Vesuvio
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Citazioni sul Vesuvio.
Citazioni
[modifica]- Al Vesuvio a dorso di cavallo. Vigneti sulle pendici. Arrampicata sulle ceneri. Aggrappato alla guida. Discussione. Il vecchio cratere di Pompei. Il cratere attuale è come una vecchia miniera abbandonata. L'uomo che brucia. Rosso e giallo. Tuoneggiante. Boati. Una lingua di fuoco. Sono sceso nel cratere. Liquirizia congelata. Son sceso giù in fretta. Crepuscolo. Cavalcata nel buio. (Herman Melville)
- Allora io, rivoltomi da quella parte con i miei limpidi occhi, contemplando quella figura informe e percorrendo con lo sguardo il suo aspetto, nient'altro che un ammasso nerastro di terra, dissi: quello con il dorso prominente, quello con la schiena curva e dentellata, che raggiunge e fende il cielo? Tanto distante di qui, brutto, coperto di fumo, non produce alcun frutto, né pomi, né uva, né dolci fichi: è privo di alberi e di orti, oscuro, tetro, triste, truce, vile, avaro. Ma tu[1], sorridendo: eppure è mio fratello e mi ama, e vuole bene anche a te. Osservalo bene, dunque, e non disprezzare le sue blandizie. So che non farà niente che ti sia molesto, e se non vorrai rimanerci ritornerai. (Giordano Bruno)
- Allorchè li 24. Luglio del 1788. io giunsi a Napoli, sebbene questo Vulcano non fosse in uno stato d'inazione, pure i suoi accendimenti non movevano la curiosità de' Napoletani, i quali per la contratta abitudine di averlo sempre dinanzi agli occhi, non sogliono mettersi in voglia di visitarlo, se non nelle grandi, e rovinose eruzioni. Vedevasi egli allora continuamente fumicare di giorno, e dagli elevati fumi generavasi un bianco nuvolo, che copriva il sommo del Monte, e che da' venti di nord-est spinto, e assottigliato stendevasi in larghe fila sino all'Isola di Capri. (Lazzaro Spallanzani)
- Anzio
Italia, 1944
Il Vesuvio era in piena eruzione. Il tremito del terreno, diffuso in tutta la Campania, aveva raggiunto una tale intensità che le automobili non stavano ferme neanche in piano, ma fremevano e scattavano in avanti come cavalli imbizzarriti. Nel golfo di Napoli le onde venivano risucchiate lontano dalla spiaggia, inghiottite dal mare aperto, lasciando sul fondo rimasto improvvisamente allo scopetro una scia di detriti e di creature marine. All'interno, una nube nera, enorme, restò sospesa a lungo sul vulcano prima di essere squarciata da spesse fiamme guizzanti, simili ai rebbi di un fulmine gigantesco. Dopo qualche tempo la nube cominciò ad abbassarsi fino a coprire il mare, oscurando il promontorio e cancellando alla vista l'isola di Capri. (Sebastian Faulks) - Bello è il veder, lungi dal giogo ardente, | Le liquefatte viscere dell'Etna, | Lanciati sassi al ciel. Altro fu svelto | Dal sempre acceso Stromboli; altro corse | Sul fianco del Vesevo onda rovente. (Lorenzo Mascheroni)
- Cara sorella mia, oggi il Vesuvio fuma parecchio, accidenti a tutto spiano. (Mozart)
- Comm'è bella 'a muntagna stanotte! | Bella accussì nun ll'aggio vista maje! | 'N'anema pare rassignata e stanca, | Sott' 'a cuperta 'e chesta luna janca. (Il Giardino dei Semplici)
- Davanti a me il Vesuvio. Adesso butta fiamme e fuma. Uno spettacolo straordinario! Figuratevi un enorme fuoco d'artificio che non s'arresta per un solo minuto. (Nikolaj Vasil'evič Gogol')
- Di un unico male soffre infatti quella provincia travagliata per non godere di una piena felicità, turbata com'è frequentemente dalla crudeltà di questo timore. Tuttavia non pensiamo ora che ora l'evento sia così severo: si hanno infatti segnali violenti in anticipo, affinché le avversità possano essere più tollerabili. Infatti la bocca di quella montagna, lottando contro la natura, brontola con sforzi tanto enormi che il conseguente sfogo terrorizza le vicinanze con un una scossa molto rumorosa. L'aria di quel luogo è allora offuscata dalla pessima esalazione, e lungo quasi tutta l'Italia si conosce quando quella furia si smuove. (Cassiodoro)
- E là, di fronte a noi, tutto avvolto nel suo mantello di porpora, ci apparve il Vesuvio. Quello spettrale Cesare dalla testa di cane, seduto sul suo trono di lava e di cenere, spaccava il cielo con la fronte incoronata di fiamme, e orribilmente latrava. L'albero di fuoco che usciva dalla sua gola affondava profondamente nella volta celeste, scompariva negli abissi superni. Fiumi di sangue sgorgavano dalle sue rosse fauci spalancate, e la terra, il cielo, il mare tremavano. (Curzio Malaparte)
- E mentre mi trovavo lì[2], tranquillo, la mattina di martedì 16 dicembre spuntò con un gran pennacchio di fumo sulla montagna di Somma, che chiamano anche Vesuvio, e via via che avanzava il giorno, il sole cominciò a oscurarsi, e cominciò a tuonare e a piovere cenere. Quella notte fu così spaventosa che credo non ci potrà essere nulla di simile anche il Giorno del giudizio perché, oltre alla cenere, piovevano terra e pietre infuocate simili alle scorie che i fabbri tolgono dalle fucine, e continue scosse di terremoto, tanto che quella notte crollarono trentasette case e si sentiva il rumore dei cipressi e degli aranci che si schiantavano come se li spaccassero con asce di ferro. Tutti gridavano «Miseriscordia!» ed era terribile udire quel grido. (Alonso de Contreras)
- E poi d'improvviso appari lungo la strada, Vesuvio. Mi accorgo di come la tua assenza abbia reso in questi anni i miei orizzonti vuoti. Solo guardandoti sento la sicurezza d'essere a casa e la minaccia tua costante che insegna a non perdere l'allerta. (Roberto Saviano)
- E tu pur desti agli empi sepoltura, | Terribile Vesevo, che la piena | Versi rugghiando di tua lava impura | Vicino ahi troppo alla regal Sirena. | Deh sul giardin d'Italia e di natura | I tuoi torrenti incenditori affrena; | Ti basti, ohimè! l'aver di Pompejano | I bei colli sepolto e d'Ercolano. (Vincenzo Monti)
- Ecco il Vesuvio, poc'anzi verdeggiante di vigneti ombrosi, qui un'uva pregiata faceva traboccare le tinozze; Bacco amò questi balzi più dei colli di Nisa, su questo monte i Satiri in passato sciolsero le lor danze; questa, di Sparta più gradita, era di Venere la sede, questo era il luogo rinomato per il nome di Ercole. Or tutto giace sommerso in fiamme ed in tristo lapillo: ora non vorrebbero gli dèi che fosse stato loro consentito d'esercitare qui tanto potere. (Marziale)
- [Plinio il Vecchio] Era a Miseno e teneva direttamente il comando della flotta. Il 24 agosto, intorno all'una del pomeriggio, mia madre gli indica una nube che appariva, insolita per grandezza e per aspetto. Egli aveva preso il sole, fatto un bagno freddo, mangiato qualcosa stando disteso ed ora studiava; chiede i sandali e sale in un luogo da cui si poteva osservare al meglio quel prodigio.
Per chi osservava da lontano non era chiaro da quale monte (si seppe dopo che era il Vesuvio) si levava la nube, la cui forma da nessun altro albero più che dal pino può essere rappresentata. Infatti, lanciata in alto come su un tronco altissimo, si diffondeva in rami, credo perché spinta dal primo forte soffio d'aria e poi lasciata quando quello scemava, o anche vinta dal suo stesso peso si dissolveva in larghezza: talora bianchissima, talora sporca e macchiata, a seconda che aveva sollevato con sé terra o cenere. (Plinio il Giovane) - [Goethe è ospite a Palazzo Reale della duchessa Giovene[3]] Era già cominciato il crepuscolo e non ci avevano ancora portato le candele. Passeggiavamo su e giù per la sala, quando la duchessa, avvicinandosi a un balcone con le persiane chiuse, ne aprì un battente ed io vidi quello che nella vita non si può vedere che una volta. Se il suo scopo è stato quello di sbalordirmi, devo dire che questo fu raggiunto completamente. Stavamo a un balcone dell'ultimo piano, col Vesuvio proprio di fronte; la lava scorreva; e il sole essendo tramontato da un pezzo, si vedeva la corrente di fuoco rosseggiare, mentre la fiamma incominciava a indorare la nuvola di fumo che l'accompagnava; la montagna faceva sentire profondi boati; sulla cima un pennacchio enorme, immobile, le cui differenti masse venivano squarciate ad ogni sbuffo come da lampi e illuminate a rilievo. Da lassù fino alla marina, una striscia rovente fra vapori arroventati; del resto, mare e terra, rocce e cespugli, distinti nella luce del crepuscolo, in una calma luminosa, in una pace fantastica. Veder tutto questo d'un colpo d'occhio e, a completare lo spettacolo meraviglioso, la luna piena che sorgeva dietro le spalle della montagna, era ben cosa da farmi sbalordire. Dal punto in cui mi trovavo l'occhio abbracciava tutto d'un solo sguardo e, se anche non poteva discernere i singoli particolari, non perdeva mai tuttavia l'impressione di un insieme così grandioso. La nostra conversazione, interrotta da questo spettacolo, prese una piega ancor più familiare. Avevamo sott'occhio un testo, che alcuni millenni non sarebbero bastati a commentare. (Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia)
- Il 17 aprile 1717 con molta difficoltà giunsi sulla cima del Vesuvio. Da lì vidi una vasta cavità, piena di un fumo che mi impediva di vederne il fondo e la forma. Da questa voragine uscivano suoni straordinari, che sembravano provenire dalle viscere della montagna. Erano mormorii, singhiozzi, muggiti, scuotimenti, come onde in tempesta; e di tanto in tanto uno strepito simile a un tuono o a un cannone, accompagnato da un rumore di cocci infranti, come quello che fanno le tegole quando cadono dai tetti sulla strada. (George Berkeley)
- Il cuore che batte, il respiro affannato, il tappeto di fiori che si straccia sotto i nostri passi, insetti che ci sfiorano ronzando – creano insieme un ritmo selvaggio, disperato, anapestico. Una forza della natura meridionale appena sopportabile, dolore giubilante del divenire. Tutto profumato e inghirlandato ma anche tutto pericoloso. (Felix Hartlaub)
- Il Vesuvio, dopo i ghiacciai, è la più impressionante esibizione delle energie della natura che ho mai visto. Non ha la incommensurabile grandezza, la irresistibile magnificenza né, sopra tutto, la radiante bellezza dei ghiacciai; ma possiede tutta la loro caratteristica forza, tremenda e irresistibile. [...] La lava, come il ghiaccio, striscia continuamente con un suono crepitante come quello del fuoco che si spegne. (Percy Bysshe Shelley)
- Il Vesuvio è un monte, da ogni parte isolato, che si eleva con dolce pendio, direttamente dal mare, nell'angolo meridionale della Campania, della quale è il più bello ornamento e la precipua cagione di meravigliosa prosperità, benché talvolta ne divenga, colle sue distruggitrici lave, spaventevole flagello. La sua base, press'a poco circolare, misura circa 50 chilometri di circonferenza. A levante la ridente valle del Sarno lo separa dalle rocce calcaree dell'Appennino sorrentino e nolano, a ponente il Sebeto lo divide dai crateri trachitici spenti o semispenti dei Campi Flegrei, ai quali appartengono pure le colline di Posilipo, del Vomero, di Capodimonte e di Poggioreale, che fanno corona alla regina del golfo partenopeo. (Giuseppe Mercalli)
- Il Vesuvio non appartiene forse a Napoli come L'Alhambra a Granada ? No, Napoli appartiene al Vesuvio! Il vulcano è l'essenziale, la città è l'accessorio. (Pedro Antonio de Alarcón)
- Il Vesuvio urlava nella notte, sputando sangue e fuoco. Dal giorno che vide l'ultima rovina di Ercolano e di Pompei, sepolte vive nella tomba di cenere e di lapilli, non s'era mai udita in cielo una così orrenda voce. Un gigantesco albero di fuoco sorgeva altissimo fuor dalla bocca del vulcano: era un'immensa, meravigliosa colonna di fumo e di fiamme, che affondava nel firmamento fino a toccare i pallidi astri. Lungo i fianchi del Vesuvio, fiumi di lava scendevano verso i villaggi sparsi nel verde dei vigneti. Il bagliore sanguigno della lava incandescente era così vivo, che per un immenso spazio intorno i monti e la pianura n'erano percorsi con incredibile violenza. (Curzio Malaparte)
- L'avvenimento ch'era proprio a riempir tutti gli animi di un timore troppo ben fondato, fu la terribile eruzione del Vesuvio seguita li 15 di dicembre [1631]. Questa montagna cominciò ad agitarsi con una violenza inudita, e a vomitare dei vortici di fiamme, e di fumo. Un diluvio di ceneri coprì la citta di Napoli e sparse una profonda oscurità: certi fracassi sotterranei, e certe terribili scosse di tremuoto accrebbero lo spavento che agghiacciava i più intrepidi. Ad ogni momento credevasi che la città sarebbe stata inghiottita o nabissata sotto un diluvio di pietre. Il popolo, a piedi scalzi, andava percorrendo processionalmente le strade col clero e coll'arcivescovo, e implorava ad alte grida il soccorso del cielo. Iddio si mostrò sensibile alle fervide preghiere, che gli si facevano: questo terribile flagello andò a calmarsi a capo di pochi giorni dopo avere incendiato, o atterrato un gran numero di fabbriche, spinto il mare oltre le sue rive ed arrestato il corso dei fiumi. (Pierre-Jean-Baptiste Nougaret)
- [L'eruzione del 24 agosto 79] La nube che aveva diffusa una sì densa tenebrìa nell'atmosfera, erasi concentrata in una massa compatta ed impenetrabile, ma a misura che s'addensava l’oscurità, i lampi splendevano all'intorno del Vesuvio con abbagliante chiarore. Né come al solito erano color di fiamma viva; neppure l'arcobaleno rivaleggiar poteva secoloro per la varietà delle tinte: ora azzurrini come il cielo del mezzodì, ora d'un verde livido, guizzanti come le spire di mostruoso serpente: poscia d'un rosso lurido, intollerabile all'occhio, uscendo da colonna di fumo in lontananza, e rischiarando tutta la città, per un istante , indi facendosi pallido ad un tratto come un fantasma.[4]
Allorché momentaneamente cessava la pioggia di ceneri, udivasi il sotterraneo fracasso, e muggire le onde dell'agitato mare; ed appena sensibile, ma tremendo agli infelici Pompejani, sentivasi in lontananza il fischio e il rimbombo del Vesuvio che buttava. Talvolta qualche nuvola pareva staccarsi dalla massa, e rischiarata dal lampo, assumere bizzarre figure d'uomini, o mostri lanciantisi gli uni contro gli altri, indi sprofondando nel tenebroso abisso. Agli occhi ed alla fantasia degli atterriti cittadini que' vapori apparivano quai giganteschi nemici; agenti della distruzione e della morte.[5] (Edward Bulwer-Lytton) - La pura materia morta come campo da gioco delle energie. La forma è solo il risultato della forza di gravità, da trasportare e dei sussulti dell'eruzione. Ci si sente di fronte alle nude leggi della materia della gravità e della combustione, eliminata ogni forma di vita organica. Questo è stato una volta l'aspetto del mondo dopo il raffreddamento della crosta terrestre; come poi è arrivata la vita? La scissione insuperabile fra il mondo degli atomi e dell'energie e il principio della forma creatrice. Siamo ancora più nel profondo che alle "Madri". (Felix Hartlaub)
- Mentre d'ampia voragine tonante | fervido vedi uscir parto mal nato, | piover le pietre e grandinar le piante, | spinte al furor d'impetuoso fiato, | e i verdi campi già sì lievi avante | coprir manto di cenere infocato, | e 'l volgo saettar smorto e tremante | solfurea parca, incendïoso fato: | – Ahi! – con lingua di foco ei par che gridi | arde il tutto, e sei pur alma di gelo; | tu nel peccar t'avanzi e 'l mar s'arretra. | Non temi, e crollar senti i colli e i lidi; | non cangi stato, e cangia aspetto il cielo; | disfassi un monte, e più il tuo cor s’impetra! (Giambattista Basile)
- Mentre io stavo seduto sulle rovine della villa di Giove, contemplando lo splendido golfo irradiato dal sole, il Vesuvio che fumava mi parve quasi il Tiberio della natura, e pensai che spesso da questo punto Tiberio lo contemplasse cupo e pensoso, ravvisando la sua stessa immagine personificata nel demonio della distruzione. Nel contemplare il vulcano e ai suoi piedi la fertile Campania e il mare avvolto di luce, il monte solitario che terribile signoreggia quella felice regione mi sembrò quasi un simbolo della storia dell'umanità ed il vasto anfiteatro di Napoli la più profonda poesia della natura. (Ferdinand Gregorovius)
- Napoli era, in primo luogo, il Vesuvio. Quanti turisti contemplarono l'abisso fumante: quanti pittori rappresentarono quel fuoco incandescente e sontuoso. Arrivato lassù, seduto presso la bocca del vulcano, il viaggiatore vedeva, a intervalli, Portici, Capri, Ischia, Posillipo, il mare disseminato dalle vele bianche dei pescatori e la costa ricamata d'aranci del golfo di Napoli: il Paradiso più radioso visto dal bordo dell'Inferno. Poi scendeva: affascinato dal caos, cercava di descrivere il caos con la precisione di Piranesi. Ma presto si accorgeva che la natura «sa diffondere le sue grazie anche sugli oggetti più orribili.» (Pietro Citati)
- Nelle sue falde si fanno i vini più squisiti chiamati da' Napoletani Lagrima e Greco, e frutta le più delicate; e ciò si attribuisce alle ceneri che cadono dal Monte sul sottoposto terreno, le quali impregnate di solsi, e mischiate colle acque piovane rendono fertilissime le campagne, e più saporose l'erbe e le frutta. (Giuseppe Sigismondo)
- Quann' 'o Vesuvio tene 'a cappa , si nun chiove ogge , dimane nun scappa. (proverbio napoletano)
- Questo è il panorama del Vesuvio, | dal di dentro sei per noi più comprensibile | ed affine, solo, in questa affinità | si cela una minaccia –, e non per scherzo: | Batjuskov a poco a poco perse la ragione, | e non è forse qui che, un tempo, | Baratynskij fu deposto in una bara di cipresso? | Troppo rischiosa è la sorte di quelli – io no | – | che si presero troppa confidenza. (Maksim Amelin)
- Questo Vesuvio, mia buona amica, è uno spettacolo imponente ed augusto. Sfortunatamente non posso vederlo dalla mia finestra; lo si vede però da qualsiasi posto, anche solo a cento passi dalla mia casa, come un immenso fanale nella notte. Una forte eruzione come quella del 1814, per esempio, deve essere uno spettacolo incredibile. La montagna è così vicina alla città, ed il pendio vi porta in modo così diretto che la formazione di un nuovo cratere, e ogni eruzione ne forma uno nuovo, la metterà in gran pericolo. I napoletani, del resto, non ci pensano; sono come i marinai, che dimenticano che solo una tavola li separa dall'abisso, e si è tentati di dimenticare, al cospetto di una natura tanto bella e ridente, come il pericolo possa essere anche ravvicinato dal godimento. (Klemens von Metternich)
- Qui su l'arida schiena | Del formidabil monte | Sterminator Vesevo. (Giacomo Leopardi)
- Questi campi cosparsi | di ceneri infeconde, e ricoperti | dell'impietrata lava, | che sotto i passi al peregrin risona; | dove s'annida e si contorce al sole | la serpe, e dove al noto | cavernoso covil torna il coniglio; | fûr liete ville e cólti, | e biondeggiâr di spiche, e risonâro | di muggito d'armenti; | fûr giardini e palagi, | agli ozi de' potenti | gradito ospizio; e fûr cittá famose, | che coi torrenti suoi l'altèro monte | dall'ignea bocca fulminando oppresse | con gli abitanti insieme. Or tutto intorno | una ruina involve, | ove tu siedi, o fior gentile, e quasi | i danni altrui commiserando, al cielo | di dolcissimo odor mandi un profumo, | che il deserto consola. A queste piagge | venga colui che d'esaltar con lode | il nostro stato ha in uso, e vegga quanto | è il gener nostro in cura | all'amante natura. E la possanza | qui con giusta misura | anco estimar potrá dell'uman seme, | cui la dura nutrice, ov'ei men teme, | con lieve moto in un momento annulla | in parte, e può con moti | poco men lievi ancor subitamente | annichilare in tutto. | Dipinte in queste rive | son dell'umana gente | «Le magnifiche sorti e progressive». (Giacomo Leopardi)
- Santo Iddio, che figluolo addormentato che mi è toccato mettere al mondo. Fossi nata io maschio, non sarei stata certamente qui a guardare il Vesuvio. (Giovanni Comisso)
- Romba, romba il Vesuvio, proprio su noi, proprio su tutti: alto è l'incendio del cratere, oramai, nella sera che discende: si erge, spaventosa, innanzia noi, la duplice massa bruna e mostruosa delle due lave immota: ardono, esse, profondamente, le lave: e, intanto, una pazzia è nelle persone, popolani, contadini, signori, indigeni, napoletani, stranieri, come una tragica gazzarra è intorno a quel passaggio di tragedia, fra il pericolo appena scongiurato di ieri, fra il pericolo non scongiurato di questa notte, di domani! (Matilde Serao)
- Rosso vapor n'uscia per l'aura fuora, | come il Vesevo dall'ignito grembo | spesso manda un vapor, che dell'aurera | talor si perde nel rosato lembo: | lucid'alme spedite ad ora ad ora | vedeansi trasparir tra 'l roseo nembo | e galleggiando per lo ciel sereno | salian quasi faville al sole in seno... (Angelo Maria Ricci)
- Se in una bella mattinata, prima che arrivi la schiera dei visitatori, camminiamo tra i vicoli della resuscitata Pompei, il nostro sguardo, oltre le mura dove le lucertole prendono il sole, torna sempre a cadere sulla cima tetra che si staglia nel cielo. Le abbiamo qui entrambe: la storia della Terra e quella del mondo, dentro la stessa cornice, nello stesso quadro. Come il teschio per il monaco nella sua cella, così per noi quell'altura bruciata nella campagna feconda è un monito che ricorda non solo il destino delle città e dei popoli, bensì, in assoluto, il divenire e il trapassare. (Ernst Jünger)
- Si narra parimenti, essersi anticamente acceso il fuoco sotto il Vesuvio, e bollendo essersi versato inondando le vicine campagne: onde quella pietra che si chiama ora spugna, o sia pomice Pompeiana, pare che sia stata un'altra sorta di pietra ridotta poi dal fuoco a questa qualità. (Marco Vitruvio Pollione)
- Sotto il regno di Teodorico avendo di nuova fatta piangere, e lamentare la vicina Campania tornò ad esser soggetto di esecrazione, e di orrore, e nella barbarie de' seguenti secoli crebbe l'odio contro di lui tanto, che fu chiamato bocca infernale, d'onde non mancarono romiti che vedessero uscire ed entrare frequentemente anime di dannati: né morì principe cattivo, ed odioso al suo popolo che non si trovane chi sulla sua fede attestasse aver vedute molte nere ombre di satelliti destinati a condurlo nell'eterna pena. (Ferdinando Galiani)
- Vegliardo gigante sempre desto | rischiara il cielo col suo fiato ardente. (Ivan Vazon)
- Vegna Vesevo, e i suoi dolor racontici. | Vedrem se le sue viti si lambruscano | e se son li suoi frutti amari e pontici. | Vedrem poi che di nubi ognor si offuscano | le spalle sue, con l'uno e l'altro vertice; | forse pur novi incendii in lui coruscano. (Jacopo Sannazaro)
- [Il] Vesuvio, questa specie di Moby Dick nostrano. (Michele Prisco)
- Il tempo era calmo e bellissimo: la lava splendeva contro il suolo buio come un'immensa costellazione, e la luna diffondeva più luce che al Nord il mezzogiorno in una giornata coperta d'autunno.
- Raggiungemmo Napoli, proprio mentre il Vesuvio era in piena attività: la lava scendeva dal monte oscuro, tracciando radici di fuoco al pino di fumo. Andai a vedere l'eruzione con Hertz e qualche altro scandinavo: la strada sale tra i vigneti e oltrepassa edifici isolati. Ben presto la vegetazione diede luogo ad arboscelli non più grandi di giunchi, e il crepuscolo era una meraviglia per gli occhi.
- Tra i monti viola dorme | Napoli bianco vestita, | Ischia sul mare fluttua | Come nube purpurea; | La neve tra i crepacci | Sta come studio candido di cigni; | Il nero Vesuvio leva il capo | Cinto di rossi riccioli.
- Il Vesuvio è un monte della Campania, non congiunto ad altro monte, abbondante in ogni parte di vigne e frutteti. Dal lato di Scirocco giace ai suoi piedi Pompei, e, quasi di Scirocco, Sarno, e, più lontana Benevento. Dal lato di Grecale giace Capua e da quello di Maestrale vi è Napoli dei Calcidensi, detta Partenope. Da mezzo questo, vicino la cima, usciva, con grandissima paura dei contadini, tanto fumo da ricoprire tutta la regione.
- Nella montagna esiste ancora una grande apertura, chiaro testimone dell'avvenuto incendio. Alle radici di questa avvenne una battaglia famosa tra Romani e Latini, nella quale Publio Decio, console, per ottenere la vittoria si dedicò agli Dei profondi, e quindi morì. I contadini odierni chiamano frequentemente tutto questo monte la Somma.
- Questo vulcano, come ognun sa è visibile da tanti punti del nostro Napoli, che la sua presenza si rende spettacolo permanente. Ma chi l'osserva non lo guardi come motore, o come divoratore e consumatore, ma lo guardi come creatore attivo di quanto abbiamo con noi, poiché l'ingegno, l'operosità, la gesticolazione, il discorrer molto, l'urtarsi, il minacciar con le mani innanzi, non son che impulso Vesuviano. Quella facoltà eruttiva che han molte terre napoletane, l'argillo della napolitana creatura possiede, e la fibra mossa e rimossa degli operosi fluidi elettrici e magnetici fa del napolitano spesso un pazzo piacente o un sincero curioso.
- Il sorgere del sole in sul Vesuvio è magico spettacolo, però le ascensioni soglionsi regolare secondo i tempi e le stagioni, per trovarsi presente a quel sorgere. Suol dirsi che Napoli abbia un gran nemico, il Vesuvio. Chi non ne ha? Altrove è un fiume, forse, altrove un lago, altrove l'aria pestilente. Nessuno di questi distruttori e consumatori dell'essere umano Napoli presenta. Contentiamoci dunque come un poeta diceva:
...dell'alto monte | Che di fumo e di foco ha serto in fronte.
anziché di qualche
Fiumicello orgoglioso | Ignobil figlio di non chiara fonte.[6] - Nel cominciamento delle eruzioni vedi sull'alto sovente, un rosso rubino, un punto infuocato: in breve quel rubino, quel carbonchio, screpola, e manda giù le scorie che rivelano il fuoco precipitevole. Anche la lava è sovente bella a vedere. Sembra quasi procedere con saviezza lenta e pensosa, tenendo il suo alveo, e le si va da costa, piacevolmente, ma al sopraggiungere improvviso di nuove scaturigini si dilata, e rompe gli orli.
Molte volte adunque il fuoco del Vesuvio non atterrisce – è teatrale. - Il Vesuvio minaccia sempre nuove prede, e dopo il pasto ha più fame che pria[7].
- È il vulcano con la più alta concentrazione di crimini ambientali, potendo vantare per il recente passato il triste primato di discariche abusive e non, con il deposito di materiali anche tossici, di abusivismo edilizio, di incendi boschivi, di cave abusive e di un controllo del territorio da parte di organizzazioni malavitose.
- Il primo vulcano al mondo in cui è stata descritta la flora e o rapporti tra questa e le attività eruttive è, neanche a dirlo, il Vesuvio.
- Il Vesuvio è anche il vulcano più ricco di storia e di cultura. Non c'è solo la storia delle eruzioni, la storia delle scoperte scientifiche della cultura vulcanologica e naturalistica, c'è anche quella dei grandi viaggiatori europei, attratti dall'unica montagna vulcanica continentale attiva d'Europa.
- Il Vesuvio rappresenta quindi il primo vulcano della storia di cui è stata descritta scientificamente un'attività eruttiva. È anche il vulcano che ha provocato la formazione di una delle aree archeologiche più importanti e più visitate del pianeta, facendo tutt'ora da scenario imponente, maestoso e minaccioso a chi si reca in visita agli scavi di Pompei, Ercolano e Oplonti.
- Quello del Somma-Vesuvio è il più piccolo Parco nazionale d'Italia, ma certamente uno dei più ricchi di natura, storia, arte, cultura, problemi sociali, turismo e di tutto quanto è stato detto e scritto finora del vulcano.
- Egli possiede il fascino della ferocia tranquilla, le attrattive della bellezza ruvidamente accoppiata alla modestia; è il gran delinquente dalle bellissime forme che tutti ammirano perché è feroce, che tutti amano perché è bello.
L'Arcangelo Michele è un poliziotto volgare; Lucifero è un eroe. - Il fascino di questo abbrustolito Prometeo, che ravviva con la sua anima di fuoco tutte le membra della bellissima sfinge posata voluttuosamente ai sui piedi, è qualche cosa di strano, qualche cosa di irresistibile.
Scendete alla riva di Santa Lucia, o a Mergellina; salite alla rocca di Sant'Elmo, al Vomero, a Posillipo, a Capodimonte, od in qualunque altro luogo, donde si scorga la sua mole fantastica, e contemplate. - Il Vesuvio è il core, è l'anima, è il sunto di tutti gli splendori del Golfo; è il rubino gigantesco che sta come il fermaglio in questa collana di perle composta nel cielo, forse per adornarne il seno di Venere, e smarrita fra le alghe dal Genio della spensieratezza.
- L'aspetto del Vesuvio, quella notte, era troppo solenne. La insolita vivacità che lo animava, presentava ai nostri sguardi uno di quei grandi spettacoli della natura, davanti ai quali ci sentiamo forzati a contemplare attoniti e silenziosi.
- Togliete a Napoli il Vesuvio, e la voce incantata della sirena avrà perduto per voi le sue più dolci armonie.
- Da tre giorni è ricomparso il fuoco alla cima del Vesuvio, e intorno alla montagna si sono sentiti dei terremoti. Vi son salito lo scorso sabato con mio nipote lord Greville. Abbiamo udito muggiti interni, fischi, colpi di pietre, e fummo obbligati ad allontanarci rapidamente dal cratere a causa delle pietre che lanciava.
- Dal mese di novembre fino al 28 marzo 1766, giorno in cui iniziò l'eruzione, il fumo aumentò e fu accompagnato da ceneri che si diffusero e danneggiarono i vigneti. Pochi giorni prima dell'eruzione vidi il fenomeno descritto da Plinio il Giovane e che fu fatale al Naturalista: cioè il fumo nero prese la forma di pino. Il fumo, che da due dì sembrava nero durante il giorno, all'avvicinarsi dell'eruzione assumeva di notte l'aspetto di fiamma.
- Durante un anno intero non ho notato alcuna variazione degna di nota nel Vesuvio. Ho solo osservato che il fumo era maggiore con il tempo cattivo che non con il buono; e ho spesso udito da Napoli le esplosioni interne del monte, quando il tempo era cattivo. Quando sono stato alla sommità del Vesuvio con il bel tempo ho trovato così poco fumo che mi era possibile vedere bene nel cratere, le cui pareti interne erano incrostate di sali e minerali di colori diversi, bianco, verde, giallo carico e giallo pallido.
- E già avevi concepito il disegno di piangere in un pietoso canto l'eruzione del Vesuvio e di ripagare coi tuoi lamenti i danni subiti dalla tua patria allorché il Padre svelse dal suolo il monte, lo sollevò sino alle stelle e lo riversò per larga estensione sulle misere città.
- Oh, mirabile senso di fiducia! Crederà mai la futura generazione degli uomini, quando di nuovo verdeggeranno le messi, quando ormai si copriranno di verdi erbe questi luoghi ora deserti, che sotto i loro piedi giacciono sepolte città e popolazioni e che antichissime campagne sono state da per tutto inghiottite dal mare?
- Non a tal punto il cratere del Vesuvio e la tempesta di fuoco del terribile vulcano privò dei suoi abitanti le atterrite città: esse stanno in piedi e sono fiorenti di popolazione.
- Ieri sono salito sul Vesuvio: la più grande fatica che abbia fatto in vita mia. La cosa diabolica è arrampicarsi sul cono di cenere. Forse entro un mese tutto ciò sarà cambiato. Il preteso eremita spesso un bandito, convertito o meno: buona idiozia scritta nel suo libro, firmata da Bigot de Preameneu. Occorrerebbero dieci pagine e il talento di Madame Radcliffe per descrivere la vista che si gode mentre si mangia la frittata preparata dall'eremita.
- Sul cratere c'è un piccolo pan di zucchero, che getta delle pietre rosse ogni cinque minuti.
Note
[modifica]- ↑ L'autore si rivolge al monte Cicala, nel territorio nolano.
- ↑ Nola, città in cui Contreras era di guarnigione.
- ↑ Giuliana, duchessa di Giovine (1766-1805), moglie del duca Nicola di Girasole, dama di corte della regina Maria Carolina.
- ↑ Nota del traduttore: "Like the ghost of its own life. Così il testo."
- ↑ Dione Cassio. Cfr. nota 2, p. 149, Gli ultimi giorni di Pompei.
- ↑ Gli ultimi due versi citano Fulvio Testi, Ruscelletto orgoglioso.
- ↑ Citazione dalla Divina Commedia, I, 99.