Mario Luzi

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Mario Luzi

Mario Luzi (1914 – 2005), poeta italiano.

Citazioni di Mario Luzi[modifica]

  • Ai vecchi tutto è troppo. (Senior, da Dal fondo delle campagne)
  • Ascoli millenaria – | l'antefatto impera | nelle pietre, nell'aria, | ma non grava | sulla respirazione | italica, picena | della radiosissima giornata, | svaria, | cocca di bandiera, | la sua cima di memoria – | fino al vento della sera. | Ascoli, ti arse la storia, | forte un tempo, | guerriera... | Lo scampanio della sua [1]| domenica di sole | riempie così bene | lo spazio, dissolve | così bene vincoli e catene | tra tempo e tempo | l'essere che è stato | ed è e ora squilla.[2]
  • Bisogna fargliela conoscere, proporgliela, fargliela leggere, ai giovani, la poesia. Bisogna creare occasioni di scoperta e di novità. Non si può dire che, soprattutto in questi ultimi anni, non lo si faccia. Ma l'esito è comunque incerto. (da Offrire versi con simpatia)
  • Che mi riserva rivederti, amore, | quale viaggio t'hanno dato i venti? (da Amanti, in Onore del vero, Neri Pozza)
  • Cristina Campo credeva che la perfezione esistesse e, come altri che l'hanno creduto, non sapeva che farsene della perfettibilità. Era là e solo là che bisognava puntare, e non contentarsi di niente di meno.[3]
  • Cristina riponeva nella memoria come in uno scrigno le gemme delle sue letture: erano pietre preziose che altri non vedevano o non sapevano apprezzare. La sua scrittura nasce nel riflesso di quei tesori; ma nasce energicamente, anzi impavidamente. La sua forza intellettuale trasformava quella ricchezza a lungo custodita in una lama al servizio dei suoi argomenti, in uno stile tagliente dai barbagli ora d'acciaio, ora iridescenti. Forza e fragilità del resto in lei si fondevano mirabilmente.[4]
  • [Carlo Bo] Diceva di non aver concluso niente, di aver accumulato soltanto libri. (citato in Corriere della sera, 29 settembre 2001) [5]
  • È incredibile ch'io ti cerchi in questo | o in altro luogo della terra dove | è molto se possiamo riconoscerci. | Ma è ancora un'età, la mia, | che s'aspetta dagli altri | quello che è in noi oppure non esiste. (Aprile-amore, da Primizie del deserto)
  • Forse, infranto il mistero, nel chiarore | del mio ricordo un'ombra apparirai, | un nonnulla vestito di dolore. | Tu, non diversa, tu come non mai [...] [6]
  • Fabrizio De André è uno chansonnier, e lo è nel senso più vero: il senso in cui la poesia, il testo letterario e la musica convivono necessariamente. (dall'intervista di Paolo Di Paolo, Offrire versi con simpatia, ItaliaLibri, Milano, 11 dicembre 2002)
  • Il Palio è il Palio. Nessuna interpretazione sociologica, storica, antropologica, potrebbe spiegarlo. Sublimazione e dannazione insieme del fato in ogni singolo senese e nella sua cittadinanza. Rogo furente della senesità, in ogni caso impareggiabile conferma di essa. (1998, dal sito del comune di Siena)
  • Il vento sparso luccica tra i fiumi | della pianura, il monte ride raro | illuminandosi, escono barlumi | dall'acqua, quale messaggio più chiaro? È tempo di levarsi su, di vivere | puramente. (Diana, risveglio, da Un brindisi)
  • In Pietà della notte hai trovato un tono così giusto di discorso che tutte le tue qualità di percezione e di pensiero si integrano e si snodano con profonda naturalezza. E una bella conquista e dovrebbe fare impressione anche in mezzo al bailamme sperimentalista: Me lo auguro per te e per tutti, caro Piazzolla. E mentre io tornerò spesso a riaprire il tuo libro, ricordati del tuo Mario Luzi.[7]
  • Ombra, non più che un'ombra è la mia vita | per le strade che ingombra il mio ricordo impassibile. (Maturità, da Avvento notturno)
  • L'amore aiuta a vivere, a durare, | l'amore annulla e dà principio. E quando | chi soffre o langue spera, se anche spera, | che un soccorso s'annunci da lontano, | è in lui, un soffio basta a suscitarlo. (Aprile-amore, da Primizie del deserto)
  • La parola che il poeta usa è una parola che in genere è richiamata alla sua integrità e alla sua pienezza di significato: è potenziata al punto da esplicare quella creatività e provocarla in altri. Quanto è difficile preservare alla parola questa potenza creatrice, potenza che è in rapporto, dicevo, con il versetto giovanneo: "in principio era il Verbo". La potenza che è stata messa nell'uomo deriva direttamente dal divino: quanto è difficile preservare quella energia, quella forza della parola che la racchiude, quando è appunto al più alto grado di purezza e innocenza. Tutto nella pratica della vita, nella storia, tende a corromperla la parola, a destituirla di senso, a renderla convenzionale, non più spirito, ma lettera.[8]
  • Non è vero che tutti coloro che obbediscono a un solenne richiamo del loro nume – qualunque sia – presumano di essere degni e di trovarsi tra gli eletti. (citato in Poesia, anno XIV, maggio 2001, n. 150, Crocetti Editore)
  • Questa felicità, questa felicità, questa felicità promessa o data n'è dolore, dolore senza causa o la causa se esiste è questo brivido che sommuove il molteplice nell'unico come il liquido scosso nella sfera. (Questa felicità)
  • Si ripensa all'adolescenza, quando si avevano grandi velleità e si pensava che il mondo era nostro: ma potevamo acciuffare poco, perché troppo giovani. (dall'intervista di Sebastiano Grasso, Mario Luzi. I versi, la pittura, gli amori. E quel duello mancato, Corriere della sera, 10 ottobre 2004, p. 29)
  • Scendi anche tu, rimani prigioniera | nella sfera angosciosa di Parmenide | immota sotto gli occhi della moira, | nel recinto di febbre dove il nascere | è spento e del perire non è traccia. [9]
  • Udire voci trapassate insidia | il giusto, lusinga il troppo debole, | il troppo umano dell'amore. Solo | la parola all'unisono di vivi | e morti, la vivente comunione | di tempo e eternità vale a recidere | il duro filamento d'elegia. | È arduo. Tutto l'altro è troppo ottuso. [10]
  • Vita che non osai chiedere e fu, | mite, incredula d'essere sgorgata | dal sasso impenetrabile del tempo, | sorpresa, poi sicura della terra, | tu vita ininterrotta nelle fibre | vibranti, tese al vento della notte... (Monologo)[11]

La porta del cielo[modifica]

Incipit[modifica]

VERDINO. Voglio cominciare da alcuni tuoi versi: in Per il battesimo dei nostri frammenti, ci sono due sezioni «Madre e figlio», in cui rievochi il tuo rapporto con tua madre. Sono poesie degli anni '80 e tua madre era morta da oltre 20 anni (nel 1959); in queste poesie non ne intendi fare una commemorazione, ma piuttosto cerchi di ritrovare il senso e l'evento di quella relazione madre-figlio per te tanto importante.

Citazioni[modifica]

  • La luce ha il suo risalto proprio perché c'è la tenebra. Giovanni dice che l'uomo ha preferito la tenebra, ma bisogna vedere se anche la tenebra a sua volta non abbia una luce. C'è la luce nera, perché tutto nel nostro linguaggio è metaforicamente diviso tra luce e tenebra. Forse anche nella tenebra c'è l'opera di Dio, rimane comunque un mistero. Abbiamo probabilmente troppo schematizzato. [...] Abbiamo forse depotenziato il messaggio della notte, la madre notte di Novalis. (pp. 34-35)
  • Ai tempi di Cristo le moltitudini convivevano la stessa sorte, mentre noi oggi non conviviamo la nostra, la subiamo ciascuno per conto proprio. È un sintomo visibile tra i più drammatici del nostro tempo. Una specie di profeta che deve parlare alle moltitudini parla per TV, per immagine televisiva, trovando ciascuno chiuso nella sua cellula.
    Anche l'incarnazione come sarebbe oggi? L'incarnazione fu così perché l'uomo era visibile e legato in una comunità che ne condivideva le pene; l'uomo era circoscritto nella sua fisicità, nel suo corpo che ebbe così importanza e valorizzazione nell'eucaristia. E oggi dove si incarnerebbe il divino? forse in Internet. (p. 43)
  • Prima c'erano i libelli, le opere prezzolate, ma già questo era meno suscettibile di inquinamento, perché un libello si presentava come tale, come un atto di ostilità e già questo lo connotava e identificava. Oggi l'attacco e la calunnia vivono tra il detto e il non detto, in un corrotto terreno intermedio, in cui imperano i mezzi di comunicazione, che sono fabbrica di parole e sono la negazione della parola come espressione. (pp. 63-64)
  • Il silenzio è parte integrante della lingua, anche dal punto di vista originario: il nostro linguaggio è scandito dal linguaggio del mondo, che è il silenzio: il linguaggio dell'universo è il silenzio, quello dell'uomo la parola: si integrano e questo si verifica nei particolari: all'interno di una poesia i silenzi che ci sono tra le parole non sono meno importanti delle parole, la pausa, il ritmo. Ciò che presuppone il silenzio, è parte integrante del linguaggio poetico. (pp. 64-65)
  • Io vedo la preghiera come un ritorno della parola a chi l'ha creata, al Verbo. (p. 76)
  • [Sulla reale esistenza storica di Cristo] Tutto il succo della spiritualità cristiana è qui: un piccolo episodio trascurabile quantitativamente e politicamente è così grande invece. Un seme deve esserci stato: ci sono stati dubbi e continueranno a esserci, e anche questo è bello, che ci sia questa imprendibilità, congiunta alla inevitabilità della questione. Questo è per me molto bello: il divino può essere lì e a portata di mano, ma non lo puoi circoscrivere. (p. 68)
  • Maria è centrale nel sentimento di fede; se dalla teologale cura si entra nella percettibilità umana della fede, si incontra Maria. È inevitabile. Maria è al meglio quello che il cristianesimo ha fatto sentire di creaturale. Maria è la prima porta. (p. 90)
  • [Sull'apparizione di Gesù sulla via di Emmaus] Il viandante che non si fa riconoscere e si dissimula, ma che però inquieta lo stesso... È bellissimo, ma penso che qualunque trattazione lo sciupi. È troppo indicibile: la cena ha avuto poi figurazioni pittoriche, e noi la vediamo nella nostra mente, ma ancor più suggestivo è il cammino sul tramonto. È l'episodio postumo che mi tocca di più del Cristo che entra in casa degli apostoli, lì non vi è il divino indicibile del compagno di viaggio di Emmaus. Il divino che non ravvisi, però avverti. (p. 94)
  • In realtà questo è stato un secolo fortemente religioso, nel bene e nel male. È sulle rovine di una eredità illuminista che si verifica questo aut aut che Kierkegaard aveva già previsto e che poi si è verificato; nelle parole di Heidegger[12] io trovo l'epilogo di tutto questo. Il sogno di onnipotenza fatto senza allegria né vanagloria, ma fatto per disperazione e perché sembrava che una elargizione di grazia fosse impensabile. Poi questo sogno si è infranto, Heidegger è il più autorizzato a usare queste parole e credo proprio che sia il suo apoftegma che dobbiamo vivere. [...] Quello che manca tuttora è l'umiltà. Senza l'umiltà anche la resa o l'ammissione di Heidegger può diventare una sfida e una specie di boomerang. (pp. 100-101)
  • Paolo è tanto fariseo e tanto romano da sentire la sostanza paradossale della fede. Così egli inaugura il sentimento tutto moderno dello scandalo della fede. Non è impossibile cogliere una specie di libido nell'uso di arditezze concettuali teologiche che più offendano l'incredulità de presunti sapienti. È, credo, il primo a far sentire la fede come sublime non-senso. (p. 160)
  • [Su Paolo di Tarso] È tanto vertiginoso il capovolgimento del criterio di giustificazione «per la fede in Cristo» («per mezzo suo abbiamo ottenuto con la fede l'accesso alla grazia in cui ci troviamo e il vanto della speranza dalla gloria di Dio...» vedi Romani) che deve essere del tutto cambiato il meccanismo del ragionare e del perorare. Premessa e conseguenza, causa ed effetto mutano il loro tradizionale rapporto: spesso la spiegazione non è altro che la riconferma della inoppugnabilità dell'assunto. Che bisogno ha di argomentare e di esprimersi come uno dell'Areopago colui che ne vuole abbattere la falsa sapienza e dunque anche i suoi metodi? D'altra parte il discorso paolino non è contestativo ma travolgente e soverchiativo per sovrabbondanza di certezza e di asseverazione: per cui fonda il suo potere e la sua saldezza su altri sostegni formali, così come sono altri e cioè non filosofici ma profetici gli sviluppi sostanziali. Niente di meno poteva accadere a colui che aveva messo al centro del disegno provvidenziale e dunque della storia umana e cosmica la resurrezione di Cristo. Lo scandalo degli scandali, e cioè lo choc che viene come supremo dopo la catena degli altri a cui la «mente» dei Gentili viene sottoposta, è proprio questo. (pp. 161-162)
  • [Paolo di Tarso] Uomo venuto da una crisi planetaria riacquista la sua statura conveniente nello svolgimento che arrecano appunto crisi planetarie, alla fine e all'origine ancora indistinte delle epoche. (p. 163)

Citazioni su Mario Luzi[modifica]

  • Ascolto Mario Luzi | e mi addentro in un ordine | contrario alla miseria tenebrosa | con cui l'uomo in questi anni | ha permesso all'anima sua di vagare smarrita | senza posa fra goulags | e supermercati. | Vorrei dirgli ciò che questo fugace | incontro rappresenta per me | quale segnale di conferma | di una speranza che avevamo | creduto irrimediabilmente perduta | nella mischia della nuova orda | che senza ira né pietà ci trascina | piena delle sue ragioni. | Niente riesco a dire e muto | mi chino di fronte alle parole sue parche | accarezzate dal virgiliano sole. (Álvaro Mutis)
  • Avevo per Mario Luzi tanta amicizia e altrettanta ammirazione. Era per me uno dei più bei volti d'Italia. La poesia Europea ha subito una grande perdita. Ma ci resta la sua opera. (Yves Bonnefoy)
  • Della poesia di Luzi amo soprattutto la capacità di sollevare la quotidianità su un piano di assolutezza che ne preserva sia la verità umana sia la sostanza metafisica. E poi la capacità di sperimentare stili e linguaggi anche diversi conservando intatta la riconoscibilità della voce. Voglio dire che ho amato soprattutto Quaderno gotico e Primizie del deserto, ma anche Nel Magma. E infine l'ereditare la lezione dei simbolisti, di Mallarmé, Rimbaud, Rilke, e insieme quella di Dante, Leopardi. Condivido poi l'idea che la poesia debba essere sostenuta dal pensiero. Un lascito importante del poeta sul piano umano: la pietas, unita a lucidità intellettuale, nei confronti di chi gli è stato vicino. E poi l'orrore per la guerra. (Maria Clelia Cardona)
  • Dopo la fase ermetica, da cui non si è mai distaccato in modo radicale, Mario Luzi, intorno agli anni Sessanta, ha sviluppato una sua lirica, in modo originale, incentrata sulla poesia religiosa, metafisica. La sua poesia si è così assestata perché letteralmente meno chiusa. (Edoardo Sanguineti)
  • In Luzi ci sono stati tanti poeti: il lirico notturno, il diarista e pellegrino purgatoriale. Il poeta narrativo e drammaturgo in 'sermo merus' di Nel magma, un testo di profonda rifondazione della poesia italiana, lo scriba poematico e a frammenti ed epifanie dell'ultimo ventennio. (Stefano Verdino)
  • Luzi è stato probabilmente l'ultimo poeta che ha vissuto naturalmente la lingua italiana. Dopo è stato difficile se non impossibile, e non è un caso che i quattro più importanti poeti viventi della successiva generazione abbiano piuttosto preferito o una nozione gergale della lingua, come Zanzotto e Sanguineti, o una pratica ironica e minimalista, come Giudici ed Erba. (Stefano Verdino)
  • Mario Luzi, nella sua parabola esistenziale e poetica, ha confermato un'assoluta fedeltà a se stesso, anche in quella religiosità diffusa che per lui è sempre stata una vicinanza al cattolicesimo. (Andrea Zanzotto)

Note[modifica]

  1. Variante a questo verso e al successivo: Cresce | lo scampanio | Della sua domenica di sole.
  2. Domenica ascolana. Citato in "Domenica Ascolana": il prezioso omaggio di Mario Luzi alla città di Ascoli, il Quotidiano.it della provincia di Ascoli Piceno, 25 ottobre 2007.
  3. Citato in Cristina De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Adelphi, Milano, 2002, pp. 107-108. ISBN 88-459-1678-2
  4. Citato Belinda e il mostro., pp. 46-47.
  5. Citato in Belinda e il mostro, pp. 46-47.
  6. Da Alla madre, Brindisi, citato in La porta del cielo, p. 11.
  7. Citato in Frammenti, La Fiera Letteraria, 14 agosto 1960; disponibile su fondazionemarinopiazzolla.it
  8. Da Naturalezza del poeta, 1995, citato in La porta del cielo, p. 62.
  9. Citato in La porta del cielo, p. 23.
  10. Da Il duro filamento, citato in La porta del cielo, p. 15.
  11. Citato in Cultura e svago.
  12. Ormai solo un Dio ci può salvare. Cfr. La porta del cielo, p. 99.

Bibliografia[modifica]

  • Mario Luzi, La porta del cielo. Conversazioni sul cristianesimo, a cura di Stefano Verdino, Fabbri Editori, , R.C.S., I Classici dello Spirito, Milano, 1998.

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