Paolo Mereghetti

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Paolo Mereghetti (1949 – vivente), critico cinematografico e giornalista italiano.

Citazioni di Paolo Mereghetti[modifica]

  • Dopo l'urgenza politica di Private, Saverio Costanzo sorprende tutti con un film "fuori dal mondo", In memoria di me, tutto chiuso nel seminario dove Andrea (Christo Jivkov) si rifugia in cerca di quelle certezze che la vita non ha saputo dargli e che spera di trovare nei voti e nella regola religiosa. Rarefatto e misterioso come i silenziosi ambienti del convento sull'isola di San Giorgio, a Venezia, dove è stato girato, il film mette in scena i grandi interrogativi della religione cristiana attraverso lo scontro di alcuni personaggi simbolo. [...] A Costanzo non interessa dare risposte univoche o risolvere dibattiti teologici, piuttosto vuole fare emergere il nodo, a volte doloroso, che si nasconde dietro quelle posizioni e che spinge i vari personaggi a scelte di vita diverse, se non opposte. Autore anche della sceneggiatura, che scarnifica il romanzo Lacrime impure di Furio Monicelli, Costanzo usa i silenzi, le architetture, gli sguardi, le regole di vita per rendere palpabile la tensione che ogni novizio porta dentro di sé, più preoccupato di farci condividere un'atmosfera che non di parteggiare per questo o per quello. Dimostrando così di aver raggiunto una maturità espressiva e una padronanza narrativa di prim'ordine.[1]
  • Era una regista goloso. Di film, di cibo, di vita. Perché la carriera di Bertrand Tavernier [...] non si può ridurre al «solito» elenco di film e di premi. Si rischierebbe di perdere la sua parte più autentica anche se meno conosciuta: avevamo imparato ad apprezzarlo per la sua cultura onnivora, il suo impegno (per l'Algeria, i sans papier, le periferie, contro il Front National), il suo impegno pedagogico (difficile definire altrimenti la passione e l'entusiasmo del suo lavoro di divulgatore), la sua militanza cinefila (l'ultimo impegno, quello di presidente dell'Institut Lumière).[2]
  • [Su Il sacrificio del cervo sacro] [...] l'asettica vita di un chirurgo (Colin Farrell), con moglie medico (Nicole Kidman) e due ragazzi viene spinta verso la tragedia dal figlio di un suo paziente morto sul tavolo operatorio. Vendetta? Maledizione? Riflessione morale? Pasticcio ricattatorio? Direi decisamente l'ultima ipotesi, con il «solito» presente distopico che vorrebbe raccontare l'inumanità dilagante e l'altrettanto inevitabile ricaduta nella violenza. Con un solo rimpianto: le pratiche erotiche tra moglie e marito, visto che le «invenzioni» della Kidman facevano sperare ben altre evoluzioni.[3]
  • [Su First Reformed] Schrader mette molta carne al fuoco, compresa una tirata contro la politica (trumpista?) che oltraggia la Natura, ma la sensazione è soprattutto quella di una rimasticatura di temi alla base della sua sceneggiatura di Taxi Driver (il peso della colpa, la violenza come sacrificio radicale), senza una vera necessità e senza una forma altrettanto forte.[4]
  • Tavernier non aveva uno stile riconoscibile e ricorrente, si adattava alle storie che sceglieva di filmare, in questo dimostrandosi un vero allievo di quel cinema americano classico cui aveva dedicato tanta passione, dai tempi della sua attività di ufficio stampa. di critico cinematografico (fu tra i pochi a scrivere su Positif e sui Cahiers du Cinéma, tra cui non correva certo buon sangue) e di altissimo divulgatore [...].[2]
  • [Su Bella addormentata] Tutte storie che parlano del rapporto tra la vita e la morte e le rimandano allo spettatore con un particolare punto di vista. Pur nella differenza delle rese (Servillo senatore è perfetto e il suo duetto con Herlitzka da antologia), l'idea vincente di Bellocchio e dei suoi sceneggiatori Stefano Rulli e Veronica Raimo mi è sembrata quella di sbriciolare le contrapposizioni ideologiche per mettere in ognuno dei personaggi un po' di quelle «ragioni» e di quei «torti».[5]
  • [Su Bertrand Tavernier] Una modernità che per lui passava attraverso i generi – diresse gialli, storici, polizieschi, di guerra, fantascientifici, musicali, psicologici, drammatici, anche cappa e spada.[2]

Note[modifica]

  1. Da Corriere della Sera, 12 febbraio 2007; citato in In memoria di me, cinematografo.it.
  2. a b c Da Addio a Tavernier, spirito libero: regista eclettico tra gialli e impegno, Corriere della Sera, 26 marzo 2021.
  3. Da Corriere della Sera, 23 maggio 2017; citato in Il sacrificio del cervo sacro, cinematografo.it.
  4. Da Corriere della Sera, 1º settembre 2017; citato in First Reformed, cinematografo.it.
  5. Da Tanta voglia di sorprendere (e graffi ai politici obbedienti), corriere.it, 6 settembre 2012.

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