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Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Frontespizio dell'edizione Starita pubblicata a Napoli nel 1835

Voce principale: Giacomo Leopardi.

Le Operette morali sono una raccolta di ventiquattro componimenti in prosa, scritte tra il 1824 ed il 1832 dal poeta e letterato Giacomo Leopardi.

Storia del genere umano

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  • S'ingannano a ogni modo coloro i quali stimano essere nata primieramente l'infelicità umana dall'iniquità e dalle cose commesse contro agli Dei; ma per lo contrario non d'altronde ebbe principio la malvagità degli uomini che dalle loro calamità.
  • Protesta l'autore che in questa favola, e nelle altre che seguono, non ha fatto alcuna allusione alla storia mosaica, né alla storia evangelica, né a veruna delle tradizioni e dottrine del Cristianesimo.

Dialogo d'Ercole e di Atlante

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  • Crederò che oggi tutti gli uomini sieno giusti perché il mondo è caduto e niuno s'è mosso.

Dialogo della Moda e della Morte

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  • La vita, così per rispetto del corpo come dell'animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire che sia il secolo della morte.
  • Moda: Io sono la Moda, tua sorella.
    Morte: Mia sorella?
    Moda: Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?

Proposta di premi fatta dall'Accademia dei Sillografi

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  • [...] disperando la miglior parte dei filosofi di potersi mai curare i difetti del genere umano, i quali, come si crede, sono assai maggiori e in più numero che le virtù; e tenendosi per certo che sia piuttosto possibile di rifarlo del tutto in una nuova stampa, o di sostituire in suo luogo un altro, che di emendarlo; perciò l’Accademia dei Sillografi reputa essere espedientissimo che gli uomini si rimuovano dai negozi della vita il più che si possa, e che a poco a poco dieno luogo, sottentrando le macchine in loro scambio.

Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo

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  • Sulla fine degli uomini:

Gnomo: Ma come sono andati a mancare quei monelli?
Folletto:Parte guerreggiando tra loro, parte navigando, parte mangiandosi l’un l’altro, parte ammazzandosi non pochi di propria mano, parte infracidando nell’ozio, parte stillandosi il cervello sui libri, parte gozzovigliando, e disordinando in mille cose; in fine studiando tutte le vie di far contro la propria natura e di capitar male.

Dialogo di Malambruno e di Farfarello

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  • Dunque, amandoti necessariamente del maggiore amore che tu sei capace, necessariamente desideri il più che puoi la felicità propria; e non potendo mai di gran lunga essere soddisfatto di questo tuo desiderio, che è sommo, resta che tu non possi fuggire per nessun verso di non essere infelice.

Dialogo della Natura e di un'Anima

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  • Va, figliuola mia prediletta, [...] Vivi, e sii grande e infelice.
  • Figliuola mia; tutte le anime degli uomini, come io ti diceva, sono assegnate in preda all'infelicità, senza mia colpa. Ma nell'universale miseria della condizione umana, e nell'infinita vanità di ogni suo diletto e vantaggio, la gloria è giudicata dalla miglior parte degli uomini il maggior bene che sia concesso ai mortali, e il più degno oggetto che questi possano proporre alle cure e alle azioni loro. Onde, non per odio, ma per vera e speciale benevolenza che ti avea posta, io deliberai di prestarti al conseguimento di questo fine tutti i sussidi che erano in mio potere.
  • Tutti gli uomini per necessità nascono e vivono infelici.

Dialogo della Terra e della Luna

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  • Perdona, monna Terra, [...]. Ma in vero che tu mi riesci peggio che vanerella a pensare che tutte le cose di qualunque parte del mondo sieno conformi alle tue; come se la natura non avesse avuto altra intenzione che di copiarti puntualmente da per tutto.
  • [...] il male è cosa comune a tutti i pianeti dell'universo.

La scommessa di Prometeo

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  • Prometeo: Ma, dimmi, non aveva nessun amico o parente, a cui potesse raccomandare questi fanciullini, in cambio d’ammazzarli?
    Famiglio: Sì aveva; e tra gli altri, uno che gli era molto intrinseco, al quale ha raccomandato il suo cane.

Dialogo di un fisico e di un metafisico

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  • se tu vuoi, prolungando la vita, giovare agli uomini veramente; trova un'arte per la quale sieno moltiplicate di numero e di gagliardia le sensazioni e le azioni loro. Nel qual modo, accrescerai propriamente la vita umana, ed empiendo quegli smisurati intervalli di tempo, nei quali il nostro essere è piuttosto durare che vivere, ti potrai dar vanto di prolungarla.

Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare

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  • Sappi che dal vero al sognato, non corre altra differenza, se non che questo può qualche volta essere molto più bello e più dolce, che quello non può mai
  • [...] l'uomo,[...] chiarito e disamorato delle cose umane per l'esperienza; a poco a poco assuefacendosi di nuovo a mirarle da lungi, donde elle paiono molto più belle e più degne che da vicino, si dimentica della loro vanità e miseria; torna a formarsi e quasi crearsi il mondo a suo modo; [...] e desiderare la vita; delle cui speranze, [...], si va nutrendo e dilettando, come egli soleva à suoi primi anni. [...] e rimette in opera l'immaginazione, [...]

Dialogo della Natura e di un Islandese

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(Dialogo della Natura e di un Islandese)

  • [...] tu [Natura] sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c'insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti; e che, per costume e per instituto, sei carnefice della tua propria famiglia, de' tuoi figliuoli e, per dir così, del tuo sangue e delle tue viscere.
  • [...] la vita di quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo; il quale sempre che cessasse o l'una o l'altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione.
  • Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che [...] ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo [...] io non me n'avveggo, [...]; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E [...] se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.
  • [...] a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell'universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?
  • [...] è fama che sopraggiungessero due leoni, così rifiniti e maceri dall'inedia, che appena ebbero forza di mangiarsi quell'Islandese.

Il Parini, ovvero Della Gloria

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  • Giuseppe Parini fu alla nostra memoria uno dei pochissimi Italiani che all'eccellenza nelle lettere congiunsero la profondità dei pensieri, e molta notizia ed uso della filosofia presente: cose oramai sì necessarie alle lettere amene, che non si comprenderebbe come queste se ne potessero scompagnare, se di ciò non si vedessero in Italia infiniti esempi. Fu eziandio, come è noto, di singolare innocenza, pietà verso gl'infelici e verso la patria, fede verso gli amici, nobiltà d'animo, e costanza contro le avversità della natura e della fortuna, che travagliarono tutta la sua vita misera ed umile, finché la morte lo trasse dall'oscurità. Ebbe parecchi discepoli: ai quali insegnava prima a conoscere gli uomini e le cose loro, e quindi a dilettarli coll'eloquenza e colla poesia. (cap. I)
  • [...] niuna verità nuova [...] fu mai potuta [...] introdurre e stabilire nel mondo subitamente; ma solo in corso di tempo, mediante la consuetudine e l'esempio: assuefacendosi gli uomini al credere come ad ogni altra cosa; anzi credendo generalmente per assuefazione, non per certezza di prove concepita nell'animo. (cap. VIII)
  • Non potendo godere [...] alcun beneficio della tua gloria, la maggiore utilità che ne ritrarrai, sarà di rivolgerla nell'animo e di compiacertene teco stesso nel silenzio della tua solitudine, [...] e fartene fondamento a nuove speranze. [...] La gloria degli scrittori, [...]riesce più grata da lungi che da vicino, ma non è mai, si può dire, presente a chi la possiede [...]. (cap. X)
  • Quelli che sono desiderosi di gloria, ottenutala pure in vita, si pascono principalmente di quella che sperano possedere dopo la morte, nel modo stesso che niuno è così felice oggi, che disprezzando la vana felicità presente, non si conforti col pensiero di quella parimente vana, che egli si promette nell'avvenire. (cap. X)
  • Qualsivoglia consuetudine, quantunque corrotta e pessima, difficilmente si discerne dalla natura. (cap. XI)

Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie

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  • [...] spessissime volte la stessa languidezza è piacere; massime quando vi libera da patimento; poiché ben sai che la cessazione di qualunque dolore o disagio, è piacere per sé medesima, sicché il languore della morte debbe esser più grato secondo che libera l'uomo da maggior patimento.

Detti memorabili di Filippo Ottonieri

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Per approfondire, leggi il testo Detti memorabili di Filippo Ottonieri.
  • È grande stoltezza confessare che il nostro corpo è soggetto alle cose che non sono in facoltà nostra, e contuttociò negare che l'animo, il quale dipende dal corpo quasi in tutto, soggiaccia necessariamente a cosa alcuna fuori che a noi medesimi. E conchiudeva, che l'uomo tutto intero, e sempre, e irrepugnabilmente, è in potestà della fortuna. (cap. II)
  • [...]essendo (gli uomini) sempre infelici, che meraviglia è che non sieno mai contenti? (cap. II)
  • Dimandato a che nascano gli uomini, rispose per ischerzo: a conoscere quanto sia più spediente il non esser nato. (cap. II)
  • Una grandissima parte delle azioni e dei portamenti degli uomini che si attribuiscono a qualche pessima qualità morale, non sieno veramente altro che inconsiderati. (cap. III)
  • Le persone assuefatte a comunicare di continuo cogli altri i propri pensieri e sentimenti, esclamano, anco essendo sole, se una mosca le morde, o che si versi loro un vaso, o fugga loro di mano. (cap. IV)
  • Oggi non è cosa alcuna che faccia vergogna appresso agli uomini usati e sperimentati nel mondo, salvo che il vergognarsi; né di cosa alcuna questi sì fatti uomini si vergognano, fuorché di questa, se a caso qualche volta v'incorrono. (cap. V)
  • [...] le più delle cose delle quali si ride ordinariamente, sono tutt'altro che ridicole in effetto; e di moltissime si ride per questa cagione stessa, che elle non sono degne di riso o in parte alcuna o tanto che basti. (cap. V)
  • Certamente il vero non è bello. Nondimeno anche il vero può spesse volte porgere qualche diletto: e se nelle cose umane il bello è da preporre al vero, questo, dove manchi il bello, è da preferire ad ogni altra cosa. (cap. V)

Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez

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Per approfondire, leggi il testo Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez.
  • Scrivono gli antichi, [...] che gli amanti infelici, gittandosi dal sasso di Santa Maura (che allora si diceva di Leucade[95]) giù nella marina, e scampandone; restavano, per grazia di Apollo, liberi dalla passione amorosa. Io [...] so bene che, usciti di quel pericolo, avranno per un poco di tempo, [...] avuta cara la vita che prima avevano in odio; o pure avuta più cara e più pregiata che innanzi. Ciascuna navigazione e, per giudizio mio, quasi un salto dalla rupe di Leucade [...]

Elogio degli uccelli

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Per approfondire, leggi il testo Elogio degli uccelli.
  • [Gli uccelli] sentono giocondità e letizia più che alcuno altro animale. Si veggono gli altri animali comunemente seri e gravi; e molti di loro anche paiono malinconici: rade volte fanno segni di gioia, e questi piccoli e brevi; nella più parte dei loro godimenti e diletti, non fanno festa, né significazione alcuna di allegrezza; delle campagne verdi, delle vedute aperte e leggiadre, dei soli splendidi, delle arie cristalline e dolci, se anco sono dilettati, non ne sogliono dare indizio di fuori: eccetto che delle lepri si dice che la notte, ai tempi della luna, e massime della luna piena, saltano e giuocano insieme, compiacendosi di quel chiaro [...]. (Elogio degli uccelli)
  • Una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente. In modo che la vista di ogni paese abitato da qualunque generazione di uomini civili, eziandio non considerando le città, e gli altri luoghi dove gli uomini si riducono a stare insieme; è cosa artificiata, e diversa molto da quella che sarebbe in natura. (Elogio degli uccelli)

Cantico del gallo silvestre

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Per approfondire, leggi il testo Cantico del gallo silvestre.
  • Mortali, destatevi. Non siete ancora liberi dalla vita.
  • Certo l'ultima causa dell'essere non è la felicità; perocché niuna cosa è felice. (Cantico del gallo silvestre)

Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco

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Per approfondire, leggi il testo Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco.
  • Le cose materiali, siccome elle periscono tutte ed hanno fine, così tutte ebbero incominciamento.

Dialogo di Timandro e di Eleandro

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Per approfondire, leggi il testo Dialogo di Timandro e di Eleandro.
  • Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso. Non dovete pensare che io non compatisca all'infelicità umana. Ma non potendovi riparare con nessuna forza, nessuna arte, nessuna industria, nessun patto; stimo assai più degno dell'uomo, e di una disperazione magnanima, il ridere dei mali comuni; che il mettermene a sospirare, lagrimare e stridere insieme cogli altri [...]. [...] io desidero quanto voi, e quanto qualunque altro, il bene della mia specie in universale; ma non lo spero in nessun modo. (Dialogo di Timandro e di Eleandro)

Il Copernico

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Per approfondire, leggi il testo Il Copernico.
  • Che importa cotesto a me? che, sono io la balia del genere umano? [...] e che mi debbo io curare [...] di creature invisibili, lontani da me i milioni delle miglia, [...] che non possono reggere al freddo, senza la luce mia? E poi, se debbo servir da stufa, [...] è ragionevole che, volendo la famiglia umana scaldarsi, [...] venga esse intorno al focolare, e non che il focolare vada dintorno alla casa.
  • Sono deliberato di lasciare le fatiche e i disagi agli altri.
  • La Terra si è creduta sempre di essere imperatrice del mondo [...] l'uomo [...] se ben fosse un vestito di cenci e che non avesse un cantuccio di pan duro da rodere, si è tenuto per certo di essere uno [...] imperatore dell'universo; un imperatore del sole, dei pianeti, di tutte le stelle visibili e non visibili; e causa finale delle stelle, dei pianeti, di vostra signoria illustrissima, e di tutte le cose.

Dialogo di Plotino e di Porfirio

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Per approfondire, leggi il testo Dialogo di Plotino e di Porfirio.

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere

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Per approfondire, leggi il testo Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere.

Passeggere: Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore:Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

Dialogo di Tristano e di un amico

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Per approfondire, leggi il testo Dialogo di Tristano e di un amico.
  • Le cognizioni non sono come le ricchezze, che si dividono e si adunano, e sempre fanno la stessa somma. Dove tutti sanno poco, e' si sa poco; perché la scienza va dietro alla scienza, e non si sparpaglia.
  • Se mi fosse proposta da un lato la fortuna e la fama di Cesare o di Alessandro netta da ogni macchia, dall'altro di morir oggi, e che dovessi scegliere, io direi, morir oggi, e non vorrei tempo a risolvermi.
  • La vita è felice, anzi felicissima. Ora ho cambiata opinione. Ma quando scrissi cotesto libro, [...], tutt’altro mi sarei aspettato, fuorché sentirmi volgere in dubbio le osservazioni ch’io faceva [...], parendomi che la coscienza d’ogni lettore dovesse rendere prontissima testimonianza a ciascuna di esse. [...] anzi mi credetti che le mie voci lamentevoli, per essere i mali comuni, sarebbero ripetute in cuore da ognuno che le ascoltasse. E sentendo poi negarmi [...] il tutto, e dire che la vita non è infelice, e che se a me pareva tale, doveva essere effetto d’infermità, o d’altra miseria mia particolare, da prima rimasi attonito, sbalordito, [...] e per più giorni credetti di trovarmi in un altro mondo; poi, tornato in me stesso, mi sdegnai un poco; poi risi, e dissi: [...] Gli uomini universalmente, volendo vivere, conviene che credano la vita bella e pregevole; e tale la credono; e si adirano contro chi pensa altrimenti. Perché in sostanza il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo. [...]Io per me, [...] rido del genere umano innamorato della vita; e giudico assai poco virile il voler lasciarsi ingannare e deludere come sciocchi, ed oltre ai mali che si soffrono, essere quasi lo scherno della natura e del destino. [...] Se questi miei sentimenti nascano da malattia, non so: so che, malato o sano, calpesto la vigliaccheria degli uomini, rifiuto ogni consolazione e ogn’inganno puerile, ed ho il coraggio di sostenere la privazione di ogni speranza, mirare intrepidamente il deserto della vita, non dissimularmi nessuna parte dell'infelicità umana, ed accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa, ma vera.
  • Troppo sono maturo alla morte, troppo mi pare assurdo e incredibile di dovere [...] durare ancora quaranta o cinquant’anni, quanti mi sono minacciati dalla natura. Al solo pensiero di questa cosa io rabbrividisco. [...] Oggi non invidio più né stolti né savi, né grandi né piccoli, né deboli né potenti. Invidio i morti, e solamente con loro mi cambierei.
Appendice alle Operette morali
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Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati

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Per approfondire, leggi il testo Storia del genere umano.
  • La filosofia non è altro che la scienza della viltà d'animo e di corpo, del badare a se stesso, procacciare i propri comodi in qualunque maniera, non curarsi degli altri, e burlarsi della virtù e di altre tali larve e immaginazione degli uomini. La natura è gagliarda magnanima focosa, inquieta come un ragazzaccio; ma la ragione è pigra come una tartaruga, e codarda come una lepre.

Citazioni sulle Operette morali

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  • La lingua e lo stile delle quali, pur moderni e impeccabili in quanto a purezza, risentono ancora del lavoro di lucerna, di un certo gusto classico un po' freddo ed arcaico, non sufficientemente sconvolto e trasfigurato dal sentimento poetico. Nei Canti c'è il poeta, qui, nella maggior parte dei casi, il letterato. (Luigi Russo)

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