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Boris Pasternak

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Boris Pasternak durante la giovinezza (1908)
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la letteratura (1958) Premio rifiutato

Boris Leonidovič Pasternak (1890 – 1960), poeta e scrittore russo.

Citazioni di Boris Pasternak

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  • Alla fine del secolo Mosca conservava ancora la sua vecchia fisionomia di angolo remoto, tanto pittoresco da sembrare favoloso, con le caratteristiche leggendarie di una terza Roma e di una capitale dell'epoca eroica, nella magnificenza delle sue stupende, innumerevoli chiese.[1]
  • Anche se con Majakovskij ci davamo del lei e con Esenin del tu, i nostri incontri furono ancora più rari. Si potrebbero contare sulla punta delle dita, ed andavano immancabilmente a finir male. O ci giuravamo eterna fedeltà inondandoci di lacrime a vicenda, o ci picchiavamo di santa ragione e dovevano dividerci.[2]
  • Bisogna essere di un'irrimediabile nullità per sostenere un solo ruolo nella vita, per occupare un solo ruolo nella vita, per occupare un solo e medesimo posto nella società, per significare sempre la stessa cosa.[3]
  • Dai tempi di Kol'cov la terra russa non aveva più prodotto nulla di più genuino, di più naturale, di più rispondente e nativo di Sergej Esenin, gratificando così la sua epoca con rara naturalezza e senza gravare il dono con gli interessi del populismo... Esenin era un vivo frammento pulsante di quell'arte che, con Puskin, noi definiamo il più alto principio mozartiano, l'elemento mozartiano.[4]
  • Esenin considerò la sua vita come una favola... Anche le sue poesie le scrisse come fiabe, ora disponendo le parole come un solitario, ora vergandole col sangue del suo cuore. La sua cosa più valida è l'immagine della natura in cui nacque, boschiva, russo-centrale, di Rjazan', resa con la stessa abbagliante freschezza con cui gli si era rivelata nell'infanzia.[2]
  • [Riferito a Lev Tolstoj sul letto di morte] In un angolo non giaceva una montagna, ma un vecchietto raggrinzito, uno di quei vecchi creati da Tolstoj, da lui descritti e fatti conoscere a decine nelle sue pagine. Tutt'intorno crescevano giovani abeti. Il sole al tramonto segnava la camera con quattro fasci di luce obliqui...[5]
  • L'arte senza rischio e sacrificio interiore è impensabile.[6]
  • Le correnti contemporanee hanno immaginato l'arte come una fontana, mentre essa è una spugna. Hanno deciso che l'arte deve zampillare, mentre essa deve succhiare e lasciarsi impregnare. Hanno ritenuto che l'arte si possa scomporre in metodi di rappresentazione, mentre essa è formata dagli organi di percezione. Deve essere sempre tra gli spettatori, e guardare ogni cosa in maniera sempre più pura, sempre più recettiva, sempre più fedele.[7]
  • Non dormire, non dormire, artista | al sonno non ti abbandonare | Sei ostaggio dell'eternità | prigioniero del tempo.[8]
  • Quanto coraggio ci vuole per recitare nei secoli, come recitano i burroni, come recita il fiume.[9]

Il dottor Živago

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Andavano e sempre camminando cantavano eterna memoria[10], e a ogni pausa era come se lo scalpiccio, i cavalli, le folate di vento seguitassero quel canto.
I passanti facevano largo al corteo, contavano le corone, si segnavano. I curiosi, mescolandosi alla fila, chiedevano: "Chi è il morto?" La risposta era: "Živago." "Ah! allora si capisce." "Ma non lui. La moglie." "È lo stesso. Dio l'abbia in gloria. Gran bel funerale."

Citazioni

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  • Era un'asciutta giornata di gelo del principio di novembre, con un cielo calmo, d'un grigio plumbeo: radi fiocchi di neve, da poterli contare, volteggiavano a lungo ed evasivamente prima di toccare il suolo e d'annidarsi poi, polvere grigia e lanuginosa, nelle buche della strada. (parte I, Una ragazza di un'altra cerchia, 8)
  • "I ragazzi sparano," pensò Lara. E non si riferiva solo a Nika e a Patulja, ma a tutta la città che sparava. "Bravi ragazzi, onesti," pensò. "Sono bravi. Per questo sparano." (parte I, Una ragazza di un'altra cerchia, 18)
  • "Che posso dirvi," rispose Jura. Si mosse irrequieto sulla seggiola, si alzò, fece alcuni passi e sedette di nuovo. "Prima di tutto, domani vi sentirete meglio, ci sono i sintomi, son pronto a farmi tagliare la testa. E poi: la morte, la coscienza, la fede nella resurrezione... Volete sapere la mia opinione di naturalista? Non sarebbe meglio un'altra volta? No? Subito? Bene, come volete. Solo che è una cosa difficile, così, di punto in bianco." E le improvvisò una lezione vera e propria, meravigliato egli stesso che gli riuscisse.
    "La resurrezione. Nella forma più volgare in cui se ne parla, a consolazione dei deboli, mi è estranea. E anche le parole di Cristo sui vivi e sui morti io le ho intese sempre in altro modo. Dove mettereste questi immensi eserciti arruolati in tutti i millenni? Non basterebbe l'universo, e la divinità, il bene e il raziocinio dovrebbero cedere il posto. In quell'avida calca animalesca sarebbero schiacciati.
    "Ma, nel tempo, sempre la medesima vita, incommensurabilmente identica, riempie l'universo, a ogni ora si rinnova in innumerevoli combinazioni e trasformazioni. Ecco, voi vi preoccupate se risorgerete o meno, mentre siete già risorta, senza accorgervene, quando siete nata.
    "Sentirete dolore? Sente forse il tessuto la propria dissoluzione? Cioè, in altre parole, che sarà della vostra coscienza? Ma che cos'è la coscienza? Vediamo. Desiderare coscientemente di dormire è insonnia garantita, tentare coscientemente di avvertire il lavorio della propria digestione è esattamente voler perturbare la sua innervazione. La coscienza è un veleno, un mezzo di autoavvelenamento per il soggetto che la applica su se stesso. La coscienza è luce, proiettata al di fuori, che illumina la strada davanti a noi, perché non si inciampi. La coscienza sono i fari accesi davanti a una locomotiva che corre. Rivolgete la loro luce all'interno e succederà una catastrofe.
    "Dunque, che sarà della vostra coscienza? Della vostra. La vostra. Ma voi, che cosa siete? Qui sta il punto. Guardiamo meglio. In che modo avete memoria di voi stessa, di quale parte del vostro organismo siete cosciente? Dei vostri reni, del fegato, dei vasi sanguigni? No, per quanto ricordiate, di voi vi siete sempre accorta in una estrinsecazione, in un atto, nelle opere delle vostre mani, in famiglia, fra gli altri. E, ora, state bene attenta. L'uomo negli altri uomini, ecco che cos'è l'anima dell'uomo. Ecco che cosa siete voi, ecco di che cosa ha respirato, si è nutrita, si è abbeverata per tutta la vita la vostra coscienza. Della vostra anima, della vostra immortalità, della vostra vita negli altri. E allora? Negli altri siete vissuta, negli altri resterete. Che differenza fa per voi se poi ciò si chiamerà memoria? Sarete ancora voi, entrata a far parte del futuro.
    "Un'ultima cosa. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. La morte non esiste. La morte non riguarda noi. Ecco, voi avete parlato di talento, questa è un'altra cosa, una cosa nostra, scoperta da noi. E il talento, nella sua nozione più alta e più lata, è il dono della vita.
    "Non vi sarà morte, dice Giovanni Evangelista:[11] guardate come è semplice la sua argomentazione. Non vi sarà morte, perché il passato è ormai trascorso. Quasi come dire: non vi sarà morte, perché questo è già stato visto, è vecchio e ha stancato, e ora occorre qualcosa di nuovo e il nuovo è la vita eterna."
    Parlando Jura passeggiava per la stanza. "Dormite," disse accostandosi al letto e ponendo le mani sulla testa dell'inferma. Passò qualche minuto e Anna Ivànovna cominciò ad assopirsi.
    Silenziosamente Jura uscì dalla stanza e disse alla Egòrovna di richiamare l'infermiera. "Che diavolo," pensò, "sto diventando una specie di ciarlatano. Mi metto pure a fare scongiuri, a curare la gente imponendo le mani." (parte I, L'albero di Natale dagli Sventickij, 3)
  • Oh, come alle volte, dalla mediocrità autoesaltatrice, dall'incessante vaniloquio degli uomini si vorrebbe fuggire nell'apparente silenzio della natura, nel muto carcere di un lungo tenace lavoro, nell'ineffabilità d'un sonno profondo, d'una vera musica, d'un tacito contatto dei sentimenti, col cuore ammutolito dalla sua pienezza! (parte I, L'addio al passato, 5)
  • Si accorsero allora che solo la vita simile alla vita di chi ci circonda, la vita che si immerge nella vita senza lasciar segno, è vera vita, che la felicità isolata non è felicità, tanto che un'anitra e l'alcol, se unici nella città, non sembrano più nemmeno anitra e alcol. Era questo che amareggiava più di ogni altra cosa. (parte I, L'accampamento di Mosca, 4)
  • La politica non mi dice nulla. Non mi piacciono gli uomini indifferenti alla verità. (parte II, L'arrivo, 4)
  • È bene quando una persona contraddice le nostre aspettative, quando è diversa dall'immagine che ce ne siamo fatta. Appartenere a un tipo significa la fine dell'uomo, la sua condanna. Se non si sa invece come catalogarlo, se non è 'caratteristico', allora possiede già la metà dei requisiti desiderabili, è libero da se stesso, con un granello in sé di assoluto. (parte II, Varýkino, 13)
  • L'uomo nasce per vivere, non per prepararsi alla vita. (parte II, Varýkino, 13)
  • Si convinse che l'arte è sempre al servizio della bellezza e la bellezza è la felicità di dominare la forma, che la forma è il presupposto organico dell'esistenza; e che, per esistere, ogni cosa vivente deve possedere la forma, e che, di conseguenza, tutta l'arte, non esclusa quella tragica, è il racconto della felicità di esistere. (parte II, Varýkino, 14)
  • Sognò un oscuro mattino d'inverno, in una popolata via di Mosca, ancora illuminata (a quanto pareva, era prima della rivoluzione), con la precoce animazione mattutina, lo scampanellare dei primi tram, la luce dei lampioni notturni che segnavano di strisce gialle la neve grigia dei primi albori sul selciato. [...]
    Da un'estremità all'altra dell'appartamento si muoveva in faccende, frettolosa e silenziosa, Lara, con una vestaglia da mattina infilata alla meglio, e lui le andava dietro infastidendola tutto il tempo con spiegazioni insulse e fuori luogo. Lara non aveva un minuto da dedicargli, e gli rispondeva, senza fermarsi, solo volgendo la testa dalla sua parte con sguardi affabilmente perplessi e innocenti scoppi della sua inconfondibile risata argentina, uniche forme di intimità ormai rimaste tra loro. Così lontana, così fredda e attraente era colei cui aveva dato tutto, posposto tutto e al cui confronto tutto gli era parso trascurabile e senza valore! (parte II, Di fronte alla casa con le statute, 8)
  • Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita. (parte II, Di fronte alla casa con le statute, 12)
  • In molti versetti[12] la maternità immacolata di Maria viene paragonata al passaggio del Mar Rosso da parte degli Ebrei. Per esempio, nel versetto: 'Nel Mar Morto è stata tracciata una volta l'immagine della Vergine Sposa'[13]. (parte II, Di fronte alla casa con le statute, 17)
  • Vivere significa sempre tendere in avanti, verso l'alto, verso la perfezione, e raggiungerla. (parte II, Conclusione, 7)

Agli amici ormai invecchiati, seduti presso la finestra, pareva che quella libertà dell'anima fosse giunta, che proprio quella sera il futuro si fosse tangibilmente calato in quelle vie, là sotto, che loro stessi fossero entrati nel futuro e ivi si trovassero d'ora in poi. Una gioiosa, commossa sicurezza per quella sacra città e per tutta la terra, per i personaggi di questa storia giunti fino a quella sera e per i loro figli, li penetrò e li afferrò con una sommessa musica di felicità, che si effondeva lontano, tutt'attorno. Il piccolo quaderno tra le loro mani sembrava sapesse tutto questo e desse ai loro sentimenti un sostegno e una conferma.

Citazioni su Il dottor Živago

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  • La condanna di Boris Leonidovič, della quale hanno avuto gran parte le invidie, le gelosie, i risentimenti dei pennivendoli zelanti che già spinsero Majakovskij al suicidio, è anche la condanna di tutta la sua generazione. Nell'opera di Pasternak, l'epoca è certamente resa meglio e con più intensità che nelle odi trionfali di tanti poeti che il tempo spazzerà inesorabilmente.[14] (Angelo Maria Ripellino)
  • La nota più sorprendente del Dottor Zivago di Boris Pasternak è il suo arcaismo, arcaismo sia dell'idea sia dello stile, In occidente, il romanzo è stato accolto come esempio della recente rivolta russa contro lo stalinismo e come la più completa espressione letteraria di quella rivolta. Ma Il dottor Zivago è tutto meno che questo, lontano com'è dalla Russia degli anni cinquanta e dalle esperienze, dalle difficoltà, dagli esami di coscienza dell'attuale generazione sovietica. (Isaac Deutscher)

Il salvacondotto

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  • L'arte è realistica come l'attività, e simbolica come il fatto.
  • I nostri più innocui «buon giorno» e «arrivederci» non avrebbero senso alcuno, se il tempo non fosse pervaso dall'unità delle vicende della vita, cioè dall'interazione dell'ipnosi dell'esistenza.
  • [Riferito a Majakovskij] Sin dall'infanzia egli fu guastato dal futuro, che dominò abbastanza preso e, in apparenza, senza gran difficoltà.

Poesie

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  • Ma l'ordine degli atti è già fissato, | e irrimediabile è il viaggio, sino in fondo. | Sono solo, tutto affonda nel farisaismo. | Vivere una vita non è attraversare un campo. (da Amleto)
  • Passeranno gli anni, ti sposerai, | dimenticherai i disordini. | Essere donna è un gran passo, | fare impazzire è un'eroica impresa. || Pure, io, di fronte al prodigio di mani di donna, | del dorso e delle spalle e del collo, | con la devozione d'un servo | tutta la mia vita benedico. || Ma per quanto la notte m'incateni | con anelli d'angoscia, | più forte al mondo è la spinta a fuggire | e la passione invita alle rotture. (da Dichiarazione)
  • Succede il silenzio, | ma come prima si soffoca, | e nel cielo come prima | i lampi frugano e frugano. (da Estate in città)
  • Anche la vita è un istante soltanto, | soltanto un dissolversi | di noi stessi in tutti gli altri, | come offertici in dono. || Solo uno sposalizio che dal basso | irrompe dentro le finestre, | solo una canzone, solo un sogno, | solo un colombo azzurrognolo. (da Lo sposalizio)
  • Una candela bruciava sul tavolo, | una candela bruciava. (da Notte d'inverno)

[Borís Leonídovic Pasternàk, Poesie, in Il dottor Živago, traduzione di Pietro Zveteremich, traduzione delle poesie di Mario Socrate, Feltrinelli, 2005. ISBN 88-07-83015-9]

Citazioni su Boris Pasternak

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  • Credo sia morto contento perché, almeno fuori, hanno pubblicato Il dottor Zivago, e perché pensava di avere ragione. (Il'ja Grigor'evič Ėrenburg)
  • Lui era lì davanti alla mia scrivania l'uomo più generoso del mondo, cui fu dato di parlare a nome delle nuvole, delle stelle e del vento, che trovò parole eterne per la passione dell'uomo e la debolezza della donna. (Olga Ivinskaya)

Note

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  1. Da Autobiografia, traduzione di Sergio d'Angelo, Feltrinelli, Milano, 1990, p. 21. ISBN 88-07-05078-1
  2. a b Citato in Elvira Watala, Wiktor Woroszylski, Vita di Sergej Esenin, traduzione dal polacco di Vera Petrella, Vallecchi Editore Firenze, 1980.
  3. Citato in Focus n. 95, p. 154.
  4. Citato in Sergej Aleksandrovic Esenin, Russia e altre poesie, Baldini Castoldi Dalai, 2007.
  5. Citato come didascalia a una illustrazione fuori testo in Tatiana Tolstoj, Anni con mio padre, traduzione di Roberto Rebora, Garzanti, Milano, 1978.
  6. Citato in Vittorio Strada, introduzione a Boris Pasternak, Opere narrative, Mondadori, Milano, 1994, p. LXV.
  7. Da Alcune posizioni, ne La reazione di Wassermann. Saggi e materiali sull'arte, a cura di Cesare G. De Michelis, Marsilio, Venezia, 1970, p. 50.
  8. Da Notte, in Poesie, traduzione di B. Carnevali, Roma, 1978, p. 231; citato in Aldo Cazzago, «I vostri occhi esperti di lacrime», Communio, n. 134, marzo-aprile 1994, p. 87.
  9. Citato in Enzo Biagi, In Russia.
  10. Nella liturgia ortodossa queste parole sono cantate al termine del rito funebre all'interno della chiesa, prima che il corpo venga portato fuori, e sono poi ripetute lungo la via verso il cimitero, intervallate da altri canti funebri (2017).
  11. Apocalisse, 21, 4. Uno dei primi titoli del romanzo, risalente al 1946, era stato proprio Non ci sarà la morte e l'epigrafe avrebbe dovuto consistere nelle parole prese dall'Apocalisse di Giovanni. (2017)
  12. Stichiry, versetti cantati al termine dei salmi serali e mattutini (2017).
  13. Citazione imprecisa dal Theotokion, il cantico alla Vergine contenente anche un insegnamento dogmatico sul Cristo. (2017)
  14. da Il caso Pasternak, 2 novembre 1958, Giangiacomo Feltrinelli Editore.

Bibliografia

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  • Borìs Pasternàk, Il dottor Živago, traduzione di Pietro Zveteremich e Mario Socrate, revisione di Mario Socrate, Maria Olsoufieva e Pietro Zveteremich, Feltrinelli, Milano, 2018. ISBN 9788858823521
  • Boris Pasternak, Il dottor Živago, traduzione di Serena Prina, Feltrinelli, Milano, 2017. ISBN 9788858831793[nota 1]
  • Borís Leonídovič Pasternàk, Il salvacondotto, Passigli, 1998. ISBN 8836805094

Note alla bibliografia

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  1. Edizione usata solo per le note al testo.

Altri progetti

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Opere

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