Alessandra Necci

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Alessandra Necci (1969), scrittrice e biografa italiana.

«Mio padre avviò l'Alta velocità. Con 42 assoluzioni, da Fs non ebbe né liquidazione né pensione»

Intervista di Stefano Lorenzetto, corriere.it, 7 luglio 2022.

  • Papà [Lorenzo Necci] andava a trovare Francesco Cossiga al Quirinale e io, adolescente, lo accompagnavo, ma senza entrare nello studio del capo dello Stato. Che ho invece frequentato in seguito. Nella sua casa di via Ennio Quirino Visconti mi tendeva trabocchetti: "Sai dirmi chi era père Joseph?". E io: certo, presidente, François Leclerc du Tremblay, il cappuccino passato alla storia come "eminenza grigia", confidente del cardinale Richelieu, primo ministro di Luigi XIII. Ci rimaneva male: "Non è possibile! L’hai letto su Wikipedia". 
  • [Cossiga si congratulò con suo padre per la nomina alla presidenza dell'Eni.] Mai avvenuta. Era l'autunno del 1989. Presi io la telefonata con cui chiesero a papà di portare a Palazzo Chigi il suo curriculum. Lui aveva già in mente il futuro dell'Enimont: 40 per cento pubblico, 40 privato, 20 sul mercato. Scelsero invece Gabriele Cagliari, che così andò incontro al suo tragico destino. Quando 16 anni fa mio padre morì, investito mentre era sulla bici in Puglia, Cossiga mi scrisse una lettera. Lo definiva "mio buon antico amico che tanto ha dato al Paese e a cui il Paese ha restituito tanto poco". 
  • [Nel 1989 era premier Giulio Andreotti.] L'anno seguente, nominandolo commissario delle Fs, gli disse: "Avvocato Necci, ci sono due tipi di matti: quelli che si credono Napoleone e quelli che pensano di risanare le Ferrovie e far arrivare i treni in orario. Non sapeva che la figlia aveva una tale passione per Bonaparte da considerarsi fra i primi, come apprese la sera in cui venne a cena da me. 
  • [Invece suo padre chi invitava a cena?] L'ambasciatore americano Maxwell Rabb e quello francese Jacques Andréani, perché per lui la Francia era una seconda patria, così come lo è per me. E poi le più belle intelligenze d'Italia: Bruno Visentini, Giuliano Amato, Emilio Colombo, Gianni e Cesare De Michelis, Guido Bodrato, Paolo Cirino Pomicino, Rino Formica, i sindacalisti Cofferati, D'Antoni e Trentin. Ero incantata come Alice nel paese delle meraviglie. 
  • [Bettino Craxi?] No. Papà è sempre stato repubblicano. Quando erano ospiti Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini, autorizzava me e mio fratello Giulio, che ha tre anni di meno, a coricarci più tardi. Al secondo, ministro della Pubblica istruzione, chiedemmo di ripristinare la festa della Befana. Per ingraziarselo, Giulio gli offrì le vignette di Giorgio Forattini che lo raffiguravano. Ma Spadolini non gradì. 
  • [Non poteva occuparsi dei personaggi che le giravano per casa, anziché di Napoleone, Luigi XIV e Talleyrand?] Preferisco quelli tacitati dalle leggende nere. Lo faccio per ridare voce a mio padre. Lo chiamavano Lorenzo il Magnifico. Il 15 settembre 1996 fu arrestato, accusato di ogni genere di reato, costretto a lasciare le Fs. Sei mesi dopo la Cassazione stabilì l’assenza di gravi indizi di colpevolezza. I procedimenti giudiziari a suo carico si conclusero con 42 assoluzioni. In uno gli fu ridotta la pena nei vari gradi di giudizio, finché poi il processo tornò al punto di partenza. Il tema della riabilitazione non manca mai nelle mie biografie. Non è vero che la storia la scrivono i vincitori: la scrive chi sopravvive, chi ha l'ultima parola. La storia è sempre contemporanea, insegna Benedetto Croce. Le passioni umane non cambiano nel corso dei secoli. L'invidia è un motore potentissimo. Come la Medusa, pietrifica chi la guarda. Ebbe un ruolo rilevantissimo nella caduta di mio padre, al cui caso si adatta la frase del cardinale Richelieu: "Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini e io vi troverò del materiale sufficiente per farlo impiccare". 
  • [Chi voleva impiccare Lorenzo Necci?] Papà aveva un innato senso dello Stato. Lottava per il progetto Paese, si opponeva alla svendita del sistema industriale italiano. Gli davano del visionario, in realtà era un battitore libero. Sosteneva che una nazione priva di infrastrutture non avesse futuro. L'idea dell'Alta velocità fu sua. Ma, come scrisse, sottovalutò "alcuni segnali, assolutamente inequivoci e inequivocabili, di rischio", provenienti da mondi lontanissimi. Non piaceva un'Italia forte che fosse al centro del sistema euromediterraneo. Un collaboratore arrivò a dirgli che gli era apparsa in sogno la Madonna per chiedergli di farlo desistere dal progetto. Alcuni americani influenti gli chiesero: "Ma perché vuole costruire la Tav?". Ricordiamoci del Rinascimento. Chi chiamò gli stranieri in Italia alla fine del Quattrocento? Ludovico il Moro, vero padrone di Milano. 
  • [Pensa a lui salendo sul Frecciarossa?] Sempre. Un Pendolino fu battezzato Romolo, come il fondatore di Roma. Era anche il nome di mio nonno ferroviere. Ma oggi non c'è un Frecciarossa che si chiami Lorenzo, come colui che cambiò il volto dell'Italia. Era l'amministratore delegato, eppure papà non chiese nemmeno di essere assunto dalle Fs, figurava come consulente esterno. Se ne andò senza la liquidazione. Nelle Ferrovie non maturò neppure la pensione. 
  • [A quali fonti attinge per i suoi volumi?] Una in particolare: il luogo. A parte Sant'Elena, l'isola dove Napoleone morì in esilio, sono stata per mesi in tutte le località dove vissero i miei personaggi. Ma la storia è davvero maestra di vita? «Insegna solo a chi vuole imparare». 
  • [Con quale dei personaggi che ha biografato ama identificarsi?] Con Isabella d'Este. Mi piace moltissimo il suo motto inciso nei camerini del Palazzo Ducale di Mantova, "Nec spe nec metu", né con speranza né con timore. Non le somiglio nello sprezzo per i sentimenti umani e ormai è tardi per tentare d'imitarla. Mi sento vicina anche a Caterina de' Medici, capace di attendere senza mai demoralizzarsi. Quando penso a lei, mi viene naturale concludere che quasi tutti hanno un prezzo, bisogna solo capire qual è, ma pochi sono gli esseri umani che hanno un valore. La vita mi ha molto dato e molto tolto. Le ingiustizie segnano, però ti spingono a lottare, a risalire. Oggi empatizzo con il dolore degli altri. Non è poco, sa?.

Citazioni su Alesandra Necci[modifica]

  • Figlia di Lorenzo Necci, che fu presidente di Enimont e poi commissario straordinario e amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, la scrittrice è cresciuta dando del tu alla storia. (Stefano Lorenzetto)

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