Domenico Berti

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Domenico Berti (1861)

Domenico Berti (1820 – 1897), scrittore, storico e politico italiano.

Citazioni di Domenico Berti[modifica]

  • Il Charvaz [precettore dei figli di Carlo Alberto di Savoia, Vittorio Emanuele e Ferdinando] non era né piaggiatore, né burbero, né arrendevole, né soverchiamente severo ed aveva l'arte di osservare e quella maggiore di trarre dalle osservazioni utili norme per il governo dei suoi alunni. Carlo Alberto non prescrisse al Charvaz, come costumava l'antica monarchia, alcuna regola per la loro educazione, ma lo lasciò libero, anzi consentì perfino che si provasse a mettere in esecuzione un suo disegno speciale che poi interruppe avendo dovuto, appena trascorsi quattro anni, cedere ad altre mani i piccoli principi. Nel periodo in cui operò da solo egli seppe acquistare grande autorità sul loro animo, rendere loro abituale il lavoro e l'osservanza del dovere, istruirli nei primi e più difficili rudimenti delle lettere e mantenere infine la semplicità dei modi e la schiettezza dell'indole. (da Scritti varii, Editori L. Roux e C., Torino-Roma, 1892, cap. VII L'educazione di Vittorio Emanuele e il suo matrimonio, p. 314)

Vita di Giordano Bruno da Nola[modifica]

Incipit[modifica]

Giordano Bruno, o Bruni, nacque in Nola l'anno 1548 da Giovanni e da Fraulissa Savolina. Ebbe al fonte battesimale il nome di Filippo, che poi mutò in quello di Giordano vedendo l'abito religioso. Benché non ci sia conio il suo casato, tuttavia, considerando che il padre era famigliare col poeta Tansillo ed esercitava la professione di soldato, possiamo asserire, senza tema di errare, che vanno assai lontani dal vero coloro che vogliono raffigurato il nostro Giordano in quel cotai poveraccio, del quale si favella nei dialoghi De l'infinito, universo e mondi. E quantunque torni a poca cosa il conoscere onde traesse la sua origine, diremo non pertanto di passata che egli s'intitola della famiglia dei Bruni; che abitò come gentiluomo in casa del signor Castelnau di Mauvissiero, ambasciatore di Enrico III a Londra; che in tale qualità venne presentato alla regina Elisabetta, dalla quale fu onorevolmente accolto, e che in fine, nella lettera al Senato Accademico ed al Bettore dello Studio di Wittemberga, premessa al libro De lampade combinatoria Lulliana, lascia intravedere sé essere di nobile prosapia. Ma patrizio o plebeo che fosse, certa cosa è, che dovette pur sempre nel lungo e travaglioso pellegrinaggio per l'Europa provvedere al proprio sostentamento coll'opera del suo ingegno.

Citazioni[modifica]

  • Il Bruno era stato in Praga nel 1588 ed aveva dedicato a quel singolare imperatore, che fu Rodolfo II, centocinquanta tesi di geometria, riportandone assai generosa rimunerazione. Tre lustri dopo dimorava nella stessa città il più insigne matematico ed astronomo dei tempi moderni, il Keplero, dal cui nome s'intitola la gran legge che misura le orbite percorse dai corpi celesti. Il Keplero si assomigliava al Bruno in molte cose e segnatamente nella forza d'immaginazione, nell'intuizione poetica e nell'indipendenza dell'animo. Povero quanto il Nolano e come questi travagliatissimo, seppe nulladimeno lottare coraggiosamente contro ogni ostacolo e levarsi al disopra di tutto e di tutti. Stando in Praga ebbe comodità di ragionare del Bruno e di leggerne le principali opere. Onde non solo ne estimava convenientemente l'ingegno, ma professavasi altresì seguace di taluna delle opinioni di lui. Documento non dubbio del suo amore per il Bruno è la lettera di Martino Hasdale, nella quale questi significa a Galileo come il Keplero si lagnasse che esso (Galileo) avesse dimenticato di far lodevole commemorazione nel suo Nunzio Sidereo del Nolano. (p. 8)
  • [Giordano Bruno] Il cielo di Nola, i suoi colli, i suoi campi, la festività degli abitanti sono le prime e non più cancellate reminiscenze della sua infanzia. Egli ama svisceratamente questa sua terra natale, e non rifinisce di lodarla sempreché gli viene in concio di favellarne. (p. 38)
  • Nola, città della Campagna Felice fra le più antiche dell'Italia, sorge a breve distanza da Napoli e da Caserta in una pianura, cui formano quasi corona S. Elmo, S. Paolo e Casamarciano . Essa guarda verso mezzodì il Vesuvio, a settentrione i monti di Avella e di Roccarainola, ad oriente i Colli di Cicala. Ebbe già anticamente dodici porte con mura magnifiche e con torri elevate e forti, che tutta in giro la cingevano, e per le quali poté resistere a lunghi ed iterati assedii. (p. 39)
  • [I Nolani] Amavano la filosofia, le lettere, le belle arti e la mercatura, alla quale non pochi fra i più cospicui cittadini andavano debitori della loro fortuna. Si piacevano del dire ornato e senza rusticità e delle belle maniere. Coltivavano in modo speciale l'agronomia, come ci fanno testimonianza gli strumenti rurali che con molta maestria si fabbricavano in Nola. Vestivano con eleganza, vivevano lautamente, esercitavano con larghezza la ospitalità, le donne facevano pompa di collane e di gemme preziose, le case erano addobbate con gusto. La loro conversazione arguta, sarcastica e forse più sciolta, die non si convenisse, ricordava ad un tempo e la origine greca e la breve distanza che separava l'agro nolano dalla culla delle favole atellane. Nella celebrazione de' matrimonii, negli spettacoli, nelle feste popolari e persino nei riti religiosi mantenevansi gagliardi gli usi antichi Per lo che in Nola, più che nelle altre città della Magna Grecia, sentivasi potente l'alito e l'influsso della civiltà greco-latina. (p. 40-41)
  • Non reca [...] meraviglia se il soggiorno di Nola potesse tornare graditissimo in sul finire del secolo decimoquinto al Pontano, al Valla (Lorenzo), all'Attaldo, al Caracciolo, ad Aurelio Biennato, al Galateo e più tardi al Tansìllo, e a più altri valorosi cultori della filosofia e delle lettere . Il solo Sannazzaro dopo avervi fatta breve dimora ripartivasene sdegnato e la accusava di avere rifiutata l'acqua a Virgilio. (p. 41)
  • Cessato il morbo, egli, secondo il suo costume, per farsi conoscere e dare saggio del suo sapere, cominciò ad insegnare liberamente nella Sorbona. Il nostro Giordano è il vero tipo, il vero ideale del professore libero di quei tempi. In Tolosa, in Parigi, in Oxford, in Wittemberga, in Praga, in Zurigo, in Francoforte sale in cattedra e legge senza mendicare protezione o favore da alcuno. (p. 121)
  • Vi è una fisica ed astronomia nova, una matematica nova, egli iteratamente ripeteva; dunque vi deve essere una filosofia ed una teologia religiosa che alle medesime non contraddica; reputando egli perfette le mentovate scienze, comeché altre fossero appena in sul sorgere ed altre imperfettamente note. (p. 210)

Bibliografia[modifica]

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