Marina Ivanovna Cvetaeva

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Marina Ivanovna Svetaeva in una cartolina sovietica del 1992

Marina Ivanovna Cvetaeva (1892 – 1941), poetessa russa.

Citazioni di Marina Ivanovna Cvetaeva[modifica]

  • Cercati meno esigenti amiche, | più tenere in fatto di prodigi. | So che Venere è un fatto di mani, | artigiano, conosco il mio mestiere: || dal silenzio più solenne fino | a sterminare l'anima – tutta la divina scala - da: | mio respiro! a: non respirare! 18 giugno 1922[1]
  • Con leggerezza pensami, | con leggerezza dimenticami.[2]
  • Tutto il mio scrivere è un continuo prestare orecchio.[3]

Deserti luoghi[modifica]

Incipit[modifica]

Ad Anna Antonovna Tesková

Parigi, 7 dicembre 1925

Cara Anna Antonovna,
S.Ja mi scrive che non avete ancora ricevuto nostre notizie. Alja e io vi abbiamo scritto appena arrivate, cioè il giorno dopo, raccontandovi in tutti i particolari il viaggio, i panorami, i sentimenti, i compagni di viaggio, le conversazioni. L'ultima Boemia – una fuggevole Germania – la prima Francia. Tutto.

Citazioni[modifica]

  • Se tu mi prendessi con te, prenderesti les plus déserts lieux. (Da A Rainer Maria Rilke, p. 62)
  • Di grappoli rossi | il sorbo si accese. | Pioggia di foglie: | venivo al mondo. | Cento campane che | litigavano. Era | di sabato, il giorno: | Giovanni Battista. (Da a Jurij Pavlovič Ivask, p. 211)
  • A Bruxelles avevo adocchiato una piccola finestra (tra cespugli di lillà e sambuco, sull'orlo di un burrone, dava su una vecchia chiesa) – dove sarei stata felice. Sola, senza nessuno, senza amici, sola col sambuco appena sbocciato. (Da Ad Anna Antonovna Tesková, p. 279)
  • Tra tutte le mie malattie – | non una – ereditaria. | Così di me si è curata | la madre-patria. || Mi è estranea ogni casa, vuota | ogni chiesa, di nulla m'importa. || Ma se per strada di colpo compare un cespuglio, e soprattutto di sorbo... (Da a Ju.P. Ivask, p. 491)

Il diavolo[modifica]

Incipit[modifica]

Il diavolo viveva nella stanza di mia sorella Valerija, – al piano di sopra, proprio di fronte alla scala – stanza rossa, di raso, moire e damasco, con un'eterna, violenta e obliqua colonna di sole, in cui la polvere volteggiava senza sosta e quasi immobile.[4]

Citazioni[modifica]

  • Io vorrei giacere nel cimitero dei chlysty di Tarusa, sotto il cespuglio di sambuco, in una di quelle tombe con la colomba d'argento, dove crescono le fragole più rosse e più grosse delle nostre parti.
    Ma se ciò è irrealizzabile, se non solo a me non è dato di giacere là, ma addirittura non esiste più quel cimitero, allora vorrei che su uno di quei colli che le Kirillovne attraversavano per venire da noi a Pesočnaja, e noi da loro a Tarusa, ponessero una pietra della cava di Tarusa:
    Qui avrebbe voluto giacere
    MARINA CVETAEVA
    (pp. 48-49)
  • Cari Sereža e Nadja, vi vedo nella primavera del 1903 in un luogo beato: nella genovese Nervi. [...] Eccole entrambe in landò alla bataille de fleurs. Tutti i fiori sono per lei, tutte le palline di carta, con la sabbia (e forse anche il piombo) – per la madre. Un italiano irruente getta: alla bella una rosa, al drago – una porcheria. [...] Nadja ride, sua madre fa finta di niente, ma dopo il primo tragitto lungo la «marina» ordina al cocchiere di tornare indietro – e senza ritorno. [...] Ma un beato giorno la beatitudine finisce. A.A., senza aspettare la fine della cura, col pretesto dell'alto costo della vita [...] porta via i figli dalla marittima Nervi per andare nell'umida Spasskoe degli Ilovajskij. Nadia piange, Van-der-Vlass, e non solo lui, piange [...], nostra madre piange, io ed Asja piangiamo, il beneducato Sereža per rispetto alla madre non piange, però dalla carrozza continua a voltarsi indietro per guardare, a quanto sembrava allora – Nervi, a quanto risultò – la vita. (pp. 120-121)
  • Dove cercarla? A Nervi, naturalmente, dove l'avevo vista per l'ultima volta, sullo sfondo del golfo ligure, sotto la curva di un cappello bianco, che spuntava da una carrozza che voltava l'angolo. Ed ecco, come a comando – sono a Nervi. Dopo aver percorso, con il passo del cuore che martella, tutti i viottoli del nostro giardino sotto un pergolato d'uva, con limoni e mandarini che pendono proprio sulla testa, dopo essere discesa sulla mia omonima «marina» [...], da lì [...] un altro, e niente s'è avverato! (pp. 143-144)

Il paese dell'anima[modifica]

Incipit[modifica]

A Lev L'vovič Kobylinskij (Ellis)

[Tarusa, autunno 1909]

Caro Lev L'vovič!
Oggi sotto il cuscino avevo le Vostre lettere e ho sognato Napoleone e la mamma. È il sogno della mamma che vi voglio raccontare. Ci siamo incontrate in una chiassosa strada di Parigi. Io camminavo con Asja. La mamma era come sempre, come un anno prima della morte: un po' pallida, dolci occhi scuri, sorridente. Ora ricordo così chiaramente il suo viso! Ci siamo messe a parlare. Ero così felice di incontrarla proprio a Parigi, dove è particolarmente triste essere sempre soli. «Oh, mamma,» – le dicevo – «quando guardo i Campi Elisi mi sento così triste, così triste». E con la mano sembrava che mi schermassi gli occhi dal sole, ma in realtà non volevo che Asja vedesse le mie lacrime.

Citazioni[modifica]

  • In generale: io odio i letterati, per me ogni poeta – morto o vivo – è un personaggio della mia vita. Non faccio alcuna differenza tra un libro e una persona, un tramonto, un quadro. – Tutto ciò che amo lo amo di un unico amore. (Da A Vasilij Vasil'evič Rozanov, p. 24)
  • Io posso amare solo la persona che in una giornata di primavera a me preferirà una betulla. (Da A Pëtr Ivanovič Jurkevič, p. 49)
  • Voi, Voi lo sapete, con il Vostro fiuto animale. Fiuto geniale (secondo le mie parole: il «pelo come tale»). Vello – non è solo la bestia, è la pianta: il pino, l'abete, il mio ginepro tanto amato... (Da Ad Abram Grigor'evič Višnjak, p. 117)

Incipit de L'armadio segreto[modifica]

Incomincia come un capitolo del romanzo vangelo di tutte le nostre nonne e mamme – Jane Eyre.[4]

Citazioni su Marina Ivanovna Cvetaeva[modifica]

  • Marina è una creatura di passioni [...] Chi sia la causa scatenante dell'uragano non importa [...] Non importa la sostanza, non la fonte, ma il ritmo, il ritmo indemoniato. Oggi disperazione, domani entusiasmo, amore, nuovo gettarsi anima e corpo, e il giorno dopo, di nuovo, disperazione. E tutto questo in presenza di un'intelligenza acuta, fredda (starei per dire cinicamente voltairiana). Le cause scatenanti di ieri oggi vengono derise in modo spiritoso e crudele. [...] Come una grandissima stufa che, per funzionare, ha bisogno di legna, legna, legna [...] e la qualità della legna non è molto importante. Finché il tiraggio è buono, tutto si trasforma in fiamma. (Sergej Efron)
  • Una volta, in Francia, in casa di amici, Marina Cvetaeva conversò per ore intere con una simpatica signora di cui, alla fine della giornata, lodò le sottilissime capacità di comprensione. Quella signora era finlandese e conosceva soltanto poche parole di russo. Marina Cvetaeva aveva per tutto il tempo parlato con sé, per sé – e, bisogna presumere, di sé. (Serena Vitale)

Note[modifica]

  1. Citato in cristinacampo.it.
  2. Da Cammini, a me somigliante, in Poesie, a cura di P. A. Zveteremich, Feltrinelli.
  3. Da Un poeta a proposito della critica, in Il poeta e il tempo, a cura di Serena Vitale, Adelphi, 1984³.
  4. a b Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Marina Ivanovna Cvetaeva, Deserti luoghi Lettere 1925-1941, a cura di Serena Vitale, Adelphi, Milano, 1989. ISBN 88-459-0722-8
  • Marina Ivanovna Cvetaeva, Il diavolo, traduzione di Luciana Montagnani, Editori Riuniti, Roma, 1981.
  • Marina Ivanovna Cvetaeva, Il paese dell'anima Lettere 1909-1925, A cura di Serena Vitale, Adelphi, Milano, 1988. ISBN 88-459-0311-7

Voci correlate[modifica]

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