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Marco Tardelli

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Marco Tardelli (1976)

Marco Tardelli (1954 – vivente), ex calciatore e allenatore di calcio italiano.

Citazioni di Marco Tardelli

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Citazioni in ordine temporale.

  • E con la maglia bianconera realizzai finalmente i miei sogni, una soddisfazione che non è possibile esprimere a parole. D'altronde, degli scudetti vinti con la Juve e della mia stupenda esperienza in azzurro saprai già tutto, spero solo che tutto questo possa continuare a lungo. Perché Tardelli, che qualche anno fa giocava a fianco di Palla nel Pisa e non era nessuno, oggi gioca con Antognoni in Nazionale e, stando almeno a Bearzot, è uno dei migliori undici atleti d'Italia. Se torno indietro col pensiero, quasi non ci credo.[1]
  • [Su Gaetano Scirea] Era uno dei giocatori più forti del mondo, ma era troppo umile per dirlo o anche solo per pensarlo. Il suo essere silenzioso e riservato forse gli toglieva qualcosa in termini di visibilità, ma certamente gli faceva guadagnare la stima, il rispetto e l'amicizia di tutti, juventini e non. Questo non significa che fosse un debole o che non avesse niente da dire: al contrario, era dotato di una grande forza interiore e sapeva parlare anche con i suoi silenzi. Io e lui avevamo caratteri completamente opposti, ma stavamo bene insieme. Una volta venne a trovarmi al mare e giocammo insieme a nascondino. Una cosa strana per dei professionisti di serie A, invece faceva parte del nostro modo di stare insieme e di divertirci in maniera semplice. Nel calcio d'oggi credo che si sarebbe trovato un po' spaesato, ma solo a livello personale. Calcisticamente era uno molto competente e avrebbe saputo rendersi anche autorevole. Diciamo che personaggi con il suo carattere, al giorno d'oggi, nel mondo del calcio non ce ne sono più.[2]
  • [Sulla strage dell'Heysel] Io non ho mai vinto una Coppa dei Campioni. Cioè l'ho vinta ma non l'ho... vinta, non la riconosco.[3]
  • [Sulla rivalità Inter-Juventus] Quando giocavo nell'Inter, se vincevamo, ero interista; se perdevamo, ero un ex juventino.[4]
  • La mia Juventus. I migliori anni della nostra vita. Accogliente, severa, esigente e orgogliosamente unica. Un tempo indimenticabile, come i suoi protagonisti. Che nostalgia dell'ironia raffinata dell'Avvocato che con una battuta riusciva a ridarti coraggio e del rigore affettuoso ma inflessibile di Boniperti padre giusto e duro. Una famiglia che non ti abbandona anche quando decidi di volare altrove. Quella telefonata di Gianni Agnelli il giorno della mia presentazione all'Inter: "si ricordi che per lei io ci sarò sempre..." continua a distanza di anni a riempirmi di orgoglio.[5]

Dalla trasmissione televisiva Heysel - La finale maledetta, La storia siamo noi, Rai 2; citato in ilgiornale.it, 26 maggio 2005.

  • All'Heysel era impossibile rifiutarsi di giocare. Quando è stato deciso di scendere in campo non ci potevamo tirare indietro, e poi non conoscevamo bene quanto era avvenuto. Delle dimensioni della tragedia sono stato avvertito il giorno dopo quando, partendo con la nazionale per andare in Messico, sull'aereo ho potuto leggere i giornali.
  • È vero che c'erano dei giocatori che avevano già fatto la doccia, come Platini e qualcun altro. Nessuno aveva voglia di giocarla, quella partita: era abbastanza normale, però bisognava scendere in campo. Non si poteva non giocare quando qualcuno ha detto che la partita era valida, era anche irrispettoso verso i nostri tifosi.
  • Noi ci siamo sempre pentiti. Non ho mai sentito la coppa dei campioni di Bruxelles come una vittoria, è stata la sconfitta per tutto il mondo del calcio e per tutto il mondo sportivo e non solo sportivo.
  • Non dovevamo andare a festeggiare la vittoria sotto la curva, l'abbiamo fatto e sinceramente in questo momento chiedo scusa. l tifosi ci hanno chiamato e siamo andati. In quel momento sembrava giusto festeggiare ma, anche se noi allora non conoscevamo la portata della tragedia, in questo momento mi sento in dovere di chiedere scusa.

Citazioni non datate

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  • Non so cosa succedesse ai tempi di Sivori, so quello che succede oggi, nella Juve siamo tutti importanti. Non si vince mai uno solo, vince la squadra.[6]

Tutto o niente – La mia storia

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  • In Argentina, i Mondiali [del 1978] dovevano immortalare l'immagine di un popolo felice e ordinato e di un'organizzazione efficiente. Insomma, erano uno spot per la dittatura militare di Jorge Rafael Videla. Da calciatore ho girato il mondo in lungo e in largo, ma avevo poco tempo per comprenderlo davvero. Noi vivevamo in una bolla, in una gabbia dorata ben separata dalla realtà. Io, in quel periodo, pensavo solo al calcio, al Mondiale. Poi, un giorno, mentre andavo all'allenamento, ho incrociato lo sguardo di un uomo con un bambino sulle spalle, forse erano padre e figlio: la folla intorno a loro si sbracciava per salutarci, per avere un autografo. Loro, invece, erano fermi, composti. Non ho mai dimenticato la tristezza di quegli occhi. È stata quella l'unica volta che in Argentina ho percepito il dolore della gente. (cap. Urlare, p. 10)
  • Durante le vacanze scolastiche avevo iniziato a lavorare con i miei fratelli come cameriere nei ristoranti degli alberghi. Ero un disastro, anche se m'impegnavo. [...] I miei primi Mondiali li ho visti a spizzichi e bocconi dal televisore nel retro dell'hotel Duomo. Avevo 16 anni ed era il 1970. La partita Italia-Germania l'ho guardata lì. Tra un'ordinazione e l'altra correvo a vederla. Per essere onesto, quella notte del 17 giugno ho fatto di tutto per lavorare il meno possibile: ero ipnotizzato davanti allo schermo. [...] Che emozione i supplementari! [...] Più che una partita, sembrava di guardare un film. Un susseguirsi di emozioni ingestibile tra un'ordinazione e l'altra! [...] Dopo quell'Italia-Germania 4 a 3, ho avuto la certezza matematica che a me proprio non piaceva fare il cameriere. Volevo giocare a calcio, sentivo che la mia vita doveva essere altrove. (cap. Sognare, pp. 31-32)
  • Nell'estate del 1976 ci furono dei cambiamenti importanti [alla Juventus]. [...] Durante il ritiro a Villar Perosa dovevo discutere il mio contratto con il presidente Boniperti. Non erano trattative, ma incontri di boxe senza esclusione di colpi. E capitava di litigare. Non facevo in tempo a sedermi sulla scrivania che lui mi porgeva il contratto in bianco, privo di cifre, dicendomi: «Firma il contratto, poi metto io la cifra. Non ti preoccupare». [...] Quell'estate, quando mi avvicinai alla scrivania del presidente, vidi una grande cornice ma, lì per lì, non feci caso alla fotografia che conteneva; solo una volta seduto notai che Boniperti non teneva in bella mostra una foto qualsiasi. Era raffigurata la squadra del Perugia, che, battendoci [nell'ultima partita del precedente campionato], aveva consegnato il titolo di campione d'Italia al Torino. Prima ancora che aprissi bocca, lui mi disse: «Cosa fai qua? Hai perso il campionato con questa squadra di sconosciuti. Non avrai mica il coraggio di chiedere un aumento?». Mi venne da ridere, il presidente le escogitava davvero tutte per risparmiare, e come sempre firmai in bianco. (cap. Imparare, pp. 64-65)

Citazioni su Marco Tardelli

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  • Tardelli è più ricordato per l'urlo che per il gioco. Eppure è stato fondamentale per l'Italia e la Juve. Era lui il primo mattone di tutto. Una volta, a Barcellona, nel mitico 1982, siamo finiti tutti e due in prima pagina per una lite chiusasi a un soffio dalla rissa. Meglio così, credo che ne avrei prese. (Mario Sconcerti)
  • Un terremoto, sempre in movimento. Il soprannome Schizzo gliel'ho dato io. (Luciano Spinosi)
  • Uscimmo una sera a cena e dopo 48 ore lui si era trasferito a vivere a Roma. Rimasi frastornata da tanta audacia. Mi confidò che era innamorato di me da 15 anni. Mi disse persino come fossi vestita la prima volta che mi vide e mi confidò che non si era mai fatto avanti perché ero sposata. Lui è un uomo perbene. L'avesse fatto avremmo passato più tempo insieme, questo è il mio grande rimpianto. Anche se forse non era il momento per me. (Myrta Merlino)
  • Ancora non era arrivato un calciatore come Tardelli, sì difensore, ma in grado, con una sparata di scatto, un allungo sull'out oppure centrale, insaccando ossigeno e sparendo ai mortali, schizzando insomma, di stravolgere gli schemi e di andare a vincere una partita.
  • Egli è il giocatore senza ruolo per antonomasia. Diventa quello che la partita suggerisce, s'ispira allo spartito. Se c'è il regista, lui non è regista, ma sa battere all'occorrenza nel modo del regista la palla più utile al compagno. Se c'è il terzino, egli non è terzino, ma sa chiudere e contrare da terzino. E così da mediano di spinta. Lui sa fare tutto nella zona di campo dove sta zompando. E zompa rapace alla sua maniera. Vedetelo quando immagazzina aria e parte bruciando avversari in slalom ubriacanti.
  • Il campo d'azione tipicamente italiano è refrattario alle svagatezze, anche alle dolcezze. Il tipico calciatore italiano moderno, anzi contemporaneo, che non si diverte, tutto nervi, tutto improvvisazione, e scampoli, [...] è [...] Tardelli. E, voglio dire, pratico all'ennesima potenza, elettrico sul piano dinamico, conseguenziale su quello tattico. Non c'era uno come Tardelli e l'Italia non poteva riprendere il suo discorso mondiale. Lo aveva interrotto a quella mezz'ala lussuosa e luminosa di Giuànin Ferrari, a giorni di contropiede luciferino, i giorni di Mumo Orsi, o sfolgorante per atletismo, i giorni di Piola e Colaussi. Ma il calcio nostro non aveva ancora per linee interne giocatori in grado di rinnovarsi nel gioco, duttili in tutte le zone del campo, come i Tardelli.
  • Mediano che sa essere mezzala, incontrista e scattista, un eclettico della fatica e del gioco. Ecco, non era pensabile fino a dieci anni fa che un giocatore uscisse dal ruolo quanto ci è riuscito Tardelli. [...] il [...] giocatore più intrepido nei fatti, la cerniera tattica, il paladino degli slanci più sanguigni, l'uragano di istinti e di volontà primordiali a legare i suoi compagni attorno al suo scatto inviperito, al suo piede aquilino.
  • Nato da un ceppo povero non si è mai assunto atteggiamenti da caporione, ha vissuto la sua parte con orgoglio, ha testimoniato il suo talento più col sacrificio podistico che con la finezza. Anzi, la finezza non sa proprio cosa sia. Egli è un ragazzo toscano poco portato al compromesso e molto virile. Cioè silenzioso e astuto. Piace a Boniperti per queste sue qualità tutte juventine. È uno che si consuma in campo e che non dorme la notte prima di ogni partita.
  • Qual è il ruolo di Tardelli? La domanda è precisa. Non posso scivolare. Tardelli è un difensore di fascia o un mediano di spinta? Tardelli è un propulsore? Rispondo: Tardelli si attaglia al ruolo in cui gioca. Può essere un terzino definitivo o un mediano definitivo, una mezzala da gol o una mezzala da fatica. [...] Il punto è dunque di prendere Tardelli e staccarlo da ogni frase fatta. Egli è il calcio di oggi assolutamente nuovo [...] rispetto al calcio di ieri. [...] un calciatore che non si arrende mai, che scatta e non rifiata, che si dedica con passione alla causa comune, che corre per il compagno, che rischia per il compagno.
  • Questo pratese, ex camerierino, dal fisico smilzo, dalla guancia disossata, dagli occhi smidollati, che non dorme mai, che si rifiuta di parlare da robot, come insegna una certa regola di calcio altolocato da prima pagina, si è arricchito ma conserva una sua linea plebea, è il simbolo dei progressi anche anteriori del calcio italiano. E arrivo a dire, col suo fisico, disossato, egli è il simbolo della Juve bonipertiana per il gusto della lotta e l'asprezza del carattere. Quelli come Tardelli si fanno capire soltanto a chi sa misurare il campione ben oltre lo schermo fallace della partita.
  • Più volte ho pensato che Marco Tardelli incarni la figura e il destino del calciatore. Sorte e malasorte, felicità e infelicità, orgoglio e debolezze, uno dei pochi ideali rimasti a noi umani [...]. Ma io l'ho pensato e lo penso anche in conseguenza del tipo umano che Tardelli rappresenta: toscanino uscito praticamente dall'Hotel Duomo a Pisa, camerierino cioè a trentamila lire al mese che nel tempo libero correva e schizzava in campo così da farsi notare e stupire dapprima.
  • Tardelli non sa giocare che di corsa, accelera, inventa il guizzo, il raptus, il momento medianico.

Note

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  1. Da un'intervista alla vigilia degli Europei, maggio 1980; citato in Marco Tardelli: Schizzo-capolavoro, storiedicalcio.altervista.org.
  2. Citato in Scirea, il ricordo dei suoi ex compagni, juventus.com, 2 settembre 2009.
  3. Citato in Tardelli: «Non riconosco la Coppa dei Campioni vinta all'Heysel», corrieredellosport.it, 8 marzo 2017.
  4. Citato in Luigi Garlando, Inter-Juve, ora si fanno i... Conte, SportWeek nº 40 (957), 5 ottobre 2019, p. 11.
  5. Citato in Agnelli 100, juventus.com, 24 luglio 2023.
  6. Citato in Vladimiro Caminiti, Mai troppo Tardelli, Guerin Sportivo nº 15 (484), 11-17 aprile 1984, pp. 14-16.

Bibliografia

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  • Marco Tardelli e Sara Tardelli, Tutto o niente – La mia storia, Milano, Mondadori, 2016, ISBN 978-88-04-66138-2

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