso otto volte su dieci ha sempre ragione, io non penso di far parte delle restanti due! [sorride, ndr].[1]
  • Io penso che Massimo Troisi appartenga a una rarissima categoria di uomini che si sono espressi in arti o in lavori — pittura, musica, letteratura, altro — senza che ce ne fosse assolutamente bisogno. Perché Troisi era una scultura vivente, un incendio pittorico lui stesso. E il fatto che abbia sputato parte della sua grandezza in pochissimi film non ha alcun valore, se non quello di fissarlo nella nostra memoria o nei nostri schermetti. Voglio dire questo, voglio tentare di farmi capire: Massimo Troisi è il quadro, la partitura, l'Opera. Non ha bisogno di esprimersi.[2]
  • [«Se fosse direttore di rete per un giorno, cosa farebbe?»] Obbligherei Gigi Marzullo a levarsi la sua maglietta a righe. Da Raiuno lo porterei su Raidue con il nuovo look e poi su Raitre gli farei dire: "Signore e signori, buonanotte".[3]
  • Ho un ricordo [...] legato a un amico d'infanzia di Massimo Troisi, che per "comodità" chiamerò Armando: uomo alto e grosso, con la barba e il vocione che sembra un mangiafuoco. Uomo però buono e mite, dalla risatona contagiosa. Armando in quegli anni era l'autista del Presidente di una Banca napoletana. Quando il Napoli vinse lo scudetto, tutta la squadra festeggiò su uno yacht con amici, musica e champagne. E Armando, che aveva la possibilità di andare a quei festeggiamenti con il suo amico Troisi (ma quando ti ricapita più?), disse alla moglie una bugia: disse insomma che doveva partire per portare il "Presidente" a un convegno a Fiuggi. Quando il giorno dopo, come in Totò, Peppino e la... malafemmina, Il Mattino riportò la foto di Maradona, Troisi e Armando con i bicchieri in mano, sopra una barca al largo di Napoli, la moglie chiamò Armando e in modo lento, esplorativo, scrutativo, cominciò a fargli una serie di domande su Fiuggi e le sue acque, con movimenti sussultori e ondulatori del telefono che nemmeno tra Pompei ed Ercolano. Per anni, si rise di questa cosa.[4]
  • [«Cosa ha visto in Valerio Lundini per decidere di scommettere su di lui?»] Un artista puro. Una nuova forma di applicazione scenica: un autore e un personaggio istintivo ma anche geometrico, mai scontato.[5]
  • Adesso se vai in treno noterai che si cominciano a guardare film sul cellulare e non più sull'iPad o sul computer. Quindi questo apparecchio, messo in orizzontale, ha abituato l'occhio al nuovo format visivo, al nuovo modello: ci stiamo abituando a guardare le cose in questo modo.[6]

L'inventore di programmi: intervista a Giovanni Benincasa

cinetivu.com, 8 maggio 2009.

  • I format sono importanti, non vanno certo ignorati, ma come sempre manca la misura e il coraggio. Soprattutto, troppo spesso mancano gli editori. In tv i Longanesi non passano.
  • Raffaella è una professionista seria e instancabile, molto pignola, che sa ancora sorprendersi. E con questa sua eterna capacità di stupirsi io mi sono sempre molto divertito. Un giorno le raccontai che volevo fare i titoli di testa di Carramba in diretta dallo spazio, con gli astronauti della Mir che uscivano dalla navicella con i nostri nomi scritti sopra ai cartelli. Raffaella rideva, rideva, e non mi credeva. Poi abbiamo fatto le prove, un pomeriggio, collegati con lo spazio e lei continuava a esclamare "Non è possibile, non è possibile...". Quanto mi sono divertito quel giorno.
  • Le idee mi vengono in continuazione, sono divorato da una febbre mentale che non mi dà pace, e soprattutto non mi dà pace il fatto che io non possa realizzare almeno tre programmi l'anno.
  • Sembrerà strano, e forse è un paradosso, ma la tv non ha bisogno di idee. Ha bisogno di Programmi.

Giovanni Benincasa a TvBlog: Il 29 febbraio della Tv

tvblog.it, 26 settembre 2018.

  • [«Fare televisione oggi, fare televisione ieri, quanto è importante il soggetto, il protagonista?»] Il conduttore è fondamentale, da sempre. Ma un problema c'è: la nostra editoria televisiva ha favorito e preferito sempre le facce alle teste, quando spesso sono le teste a inventare quei soggetti e a disegnare il parco giochi dove quel soggetto riceverà gli applausi.
  • La tv, secondo me, oggi funziona quando rappresenta un evento: che sia politico, sportivo, di attualità o di spettacolo. Sulla quotidianità, ho la sensazione che la tv faccia come il border collie con il gregge di pecore, correndo a destra e a sinistra per non farle uscire dal recinto. Il problema è un altro, credo: noi conserviamo e facciamo la guardia a quelle pecore ma un giorno moriranno e nessuno avrà pensato di allevare e crescere un nuovo gregge, creando e allargando nuovi recinti per il pubblico. Con le dovute attenzioni penso questo: la frenesia per l'ascolto di oggi può rappresentare il mancato ascolto di domani.
  • Certa tv va verso il nulla composto e graficato. Un po' come quei collegamenti avvilenti dei post partita. Se pensi alla tristezza di un eventuale colpo di Stato, oggi. Ma ci pensi, che tristezza: i militari manco si avvicinerebbero a via Teulada o a Saxa Rubra. Resterebbero a casa. Oggi forse il tenente colonnello Antonio Tejero [uno dei capi del tentato colpo di Stato in Spagna del 23 febbraio 1981] urlerebbe al cellulare su Facetime, e in molti riderebbero tantissimo.
  • [...] molto di quello che c'è in giro — compresi conduttori — oggi è ancora figlio di Minoli: è sempre stato il più bravo, il più preparato e intuitivo. Ha un brutto carattere, si dice. Ma certi mestieri vengono bene solo se hai un caratteraccio.

Una pezza di Lundini, l'ideatore Giovanni Benincasa: "Tanti hanno talento, Valerio è artista puro"

Intervista di Andrea Parrella, tv.fanpage.it, 24 settembre 2020.

  • [...] Lundini sembra aeriforme ma in realtà è molto presente. Lui è un artista puro, sembra antitelevisivo ma è completamente l'opposto.
  • La sperimentazione è di chi guarda, è lo spettatore a sperimentare nuovi stili, nuove sensazioni. Noi portiamo un prodotto finito che ha l'obbligo di creare palati nuovi. Al pubblico non possiamo dare solo e sempre amatriciana e carbonara.
  • [«L'assenza di pubblico rende il clima di Una pezza di Lundini ancora più surreale. Non c'è perché è vietato, o non ci sarebbe stato comunque?»] Io e Valerio ci eravamo imposti, a prescindere dal Covid, di avere massimo quattro o cinque spettatori perché volevamo creare proprio l'effetto di quell'applauso triste. Eravamo alla ricerca di quel suono lì, che mette a disagio. Uno dei complimenti più belli che ho ricevuto è di Nicola Savino, ha sottolineato l'importanza di quei secondi di silenzioso imbarazzo che secondo lui sono fondamentali.
  • Il programma è esteticamente eccellente, ma non sai che fatica nel dire alla regia che io lo voglio ripreso male, in modo sciatto, perché nella Pezza devono essere tutti un po' impreparati, da conduttore a regia. Se tu mi fai uno stacco perfetto, un po' me lo rovini, il giocattolo.
  • C'è stata una massificazione del talento, oggi sono tutti bravissimi. Trent'anni fa andavi in un piano bar, sentivi il tizio o la tizia che cantava e ti sorprendevi della bravura. Oggi i talenti proliferano, ce ne sono diecimila, c'è gente che salta in aria fino a venti metri facendo il tip tap e cantando senza stonare mentre fa un coro gospel individuale, ma quello che fa la differenza è l'innamoramento, quando cioè scatta qualcosa di diverso in mezzo a questa massificazione. E non è una cosa molto facile. [...] È come con l'amore: vedi decine di donne bellissime, o di uomini bellissimi, ma poi un giovedì, all'improvviso, ti fermi e dici: ma io l'amo. Non è solo talento, ma il vedere in un artista qualcosa che ipnotizza.

Ricomincio dal poeta

Intervista di Simonetta Sciandivasci, ilfoglio.it, 11 ottobre 2020.

  • Prima, quando qualcuno mi diceva qualcosa che non mi piaceva, anziché rispondere a tono e mandarlo al diavolo, fumavo una sigaretta e mi calmavo. Se un qualche tale mi diceva, per esempio, "Bella idea, ma dove lo metto questo programma?", io invece di fare quello che desideravo e cioè piantargli un coltello nel dorso della mano come nel Padrino, fumavo una sigaretta e mi pacificavo. Le cattive intenzioni passavano, passava tutto. Non era uno sfogo, era proprio un altro cammino che intraprendevo, qualcosa che mi elevava. Ora non ce l'ho più e allora dico e faccio tutto quello che mi passa per la testa: ho perso i freni inibitori. Senza le mie sigarette sono un assassino a piede libero.
  • Ricordo quante sigarette fumai quando andai a incontrare Borges: una dopo l'altra, per ore, senza fermarmi. Avevo letto sul un giornale che sarebbe venuto a Roma e avrebbe alloggiato all'hotel Excelsior, e allora riuscii a mettermi in contatto con la sua assistente, le dissi che ero un giovane appassionato e il mio più grande sogno era incontrare il maestro. In quel momento della mia vita, Borges era effettivamente fondamentale: la mia fidanzata di allora lo adorava, passavamo molto del nostro tempo insieme a leggerlo. Comunque. Alcune ore più tardi, ore che io passai a consumare decine di pacchetti di sigarette, agitatissimo, l'assistente di Borges mi richiamò e mi disse a che ora raggiungerli: era fatta. Chiesi a mio padre dei soldi per comprare le rose alla signora e arrivai nella hall dell'albergo piena di moltissimi giornalisti. Riconobbi tra loro anche Alberto Moravia. Tutti aspettavano di andare da Borges, ma fecero passare me per primo. Quando arrivai sulla porta dell'alloggio e lo vidi, seduto su una poltrona in salotto, mi mancò il coraggio, diventai di sasso, mi sentii minuscolo. Salutai e tornai a casa.
  • [«Cos'è il talento?»] Qualcosa di meno rilevante rispetto all'innamoramento che alcuni riescono a suscitare.
  • La parte più divertente del mio lavoro è quando aiuto qualcuno a essere chi è. Non è mai troppo difficile: di solito, un genio sa di essere un genio, ha solamente bisogno che chi se ne rende conto, lo aiuti a capire come tirare tutto fuori e illuminarlo. Quando andai da Mammucari a parlargli la prima volta, avevo già tutto così chiaramente in mente che il mio entusiasmo sembrava equivoco e infatti lui per prima cosa mi disse: ma sei frocio?
  • [«La televisione ha i giorni contati?»] Non credo, ma senza il traino dei social network avrebbe vita molto breve.
  • [«Cosa manca al nostro tempo?»] L'importanza delle cose. Sembra sempre che non succeda mai niente perché tutto passa senza lasciare traccia, niente è mai cruciale, tutto si consuma. Di riflesso, nessuno sembra occuparsi di cose importanti. Eppure di gente capace e interessante in giro ce n'è tantissima.

Giovanni Benincasa: "Una pezza di Lundini non è stata cancellata, forse tornerà in futuro"

Intervista di Gianmaria Tammaro, lastampa.it, 3 luglio 2022.

  • Una pezza di Lundini è nata come una costola di Battute. Durante la pandemia, mi hanno chiesto di continuare Battute con solo quattro battutisti divisi da pannelli di vetro e senza pubblico. Ma visto che Battute è un programma corale, dove il pubblico e le persone sono parte della scena, avrei rischiato di rovinarlo. È stato in quel momento che ho pensato a Una pezza: all'inizio doveva essere un programma quasi quotidiano, proprio come Battute. Poi, tra mille necessità e problemi, è diventato quello che è diventato. [«E cioè?»] Un programma settimanale di circa mezz’ora, in onda tra le 11 di sera e mezzanotte. Fare buoni ascolti così, con una mezz'ora saltellante e orari di messa in onda che cambiano in continuazione, è quasi impossibile. Certo, qualche volta è successo con il traino di programmi come Il Collegio e Un'ora sola vi vorrei di Brignano. Ma alla fine lo spettatore ha preferito recuperare Una pezza su Raiplay o con le clip che vengono caricate online.
  • Una pezza di Lundini è riuscito a riconquistare l'attenzione di un certo tipo di spettatore. Spezzandolo in clip, diventa più godibile. Con un programma di un'ora e mezza, due ore, è quasi impossibile. Una pezza di Lundini ha il fiato corto; non potrebbe mai superare quella durata.
  • Quando anni fa viaggiavo e arrivavo in albergo, controllavo immediatamente la televisione. Oggi nemmeno guardo se c'è. La tv non è più centrale: mi sembra laterale, periferica.
  • Io ho sempre fatto l'autore in senso largo. Ho condiviso molte volte il tavolo di lavoro con altri colleghi. Ma fondamentalmente sono l'ideatore dei miei programmi: invento una macchina produttiva, scelgo il regista, lo scenografo e il conduttore. Sono un produttore artistico. Metto insieme la squadra.
  • [Su Pierluigi Pardo] Lui può fare qualsiasi cosa. Può parlare di calcio, di giovani, di cucina. Quando Pardo commenta una partita la televisione s'incendia, e lo noti.
  • A volte c’è troppa ipervalutazione. Se uno è incapace, bisogna dirglielo. Non incoraggiarlo. Questa roba di mandare in onda gente incapace, onestamente, non riesco a capirla. Non è necessario andare in video: ci sono tante figure professionali anche dietro lo schermo.
  • Lundini è come una soffitta piena di scatole. Ogni volta trovi qualcosa di diverso. Quando pensi di aver visto tutto, ti sorprende e cambia totalmente. [...] Una volta, durante una pausa, siamo usciti dagli studi di Una pezza e siamo andati a prendere un caffè; Lundini era ancora in completo, con il fazzoletto pizzicato nel colletto della camicia per non sporcarsi al trucco. Quando alcuni ragazzi l'hanno visto si sono bloccati, stupiti. Lundini è come un cartone animato, e in quel momento, in quell'esatto momento, il cartone animato è entrato nella vita di quei ragazzi. Hanno visto uno dei Simpson.
  • Le nostre vite sono scritte con l'inchiostro simpatico: si cancellano. Con il tempo, noi spariremo. Non ci saremo più. Tra cento anni nessuno si ricorderà di noi. È per questo che mi piace questo lavoro, è per questo che voglio scoprire e valorizzare talenti [...]. Per creare. Per provare a lasciare qualcosa.

Citazioni su Giovanni Benincasa[modifica]

  • È stato lungimirante, ha dato più di chiunque altro spazio in Tv a tutta una schiera di comici, di cui faccio parte, che altrimenti rischiavano di rimanere nell'ombra. [...] È importante che Benincasa abbia credito in Rai, un carrozzone dove è molto difficile riuscire a fare delle cose anche a livello burocratico. Che ci sia una persona come lui, nota e stimata, dà la possibilità di fare cose belle e sperimentali. Non è scontato. (Stefano Rapone)

Note[modifica]

  1. Dall'intervista Giovanni Benincasa a Cinetivù: "The Call è un esperimento che spero funzioni", cinetivu.com, 9 dicembre 2010.
  2. Da A cena con Troisi, il "Girasole" di se stesso, ilfoglio.it, 4 giugno 2018.
  3. Dall'intervista di Giusy Cascio, Giovanni Benincasa: «È grazie a Fiorello se ho smesso di fumare», sorrisi.com, 19 settembre 2019.
  4. Da Maradona fra Troisi, Carrà e Plastino, ilfoglio.it, 27 novembre 2020.
  5. Dall'intervista di Valerio Molinaro, Ogni genio è un gran fanciullo!, corrierespettacolo.it, 8 maggio 2021.
  6. Dall'intervista di Pier Paolo Mocci sulla pagina Instagram di Fortune Italia, 5 maggio 2022; citato in Giovanni Benincasa: La Tv non è più centrale, sta evolvendo, fortuneita.com, 8 maggio 2022.

Altri progetti[modifica]