Carlo Porta

Al 2024 le opere di un autore italiano morto prima del 1954 sono di pubblico dominio in Italia. PD
Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Carlo Porta

Carlo Porta (1775 – 1821), poeta italiano.

Citazioni di Carlo Porta[modifica]

  • [...] de podè nanca vess indifferent | sulla scerna del boja che ne scanna.[1] (da Paracar che scappée de Lombardia)
  • El serà vera fors quell ch'el dis lu | che Milan l'è on paes che mett ingossa, | che l'aria l'è malsana, umeda, grossa, | e che nun Milanes semm turlurù.... (da Le poesie, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993)
  • I paroll | d'on lenguagg, car sur Gorell, | hin ona tavolozza de color, | che ponn fà el quader brutt, e el pon fà bell | segond la maestria del pittor. (da Poesie, con testo a fronte, introduzione, commenti e note di Gennaro Barbarisi e Guido Bèzzola, Garzanti, Milano, 1975, p. 60.)
  • [...] la natura | per i coss prezios e car | l'ha tegnuu curt la mesura, | giust per rendj pussee rar. | Hin i perla, hin i diamant | piscinitt, e hin olter tant | gross i anguri, gross i zucch. | Anca el gran Lissander Magn | che l'ha faa tant badalucc | col sò coo, coj sò campagn, | l'eva piccol, eppur Dari | l'è andaa là coj pitt all'ari. | E poeù al curt: Napoleon | el pù grand de tucc i grand | no l'è minga on candiron. (da Brindes de Meneghin a l'ostaria. Ditiramb per el matrimonni de S. M. l'Imperator Napoleon con Maria Luisa I. R. Arziduchessa d'Austria, in Garzanti 1975, p. 44)
  • N'han miss tucc in stat de perfezion, | Col degiun, col silenzi, col trann biott | E col beato asperges del baston. (da Catolegh, apostolegh e roman, in "Poesie di C. P. rivedute sugli originali e annotate da un milanese", Milano, 1887, p. 613)
  • Per mí l'acqua, se l'è bona, | l'è domà per lavà i piatt. (da Brindes de Meneghin all'ostaria, in Poesie)
Per me l'acqua, se è buona, lo è soltanto per lavare i piatti.
  • Sissignor, sur Marches, lu l'è marches, | Marchesazz, marcheson, marchesonon, | E mì sont Carlo Porta milanes, | E bott lì, senza nanch on strasc d'on Don. (citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 468)
  • Saran fior, ma i mee camis | hin tutt lis – per el brusacc | che gh'è dent in quella fotta | che pergotta – del pissacc. (da Sissignor! Saran fors anch, in Poesie)
Saranno fiori, ma le mie camicie | sono tutte sciupate – per il bruciore | che c'è in quella robaccia | che sgocciola dall'organo dell'orina. [riferito alla gonorrea]

Incipit di Poesie[modifica]

Edizione del 1921

Figlio mio,
A te Giuseppe figliuol mio carissimo ed amatissimo dedico, consagro e dono questo libercolo per te appostamente scritto di mio proprio pugno, e sul quale mi è piaciuto di consegnare tutta quella parte de' miei vernacoli componimenti, che mi è avvenuto di poter raccostare sia coll'aiuto della memoria (che sempre viva mantenni di talun d'essi) sia coll'aiuto degli amici, che a me di buon grado ritornarono quanto delle cose mie era stato da loro in vari tempi raccolto. Io non pretendo in essi esibirti un modello di poesia da dovere, o poter imitare; pretendo bensì di esserti esempio in ciò, che fui nemico in ogni tempo dell'ozio e che ebbi dall'amor delle lettere, almeno in questo modo additata, se non in altro migliore, una strada sicura per sottrarmi alle di lui insidie e fuggirlo.

Desgrazzi de Giovannin Bongee[modifica]

Deggià, Lustrissem, che semm sul descors | de quij prepotentoni de Frances, | ch’el senta on poo mò adess cossa m’è occors | jer sira in tra i noeuv e mezza e i des, | giust in quell’ora che vegneva via | sloffi e stracch come on asen de bottia.

Di gia, Illustrissimo, che siamo sul discorso | di quei prepotentoni di Francesi, | che senta un po' adesso che cosa mi è capitato | ieri sera tra le nove e mezzo e le dieci, | proprio in quell'ora in cui venivo via | floscio e stanco come un asino, da bottega.

La Ninetta del Verzee[modifica]

Bravo el mè Baldissar! bravo el mè nan! | l’eva poeù vora de vegnì a trovamm... | T’el seet mattascion porch che maneman | l’è on mes che no te vegnet a ciollamm? | Ah Cristo! Cristo! com’hin frecc sti man! | Bell bell... speccia on freguj... te voeu geramm, | bolgirossa! che giazz! aja i mee tett! | che bell cojon, sont minga on scoldalett.

Bravo il mio Baldassarre! bravo il mio ninetto! | era poi ora di venire a trovarmi... | Lo sai mattacchione porco che quasi | è un mese che non vieni a fottermi? | Ah Cristo! Cristo! come sono fredde queste mani! | Piano piano... aspetta un po'... tu vuoi gelarmi, | caspita! che ghiaccio! ahi le mie tette! | che bel coglione, non sono mica uno scaldaletto.

Lament del Marchionn di gamb avert[modifica]

Moros dannaa, tradii de la morosa, | pien de loeuj, de fastidi e pien de corna, | sercemm chì tucc d’intorna, | stee chì a sentì l’istoria dolorosa | del pover Marchionn, | del pover Marchionn che sont mì quell, | striaa e tiraa a bordell | de la cappa de tucc i bolgironn!

Morosi, dannati, traditi dalla morosa, | pieni di tedio, di fastidi e pieni di corna, | circondatemi qui tutti, | state a sentire la storia dolorosa | del povero Melchiorre, | del povero Melchiorre che sono io quello, | stregato e tirato alla malora | dalla capoccia di tutte le imbroglione!

Citazioni su Carlo Porta[modifica]

  • E sarà magari una suggestione che viene in parte dal dialetto (irto di consonanti e con due, tre o addirittura quattro vocali di seguito, e ciascuna con un suono distinto): ma i poeti di San Fratello o di Nicosia più fanno pensare al Porta che al Meli. (Leonardo Sciascia)

Attilio Momigliano[modifica]

  • Il Porta è uno di quegli uomini franchi che non offendono nemmeno quando spiattellano la verità sul muso.
  • La qualità fondamentale della sua poesia è la vitalità gagliarda e comunicativa. Leggendo quelle pagine, dove ogni cosa è chiamata col suo nome, dove non ci sono attenuazioni od eufemismi eleganti, dove tutte le scene sono ritratte con una simpatia così spregiudicata e con una così franca bonomia che – anche quando la materia è satirica – quello che colpisce non è tanto lo sdegno quanto lo spontaneo accostarsi e immedesimarsi del poeta con il suo tema, si ripensa alla tempra sanguigna, cordiale e rumorosa di Rabelais.
  • Nel Parini c'è ancora un po' del rancido tradizionale della satira; nel Porta e nel Belli questo è scomparso affatto: tanto che per essi l'appellativo di «satirico» sembra impreciso. In realtà appartengono entrambi alla grande corrente europea del Verismo, anticipandola il Porta per forza di temperamento e per virtù della spinta veristica che era insita nel Romanticismo, seguendola il Belli consapevolmente e con un proposito metodico, se non architettonico, simile a quello di Balzac, il quale alcuni anni prima aveva iniziato il suo ciclo Scènes de la vie privée e andava poi allargando fino al disegno di una Comédie humaine Che il Porta e il Belli appartengano non solo alla letteratura italiana ma a quella europea, è una verità non ancora affermata dalla critica, soltanto perché il pregiudizio della inferiorità della letteratura dialettale grava ancora sulla nostra cultura più che non sembri. Poeti tanto minori di questi sono studiati tanto più largamente in sé e in relazione con le correnti contemporanee.
  • Con tanta oscenità quanta se ne trova nelle sue poesie, non si può dire che egli sia un poeta corrotto: perché anche in quest'argomento quelli che dominano sovrani sono il senso della verità e quello della vita. Senza il secondo, il Porta sarebbe stato un piccolo e pesante naturalista: il senso della vita ha alleggerito e purificato quel suo amore della verità. La moralità e la poesia del Porta sono questo suo avvicinarsi sereno e franco alle scene più disparate.
    Perciò si può parlare di simpatia anche a proposito dei personaggi che sembrano più evidentemente canzonati: fraa Condutt, la Marchesa Travasa, Polpetta de rognon. C'è in essi la simpatia che hanno certi grandi scrittori per i loro personaggi, di qualunque levatura morale essi siano: la simpatia del Boccaccio per frate Cipolla, per ser Ciappelletto, per la Ciciliana. C'è la spia della gioia con cui certi poeti creano le loro figure, siano esse di candido marmo o di fango: la gioia di sentire la vita – senza aggettivi – e di tradurla in parole.
  • Di rado ho provato tanta difficoltà a penetrare nell'anima d'un artista come di fronte al Porta, che è così alla mano, così schietto, così cristallino! I poeti più sapienti sono quelli che sembrano dir meno, quelli in cui la rappresentazione non sembra né preceduta né accompagnata dal pensiero.

Citazioni sul Lament del Marchionn di gamb avert[modifica]

  • Ma, se io penso ai lamenti contadineschi di cui la nostra letteratura è così meschinamente ricca, e che in qualche modo possono paragonarsi col Lament del Marchionn, io non so immaginare che cosa diverrebbe in italiano questa straordinaria lirica della volgarità, questa elegia del grossolano e del ridicolo, questo vero canto che s'innalza dalle cose, alle quali noi di solito non attribuiamo che rauche parole e sghignazzamenti incomposti. (Ernesto Giacomo Parodi)

Citazioni su La ninetta del Verzee[modifica]

  • Forse, tra i capolavori del Porta, le quarantatré ottave della Ninetta sono il maggior capolavoro: così lucida, larga, immediata è la rappresentazione fin ne' più minuti particolari, anche i più scabrosi, e così grande è la meraviglia di quella semplicità di disegno in tanta densità di racconto, di quell'agevole concordia fra il comico e il serio, fra il turpe e il commovente, di quella felicità di passaggi dalle lacrime della passione all'artificiale gaiezza del mestiere, di quel prorompere di un sentimento senza la più lieve ombra di sentimentalismo, infine di quello strano e stupendo contrasto fra l'impurità insanabile di un'anima e la forza ingenua e schietta dell'espressione del suo amore, fra la volgarità e la bruttezza di questo amore e i lampi di poesia che in esso accende la sua profonda sincerità. (Ernesto Giacomo Parodi)

Note[modifica]

  1. Sulla restaurazione Austriaca del 1815, ricordando l'occupazione francese.

Altri progetti[modifica]