Andrej Tarkovskij

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Un francobollo russo rappresentante Andrej Tarkovskij

Andrej Arsen'evič Tarkovskij, in russo: Андрей Арсеньевич Тарковский (1932 – 1986), regista, sceneggiatore e attore sovietico.

Citazioni di Andrej Arsenevič Tarkovskij[modifica]

  • Aveva ragione Puškin a ritenere che il poeta, aldilà della sua stessa volontà, è un profeta.[1]
  • Il destino ci seguiva passo a passo, come un pazzo con il rasoio in mano. [2]
  • Il pensiero di Ejzenštejn è dispotico: esso toglie l'aria, elimina quella inespressa inafferrabilità che costituisce la caratteristica più affascinante dell'arte come tale.[1]
  • In Stalker io esprimo il mio pensiero fino in fondo: l'amore umano è il miracolo che si può contrapporre a qualunque arida teorizzazione secondo cui non c'è speranza per il mondo.[1]
  • [Su Ejzenštejn] L'allusività sfrenata e priva di gusto del regista che fa ogni sforzo per dare all'azione umana non il suo significato vero ma quello che lui vuole imporle.
    La messa in scena nel cinema ha il compito di sconvolgerci con la bellezza delle immagini artistiche, con la loro profondità, e non con un'importuna illustrazione del significato racchiuso in esse. L'insistente spiegazione del significato limita la fantasia dello spettatore.[1]
  • L'anima è assetata di armonia, mentre la vita, invece, è disarmonica. Questo era anche il tema di Stalker: il protagonista, lo Stalker, vive momenti di disperazione ma ogni volta egli avverte nuovamente in sé la propria vocazione a servire gli uomini che hanno smarrito le proprie speranze e le proprie illusioni.[1]
  • L'Apocalisse, in ultima istanza, è una narrazione sul destino dell'uomo indivisibile tra sé come persona e la società, diventando un tutt'uno con essa [...] è sbagliato pensare che l'Apocalisse rechi in sé soltanto il concetto di castigo. Credo che soprattutto rechi in sé quello della speranza. Nonostante che il tempo sia vicino, e sia imminente per ciascuno di noi singolarmente, per la collettività non sarà mai troppo tardi. Per questo l'Apocalisse appare terribile per ognuno di noi, ma per tutti insieme esprime speranza. Questo è il significato del suo messaggio.[3]
  • L'arte si rivolge a tutti nella speranza di essere, prima di tutto, sentita, di suscitare uno sconvolgimento emotivo.
    Penso che la ratio, la ragione non solo non sia tutto nell'uomo, ma anzi, sia una parte molto piccola di noi. La ragione è sempre limitata e limitante.[1]
  • L'immagine tende all'infinito e conduce all'assoluto.[1]
  • L'immagine artistica è uno strumento sui generis per cogliere l'assoluto. Per mezzo dell'immagine si mantiene la percezione dell'infinito.[1]
  • [A proposito di Andrej Rublëv] La storia della vita di Rublëv è la storia di una concezione insegnata, imposta, che, dopo essere bruciata risorge dalle ceneri come una verità totalmente nuova.[1]
  • [Su Stalker] La Zona non simboleggia nulla: la Zona è la Zona, la Zona è la vita. Attraversandola l'uomo o si spezza, o resiste.[1]
  • Si percepisce... che quel che si vede nell'inquadratura non si esaurisce nella sua raffigurazione visiva, ma allude soltanto a qualcosa che si estende all'infinito al di fuori dell'inquadratura, allude alla vita.[1]
  • Stiamo parlando del futuro: della vita delle persone nel mondo senza guerre, senza oppressione sociale, senza disuguaglianza nazionale, senza la soppressione delle capacità umane. In altre parole, riguarda il futuro che tutti chiamiamo "Comunismo". Ci sforziamo di immaginare (e mostrare allo spettatore) la realtà del 21° secolo - la vita dei futuri uomini che si sviluppano, risolvendo le loro difficoltà e problemi ma essendo già a nuovi livelli di cognizione e moralità. Ma le fondamenta di quel futuro sono state poste ora. Ci sforziamo di rappresentare le persone future come vive e libere, nell'unità delle loro gioie e preoccupazioni, poesia e prosa della loro vita. Non siamo in alcun modo soddisfatti con l'immagine primitiva e poco convincente delle "persone del futuro", che può essere osservata in alcune opere letterarie e cinematografiche. Allo stesso tempo, consideriamo il nostro lavoro polemico con i molti libri e film prodotti dal mondo borghese, che tendono a vedere il futuro in modo apocalittico o tecnocratico, affermando una sorta di incredulità nella forza e nelle capacità di un essere umano.[4]
  • [A proposito di Andrej Rublëv] Un artista come Teófane riflette il mondo, la sua opera è uno specchio del mondo che lo circonda; la sua reazione immediata è di constatare che il mondo è fatto male, che gli uomini sono perfidi e crudeli, depravati e futili. Nel film, Rublëv è l'opposto di Teófane, il suo contrario. Rublëv sopporta tutti i mali e tutti i dolori che lo circondano come Teófane, ma con un'intensità maggiore.[1]
  • [Alla domanda: Cosa pensi dell'amore?] Una catastrofe. Non mi piace essere innamorato... per me è come una grande malattia. Non mi sento felice, mi sento sconvolto.[1]
  • [Su Stalker] Volevo che tra i diversi spezzoni del film montati insieme non vi fosse soluzione di continuità temporale... come se tutto il film consistesse in un'unica inquadratura.[1]

Incipit di Andrej Rublëv[modifica]

Con fragore d'acciaio, nitriti e grida di morte, si alza nel cielo infuocato un odio secolare, per poi ricadere a terra, tra la polvere, sotto gli zoccoli dei cavalli, sul viso inondato di sangue di un guerriero ferito.[5]

Citazioni su Andrej Arsenevič Tarkovskij[modifica]

  • Andrej Tarkovskij passa per un autore difficile e talvolta oscuro, ma era uno sdegnoso avversario dell'avanguardia. Le nozioni di sperimentazione e di ricerca sono per lui inconciliabili con gli scopi dell'arte. Come Degas, non ammetteva che si confondesse l'esercizio con la creazione e che si trasformasse in scopo quel che deve rimanere un mezzo. (Morando Morandini)
  • Con Andrei ci fu subito un'intesa spirituale. Indimenticabile il "Boris Godunov" che allestimmo al Covent Garden. Fu la sua unica regia d'opera. In fondo anch'io mi sento un giardiniere che si diletta a fare un po' di musica. (Claudio Abbado)
  • Il film, quando non è un documentario, è un sogno. È per questo che Tarkovskij è il più grande di tutti. (Ingmar Bergman)
  • Spesso, nei film di Tarkovskij, il suono è così: esso richiama un'altra dimensione, è altrove, svincolato dal presente. Può anche mormorare come il brusio del mondo: vicino e al tempo stesso inquietante. (Michel Chion)
  • Tarkovskij ebbe un rapporto conflittuale con l'Occidente e la sua cultura. Quando gli domandarono se avesse visitato la Galleria degli Uffizi a Firenze, rispose polemicamente che s'era fermato dopo le prime tre sale. Ammirava la grande pittura rinascimentale senza amarla: la sentiva estranea, lontana, perché troppo antropocentrica. [...] Detestava il narcisismo e l'egocentrismo che, secondo lui, erano le componenti dominanti del romanticismo tedesco. Si sentiva lontano dall'arte occidentale che, dal Rinascimento in poi, non possiede il senso del sacro e mette l'uomo al centro del mondo. (Morando Morandini)

Note[modifica]

  1. a b c d e f g h i j k l m n Citato in Francesca Pirani, Tarkovskij. La nostalgia dell'armonia, Le Mani-Microart'S, 2009.
  2. Citato in Guillaume Musso, Central Park, traduzione di Sergio Arecco, Bompiani, 2016, p. 188.
  3. Da L'Apocalisse, traduzione di Andrej A. Tarkovskij, introduzione di Mario Luzi, saggi di Tomáš Špidlík, Giovanni Ibba, con una nota di Andrea Ulivi, Edizioni della Meridiana, Firenze, 2005, p. 24. Citato in Roberto F . Ghisu, L'apocalisse di Tarkovskij, academia.edu.
  4. Lettera al comitato centrale del PCUS (Partito Comunista dell'Unione Sovietica), 20 ottobre 1970. Disponibile su varjag2007su.livejournal.com.
  5. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Film[modifica]

Altri progetti[modifica]