Guglielmo Audisio

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Ritratto di Guglielmo Audisio (prima del 1879)

Guglielmo Audisio (1802 – 1882), scrittore e religioso italiano.

Proemio a "Eloquenza sacra", edizione del 1846[modifica]

  • La civiltà moderna, quanto ha di buono, l'ha tolto dal Calvario: la santa parola lo ha cresciuto ed alimentato.
  • La filosofia è nostra. Essa nacque dal verbo cattolico, né cominciò a corrompersi se non allora che volle disgregarsi dal medesimo: la quale opera fu incominciata da Roscelino e da Abelardo. Ma noi abbiamo la radice e il vertice più puro di ogni filosofia in s. Tommaso.
  • Le due gran leggi della Provvidenza sono il trionfo del Cattolicesimo, e l'universalità dell'incivilimento.
  • Legge tremenda di ogni tempo è che le sole opere fortemente concepite, lungamente elaborate, temperate cento volte al fuoco delle Muse, e delle quali, come notò Seneca, siasi anche da sommi ingegni tenuto consiglio formale a ciascun'idea, a ciascuna parola, portano in fronte il suggello della vita: Scripta enim sua torquent, et singulis verbis in consilium vocant. La natura, la coscienza, la fede, addolciscono talvolta sì lunghi e sì ardui patimenti: ma resta l'amaro, e forza è trangugiarlo.

Lezioni di eloquenza sacra[modifica]

Incipit[modifica]

Sembrami, o signori, di vedere sull'amenissimo colle della magnifica e regal Soperga brillar più splendido questo sole, alla cui luce, e sotto gli auspizi d'un religiosissimo ed invittissimo Re, apronsi queste lezioni di sacra eloquenza.
O Carlo Alberto! o illustre figlio di una stirpe d'eroi! sei tu, che, esperto nell'imaginare e nel condurre a lieto fine ogni più bell'opera del senno e della mano, c'invii in questo grandioso monumento della pietà e del valor piemontese, dicendoci: Re, o leviti, quai novelli apostoli, a raccogliere e far conserva de' più scelti carismi del sacerdozio cristiano.

Citazioni[modifica]

  • La Bibbia, in ragion di lettere, è per lo stile de' predicatori ciò che fu sempre la mitologia per la elocuzione de' poeti, un tesoro dell'arte, piuttosto che una servitù del ministero. (p. 27)
  • La Ragione, questa mirabile facoltà per cui l'uomo si solleva sullo stato de' bruti e appartiene a quello delle intelligenze, ripiegasi talvolta in se medesima, rivolgendo tutta questa immortal luce che la illumina a considerar se stessa, i suoi pensieri, e via via tutti i suoi andamenti. (p. 31)
  • Si avvezzò quest'ingegno profondo, nelle sue lunghe meditazioni che abbracciarono tutta intera la morale e la religione, a non andar vagando di pensiero in pensiero; ma a sceverarne uno, e sempre de' più grandi e de' più fecondi che abbia la religione; a risolverlo nelle sue parti; a chiamarle tutte, una per una, alla più severa critica; a cavarne tutte le conseguenze; a farne tutte le applicazioni; a riunir finalmente tutte queste parti in quel primo corpo che avea disciolto per interiormente comprenderlo, ritornando, pel circolo dell'analisi e della sintesi, al punto da cui era partito. Su questo metodo Bourdaloue diresse i suoi studi che furono molti e continui; e su questo metodo regolò pure tutta la predicazione. (p. 37)
  • Fu saviezza quell'esprimer che facevano gli antichi nella mano chiusa la dialettica, nella mano aperta e distesa l'eloquenza: tale hanno fra loro strettissima cognazione. (p. 38)
  • La natura della volontà umana fu in tutti i tempi una sola: e per questo dovettero, in ogni secolo ed in ogni luogo, essere gli stessi i suoi effetti, e le stesse quelle vie per cui si quietano o si commovono. E queste vie e questi precetti sono in noi, infusi dalla natura, e nella loro efficacia ed intensità corrispondenti a quel talento della parola, e specialmente a quel buon senso di che la natura stessa ci volle arricchire. (p. 39)
  • L'eloquenza è l'imitazione e lo sviluppo della natura: dunque è tanto più buona l'eloquenza quanto più si avvicina alla natura, e tanto più cattiva quanto più si allontana dalla natura. (p. 39)
  • Da Aristotele, Quintiliano, Blair e Rollin noi acquistiamo i precetti dell'arte: in Demostene poi ed in Cicerone noi ne vediamo la più meravigliosa esecuzione. (p. 41)
  • Natura dell'uomo! giudizio universale de' secoli! ecco la norma infallibile del bello e del vero: ecco il concetto che rifulse alla mente di Blair, e gli dettò le sue modeste ma profonde lezioni. (p. 41)
  • La gloria di unire l'estetica e l'oratoria profana all'estetica e all'oratoria cristiana, era riservata al francese Rollin. Non sublime, non magnifico come i più alti ingegni dell'era classica della Francia, colse tuttavia nel genere didascalico un alloro che non ha pari. L'elemento estetico grecoromano, nel suo Trattato sugli studi, non va mai disgiunto dall'elemento cattolico, dalle prime linee ch'egli segna nel fanciullo sino al compimento della sua istituzione. La mente e il cuore, il vero, il bello e l'onesto, sono la meta alla quale con vastissima erudizione, coll'autorità di un sapiente, e coll'affezione, tenerezza e affabilità di un padre, solleva e indirizza continuamente il suo lettore. Mi duole grandemente che l'Università di Francia siasi nel metodo e nei principii allontanata da questo suo antico lume e ornamento; e che neppure la gioventù italiana abbastanza lo conosca e ne approfitti. (p. 41)
  • Confrontando Cicerone con Demostene, dirò che il carattere di Demostene è l'evidenza della ragione, l'impeto e la veemenza di un'anima accesa ed eloquente; quello di Cicerone, l'ordine, la fecondità, e lo splendor dell'orazione. Il primo più aspro, talvolta secco e duro, ma più sublime e più robusto; il secondo più florido e più ornato, ma talvolta, come lo rimprovera Bruto, cascante e distemperato. In due parole: ammiro Cicerone, ma vorrei Demostene per difensore. (p. 42-43)
  • Boileau, il cui gusto era sì dilicato, Boileau detto l'eroe della ragione, scriveva a Claude Brossette ch'egli non finiva mai di maravigliarsi leggendo l'aringa pronunciata da Demostene contro Eschine per la corona a favore di Ctesifonte. È, secondo lui, l'ultimo «sforzo» a cui possa aspirare l'intelletto dell'uomo. (p. 43)
  • [Francesco Petrarca] Ah! se il cantor di Laura avesse consacrato tutte le sue pagine al santo amore, di qual celeste armonia non ci beerebbe il suo canto immortale! (p. 52)
  • Vane le riforme della legge senza le riforme dello spirito e del costume cristiano. Uniamole: Reformamini in novitate sensus vestri (Paolo di Tarso, Rom. XII, 2). (p. 56)
  • Dilatate il pensiero, abbellitelo; esso è nuovo e antico, civile e cristiano. (p. 56)
  • [commento ad una predica di Jean Baptiste Massillon] Io non veggo modo in cui l'oratore potesse più felicemente scusare l'empio, sia a lui medesimo, per acquistarne la confidenza e fargli comprendere in qual abisso è caduto, sia agli occhi di Dio, per attivarvi sopra i tesori della sua misericordia. (p. 91)
  • [Sulla divisione dell'orazione di Louis Bourdaloue] Ora, per darvene una giusta idea, io mi fermerò alle parole del mio testo, la cui esposizione letterale svilupperà tosto il mio disegno. Vedetene l'ordine e la divisione. Ecce merces vestra copiosa est in coelis. Questa ricompensa che Dio prepara a' suoi eletti, è una ricompensa sicura: Ecce, vedetela, è un Dio che ve la promette; e se la volete di buona fede, ella è vostra: Ecce merces vestra. È una ricompensa abbondante, che non avrà altra che la magnificenza d'un Dio, e che metterà ella sola il colmo a tutte le vostre brame: Ecce merces vestra copiosa. Finalmente è una ricompensa eterna che voi non perderete mai, perché vi attende nel cielo dove non è cangiamento o vicenda: Ecce merces vestra copiosa est in coelis. [...] La ricompensa degli eletti di Dio è una ricompensa sicura; mentre quelle del mondo sono fallibili ed incerte: sarà il primo punto. La ricompensa degli eletti di Dio è una ricompensa abbondante; mentre quelle del mondo sono vuote e difettose: sarà il secondo punto. La ricompensa degli eletti di Dio è una ricompensa eterna; mentre quelle del mondo sono fragili e passeggere: sarà l'ultimo punto.
    Forse mi direte essere alquanto lunga una tal divisione, e che sarebbesi potuta spedire con tre voci, dicendo che la mercede de' giusti è mercede sicura, piena, eterna. (p. 89)
  • Meschini imitatori che vollero da Bourdalone pigliare il metodo delle divisioni e suddivisioni, senza avere il talento che fu in lui di nutrire d'un sugo forte e vitale, le fecero inaridire e detestare. (p. 90)
  • Cornelio a Lapide, sommo per la sua vastissima erudizione, e per la copia e utilità dei sensi morali, la quale è sì abbondante e direi sì infinita, che molte volte ci offre nella interpretazione di un testo materiali sufficienti ad un intiero componimento: questo è per eccellenza l'interprete dei predicatori, purché abbiano gusto nello scegliere, e critica nel rifiutare. (p. 100)

Bibliografia[modifica]

  • Guglielmo Audisio, Lezioni di eloquenza sacra, Giacinto Marietti, settima edizione, Torino 1870.

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