Erodoto

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Erodoto

Erodoto (484 a.C. circa – 425 a.C. circa), storico greco.

Citazioni di Erodoto[modifica]

  • [Sull'eclissi solare del 28 maggio 585 a.C.] ... di giorno si fece notte. Questa mutazione di giorno... Talete di Mileto l'aveva predetta... (citato in AA.VV., Il libro della scienza, traduzione di Martina Dominici e Olga Amagliani, Gribaudo, 2018, p. 20. ISBN 9788858015001)

Storie[modifica]

Incipit[modifica]

Fruttero & Lucentini[modifica]

Questa è l'esposizione dell'indagine (historia) che Erodoto di Alicarnasso condusse affinché gli eventi passati non cadano col tempo in dimenticanza tra gli uomini, né manchi fama alle grandi e meravigliose imprese sia dei Greci che dei Barbari, né s'ignori per quali ragioni essi guerreggiarono gli uni contro gli altri.
[Erodoto, Le Storie, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Augusta Izzo D'Accinni[modifica]

Questa è l'esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso perché le imprese degli uomini col tempo non siano dimenticate, né le gesta grandi e meravigliose così dei Greci come dei Barbari rimangano senza gloria, e inoltre per mostrare per qual motivo vennero a guerra fra loro.
[Erodoto, Storie, traduzione di Augusta Izzo D'Accinni, RCS Rizzoli, 2008]

Augusta Mattioli[modifica]

Erodoto di Alicarnasso espone qui il risultato delle ricerche da lui condotte, a fine che il ricordo di tanti avvenimenti umani non sia cancellato dal tempo, non rimangano oscure le grandi e mirabili imprese dei Greci e dei Barbari e si conoscano inoltre le cause per cui questi vennero a guerra fra loro.
[Erodoto, Storie, traduzione di Augusta Mattioli, Rizzoli, 1958]

Citazioni[modifica]

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  • Questa è l'esposizione dell'indagine di Erodoto di Alicarnasso, affinché le imprese degli uomini non siano cancellate con il tempo, né le gesta grandi e famose compiute sia dai greci che dai barbari rimangano senza gloria; inoltre, per chiarire la causa per cui guerreggiarono tra loro [...] (prologo)
  • La felicità umana non sta mai ferma in uno stesso luogo. (I, 5, 4)
  • Gli uomini si fidano delle orecchie meno che degli occhi. (I, 8)
  • Una donna, quando la si spoglia della tunica, la si spoglia anche del pudore. (I, 8, 3; 2013)
  • Giunto sul fiume Halys, Creso proseguì. Secondo me, fece passare l'esercito sui ponti lì esistenti, mentre secondo la voce corrente fra gli Elleni sarebbe stato Talete di Mileto a farlo passare. Si dice che Creso fosse molto imbarazzato per il passaggio dell'esercito oltre il fiume, perché allora non vi sarebbero stati ponti. Talete, che si trovava nell'accampamento, avrebbe fatto in modo che il fiume, che scorreva alla sinistra dell'esercito, scorresse anche alla sua destra, ricorrendo a un espediente. Da un punto a nord del campo avrebbe fatto scavare un profondo canale a semicerchio, in modo che il fiume, deviato in parte dall'antico letto, raggiungesse alle spalle le truppe accampate e poi, oltrepassato il campo, sfociasse nel corso antico, cosicché, diviso, il fiume, avrebbe avuto due bracci entrambi guadabili. (I, 75)
  • Lavoravano in squadre da centomila uomini, ogni squadra per tre mesi. Per dieci anni il popolo fu afflitto dalla costruzione della rampa lungo la quale dovevano essere trainate le pietre, la costruzione della quale, fu a mio giudizio, soltanto di poco inferiore a quella della piramide stessa. (II, 124)
  • Quando Sanacharib, re degli Arabi e degli Assiri, condusse il suo vasto esercito in Egitto, i guerrieri del faraone Sethos si rifiutarono di combattere. Allora il re, colto da profonda disperazione, entrò nel santuario, e, dinanzi all'immagine del dio, pianse per la sua sorte. Sfinito dalle lacrime si addormentò, e sognò il suo dio di fronte a lui, mentre lo benediceva, dicendogli di andare senza paura a scontrarsi con i suoi nemici Arabi, poiché lui stesso avrebbe inviato chi lo avrebbe aiutato. Sethos allora, risvegliatosi dal sonno, raccolse gli Egiziani che gli erano rimasti fedeli, fra i quali non v'erano guerrieri, ma mercanti, artigiani e gente del mercato; e con essi marciò verso Pelusium, che controlla l'ingresso in Egitto e lì si accampò. Quando i due eserciti furono uno di fronte all'altro, giunse la notte, e una moltitudine di topi divorarono tutte le frecce e le corde degli archi del nemico, e rosicchiarono le cinghie con le quali sorreggevano i loro scudi. Il giorno successivo iniziò la battaglia ed i nemici caddero a migliaia, poiché non avevano gli archi per combattere né scudi per proteggersi. Da allora venne eretta una statua di Sethos nel tempio del dio Vulcano, con un topo nella mano, ed una iscrizione che recita: Guardami, e impara il rispetto per gli dei. (II, 141)
  • Se un uomo vuole occuparsi incessantemente di cose serie e non abbandonarsi ogni tanto allo scherzo, senza accorgersene, diventa pazzo o idiota. (II, 173)
  • Se uno proponesse a tutti gli uomini di scegliere, tra tutti i costumi esistenti, i migliori, ciascuno, dopo averci ben pensato, sceglierebbe i propri: a tal punto ciascuno ritiene di gran lunga migliori propri. Perciò solo un pazzo può mettere in ridicolo queste cose. Che questo sia l'atteggiamento di tutti uomini per quanto riguarda i costumi lo si può congetturare da molti indizi: in particolare da questo che ora dirò. Dario al tempo del suo regno mandò a chiamare greci che erano alla sua corte e chiese loro a che prezzo avrebbero accettato di mangiare i loro avi defunti: e quelli risposero che non lo avrebbero fatto a nessun prezzo. Dopodiché Dario chiamò alcuni indiani appartenenti alla popolazione dei Callatii, che hanno l'abitudine di mangiare I genitori defunti, e chiese loro a quale prezzo avrebbe accettato di bruciare i loro genitori defunti; quelli si misero ad urlare ingiungendogli di non bestemmiare. Tale è la forza del nomos in un ambito come questo, e a ragione, secondo me, Pindaro disse che il nomos è il sommo sovrano.[1] (III, 38)
  • Il potere assoluto è una ricchezza malcerta, che possiede molti amanti (III, 53)
  • Spergiura pure, ché la morte attende anche l'uomo che si attiene ai giuramenti. (VI 86 gamma 2, detto dalla Pizia)
  • Riferisco ciò che mi è stato riferito. (VII, 152, 3)
Relata refero.
  • Al tempo della tirannide di Ippocrate, Gelone, discendente del sacerdote Teline, era doriforo di Ippocrate assieme a molti altri, tra i quali Enesidemo, figlio di Pateco. In breve tempo per il suo valore fu nominato comandante di tutta la cavalleria; infatti quando Ippocrate assediò Gallipoli, Nasso, Zancle, Lentini, nonché Siracusa e varie città barbare, Gelone in queste guerre si distinse in modo particolare. (VII, 154)
  • [Gelone in risposta ad una richiesta di aiuto da parte di spartani e ateniesi contro i persiani] Uomini di Grecia, con parole arroganti avete osato invitarmi ad allearmi con voi contro il barbaro. Ma voi, quando tempo fa vi pregavo di unirvi all'assalto contro il barbaro, quando intraprendevo la guerra contro i Cartaginesi, quando vi scongiuravo di venire a vendicare la morte di Dorieo, figlio di Anassandrida, avvenuta per mano degli Egestani, quando vi proponevo di aiutarmi a liberare gli scali commerciali [emporia] dai quali avete ricavato grandi utili e vantaggi, allora voi non veniste a portarmi aiuto né per riguardo a me né per vendicare la morte di Dorieo e, per parte vostra, sarebbe tutto oggi in mano dei barbari. (VII, 158)
  • [Prima della battaglia delle Termopili] Avendo saputo da un tale di Trachis che, non appena i Barbari avessero cominciato a scagliare i loro dardi, per la moltitudine delle frecce avrebbero oscurato il sole (tanto grande era il loro numero), egli, per nulla sbigottito da questa notizia e non facendo alcun conto del numero dei nemici, avrebbe dichiarato che quell'ospite di Trachis riferiva delle notizie che erano del tutto favorevoli per i Greci, dal momento che, se i Medi oscuravano il sole, la battaglia contro di loro si sarebbe svolta all'ombra e non sotto i raggi del sole[2]. (VII, 226, traduzione di L. Annibaletto, 1982)
  • Questa è la più amara sofferenza per un uomo: avere molta conoscenza ma nessun potere. (IX, 16)
  • La fretta genera l'errore in ogni cosa.  Se sai qual è la fonte di questa citazione, inseriscila, grazie. citazione necessaria
  • È da quando l'uguaglianza è stata violata che gli uomini hanno dovuto inventare la geometria. (Il teorema del pappagallo – Denis Guedj)
  • [In risposta a Gelone tiranno di Siracusa] Quando tu hai chiesto il comando di tutte le forze sia marittime che di terra, noi abbiamo taciuto: sapevamo che lo spartano era in grado di risponderti sia per sé che per noi. Ma ora che, vistoti negare il comando supremo, chiedi di poter comandare la flotta, eccoti la risposta: neanche se lo spartano te ne concedesse il comando noi lo consentiremmo. Giacché esso ci spetta nel caso che gli spartani non vogliano esercitarlo. Agli spartani, se lo vogliono, noi non lo disputeremo: ma nessun altro consentiremo di comandare la flotta. Invano avremo costruito la maggiore flotta se dovessimo poi cederne il comando, noi, ateniesi, a dei siracusani: noi che siamo il popolo più antico, il popolo che non ha mai mutato sede, e di cui l'epico Omero ha detto che mandò a Troia l'uomo più bravo nel disporre e disciplinare un esercito.[3] (VII, 161)
  • Si racconta infatti che Minosse, giunto in Sicania (oggi detta Sicilia) alla ricerca di Dedalo, vi perì di morte violenta. Tempo dopo i Cretesi, indotti da un dio, tutti tranne quelli di Policne e di Preso, arrivarono in Sicania con una grande flotta e strinsero d'assedio per cinque anni la città di Camico (ai tempi miei abitata dagli Agrigentini). Infine, non potendo né conquistarla né rimanere lì, oppressi com'erano dalla carestia, abbandonarono l'impresa e se ne andarono. Quando durante la navigazione giunsero sulle coste della Iapigia, una violenta tempesta li spinse contro terra: le imbarcazioni si fracassarono e giacché non vedevano più modo di fare ritorno a Creta, fondarono sul posto una città, Iria, e vi si stabilirono cambiando nome e costumi: da Cretesi divennero Iapigi Messapi e da isolani continentali. (VII, 170)[4]

Citazioni su Erodoto[modifica]

  • Era Storia quella di Erodoto, ma gli antichi ebbero ragione di qualificarla col nome di omerica. Non sono distrutti i vestigi dell'età eroica, ma piuttosto modificate le condizioni e fatte più prosastiche. Il fatto, lo storico, l'uditore, la Grecia intera riattaccavasi al mondo omerico ed era ancora giovane, spontanea, artistica. Onde le Storie di Erodoto furono immagine del tempo, e presero forma rispondente al contenuto. Voi in esse vedete gli avvenimenti svolgervisi dinanzi a guisa di rappresentazione epopeica: scorgete lo storico tutto versato di fuori, tanto che quasi direi che il suo spirito è fatto plastico: voi l'ascoltate mentre e' narra con una semplicità popolare, con una ingenuità ed un candore giovanile; ma di rado, assai di rado dite a voi medesimi: guarda come lo scrittore legge addentro e scruta nei penetrali degli uomini e delle cose. (Nicola Marselli)
  • Erodoto ebbe fin dall'inizio accoglienze molto contrastanti. Padre della storia, padre della menzogna: questa accusa non cessò mai nell'antichità, e anche oggi spesso si fa malamente torto a Erodoto, definendolo un semplice narratore di favole con uno stile affascinante e un'illimitata credulità. (Moses Israel Finley)
  • Erodoto scrisse storia che è letteratura. (Ezra Pound)
  • Il buon Erodoto, privo di ritratti e di massime, ma scorrevole, ingenuo, ricco di particolari capaci d'interessare e di piacere, sarebbe forse il migliore degli storici, se questi stessi particolari non degenerassero spesso in forme di puerile semplicità, più adatte a rovinare che a formare il gusto dei giovani: è già necessario un certo discernimento per leggerlo. (Jean-Jacques Rousseau)
  • Senza dubbio egli aveva meritato il titolo di «padre della storia». Ed era anche un grande artista, ciò che non si può dire per molti dei suoi successori. I quali non erano neppure grandi storici. (Moses Israel Finley)

Note[modifica]

  1. Citato in Luciano Canfora, Storia della letteratura greca, Laterza, p. 251. ISBN 88-421-0205-9
  2. Plutarco (Apophthegmata Laconica, 225 B) attribuisce questa citazione allo stesso re di Sparta Leonida I, che comandava gli Spartani alle Termopili.
  3. Citato in Luciano Canfora, Storia della letteratura greca, Editore Laterza, p. 247. ISBN 88-421-0205-9
  4. http://www.misteromania.it/erodoto/storieVIIB.html

Bibliografia[modifica]

  • Erodoto, Storie, traduzione di Augusta Mattioli, Rizzoli, 1958.
  • Erodoto, Storie, traduzione di Augusta Izzo D'Accinni, RCS Rizzoli, 2008.
  • Erodoto, Storie, a cura di Aristide Colonna e Fiorenza Bevilacqua, UTET, Torino, 2013. ISBN 978-88-418-8840-7

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