Giovanni Spadolini

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Giovanni Spadolini

Giovanni Spadolini (1925 – 1994), storico, giornalista e politico italiano.

Citazioni di Giovanni Spadolini[modifica]

  • [Su Giulio Andreotti] Avverso alle idee generali, pragmatista e realista come pochi, con una sua vena di "giolittismo cattolico".[1]
  • La signora Gandhi si stava riavvicinando all'Occidente. Pur nell'ambito dei paesi non allineati ella stava allacciando fili sempre più saldi col mondo delle democrazie europee.[2]
  • Non ci può essere Italia unita senza il fondamento di Garibaldi. La leggenda garibaldina è, in realtà, il solo filo nazionale della nostra storia moderna.[3]
  • Risolvete il giallo del Mig23 e avrete trovato la chiave per scoprire la verità su Ustica.[4]
  • Sarà sotto l'egida dell'Asse invincibile, la nuova Europa del Diritto, della Giustizia, della Libertà e dell'Amore. L'Europa dell'avvenire, che è poi l'obiettivo di quel blocco di paesi che fa capo al patto tripartitito fra Italia, Germania e Giappone.[5]
  • Sì: il caso Prezzolini è stato uno dei più significativi nella cultura contemporanea nel nostro paese. Prezzolini ha incarnato una costante esigenza critica e scettica in un mondo di cultura sempre più tendente al conformismo e all'ortodossia, meglio ancora ai conformismi e alle ortodossie.[6]
  • [Su Carlo Donat-Cattin] Un uomo che si è costantemente battuto per mantenere saldo il collegamento fra le strutture istituzionali e le esigenze del mondo del lavoro.[7]

Il papato socialista[modifica]

  • Nulla più del socialismo messianico, del socialismo che mira all'età dell'oro, alla città del sole, alla perfetta giustizia, nulla più di tale socialismo ripugna alla concezione cristiana. Il cristianesimo, per la sua insuperabile pregiudiziale pessimistica, non può neppur concepire la totale salvazione e liberazione degli uomini sulla terra, e in virtù di un ordinamento terreno. L'inferno è la sanzione della carità violata. Solo la pena può realizzare la giustizia. La condanna eterna è la grande forza di disciplina del mondo. (I, I; p. 16)
  • Carità e perdono: ecco il «socialismo» di Cristo, ecco la società cristiana. Nella vita non vi è, non vi può essere un'assoluzione (solo Dio assolverà); però vi può essere, vi è e vi sarà una amnistia, una quotidiana amnistia. La vita è una pena (questo è il senso del peccato originale, la più profonda interpretazione del dolore umano): ma è una pena che si amnistia in vita e si assolve in morte. Ecco la più grande giustizia. (I, I; p. 17)
  • Il fine della Chiesa, depositaria unica e suprema della rivelazione, resta in ogni caso quello di riassumere e risolvere la politica nella religione. Ma il fine dello Stato, di qualunque Stato degno del nome, è precisamente lo stesso, rovesciato: risolvere la religione nella politica, Dio nell'uomo. Ogni Stato è anche Chiesa; l'autorità politica è necessariamente autorità morale; la storia politica si configura logicamente come «storia sacra». I suoi fini politici sono anche morali e religiosi: comprendono e riassorbono in sé tutta la possibile morale e religione. (I, I; p. 20)
  • Nulla contrasta più con la concezione cristiana della speranza nel paradiso terrestre, nel regno della libertà e della giustizia. Nessuna delle filosofie liberali e laiciste sfugge al peccato di Adamo. Ogni rivoluzione nasconde la tentazione dell'eden. Al contrario l'unica libertà, che è lasciata al credente, è quella di salire a Dio, per realizzarvi la giustizia. (I, I; p. 21)
  • Ecco perché la Riforma, che svincola l'uomo dall'autorità sul piano religioso, crea i presupposti della ribellione marxista, in quanto essa affranca gli uomini da ogni timore di forze superiori regolatrici della vita sociale e li lancia in un conflitto senza regole e senza freni, volto a conquistare ordinamenti umanamente perfetti. (I, I; p. 27)
  • È la borghesia che ha opposto la sua morale a quella della Chiesa, la sua filosofia a quella cattolica, la sua politica a quella cristiana, nel quadro di una concezione integralmente laica e terrena della vita. Il «popolo», che rappresenta l'antitesi dello spirito borghese, la «protesta morale» contro la legge della forza, è il più qualificato a incarnare i valori di quella etica cristiana, che sola, svalutando il mondo, consente idealmente la convivenza pacifica degli uomini sulla terra. Non a caso, il popolarismo è la tendenza socialmente permanente della Chiesa: solo il popolo può attuare l'insegnamento cristiano, che è di rinunzia e di povertà. (I, I; p. 32)
  • Ma, abolendo la proprietà, la Chiesa legittimerebbe una speranza troppo viva in un mondo troppo «giusto». Il socialismo cattolico ha un limite insuperabile: ed è il pessimismo cristiano. L'idea della felicità esula da tale prospettiva. Ma non quella dell'equilibrio, con la mediazione della carità. Il socialismo cristiano non è in fondo altro che questo: la ricerca di un equilibrio sociale che salvi la carità. (I, I; p. 33)
  • E allora? Non è per caso il socialismo cristiano la più forte carica esplosiva contro la società borghese, che si regge sull'idea del confronto e sulla realtà del lusso, del godimento, del piacere, delle cose vane e superflue? Quan­do Leone XIII esalta il lavoratore, prende sempre come esempio «l'operaio frugale e ben costumato». (I, III; p. 57)
  • La Riforma, attraverso Calvino, aveva gettato le basi del capitalismo, legittimando l'iniziativa individuale tesa a qualunque scopo, santificando lo sforzo e l'ardimento del singolo anche se mirava a un fine di grandezza e di dominio, consacrando nel guadagno e nel successo il segno della predestinazione e dell'elezione divina.
    Negando lo Stato moderno e il capitalismo, il Papato nega il principio stesso della «lotta», che li reggeva entrambi. Il nuovo ordine sociale, concepito dal socialismo cattolico, risolve la lotta, dissolve lo Stato in sé. È la sfida al protestantesimo. La Chiesa, che si è sempre opposta alla concezione faustiana della vita, alla riduzione dell'esistenza sotto la categoria della guerra, all'idea del progresso e del divenire, al principio della concorrenza, della selezione, della lotta di classe, all'azione come misura del mondo, la Chiesa mira a raggiungere la sua più grande vittoria, lanciando e imponendo una volta di più la sua parola di pace, di amore, di fratellanza, di carità. (I, III; p. 59)
  • Sul piano storico, cos'è infatti il comunismo se non l'ultimo erede della Riforma, del romanticismo e della filosofia classica tedesca? Per definizione, esso è il nemico giurato della Chiesa. Il suo fondamento è lo Stato; il suo principio la rivoluzione; il suo metodo la lotta; il suo ideale l'immanenza; il suo fine la giustizia. (I, III; p. 64)
  • Agli occhi degli stessi illuministi, non sfuggiva che la rivolta all'autorità, base della loro polemica, poteva sottrarsi alle tentazioni dell'anarchismo solo ripiegando sulla contemplazione di un modello assoluto di giustizia che inquadrasse la vita degli uomini, dandole un senso e una giustificazione.
    È la fede illimitata nella legge, nell'eguaglianza di tutti davanti alla legge, che sola legittima la funzione dello Stato e lo eleva dal piano politico a quello morale, rendendolo a buon diritto «partecipe del celeste». La «volontà generale», l'idea-forza che deve giustificare la fonte del potere, verrà a coincidere con una legge di natura, diverrà l'espressione stessa di una fatalità naturale. Nasce così la «mistica della democrazia», che trova nel Contratto sociale il suo punto d'origine e nel suffragio universale la sua conclusione storica. Legge e libertà si identificano: l'assolutismo non ha più ragione di esistere. (II, I; p. 78)
  • La critica religiosa nega il mistero; la critica storica annienta la leggenda; la critica letteraria dissolve la creazione: è l'epoca in cui il laicismo reagisce alle tradizioni e alle convenzioni antiche in nome della «ragione tutta spiegata». Si ricerca la salvezza nell'erudizione, che demolisce le profezie ed i fantasmi. Le esigenze della fede vengon risolte nella sete di sapere: la problematicità della vita permette di vincere l'unità della religione. Al dogma, all'unità consacrata nel dogma si risponde con la fede nell'antinomia, con la coscienza della molteplicità, col tormento delle contraddizioni che sono alla base dello spirito umano e si compongono solo sul piano della storia. (II, II; p. 91)
  • La causa dell'autorità è santa per la Chiesa, in quanto nell'autorità vive un raggio di Dio. (II, III; p. 102)

Note[modifica]

  1. Da Da Andreotti ad Andreotti, La Stampa, 19 marzo 1977.
  2. Citato in In Italia cordoglio ma anche timori per il futuro, L'Unità, 1 novembre 1984
  3. Da Gli uomini che fecero l'Italia, Longanesi, 1993, p. 280.
  4. Citato in Andrea Purgatori, Strage di Ustica: Giulio Linguanti: "Il Mig libico cadde sulla Sila molto prima. La stessa sera del DC9, il 27 giugno 1980", huffingtonpost.it, 27 giugno 2013
  5. Da Augustea, 1942; citato in Paolo Pavolini, 1943, la caduta del fascismo – 1
  6. Dalla prefazione a Giuseppe Prezzolini, Il meglio, Longanesi, 1981, p. 18.
  7. Da Un senso del dovere anche a costo dell'impopolarità, Terzafase n. 4, anno IX, aprile 1991, pp. 32-24

Bibliografia[modifica]

  • Paolo Pavolini, 1943, la caduta del fascismo – 1, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1973.
  • Giovanni Spadolini, Il papato socialista, Longanesi, 1969.

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