James Hillman

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James Hillman (1926 – 2011), filosofo, saggista e psicoanalista statunitense.

Citazioni di James Hillman[modifica]

  • Alla domanda: «Perché sono vecchio?» la risposta usuale è: «Perché sto morendo». I fatti tuttavia dimostrano che, invecchiando, io rivelo più carattere, non più morte. Non sto negando il fatto che alla fine morirò, ma non ho intenzione di passare gli ultimi anni della mia vita a scrivere di una cosa che non posso conoscere. (da La forza del carattere, prefazione, p. 27)
  • Attraverso la forza dell'immagine, che si esprime come sintomo e avanza le pretese erratiche di Necessità, noi scopriamo una visione psicologica dell'uomo, un uomo che né il naturalismo, né lo spiritualismo, né il normalismo valgono a definire. L'uomo naturale, che si identifica con lo sviluppo armonico, l'uomo spirituale, che si identifica con la perfezione trascendente, e l'uomo normale, che si identifica con l'adattamento pratico e sociale, deformati, si trasformano nell'uomo psicologico, che si identifica con l'anima. (da La vana fuga dagli dei)
  • Bisognerebbe forse, per il bene della società, proibire la chirurgia cosmetica? Considerare il lifting un crimine contro l'umanità? Perché il modo in cui trattiamo la nostra faccia ha conseguenze sulla società. La tua faccia è l'Altro per tutti gli altri. Se non mostra più la sua vulnerabilità assoluta, allora le ragioni della pietas, l'esigenza di sincerità, la richiesta di risposte, sullequali poggia la coesione sociale, hanno perduto la loro sorgente originaria. (da La forza del carattere, p. 213-214)
  • È opportuno ricordare che Dioniso è essenzialmente un dio delle donne. Il suo culto riguardava quasi esclusivamente le donne. Sebbene Dioniso sia una figura maschile e fallica, non c'è misoginia nella struttura di coscienza che egli rappresenta, giacché essa non è divisa dalla sua femminilità. (da Il mito dell'analisi)
  • L'amore non gioca alcun ruolo nel mondo di Pan, fatto di panico, masturbazione, stupro, o nella sua caccia alle ninfe. Queste non sono storie d'amore; non sono racconti di sentimenti e relazioni umane. La danza è rituale, non due che si muovono in coppia; la musica che risuona dagli inquietanti pifferi dal timbro mediterraneo non è una canzone d'amore. Siamo fuori anche dall'universo di Eros, al cui posto stanno sessualità e paura.
Love plays no part in Pan's world of panic, masturbation, rape, or in his chase of nymphs. These are not love stories; these are not tales of feelings and human relationships. The dance is ritual, not a couple moving together; The music sounds the uncanny pipes of Mediterranean tones, not a love song. We are out of the cosmos of Eros altogether, and instead there is sexuality and fear. (da An Essay on Pan, p. 55)
  • La cosa più importante è che la depressione è un'affezione endemica collettiva e noi la sentiamo e pensiamo che sia soltanto dentro il nostro cervello. "Nella... mia famiglia, nel mio matrimonio, nel mio lavoro, nella mia economia"... Abbiamo portato tutto questo dentro un "me". Invece, se c'è una Anima Mundi, se c'è un'Anima del Mondo – e noi facciamo parte dell'Anima del Mondo – allora ciò che accade nell'Anima esterna accade anche a me, e io avverto l'estinzione delle piante, degli animali, delle culture, dei linguaggi, dei costumi, dei mestieri, delle storie... Stanno tutti scomparendo. Per forza la mia Anima prova un sentimento di perdita, di solitudine, di isolamento, di lutto, e di nostalgia, e di tristezza: è il riflesso in me di una condizione di fatto. E se non mi sento depresso allora sì che sono pazzo! Questa è la vera malattia! Sarei completamente escluso dalla realtà di quello che sta succedendo nel Mondo, la distruzione ecologica.[1]
  • Oggi la nostra teologia è l'Economia. (da Il potere, p. 16)
  • Un uomo è convinto di essere morto. Dice ai familiari: «Sono morto» e i familiari lo mandano da uno specialista. Subito tra medico e paziente incomincia un'accanita discussione. Il medico fa appello ai sentimenti dell'uomo verso la vita, verso la famiglia. Poi prova a farlo ragionare, dimostrandogli l'intrinseca contraddizione di una frase come «Sono morto»: i morti non sono in grado di dire che sono morti, perché è appunto in questo che consiste l'essere morti. Alla fine il medico ricorre all'evidenza dei sensi. Domanda all'uomo: «I morti sanguinano?». «Certo che no» risponde l'uomo, spazientito dall'ottusa dabbenaggine della mente dei medici. «Lo sanno tutti che i morti non sanguinano». Al che il medico gli punge un dito. Ne esce una goccia di sangue. «Ma guarda un po', chi l'avrebbe mai detto» esclama l'uomo. «I morti sanguinano, eccome». Incorreggibile. Le percezioni e i ragionamenti confermano, anziché contraddirla, l'idea di essere morto. Il sentimento, la ragione e i dati di fatto collaborano alla costruzione di un sistema di difese volte a spiegare l'esperienza primaria, un'esperienza primaria che è uno stato di conoscenza, una realtà noetica dentro la quale il paziente è fissato e che conferisce significato a tutti gli altri eventi. «L'ambiente offre un mondo di nuovi significati. Tutta l'attività di pensiero è pensiero intorno ai significati ... Si ha una conoscenza diretta e intrusiva del significato e questa appunto, in se stessa, è l'esperienza delirante». La paranoia è un disturbo del significato.

Re-visione della psicologia[modifica]

  • Immaginiamo quindi gli archetipi come i modelli più profondi del funzionamento psichico, come le radici dell'anima che governano le prospettive attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo. Essi sono le immagini assiomatiche a cui ritornano continuamente la vita psichica e le teorie che formuliamo su di essa.
  • L'emozione è un dono che giunge di sorpresa, un enunciato mitico più che una proprietà umana. Essa annunzia un movimento nell'anima, è l'enunciazione del processo in atto in un mito che noi possiamo percepire nelle immagini fantastiche che accompagnano l'emozione.
  • Ogni psicologia che sceglie come sua meta l'anima deve parlare in termini immaginativi.
  • La terapia, o l'analisi, non è solo qualcosa che gli analisti fanno ai pazienti, essa è un processo che si svolge in modo intermittente nella nostra individuale esplorazione dell'anima, negli sforzi per capire le nostre complessità, negli attacchi critici, nelle prescrizioni e negli incoraggiamenti che rivolgiamo a noi stessi. Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima, siamo tutti, ininterrottamente, in terapia.
  • Una psicologia con poco spazio per l'immaginazione ha poco spazio per le immagini che governano la nostra vita.
    Trascurando le immagini, essa diviene, volente o nolente, un moralismo, si concentra sulla ragione e sulla volontà, il vecchio io. Ecco quindi la psicologia ossessionata da un'unica idea esagerata: l'uomo, un'ideologia che nasce dall'eroe della Riforma, sordo a ogni richiamo che non sia quello della tromba, che lottando si fa strada tra scelte binarie e avanza, responsabile e impegnato, verso la luce, ricacciando via da sé l'anima e l'oscurità.

Un terribile amore per la guerra[modifica]

Incipit[modifica]

C'è una battuta in una scena del film Patton, generale d'acciaio, che da sola riassume ciò che questo libro si propone di capire. Il generale Patton ispeziona il campo dopo una battaglia. Terra sconvolta, carri armati distrutti dal fuoco, cadaveri. Il generale solleva tra le braccia un ufficiale morente, lo bacia, e, volgendo lo sguardo su quella devastazione, esclama: «Come amo tutto questo. Che Dio mi aiuti. Lo amo più della mia vita.»
Se non entriamo in questo amore per la guerra, non riusciremo mai a prevenirla né a parlare in modo sensato di pace e disarmo. Se non spingiamo l'immaginazione dentro lo stato marziale dell'anima, non potremo comprenderne la forza di attrazione. In altre parole, occorre «andare alla guerra», e questo libro vuole essere una chiamata alle armi per la nostra mente. E non andremo alla guerra «in nome della pace», come tanto spesso una retorica ipocrita proclama, ci andremo in nome della guerra: per comprendere la follia del suo amore.

Citazioni[modifica]

  • Il turbamento che ci prende quando sentiamo dire «la guerra è normale» deriva dalla confusione insita nell'uso di quell'aggettivo. «Normale» può essere inteso in due modi, che tendono a fondersi insieme ingenerando in noi l'impressione che ciò che è normale (medio) è anche standard e giusto, ovvero è il giusto parametro. [...] Nella seconda accezione «normale» rimanda a «ideale». Vi si sente ancora la radice della parola: retto, corretto, esatto; ma adesso questi termini descrittivi, tecnici sono normalizzati in metafore. «Norma» oggi significa parametro, paradigma: un'immagine precostituita stabilisce la norma, il modello, la regola. [...] Quando i due significati si fondono in riferimento alla guerra, allora la descrizione del combattimento diventa prescrizione del combattimento. Ciò che «dovrebbe» essere (ciò che è giusto che sia) diventa «ciò che fa la maggioranza».[2]
  • Gli scrittori, specialmente gli scrittori di guerra, non creano ma ricreano, e la lettura è insieme ricreazione e ri-creazione di ciò che è sfuggito alla presa del presente per nascondersi nei recessi dell'anima, di ciò che è rimosso, dimenticato. Il nome di questo vuoto fatto di amnesia è «pace», la cui prima concisa definizione è «assenza di guerra». In senso estensivo, così il vocabolario definisce la pace: «libertà da, o cessazione di, guerre o ostilità; la condizione di una nazione o comunità che non è in guerra con un'altra». E ancora: «libertà da conflitti o perturbazioni, specialmente come condizione individuale; tranquillità, serenità».[2]
  • E se la terra volesse la guerra? Come si spiega il fatto che Ares sia anche un antico dio dell'agricoltura? E che a Marte sia assegnato un suo appezzamento, in campagna, fuori le mura della città? A chi si sforza di comprendere la furia della guerra di secessione americana, e anche la composta, paziente sopportazione di quella guerra, che andò avanti per quattro anni, arrivando a toccare la Florida e il Nuovo Messico (oltre diecimila distinti scontri armati in cui rimasero uccisi oltre seicentomila uomini e ragazzi), le motivazioni di solito elencate non paiono all'altezza di tanta carneficina.[2]

Citazioni su Hillman[modifica]

  • James Hillman era uno di quei cinque, dieci autori recenti che ha raggiunto la gloria in vita, come una celebrità globale. Lasciò molti orfani e pochi allievi, tanto pubblico e pochi studiosi nel suo solco. (Marcello Veneziani)

Note[modifica]

  1. Da un'intervista di Silvia Ronchey (video disponibile su YouTube.com).
  2. a b c Corsivo nel testo.

Bibliografia[modifica]

  • (EN) James Hillman, An Essay on Pan in Pan and the Nightmare, New York, Spring, 1972, pp. 3-65.
  • James Hillman, Il mito dell'analisi, traduzione di Aldo Giuliani, Adelphi, Milano, 2014.
  • James Hillman, Il potere. Come usarlo con intelligenza, traduzione di Paola Donfrancesco, Rizzoli, 2002.
  • James Hillman, La forza del carattere, traduzione di Adriana Bottini, Adelphi, Milano, 2000.
  • James Hillman, La vana fuga dagli dei, traduzione di Adriana Bottini, Adelphi, Milano, 2015.
  • James Hillman, Re-visione della psicologia, traduzione di Aldo Giuliani, Adelphi, Milano, 1983.
  • James Hillman, Un terribile amore per la guerra, traduzione di Adriana Bottini, Adelphi Edizioni, Milano, 2005. ISBN 88-459-1954-4

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