Kate Millett

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Kate Millett

Kate Millett (1934 – 2017), scrittrice e femminista statunitense.

Citazioni di Kate Millett[modifica]

  • Il patriarcato, riformato o non riformato, è sempre patriarcato.[1]
  • Il sesso è una categoria di status con implicazioni politiche.[2]
  • Una rivoluzione sessuale inizia con l'emancipazione delle donne, le vittime principali del patriarcato.[3]

Prostituzione. Quartetto per voci femminili[modifica]

Incipit[modifica]

Ho l'impressione che chi lotta per venire a galla abbia molta difficoltà con la forma. I romanzi di Baldwin sono del tutto convenzionali. Le poesie di Edna St Vincent Millay e di Elizabeth Barrett sembrano prese a prestito da Keats o da Shakespeare; camuffate da «classiche», imitano i modi dei migliori poeti maschi. In realtà dicono qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. Ma lo dicono con una forma vecchia. Il loro carattere derivato rende più facile all'establishment accademico maschile denigrarne o perfino ignorarne la sostanza. Esistono anche delle figure eccentriche, come Gertrude Stein, che dicono cose nuove in modi così insoliti che nessuno se ne accorge. Poi c'è Virginia Woolf, che combina i due approcci in maniera equilibrata. Non ho mai fatto una scelta tra le due scrittrici ma, se dovessi farlo, credo che preferirei la Stein.

Citazioni[modifica]

  • Mi piacerebbe che il nuovo movimento desse alle donne artiste la fiducia nel valore della loro cultura (nel senso che le donne sono una classe con una sottocultura propria) e il rispetto per la sua esperienza, insieme alla libertà, anzi alla spontaneità di esprimerla in modi nuovi, in forme nuove. Dico questo perché amo vedere la forma che diventa contenuto. E se riusciamo davvero a dire qualcosa di nuovo, mi sembra che dovremmo dirlo in un modo nuovo.
  • Amare qualcuno significa volerlo conoscere. E più impareremo a conoscerci, meglio riusciremo a riconoscere, e perfino a integrare nella nostra vita immaginativa le mille differenze che sono sempre state utilizzate come dei cunei per separarci. Così che l'esperienza di tutte le donne ovunque diventi, in un certo senso, un nostro bene comune, un'eredità da trasmettere le une alle altre, la consapevolezza di che cosa ha significato essere donna, una donna in questo mondo di uomini.
  • Si è lentamente obbligati a renderci conto che per secoli l'intero problema [della prostituzione] è stato circondato da una tremenda confusione morale e sociologica, un fenomeno spiegabile soltanto con l'enorme repressione sessuale esercitata dalla nostra cultura, e l'incapacità che questa ha sempre avuto, dopo aver creato tanto la prostituta che la sua condizione, di riconoscerla come un essere umano nel senso autentico del termine. La presuntuosa stupidità con la quale la gente parla abitualmente dell'argomento è assolutamente scandalosa: è la vittima, la prostituta, e non l'istituzione che la rende vittima, che loro condannano.
  • È difficile non trovare particolarmente irritanti le impressioni dell'uomo di lettere sulla prostituzione. Si pensa a Baudelaire e al suo gusto per il «male». La glorificazione della puttana dal cuore d'oro è una trovata facile e a buon mercato; identificandosi con lei, il poeta alimenta la propria autocommiserazione; abbassandosi fino a lei si congratula con se stesso per la propria umanità, per la propria straordinaria capacità d'intuito nel riuscire a intravedere l'immagine di una Maria Maddalena sofferente in una semplice donna del popolo, in una creatura della strada.
  • Mi sembra che la prostituzione sia una specie di paradigma, che sia, in qualche modo, il centro stesso della condizione sociale femminile. Non soltanto la soggezione della donna è resa manifesta, e i rapporti di denaro tra i sessi sono dichiarati in moneta corrente piuttosto che dissimulati sotto un contratto di matrimonio (che riconosce ancora il principio dello scambio sesso – sicurezza economica e lo sostiene storicamente), ma l'atto stesso della prostituzione è in sé una dichiarazione del nostro valore commerciale, della nostra reificaione. Non è il sesso, in realtà, che si fa vendere alla prostituta: è la sua degradazione. E il compratore, il cliente, non sta comprando la sessualità, ma il potere, il potere sopra un altro essere umano, l'inebriante ambizione di signoreggiare sulla volontà di un'altra persona per un determinato periodo di tempo, l'euforizzante facoltà di dirigere e comandare un'attività che dovrebbe essere la meno soggetta alla coercizione ed è certamente la più soggetta alla vergogna e ai tabù.
  • Il masochismo fa parte del ruolo femminile. È un tratto femminile e io sono stata condizionata a farlo mio, anche inconsciamente. Tuttavia, masochismo è un termine assolutamente inesatto. Se veniamo spinte a un comportamento così autodistruttivo, è perché la nostra società è decisa a distruggere qualcosa nelle donne, a distruggere il loro io, il rispetto di se stesse, la loro speranza, il loro ottimismo, la loro immaginazione, la loro sicurezza, la loro volontà. Questo «masochismo» in realtà, non è che un meccanismo d'adattamento, come lo si crea in ogni gruppo oppresso per farlo sopravvivere. Perché, se i membri di questo gruppo non cooperano alla propria oppressione interiorizzando l'odio e il disprezzo del loro oppressore, la loro insubordinazione diventerà evidente ed essi verranno puniti e forse periranno. Questo non è molto difficile da capire se si osserva il comportamento di altri gruppi socialmente subordinati.
  • L'ignoranza non è una buona scusa, ma è almeno qualcosa. Quando la si perde, si diventa responsabili.

Note[modifica]

  1. Citato in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019, p. 144. ISBN 9788858022900
  2. Citato in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019, p. 145. ISBN 9788858022900
  3. Citato in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019, p. 145. ISBN 9788858022900

Bibliografia[modifica]

  • Kate Millett, Prostituzione. Quartetto per voci femminili, in Vivian Gornick e Barbara K. Moran (a cura di), La donna in una società sessista, traduzione di Laura Comoglio, Einaudi, 1975. ISBN 88-06-04752-3

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