Christopher Hitchens

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Hitchens nel 2007

Christopher Hitchens (1949 – 2011), giornalista e scrittore britannico naturalizzato statunitense.

Citazioni di Christopher Hitchens[modifica]

  • Alle agenzie di soccorso l'Eritrea piace perché è onesta e aperta, e perché il denaro non viene succhiato da tasche sparse lungo il percorso. Amano l'Eritrea anche perché, in una zona instabile, va contro la marea di settarismo religioso e tribale. Accanto, in Sudan, un jihad di proporzioni rivoltanti è condotto da fanatici musulmani a Khartum contro i cristiani e gli animisti del sud, e contro le idee secolari. Sapete com'è in Somalia; non più uno Stato, e a malapena una nazione. In Yemen, oltre il mare, un bagno di sangue politico e sociale.[1][2]
  • Ataturk (che probabilmente era un ateo convinto) poteva accreditarsi da sé come laico proprio perché aveva sconfitto ignominiosamente tre invasori cristiani. Eppure, per decenni, gli stati occidentali hanno febbrilmente cercato un altro Mustafa Kemal, qualcuno in grado di dare la scossa alla modernizzazione d'una comunità musulmana in suo nome. Per un po', pensarono che il modello avrebbe potuto essere Gamal Abd el-Nasser. Poi c'era lo Scià d'Iran. Hanno persino preso in considerazione personaggi come Saddam Hussein, Zulfiqar Ali Bhutto e altri personaggi che vivranno nell'infamia. Ma nessuno si è mai avvicinato ad Ataturk per autorità e autenticità. Durante il suo regno, fu abolito il grande califfato, e l'antico regime del celestiale e del sublime fu ridotto a un sogno per il quale solo pochi visionari ascetici e settaristi dimostrarono un vero interesse. Fino a tempi recenti, la Turchia moderna mostrava tutti i segni di evolversi in uno stato capitalista standard nella periferia europea.[3][4]
  • Bel posto, lo Zaire. È grande quanto gli Stati Uniti a est del Mississippi, ed è il secondo paese francofono più grande del mondo. Ha un'abbondanza colossale di risorse, situato com'è su vasti depositi di rame, cobalto e diamanti, tanto meno la sua immensa rete fluviale e la sua ricchezza di selvaggina e terra agricola. È stato il recipiente della grande generosità di ogni stirpe d'ente prestatore. Avrebbe potuto sprigionarsi dal «Terzo Mondo» una generazione fa. Invece, è diventato l'archetipo dello sfruttamento del sottosviluppo, una cosa che sia Waugh che Conrad non si sono disturbati a immaginare.[5][2]
  • C'era un tempo in cui i nostri editorialisti sul feto avrebbero orgogliosamente fatto eco a Gloria Steinem, dicendo che la sua esistenza indubitabile e necessaria non poneva un problema perché era "una massa di protoplasma dipendente" senza distinzione e maggiore dignità di un'appendice fiammeggiante. Sono sempre stato persuaso dal fatto che l'espressione "bambino non nato" sia una genuina descrizione della realtà materiale. Ovviamente il feto è vivo, quindi la disputazione se debba o meno essere considerata "una vita" è casuistica. Lo stesso si applica, da un punto di vista materialistico, alla questione se questa vita sia o no "umana". Cos'altro potrebbe essere? Anche per la sua "dipendenza", questo fatto non mi ha mai convinto, così come la radicale critica di ogni agglomerato di cellule umane in qualunque stato esse siano. Anche i bambini sono "dipendenti". Chiunque abbia visto un sonogrammo o abbia speso un'ora su un manuale di embriologia sa che le emozioni non sono il fattore decisivo. Al fine di terminare una gravidanza, devi ridurre al silenzio un cuore che batte, spegnere un cervello che cresce e, al di là del metodo, rompere delle ossa e distruggere degli organi.[6]
  • Ci sono bambini ebrei esposti all'herpes a New York; migliaia di giovani americani che porteranno per tutta la vita i segni dello stupro e degli abusi subiti da parte dei preti cattolici; prelati e mullah che negano l'esistenza dell'aids… La fede non minaccia solo la nostra salute mentale. Chiunque affermi che il male merita la protezione della legge è colpevole né più né meno di quei vecchi sporcaccioni che si divertono a infliggerlo. Peccato che l'inferno non esista.[7]
  • Credo che Mugabe fosse [...] spinto in uno stato permanente di rabbia dall'adulazione riversata in tutto il mondo su Nelson Mandela, un riconoscimento di lode e apprezzamento che sentiva più giustamente dovuto a lui. Poi, covando questo rancore, decise di privare il suo infelice paese di tutto quello che potesse rammentare a chiunque l'eredità di Mandela.[8][9]
  • David Irving non è solo uno storico fascista, ma anche un grande storico del Fascismo.[10][11]
  • [Sul Pakistan] Eccovi una società in cui lo stupro non è un crimine. È una punizione. Le donne possono essere condannate allo stupro, da tribunali tribali e religiosi non ufficiali, se solo una voce riguardante la loro impudicizia rechi imbarazzo ai maschi della loro famiglia. In un contesto così oscenamente distorto, il termine controparte della vergogna, che è la nobile parola "onore", diventa più spesso associato con la parola "uccisione". Il coraggio morale consiste nella disponibilità a massacrare la tua propria figlia.[12][13]
  • Essendo sopravvissuti alle depredazioni di Mussolini, al tentativo del colonialismo britannico di dividerli su linee tribali, e a tre decenni di sanguinosa occupazione ed oppressione etiope, gli eritrei hanno realizzato qualcosa di eccezionale. Si sono sbarazzati della tutela esterna, pur conservando il meglio dell'Italia (il cibo e l'espresso, sebbene persino l'ammiratore più fervente non possa lodare il vino, che sa di acqua antiparassitario, il meglio dell'Inghilterra (il traffico pedonale ad Asmara è diretto da Girl Scouts dalle calze bianche modeste ma efficienti), e gran parte dei contatti utili con l'Etiopia.[14][2]
  • [Parlando dei fondamentalisti islamici] Essi non ci danno pace e neppure noi dobbiamo dargliene. Non possiamo vivere sullo stesso pianeta, e sono contento, perché io non voglio viverci. Non voglio respirare la stessa aria di quegli psicopatici assassini, stupratori, torturatori, e abusatori di minori. È questione di "o io o loro". Sono veramente felice di questo, perché so che saranno loro. È un obbligo e una responsabilità sconfiggerli, ma è anche un piacere. Non lo vedo affatto come un lavoro sporco.[15][16]
  • Evidentemente il col. Mu'ammar Gheddafi è entrato nella lista dei dittatori squilibrati la cui accettabilità è al termine ed è impensabile che emergerebbe dall'attuale confronto con il controllo su qualche parte del paese. Altrettanto ovviamente, dovremo andare a Tripoli per rimuoverlo. Ma non lo faremo alla retroguardia di qualche esercito vittorioso di insorti. In Afghanistan abbiamo potuto rivolgere un appello a combattenti fieri e temprati sotto la forma di un'Alleanza del Nord. In Iraq, le milizie curde peshmerga avevano liberato da Saddam Hussein parti sostanziali del paese sotto la protezione della nostra "no-fly-zone." Ma i cosiddetti ribelli libici non si limitano a sparare in aria mettersi in posa per le cineprese. Fuggono, litigano fra di loro, e non sono cementati da nessuna tradizione storica di resistenza o di comune esperienza. Sono marmaglia, in altri termini, e il momento opportuno per inviare addestratori e "consiglieri" sarebbe dopo che Gheddafi è sparito, quando sarà effettivamente utile e necessario offrire strutture e consiglio ad un esercito libico ricostituito. Nel frattempo, è ridicolo ed imbarazzante essere la loro aviazione.[17][18]
  • Guàrdati dall'irrazionale, per quanto seduttivo. Rifuggi dal "trascendente" e da tutti quelli che invitano a subordinarti o ad annientarti. Diffida della compassione; preferisci la dignità per te e per gli altri. Non aver paura di essere considerato arrogante o egoista. Immàginati tutti gli esperti come se fossero mammiferi. Non essere mai spettatore dell'ingiustizia o della stupidità. Cerca la discussione e la disputa per il piacere che ti danno; la tomba ti offrirà un sacco di tempo per tacere. Dubita delle tue stesse motivazioni e di ogni giustificazione. Non vivere per gli altri più di quanto tu ti aspetteresti che gli altri vivano per te.[19][20]
  • Ho deciso di fare il giornalista perché non volevo fare affidamento sulla stampa per avere delle notizie.[21][22]
  • [...] Il collasso del sistema di Gheddafi è inevitabilmente assoluto e completo. Esso è simbolizzato in modo preciso dalle statue abbattute e dai manifesti strappati e fatti a pezzi, che raffiguravano Il Leader in varie uniformi e insegne che nel corso degli anni aveva disegnato personalmente. L'effetto sub-Mussolini; la combinazione di Ruritania e del Gulag, un certo stile di neofascista pacchiano e kitsch sarà praticamente tutto ciò che resta da studiare. Quanto al resto un ininterrotta tendenza di annientamento culturale e di cancellazione di qualsiasi concetto di istituzioni indipendenti e autonome. Ho cercato di evidenziarlo nelle primissime settimane del crollo: un paese immensamente ricco con una popolazione molto piccola, e guarda i loro denti! I loro vestiti! Questa povertà e mediocrità patetiche, se messe di nuovo a confronto con il petto agghindato di Gheddafi e la serie di palazzi, si sono adesso combinate con il ricordo dell'impotenza e della complicità forzata, per generare un autentico sentimento di rivolta e di furia (cosa che è sicuramente salutare) insieme ad un'attanagliante sensazione di aver sprecato anni e di avere trovato troppo tardi il coraggio (cosa che può risultare non propizia) alla costruzione del paese.[23][24]
  • Il terrorismo è la tecnica di pretendere l'impossibile, e di pretenderlo in punta di cannone.[25][26]
  • Immaginate quattro decenni in cui la partecipazione obbligatoria a un simile rituale – baciare i piedi del tuo padrone e gridare in coro le sue lodi – era un'attività culturale rilevante. Gheddafi era così dipendente da questa messinscena sadomasochistica che, insieme ai suoi orribili figli, la continuò fino agli ultimi minuti. Così, ovviamente, fece anche Saddam Hussein. Così, mentre parliamo, fa Bashar Assad. Nello stato da incubo così amato da tali reggenti fantasiosi, non basta la mera acquiescenza o sottomissione. Devi diventare qualcuno che partecipa pienamente alla sua stessa oppressione, e trovare in te stesso la forza di adorare la collettivizzazione dell'entusiasmo obbligatorio.[27][24]
  • Immagino che sia possibile che l'arresto del Gen. Ratko Mladić sia così anticlimatico e privo di complicazioni come sembra e che nel corso degli ultimi anni egli sia stato fuori dall'elenco degli attivi e a poco a poco sia divenuto, nei ricordi dei veterani, un vecchio brontolone derelitto con qualche ruga sgradevole. Le sue esigenze sarebbero state probabilmente modeste e ridotte: qualche bicchierino di slivovitz in compagnia di un prete indulgente (di solito è la Chiesa ortodossa serba che attiva la rete di sostegno e assistenza per criminali di guerra esausti o ricercati ) e un'occasionale battuta di caccia o un'escursione sciistica. Benché vi sia qualcosa di vagamente soddisfacente in questa banale conclusione – la figura del malvagio pieno di energia ridotto ad un guscio di esausta stremata banalità – c'è in essa anche qualcosa di repellente.
    In quanto anziano pensionato confuso o lavoratore a riposo, Mladić rischia di destare la solidarietà dei locali così come avvenne per John Demjanuk, ma questo a pochi anni di distanza dalle originarie atrocità e non diversi decenni. Mladić fu, inoltre, il direttore e l'organizzatore dei massacri di massa a Srebrenica e Zepa (come pure dell'osceno bombardamento della città aperta di Sarajevo), e non un semplice esecutore di ordini. Il nuovo e presunto governo riformista serbo non è del tutto privo di responsabilità per questo momento di nullità e confusione morale, poiché sembra considerare l'arresto di Mladić e del suo capo politico Radovan Karadžić come poco più che un episodio nell'arroventarsi delle relazioni di Belgrado con l'Unione Europea. Non è necessario essere uno sciovinista serbo praticante per trovare qualcosa di un po' triviale e sordido in questo calcolo.[28][29]
  • La grande vulnerabilità degli stati retti da un solo uomo – la loro intrinseca fragilità e la nostra grande speranza – è precisamente questa caratteristica che li definisce. Per terrificanti che fossero Milošević e Saddam e per quanto impressionanti molti considerassero le loro forze di sicurezza d'élite, hanno dimostrato di essere, sotto forte pressione, ciò che Mao Tse-tung era solito chiamare "tigri di carta". Un solo individuo delirante doveva crollare, o essere abbattuto, ed era finita. E in confronto ai due già nominati, Gheddafi è praticamente una nullità. Ti è capitato di vedere il suo recente La corsa più pazza d'America per le strade, mentre gesticolava istericamente dal retro di un pick-up? Poteva essere molte cose, fuorché impressionante o spaventoso.[30][18]
  • La parola "Pakistan" è un acronimo di Punjab, Afghania, Kashmir, e Indus-Sind, e significa, in urdu, "Terra dei puri". Coloro che ricevettero il territorio confessionalmente "puro" procedettero ad espellere o massacrare tutti quelli che appartenevano alla religione "sbagliata" nel "luogo sbagliato". Il Mahatma Gandhi disse ai britannici che avrebbero dovuto tagliarlo in due prima di spartire il paese. Ma tutto invano. Era così sconvolto da questo tradimento – il "divide et impera" degenerato in "dividi e scappa" – che rifiutò di partecipare ai festeggiamenti dell'indipendenza.[31][32]
  • La religione è usata da coloro che rivestono cariche temporali per investirsi dell'autorità.[33]
  • La stampa ha quasi completamente fallito nel fare il suo dovere, quello di indagare e rivelare.[34]
  • Le due grandi prove per la società Eritrea saranno, e sono già, il superamento delle divisioni tribali e religiose, e l'emancipazione delle donne. Entrambi i compiti sono agevolati dalla natura della guerra che l'Eritrea ha combattuto; una guerra di popolo che coinvolgeva entrambi i sessi fianco a fianco in combattimento. Sebbene il paese sia diviso in nove gruppi etnici e tre religioni principali, la solidarietà che ne è emersa è più che retorica.[35][2]
  • Madre Teresa era meno interessata ad aiutare i poveri di quanto lo era nello sfruttare quella situazione di immenso squallore per diffondere il suo credo da fondamentalista cattolica.[36]
  • Madre Teresa può o non può avere aiutato i bisognosi, ma non è mai stata famosa per aver disturbato i potenti.[36]
  • Milošević non aveva esattamente il potere psicopatico d'un Saddam Hussein o d'un Osama Bin Laden. Apparteneva a quel genere più pericoloso di persona: il funzionario mediocre e conformista che resta in attesa e maschera i suoi rancori. Da burocrate ascese al potere supremo, e sebbene abbia cavalcato un'ondata di fervore religioso e xenofobo, è perfettamente plausibile che non gliene sia mai veramente importato nulla dei totem e dei simboli che egli sfruttò. Sia in ufficio che sul banco degli imputati, incarnava la banalità del male. Nell'eccellente libro del 1995, The Death of Yugoslavia, scritto da Laura Silber e Allan Little, e nella raffinata serie tv girata dalla Bbc che l'accompagnava [Yugoslavia - Morte di una nazione], si può assistere alle tattiche meschine e al cinico opportunismo che egli adoperò come un pigro verme nel cuore dello stato che continua senza rimorsi ad ingozzarsi. A quanto pare ebbe un solo vero amico; la sua adorabile moglie ideologa, Mirjana Marković, che lo tirava su col morale parlando a proposito della sua figura dal volto impassibile e dalle grandi orecchie, e del suicidio di entrambi i suoi genitori. Guàrdatevi da quelle nullità rancorose che entrano in politica per motivi terapeutici.[37][38]
  • Non c'è assolutamente alcun mistero nella domanda «perché ci odiano?», almeno per quanto riguarda il Pakistan. Ci odiano perché sono indebitati con noi e sono dipendenti da noi. I due principali simboli dell'orgoglio pakistano – il suo esercito e il suo programma nucleare – fagocitano totalmente la condiscendenza ed il mecenatismo americano.[39][13]
  • "Oggi", scriveva il ministro [delle finanze], "molti afgani sono convinti che non è la droga, ma una guerra sbagliata contro la droga a ostacolare la loro economia e la nascente democrazia". [..]
    Non ci si chiede mai [...] cosa succederebbe se quell'attività fosse legalizzata e tassata: una soluzione che la sottrarrebbe al controllo della mafia e farebbe arricchire in breve tempo un gran numero di contadini afgani. Vent'anni fa i principali prodotti di esportazione del paese erano l'uva e l'uvetta. La sua era una cultura dei vigneti. Ma molti di quei vigneti – se non quasi tutti – sono stati lasciati seccare o abbattuti, o addirittura sradicati per ricavarne legna da ardere, nel corso di questi decenni di guerre.
    Un afgano che fosse tanto ottimista da piantare oggi una vigna dovrebbe aspettare cinque anni prima di poterne trarre profitto, mentre se pianta papaveri li vedrà fiorire entro sei mesi. Che fareste voi, se la vostra famiglia fosse alla fame? I funzionari americani incaricati di sradicare queste colture sono tutti convinti di sprecare il loro tempo.
    Non ci vuole molto per capire come ha sempre funzionato il proibizionismo o per sapere che la domanda dei consumatori americani è così forte da superare qualsiasi tentativo di frenare l'offerta. Tutto questo lo sappiamo già dalle atroci esperienze in Bolivia, Colombia e Messico.[40]
  • Quel che si sostiene senza prove può essere rigettato senza prove.[41][42]
  • Sapevo che avremmo finito col parlare di beneficenza, ed è qualcosa che io prendo molto seriamente, perché, signore e signori, siamo la prima generazione che davvero sa quale è la cura per la povertà. Si è tenuta nascosta per moltissimo tempo. La cura della povertà ha, in realtà, un nome: si chiama potere alle donne.
    Se diamo alle donne controllo sul tasso della loro riproduzione, se gli diamo il diritto di parola, se le tiriamo fuori dal ciclo animale della riproduzione nel quale la natura e alcune dottrine religiose le hanno condannate; se seminiamo bene, non solo la povertà in quel villaggio, ma anche la salute e l'educazione, aumenteranno. Proviamolo in Bangladesh e in Bolivia, funziona sempre. Ditemi una religione che professa questo, o che mai lo ha fatto.[43][44]
  • [Riguardo al proprio cancro terminale all'esofago] Se mi converto è perché è meglio che muoia un credente piuttosto che un ateo.[45]
  • Sebbene la guerra di liberazione sia durata per generazioni, e sebbene ogni eritreo adulto abbia assistito alla violenza e ne abbia sofferto, non c'è il culto delle armi. Non ci sono né tangheri né trogloditi dopati di testosterone con mitra montati sulle loro jeep, come i vigliacchi guerrieri di strada «tecnici» nella vicina Somalia. È raro incontrare un poliziotto, e ancora più raro vedere un soldato armato, nonostante che i carri armati incendiati e le macerie causate dalla guerra sono disseminate per il paese.[46][2]
  • Siamo tutti bravissimi a persuaderci di avere ragione.[47]
  • Srebrenica è una delle atrocità meglio documentate della storia moderna. C'è tutto, dalla sorveglianza satellitare in tempo reale (disponibile, vergognosamente, negli Stati Uniti perfino mentre il massacro si svolgeva) fino ai film e i video ripresi da quelli che lo perpetravano, incluso lo stesso Mladic. La presentazione di questo materiale davanti a una corte, cancellerà, si spera, qualsiasi potenziale sogghigno dalla sua faccia e distruggerà l'immagine propagandistica del semplice patriota in armi. Qualunque sia destinata ad essere la nostra politica in materia di mostri di altri paesi, dovremmo quanto meno essere in grado di riconoscerlo quando ne vediamo uno.[48][29]
  • [Sulla Partizione dell'India] Tutti i moderni eufemismi – "campi di sterminio", "pulizia etnica" – potrebbero essere derivati dagli sfrenati spargimenti di sangue che irrigarono questo paesaggio piatto nel 1947 immediatamente dopo l'indipendenza. Interi carichi ferroviari di rifugiati, ed intere colonne di quanti fuggivano a piedi, vennero massacrate se sorprese nella zona "sbagliata". Molti incolpano ancora Lord Mountbatten, l'ultimo viceré inglese, per la sua abdicazione, per non aver preso provvedimenti per stroncare i fanatici indù o musulmani. E se ascolti i sopravvissuti essi discutono come se stessero parlando di ieri. Nessuno ha mai elaborato un conteggio esatto dei morti, e oserei predire che nessuno mai lo farà, ma un milione circa in pochissime settimane è probabilmente il minimo. Dall'altra parte di questa frontiera, c'è ancora una delle più venefiche ed instabili concentrazioni di violenza latente del mondo. Ogni aeroporto civile che ho visitato da Amritsar a Chandigarh era colmo di rifugi per aerei da guerra dal valore di miliardi di dollari. Ogni strada secondaria aveva un cartello di avvertimento contro l'imprudenza di fare fotografie e sulla presenza di installazioni militari. Il fatto che l'esercito indiano come il pakistano indossino uniformi e fregi di stile britannico e parlino di "mensa ufficiali", è considerato rassicurante da qualcuno perché di certo in queste forze armate baffute ed orientate verso la cavalleria deve essere rimasta qualche speranza di umorismo e di moderazione. Non però se si tiene presente che entrambi gli eserciti hanno testato armi nucleari, sono andati estremamente vicini ad impiegarle, sono divisi da casta e religione, hanno combattuto due guerre convenzionali e stanno ancora facendo le prove per la prossima, nel vicino Kashmir.[49][32]
  • Un bravo bugiardo deve avere buona memoria. Kissinger è un meraviglioso bugiardo con una notevole memoria.[50]
Good liar must have a good memory. Kissinger is a stupendous liar with a remarkable memory.
  • Una volta screditati i principi della ragione e della scienza conquistati così faticosamente, il mondo non finirà nelle mani di ingenui erbivori che si circondano di cristalli e vanno in estasi per i versi Khalil Gibran. Il "vuoto" sarà riempito invece da convinti fondamentalisti di ogni risma che sanno già la verità per rivelazione e che in realtà puntano al potere concreto qui e ora.[51][52]

Da Intervista a Cristopher Hitchens su madre Teresa di Calcutta

Intervista di Matt Cherry, Free Inquiry, vol. 16, n. 4, autunno 1996; riportato in Cogitoergo.it, 11 aprile, 2012

  • Perchè nessuno dice mai che l'obiettivo dichiarato dell'opera di madre Teresa è di acquisire proseliti alla sua causa fondamentalista e al suo estremismo dottrinario? Se chiediamo a molta gente cosa pensa del pensiero del papa sul controllo delle nascite e sulla sovrappopolazione mondiale, gran parte risponderà che è un pensiero piuttosto estremo. Bene, c'è qualcuno per il quale lo scopo della propria vita è propagandare tale pensiero.
  • Non ho potuto non notare che – tanto per citare qualche esempio – madre Teresa ha fatto comunella con la famiglia del dittatore Duvalier ad Haiti; che ha raccolto denaro (più di un milione di dollari) da Charles Keating, il famoso truffatore del fondo Lincoln Savings and Loans, benché fosse dimostrato che tali soldi erano rubati; che è stata alleata delle forze più reazionarie presenti in India e in altri Paesi; che ha fatto un'attiva campagna per impedire la rimozione del divieto costituzionale al divorzio in Irlanda, ultimo Paese europeo a conservare tale proibizione; che ogni volta che è intervenuta su qualsiasi tema, lo ha fatto per fiancheggiare le forze più conservatrici e oscurantiste.
  • [Su Madre Teresa] Non credo sia particolarmente intelligente o abbia una mente complessa, ma ritengo sia piuttosto scaltra.
  • [Su Madre Teresa] Non è tipico di un'ingenuotta uscirsene all'improvviso con un panegirico su quanto i Duvalier amino la povera gente. Tutto ciò implica un certo buon livello di pianificazione e calcolo. Ma credo che la genialità di ciò sia far apparire tutto questo, appunto, semplice.
  • [Sulle cure fornite nella Casa dei morenti] Le cure sono grottescamente elementari: rudimentali, antiscientifiche, lontane anni luce da ogni moderna concezione della scienza medica.
  • [Su Madre Teresa] Molto appropriatamente, è stato detto che lei preferisce i moribondi perché, quando ti trovi di fronte a uno che non può fare altro che morire, non hai bisogno di offrire molto altro.
  • [Sulla Casa dei morenti] Le cure che offre sono primitive, tali e quali quelle di prima che divenisse una celebrità. Quindi, è chiaro che il denaro raccolto non è finito per le cure.
  • Penso che la risposta alle domande sulla sua ricchezza l'abbia data madre Teresa stessa in un'intervista nel corso della quale dichiarò di aver aperto conventi e monasteri in 120 Paesi. Il denaro, semplicemente, è stato usato a maggior gloria del suo ordine e per la costituzione di una dogmatica istituzione religiosa.
  • In effetti mi sono molto divertito a scoprire quanta roba fosse disponibile su pellicola: penso ad esempio alle sue lodi al dittatore albanese Enver Hoxha. C'è anche il filmato del suo strisciare davanti ai Duvalier: leccare i piedi al ricco invece che lavarli al povero
  • Anche nella mia professione c'è quella certa forma di pigrizia mentale che porta a giudicare la gente in base alla reputazione e non viceversa. In altre parole, se Lei definisce l'Arabia Saudita “un Paese arabo moderato”, verrà sempre usata questa definizione a fini redazionali. Poi, non importa cosa combinerà, sarà sempre uno “Stato moderato”. Uguale per madre Teresa: è divenuta il simbolo della virtù, così, perfino nei cartoni animati, barzellete, film e spettacoli televisivi, se si cerca l'esempio di altruismo e santità per antonomasia, lei è sempre menzionata.
  • Ci sono molti indiani che si oppongono a una certa diffusa immagine della propria società e della propria gente: ascoltando madre Teresa e i suoi sostenitori, Lei penserebbe che a Calcutta non vi sia altro che apatìa, squallore e miseria e che la gente abbia appena la forza di scacciar via le mosche dalla faccia mentre allunga la ciotola per l'elemosina. Ciò è diffamatorio nei confronti di una città sorprendentemente interessante, orgogliosa, evoluta e ricca di cultura, che ha università, scuole di cinema, teatri, librerie, caffé letterari e uno scenario politico vivace. C'è, ed è vero, un terribile problema di povertà e sovraffollamento, ma non c'è tutto questo accattonaggio. La gente non ti tira per la manica chiedendo l'elemosina, ed è fiera di non farlo. Le vere cause delle sfortune e miserie di Calcutta sono la sovrappopolazione, che per la Chiesa pare tuttavia non essere un problema, e l'afflusso in massa di rifugiati accorsi dalle regioni confinanti, devastate dai conflitti settari e religiosi scatenati in nome di Dio. Quindi, i supposti benefattori di Calcutta starebbero adoperandosi per porre rimedio a ciò di cui essi sono in realtà responsabili. Ma il dare a intendere che essi lo facciano veramente è un'impostura.
  • Quando andò a Bhopal dopo l'incidente alla fabbrica dell'Union Carbide, lei continuava a dire «perdonate, perdonate, perdonate». Quindi, va bene perdonare i dirigenti dell'Union Carbide per la loro negligenza, ma per una donna sposata a un molestatore di bambini alcolista che ha dieci figli e nessuno che badi a lei, non c'è perdono né in questa vita né in un'altra. Però c'è il perdono per lady Diana se divorzia.
  • Per quanto ne so, il suo scopo non erano i trattamenti medici. Peraltro, devo per correttezza dire che madre Teresa non ha mai preteso di farsi passare come una che offrisse assistenza sanitaria.
    Malgrado lei accetti donazioni da gente che si illude di ciò, io non ho mai trovato un'occasione nella quale lei abbia tentato di dare una falsa impressione di ciò che fa. Ma ciò non la assolve da responsabilità, visto che proprio grazie a tale immeritata fama lei ha beneficiato scientemente di tutto quel che ne é conseguito.
  • Sono un ateo. Non sono neutrale rispetto alla religone, le sono ostile. Penso non sia solo falsa o inutile, ma proprio dannosa. E non parlo solo della religione organizzata, ma del pensiero religioso in sé.

Da L'altro 11 settembre

Traduzione di Giuseppina Cavallo, Internazionale.it, 16 settembre 2002

  • Lo strangolamento della democrazia cilena fu il gioiello della corona dei colpi di stato militari e delle controrivoluzioni ispirate da Washington che ebbero come protagonisti l'Iran nel 1953, il Guatemala nel 1954, il Brasile nel 1964, proseguirono in Indonesia nel 1965 e poi in Grecia nel 1967, per estendersi fino a Cipro nel 1974 (lo slogan dell'estrema destra in Cile durante gli anni di Allende consisteva in un'unica parola, "Jakarta": una prova intuitiva del fatto che il frutto avvelenato non era caduto lontano dall'albero).
  • [Sul colpo di Stato in Cile del 1973] In Europa occidentale contribuì a creare le condizioni per l'eurocomunismo e per il "compromesso storico" con cui elementi importanti dello schieramento conservatore (soprattutto in Italia) decisero di non identificarsi con il regime autoritario. Nell'Europa orientale, intanto, l'incessante propaganda comunista sulla solidarietà con il Cile aveva una conseguenza imprevista e indesiderata.
  • Il Cile è nettamente diviso dai suoi vicini continentali dalla catena delle Ande proprio come lo è la Gran Bretagna dallo stretto della Manica. L'aspetto è marittimo, l'industria principale è, o è stata, quella mineraria. Gabriel García Márquez una volta ha descritto il Cile come “una cornice di Ande in un mare brumoso”. Potremmo spingerci troppo lontano, senza dubbio. Resta il fatto che le classi alte cilene sono decisamente anglofile, così come molti liberali ed esponenti della sinistra. Ed è motivo di rammarico locale che, mentre la marina cilena deve molto alle tradizioni britanniche, l'esercito cileno fu addestrato dai prussiani ­ i quali avevano l'abitudine di simulare le controrivolte utilizzando gli indiani auracani fino a esaurire la riserva di vittime esemplari. In ogni caso ­ e per distinguerlo dal lugubre e periodico ricorso a juntas e pronunciamentos nei paesi vicini come l'Argentina ­ il Cile diventò noto come la “Svizzera” o anche come “l'Inghilterra” dell'America Latina.

Da Ricordatevi dei curdi

Traduzione di Bruna Tortorella, Internazionale.it, 26 febbraio 2003

  • Secondo me, questi curdi coraggiosi e i loro amici dell'opposizione irachena stanno lottando e morendo per noi – e tengono a bada i nostri nemici. Nei tanti anni in cui sono stato di sinistra, la causa dell'autodeterminazione del Kurdistan era ai primi posti nella lista delle priorità e delle questioni di principio – i curdi sono molto più numerosi dei palestinesi e sono i più decisi combattenti per la democrazia della regione.
  • Nelle ultime settimane, ogni argomento fasullo dei pacifisti è crollato come un aereo in fiamme. Sissignori, temo proprio che ci siano agenti di bin Laden rifugiati a Baghdad. Sì, bin Laden sembra pensare che quella di Saddam sia, con qualche riserva, il tipo di causa che un fascista musulmano dovrebbe appoggiare. Sì, esistono armi e sistemi che Saddam aveva giurato di non avere. Sì, mi dispiace dirvelo così, ma il regime iracheno ha uno speciale reparto di polizia che ispeziona gli ispettori. E – tenetevi forte – Saddam deve diversi miliardi di dollari ai francesi per l'aiuto che gli hanno dato in passato fornendogli gli strumenti di aggressione contro Iran, Kuwait e Kurdistan. Anche il governo russo sta cercando di stipulare contratti redditizi sul mercato iracheno, e gli vengono concessi per ringraziarlo dell'atteggiamento ambiguo assunto alle Nazioni Unite. Scusate, compagni, ma questo si chiama "sangue in cambio di petrolio".
  • L'ultima volta, i pacifisti volevano risparmiare il governo dei taliban. E la volta precedente il regime di Slobodan Milosevic. Grazie al cielo questo tipo di opinioni non conta più, per quanto numerose siano le persone convinte di averle. Presto il popolo iracheno avrà la possibilità di esprimere la propria opinione, che sarà più interessante e complessa di questi striscioni facili che ci hanno già annoiato.

Da Basta con Kennedy

Traduzione di Gigi Cavallo, Internazionale.it, 6 dicembre 2003

  • Sarò probabilmente in minoranza, e non mi importa, ma sono lieto di scoprire che il dramma e il culto di Kennedy stanno svanendo nel nulla. Lo sforzo per tenerli in vita costa troppa fatica.
  • Biografi e archivisti hanno provveduto all'importante lavoro di raccontare. I loro studi hanno rivelato un presidente freneticamente "su di giri" per pasticche di tutti i tipi; veloce con la pistola e pronto a rivolgersi alla mafia per la sua politica estera; disposto a rischiare la guerra nucleare per salvarsi la faccia.
  • Chi oggi crede davvero che Kennedy volesse rivedere il suo sconsiderato coinvolgimento nel Vietnam del Sud? Possiamo almeno convenire che il suo zelo nell'assassinare il presidente Diem – che lui stesso aveva messo al potere pagando un certo prezzo di sangue – era un indicatore alquanto contraddittorio rispetto all'intenzione di disimpegnarsi?
  • Sul fronte dei diritti civili, viceversa, anche gli storici più inclini all'adulazione trovano difficile spiegare perché i fratelli Kennedy preferirono la strategia millimetrica del passo della lumaca. Ma almeno questo serve a dimostrare che conoscevano l'esistenza di una cosa chiamata prudenza o cautela.

Da Frustare Mel Gibson

Traduzione di Marina Astrologo, Internazionale.it, 5 marzo 2004

  • [Su La passione di Cristo] Ben prima di farsi portabandiera di un cattolicesimo sul genere di quello del generalissimo Franco e dei persecutori di Dreyfus, Mel Gibson ha avuto una breve notorietà per i suoi volgari attacchi ai gay. Adesso è diventato l'orgoglioso produttore di un film che, per fare effetto, punta sul narcisismo maschile sadomasochista.
  • A mio parere è un segnale molto sano per la nostra società il fatto che tanti ebrei abbiano deciso di restare calmi e di non lasciarsi ferire dal film, e che tanti cristiani neghino di nutrire sentimenti più ostili verso gli ebrei da quando l'hanno visto. Negli Stati Uniti esiste un consenso sociale che fa sentire più sicuri gli ebrei e meno insicuri i cristiani. È una cosa bellissima; ma The Passion resta un film antisemita nelle intenzioni e il suo regista un antisemita di natura.
  • Pensate a ciò che accadrà quando Gibson continuerà a guadagnare con il suo film in paesi come l'Egitto o la Siria, oppure nell'Europa dell'est, dove la situazione [dell'antisemitismo] è un po' meno rosea. Come si fa a credere che non abbia previsto, anzi cercato, questo risultato?
  • [Su Mel Gibson] È un codardo, un arrogante, un fanfarone e un omofobo violento.

Da La stupidità di Reagan

Traduzione di Marina Astrologo, Internazionale.it, 16 giugno 2004

  • Ronald Reagan una volta disse che in russo non esiste un equivalente della parola "libertà" (invece c'è, è svoboda, ed è un vocabolo ben presente nella letteratura). Reagan sostenne che i missili balistici intercontinentali una volta lanciati potevano essere richiamati. [...] Reagan mise in allarme le sue controparti sovietiche affermando che Usa e Urss avrebbero unito le forze contro un'invasione di marziani. Seminò il terrore tra gli elettori parlando a ruota libera della "fine dei tempi" adombrata nella Bibbia. Nello Studio ovale disse a Yitzhak Shamir e a Simon Wiesenthal, in due diverse occasioni, di aver assistito di persona alla liberazione dei campi di sterminio nazisti. Ma non è ancora finita. Annunciò che il Sudafrica dell'apartheid era stato "al nostro fianco in tutte le guerre che abbiamo combattuto", quando nell'ultima guerra mondiale i dirigenti sudafricani erano stati dalla parte opposta. [...] Vendette armi pesanti ai mullah iraniani e su questo mentì ripetutamente. Poi stornò i profitti di questo traffico criminale verso il Nicaragua, dove si combatteva una guerra illegale, e anche su questo mentì senza tregua. Lasciò infine che i suoi sottoposti dicessero che era troppo ottuso per capire il nesso tra questi due crimini, entrambi punibili con l'impeachment. A quel punto passò disinvoltamente a sostenere Saddam Hussein contro Teheran.
  • Un grande poeta ha osservato che la volpe sa tante cose piccole, mentre il porcospino sa una sola cosa grande. Ronald Reagan non era né una volpe né un porcospino. Era stupido come una zucca. In qualsiasi sera della settimana avrebbe potuto ospitare a cena i grandi della terra, e invece mangiava quasi sempre da un vassoio, seduto davanti alla tv. Non aveva amici, solo compari. Dai figli non era poi tanto benvoluto. Sua moglie l'aveva conosciuta perché lei aveva bisogno di farsi cancellare da una lista nera maccartista di attori, e lui aveva il potere di farlo. A Washington gli anni passavano e io, trovando già incredibile che un uomo del genere avesse potuto essere un cattivo governatore della California in un anno difficile, non mi capacitavo di come un paese tanto forte potesse sorbirsi un presidente così fasullo e anche un po' scemo.
  • Non ho smesso di interrogarmi non solo sull'idiozia della politica americana, ma anche sul bisogno di tanti intellettuali statunitensi di provare la loro furbizia dimostrando di essere più svegli dell'ultimo idiota al potere. O comunque dell'ultimo repubblicano.

Da Iraq, una guerra di cui andare fieri

Traduzione del Gruppo Logos, Corriere della Sera, 22 settembre 2005

  • Prima del marzo 2003, Abu Ghraib era un mattatoio, un luogo di tortura e un campo di concentramento. Oggi, e non senza motivo, è un marchio internazionale assunto a simbolo dell'imperialismo e del sadismo degli Yankee. Ciò nonostante, i miglioramenti sono stati sostanziali e indiscutibili.
  • Per chiunque abbia occhi per vedere l'Iraq di Saddam aveva invaso i suoi vicini, commesso un genocidio sul proprio territorio, ospitato e sostenuto criminali e assassini internazionali e violato tutte le disposizioni del Trattato di non proliferazione. Era quindi legittimo pensare che la decisione di Bush e Blair di porre fine a questo intollerabile stato di cose sarebbe stata accolta con favore. Non è stato così. Esiste un'apparente unanimità, tra milioni di europei e americani. L'intera operazione per la smilitarizzazione dell'Iraq, e il salvataggio della sua società traumatizzata, è stata nella migliore delle ipotesi un pretesto e nella peggiore un'aggressione unilaterale. Come è possibile?
  • Certo, occorre ammettere che Bush e Blair hanno combinato un pasticcio partendo da una buona causa, in gran parte perché hanno preferito instillare la paura anziché spiegare i fatti o ragionare con la loro popolazione. Ciò nonostante, l'unica reale strategia della menzogna è stata quella di chi crede, o finge di credere, che Saddam Hussein non rappresentasse un problema. Non c'è cura per questo genere di fuga dalla realtà, ma il caos e il panico in cui questo genere di disinformazione ha gettato l'apparato burocratico ha messo all'angolo il presidente, costringendolo alla sua attuale routine di luoghi comuni e affermazioni vuote.

Da Pinochet, 1915-2006

Internazionale.it, 16 dicembre 2006

  • Alcuni sostenevano che Pinochet, al di là di tutto, aveva tolto le catene all'economia cilena e lasciato spirare la brezza del liberismo alla Friedman (per questo la signora Thatcher lo invitava sempre a fare shopping a Londra). Tuttavia i paladini del libero mercato probabilmente non credono che per attuare queste politiche ci voglia la tortura, l'omicidio o la dittatura.
  • I cileni hanno saputo restaurare la democrazia senza violenze e con metodi democratici hanno giudicato Pinochet. Ma c'è un prezzo per la lentezza e l'accuratezza di questi procedimenti. Molti cileni non sanno nulla dei loro cari spariti o di come siano morti. E mai Pinochet ha dato un'informazione o ha dimostrato un rimorso.
  • Come Milosevic (un altro che si è fatto beffe della giustizia morendo) e Saddam Hussein, è stato arrogante fino all'ultimo. Il Cile e il mondo se ne sono sbarazzati, e possiamo dire almeno che la sua rozza battaglia per sottrarsi alla giustizia ci ha aiutato a creare gli strumenti perché i tiranni possano essere perseguiti in tutto il mondo.

Da L'Iraq non è il Vietnam

Traduzione di Nazzareno Mataldi, Internazionale.it, 16 settembre 2007

  • Le ragioni per cui detesto il presidente George W. Bush sono varie. E molte hanno a che vedere con la sua beata idea che la "fede" sia, in sé, una virtù. Questa mentalità compiaciuta spiega quasi tutto, dall'espressione tronfia del suo volto al modo in cui, quando era governatore del Texas, firmò tutte quelle condanne a morte senza batter ciglio. Spiega come mai ha abbracciato l'ex sgherro del Kgb Vladimir Putin, citando come base del loro bel rapporto il fatto che Putin portasse un crocifisso. Bush è convinto che non esistano prove dell'evoluzione delle specie, che la ricerca sulle cellule staminali sia qualcosa di sacrilego e che l'islam sia "una religione di pace". Comunque sia, ho sempre concordato con lui su una questione laica: il regime di Saddam Hussein andava rovesciato da tempo.
  • La leadership vietnamita si appellò all'Onu; i saddamiti e i loro alleati jihadisti hanno assassinato l'inviato Onu arrivato in Iraq.
  • Il Vietnam non aveva mai minacciato nessun altro paese; sotto Saddam Hussein, Baghdad ha invaso due suoi vicini, dichiarandone uno parte integrante dell'Iraq.
  • Il Vietnam fu vittima di armi chimiche; l'Iraq ha usato metodi illegali simili e ha cercato di sviluppare armi nucleari e biologiche.
  • I regimi sostenuti da Washington in Vietnam tendevano a identificarsi con una minoranza confessionale (quella cattolica), escludendo le forze laiche, nazionaliste e buddiste; il governo iracheno può anche avere una connotazione settaria, ma almeno attinge a popolazioni maggioritarie finora represse (curdi e sciiti), mentre l'ambasciata americana cerca di attenuare le divisioni religiose ed etniche anziché alimentarle.
  • Il presidente Eisenhower ammise che, se in Vietnam si fosse votato, avrebbe vinto Ho Chi Minh; i successori del partito Baath si sono rifiutati di partecipare alle elezioni in Iraq e i loro alleati jihadisti hanno minacciato di uccidere chiunque fosse andato a votare.
  • È vero che il crollo dell'avventura americana in Indocina fu seguito da una pesante repressione e dall'esilio di un numero enorme di vietnamiti. Ma fu un fatto minore, se paragonato alle enormi perdite provocate dalla guerra. In Iraq il genocidio, la repressione e l'aggressione hanno preceduto l'intervento della coalizione e sono stati condannati da una serie di risoluzioni dell'Onu.
  • Basta cambiare il nome del paese di cui parliamo e diventa chiaro che in Iraq non stiamo combattendo i vietcong ma i Khmer rossi, come alla fine i vietnamiti dovettero fare a nome nostro.

Da La «figlia del destino» e il suo tragico errore: aver creduto ai talebani

Traduzione di Maria Sepa, Corriere della Sera, 30 dicembre 2007

  • Anche i suoi critici più severi non potranno negare che Benazir Bhutto possedesse una dose straordinaria di coraggio fisico. Quando suo padre, nel 1979, era in carcere con una condanna a morte comminatagli dalla dittatura militare pakistana, mentre altri membri della sua famiglia cercavano di fuggire dal Paese, lei audacemente vi ritornò. In quella circostanza, il conflitto con il brutale generale Zia-ul-Haq le costò cinque anni di vita, passati in prigione. Lei sembrò limitarsi ad un atteggiamento sdegnoso verso quell'esperienza, così come verso il piccolo, perfido uomo che gliel'aveva inflitta.
  • Il fatto è che l'indubbio coraggio di Benazir era venato di fanatismo. Nessun'altra donna in politica nella storia moderna ha avuto un simile complesso di Elettra, era interamente votata alla memoria del padre giustiziato, l'affascinante — e privo di scrupoli — Zulfikar Ali Bhutto, ex primo ministro che una volta aveva asserito che il popolo pakistano avrebbe mangiato erba piuttosto che abbandonare la lotta per ottenere un'arma nucleare. Socialista di nome, Zulfikar Bhutto era un opportunista autocratico, e questa tradizione di famiglia è stata ripresa dal PPP, un partito apparentemente populista che non ha mai tenuto delle vere elezioni interne, e di fatto era una proprietà della famiglia Bhutto, come molte altre cose in Pakistan.
  • [Su Benazir Bhutto] Ostentava sempre la stessa disinvoltura priva di ironia. Con quale grazia mi ha mentito, ricordo, e con che sguardo fermo degli occhi color topazio, sul fatto che il programma nucleare del Pakistan fosse esclusivamente pacifico e per usi civili. Come sembrava sempre reagire con giustificata indignazione, quando le venivano rivolte domande spiacevoli sulle accuse di corruzione che erano state mosse a lei e al marito playboy, Asif Ali Zardari. (Su questo argomento, la giustizia svizzera si è recentemente pronunciata a suo sfavore). E ora le due principali eredità dei governi Bhutto — le armi nucleari e gli islamisti divenuti più forti — sono più vicine tra loro.

Da Il vittimismo dei serbi e i suoi disastri

Corriere della Sera, 26 febbraio 2008

  • Ma perché Milosevic insisteva tanto per mantenere anche il controllo esclusivo sul Kosovo, dove la popolazione albanese sfiorava il 90%? «In quel caso - rispose Milosevic freddamente - è per motivi storici». È un peccato, in retrospettiva, che ci sia voluto tanto tempo per diagnosticare questa patologia tipicamente serba, un connubio tra arroganza e vittimismo, grazie alla quale tutto quello che appartiene a loro è di loro esclusivo possesso, mentre quello che appartiene agli altri rimane sempre negoziabile.
  • Dimenticate le sciocchezze che avete sentito sul Kosovo, che sarebbe la «Gerusalemme» della Serbia. Certo, ospita sul suo territorio splendidi e antichi monumenti serbi e serbo-ortodossi, ma si potrebbe definire a ragione la Cisgiordania oppure la Striscia di Gaza della Serbia, con una popolazione straripante, rinchiusa e soggiogata che per generazioni si è vista trattare come feccia nella sua stessa terra natale. Nessuno, che abbia trascorso qualche giorno in quel territorio può credere per un solo istante che i kosovari siano disposti ad accettare nuovamente il governo di Belgrado. È davvero finita.
  • È molto importante ricordare che Milosevic aveva inaugurato la sua meschina e violenta carriera, come capo di una famiglia criminale serbomontenegrina, precisamente cancellando l'autonomia del Kosovo nel 1990, riciclandosi come demagogo nazionalista anziché comunista, e provocando il crollo della federazione jugoslava.
  • Certo, bisogna ammettere che si tratta di una tragedia per i serbi e una vera ingiustizia, leggi un affronto al loro orgoglio e alla loro storia. Ma questa ingiustizia se la sono cercata. Ho visto, in Kosovo, gli «insediamenti» per i serbi che il regime di Milosevic andava costruendo nel vano sforzo di rettificare gli squilibri demografici. E chi erano questi poveri «coloni»? Gli infelici civili serbi che avevano vissuto nella Krajina in Croazia, fino a quando la guerra di conquista scatenata dal loro indomito leader non aveva provocato un immane disastro, costringendoli ad abbandonare fattorie e villaggi che occupavano da secoli. A costoro era stata promessa una nuova terra nella regione colonizzata dall' Albania, ma da qui sono stati sradicati e scacciati ancora una volta. Che fine avranno fatto? Forse stanno scagliando sassi contro i McDonald's di Belgrado, e giurano ardentemente di non dimenticare mai le perdute glorie del 1389, ma forse di tanto in tanto si chiederanno dov'è che hanno fatto il primo di una lunga catena di sbagli.

Da Nessuna «eccezione hollywoodiana»

Traduzione di Rita Baldassarre, Corriere della Sera, 7 ottobre 2009

  • Non appena ci si rende conto che esistono parametri morali speciali, noti come «eccezioni hollywoodiane», ecco che sembrano spuntare ovunque.
  • I media oggi dicono tragedia per indicare tutte le brutte cose che accadono alle persone per bene, o alle celebrità. Tuttavia, le tragedie che davvero meritano questo nome ricadono in due grandi categorie, le tragedie hegeliane e le tragedie greche. Hegel chiama tragedia il conflitto tra due diritti. Per i greci invece era tragica la figura di un grande uomo annientato da una colpa fatale. Il secondo tipo di tragedia scaturisce dall'azione dell'hybris, per molti versi è applicabile a Polanski, che ha diretto tra l'altro la versione cinematografica di una famosa tragedia chiamandola — con grande tracotanza — «Il Macbeth di Roman Polanski». Si sarà sentito forse altrettanto arrogante e onnipotente, il nostro regista, quando fece ubriacare una ragazzina di tredici anni, per poi somministrarle una pastiglia di Quaalude, una droga ben nota per le proprietà di rilassamento muscolare. Si sente aleggiare un pizzico di quella fatidica colpa, non c'è dubbio.
  • Sorprende invece che il regista polacco sia stato in grado di spassarsela all'estero per tanto tempo, facendosi beffe dei giudici quasi a voler sfidare l'impotenza della legge. Mi commuove il pensiero che la ragazza vittima di quel lontano stupro l'abbia perdonato, ma a rigor di termini questo non conta, anche se l'avesse detto all'epoca dei fatti. La legge persegue gli stupratori di bambini, a tutela di quei bambini che non sono ancora stati oggetto di abusi. Il caso individuale — chiunque siano gli individui coinvolti— diventa un precedente. E per fortuna che le nostre leggi ci consentono di farlo.

Da Genocidio armeno negato: la pericolosa ossessione di Erdogan

Corriere della Sera, 7 aprile 2010

  • Cerchiamo [...] di chiarire quali sono le opinioni del capo di Stato della Turchia: se le assemblee democratiche osano menzionare la pulizia etnica degli armeni avvenuta nel secolo ventesimo, mi occuperò personalmente di completara nel ventunesimo! Da dove vogliamo iniziare? I «lavoratori stranieri» di origine turca vivono oggi numerosi in tutta l'Unione Europea, e la Turchia non nasconde le sue ambizioni a entrare a far parte della comunità europea. Come reagirebbe il mondo se un primo ministro europeo ordinasse la deportazione in massa di tutti i turchi?
  • In Turchia, la negazione imperterrita del genocidio armeno ha avuto conseguenze politiche e culturali deplorevoli. Il più celebre scrittore turco, Orhan Pamuk, è stato trascinato in tribunale nel 2005 per aver riconosciuto il ruolo della Turchia nella distruzione dell'Armenia. Se non fosse stato insignito del Premio Nobel, le cose si sarebbero messe molto male per lui.
  • La storia non perdona: i morti armeni non smetteranno mai di far sentire la loro voce. Né dovremmo farlo noi, in loro ricordo.

Da Con o senza Dio Hitchens. La fede ci rende cattivi

la Repubblica, 18 febbraio 2012

  • Quando si accetta l'esistenza di un creatore e di un piano superiore, accade poi che gli esseri umani siano ridotti a oggetti di un esperimento crudele: quasi fossero degli esseri creati malati con l'imperativo di provare a guarire. Lo ripeto: esseri creati malati che ricevono un'intimazione a guarire. Ci sarebbe infatti una sorta di "dittatura celeste" posta sopra di noi per controllare che la guarigione avvenga, una specie di divina Corea del Nord. Avida e intransigente. Una dittatura che pretenderebbe adorazione incondizionata dall'alba al tramonto, sempre pronta a punire "peccati originali" che con tanto amore ci ha elargito fin dall'inizio come "difetto di fabbricazione". A questa "malattia congenita", a questo "difetto di fabbricazione", ci sarebbe però un rimedio. La dittatura celeste ci offre una via d'uscita: la salvezza. E la redenzione si può ottenere a un modico prezzo: quello di abdicare per sempre alle proprie facoltà mentali. Bisogna ammettere che la religione fa promesse straordinarie. E io sono del parere che promesse straordinarie richiedano prove altrettanto straordinarie a loro sostegno, mentre purtroppo accade, e in un modo alquanto bizzarro, che la religione non fornisca affatto dimostrazioni, neppure lontanamente ordinarie, per le sue straordinarie asserzioni sul soprannaturale.
  • La religione fa compiere cose cattive alle persone buone e fa dire cose stupide alle persone intelligenti. Quando prendete per la prima volta fra le braccia un bambino appena nato non vi viene certo in mente di pensare: "Bello. Quasi perfetto! Ma adesso per favore passami il coltello di pietra per i suoi genitali così che io possa portare a termine il lavoro del Signore."
  • Tutti nel mondo civilizzato – compresa la maggioranza degli arabi, degli ebrei e della comunità internazionale – sono d'accordo in linea di massima sul fatto che ci dovrebbe essere spazio sufficiente per due Stati, per due popoli nello stesso territorio. E allora perché non si riesce a realizzare questo progetto? L'Onu, gli Stati Uniti, i Quattro Grandi, l'Olp, il parlamento israeliano non ci riescono. Non si può fare perché i "partiti di dio" non lo vogliono. A causa delle presunte "sacre promesse" fatte in quella terra, non ci sarà mai pace, non si troverà mai alcun compromesso. Ci sarà invece miseria, vergogna, tirannia, e ciascun popolo ucciderà i figli dell'altro, perché così vogliono i libri antichi, le grotte e le reliquie... A questo punto pretendo: si alzi chi ha il coraggio di dire che questo è un bene per il mondo.

Dio non è grande: Come la religione avvelena ogni cosa[modifica]

Copertina dell'edizione originale di Dio non è grande
  • Nel paese di Montaillou, durante una delle grandi persecuzioni religiose, gli inquisitori chiesero ad una donna di rivelare chi le avesse trasmesso i suoi eretici dubbi sull'inferno e la resurrezione. Certamente sapeva che quei religiosi non le avrebbero risparmiato una lunga agonia, ma, nonostante il terribile pericolo, rispose di non averli appresi da nessuno e di averci pensato da sola. (Spesso, sentirete i credenti lodare la semplicità del gregge cui appartengono, ma non di fronte ad una simile spontanea, lucida e cosciente sanità mentale – soffocata e distrutta nel caso di molti più esseri umani di quanti ne potremo mai citare). (p. 8)
  • La fede religiosa è inestirpabile, appunto perché siamo creature ancora in evoluzione. Non si estinguerà mai, o almeno non si estinguerà finché non vinceremo la paura della morte, del buio, dell'ignoranza e degli altri. (p. 13)
  • Il livello d'intensità fluttua a seconda dei tempi e dei luoghi, ma è una verità incontestabile che la religione non si accontenta – e sul lungo periodo non può farlo – delle proprie straordinarie pretese e delle proprie sublimi certezze. Essa deve cercare di interferire con la vita dei non credenti, degli eretici o degli adepti delle altre fedi. Può parlare di beatitudine nell'altro mondo, ma vuole il potere in questo. E non c'è da aspettarsi altro. In fin dei conti è un prodotto esclusivamente umano. E non avendo fiducia in ciò che essa stessa predica non può consentire alla coesistenza delle altre fedi. (p. 16)
  • Il regime del generale Ante Pavelić e del suo partito ustascia era tanto disgustoso che perfino alcuni generali nazisti protestarono per dovervi collaborare. (p. 20)
  • [Sulla guerra in Bosnia ed Erzegovina] La città di Sarajevo, in prevalenza musulmana, era accerchiata e bombardata giorno e notte. Altrove in Bosnia-Erzegovina, specie lungo il fiume Drina, intere città erano sottoposte a massacri e saccheggi in quella che i serbi stessi definivano «pulizia etnica». A rigor di termini, sarebbe stato più esatto parlare di «pulizia religiosa». Milošević era un burocrate ex comunista riciclato come nazionalista xenofobo, e la sua crociata antimusulmana, in realtà una copertura per l'annessione della Bosnia a una «Grande Serbia», fu condotta da milizie non ufficiali, operanti sotto il suo «rinnegabile» controllo. In queste bande, costituite di fanatici religiosi, spesso benedetti da preti e vescovi ortodossi, confluirono talvolta «volontari» di fede ortodossa provenienti dalla Grecia e dalla Russia. Esse si misero d'impegno a cancellare ogni testimonianza della civiltà ottomana, come nel caso particolarmente atroce di Banja Luka, allorché vennero fatti saltare con la dinamite parecchi minareti storici; questo atto di barbarie non fu il frutto di una battaglia, ma venne perpetrato durante un cessate il fuoco. (p. 21)
  • [Sulla guerra in Bosnia ed Erzegovina] Sarebbe stato assai più corretto se la stampa e la televisione avessero riportato che «oggi, forze cristiano-ortodosse hanno ripreso il bombardamento di Sarajevo», o che «ieri, milizie cattoliche hanno fatto crollare lo Stari Most». Ma la terminologia confessionale era riservata solo ai «musulmani», anche se i loro massacratori ce la mettevano tutta a distinguersi adornando le bandoliere di grosse croci ortodosse o i calci dei fucili con immagini della Vergine Maria. Dunque, ancora una volta, la religione avvelena ogni cosa, incluse le nostre facoltà di discernimento. (p. 22)
  • [Sull'Iraq] È stata una dei massimi centri di sapere e di cultura nella storia umana. Fu qui che alcune delle opere andate perse di Aristotele e di altri greci («perse» perché le autorità cristiane ne avevano chiuso le scuole di filosofia nella convinzione che prima della predicazione di Gesù non potessero darsi valide riflessioni morali) vennero conservate, ritradotte e trasmesse, attraverso l'Andalusia, agli ignoranti «cristiani» occidentali. Dotti e biblioteche, poeti e architetti di Baghdad erano rinomati. Gran parte di questa fioritura fu raggiunta sotto i califfi musulmani, il cui atteggiamento in fatto di cultura ondeggiava tra liberalità e repressione. Baghdad presenta anche tracce dell'antico cristianesimo caldeo e nestoriano ed è stata uno dei principali centri della diaspora ebraica. Fino a poco prima del 1950, ospitava altrettanti ebrei di Gerusalemme. (p. 24)
  • Non intendo qui sviluppare un discorso sul rovesciamento di Saddam Hussein dell'aprile 2003. Dirò solo che coloro che consideravano «laico» il suo regime si ingannavano. È vero che il Baath fu fondato da un certo Michel Aflaq, un cristiano ambiguo con simpatie per il fascismo, ed è anche vero che l'iscrizione a questo partito era aperta a tutti, senza distinzioni religiose (sebbene abbia ragione di pensare che le adesioni ebraiche fossero assai limitate). Tuttavia, almeno a partire dalla disastrosa invasione dell'Iran, nel 1979, che suscitò contro di lui da parte della teocrazia iraniana furibonde accuse di essere un «infedele», Saddam Hussein aveva riverniciato il suo regime – basato, comunque, su una minoranza tribale della minoranza sunnita – come devoto e consacrato al jihad. (p. 25)
  • L'atteggiamento della religione verso la medicina, come verso la scienza, è sempre inevitabilmente problematico e molto spesso inevitabilmente ostile. Un credente moderno può dire ed anche credere che la sua fede è del tutto compatibile con la scienza e la medicina, ma il fatto imbarazzante sarà sempre che l'una o l'altra hanno la tendenza ad infrangere il monopolio della religione. (p. 45)
  • Poiché la religione si è dimostrata straordinariamente criminale nell'unico campo in cui l'autorità morale ed etica dovrebbe essere considerata universale e assoluta, penso che abbiamo il diritto di trarre almeno tre conclusioni provvisorie. La prima è che la religione e le chiese sono artefatti umani. La seconda è che l'etica e la moralità sono del tutto indipendenti dalla fede, e non possono derivarne. La terza è che la religione – a causa della pretesa a una speciale dispensa divina per le sue pratiche e le sue credenze – è non solo amorale, ma immorale. (p. 51)
  • La religione proviene dalla preistoria umana quando nessuno – nemmeno il poderoso Democrito, secondo cui tutta la materia era fatta di atomi – aveva la minima idea di come le cose funzionassero. Essa ci arriva dall'infanzia vociante e timorosa della nostra specie, ed è un tentativo puerile di dare risposta al nostro ineludibile bisogno di conoscenza (e anche di calore, di rassicurazione e di altri bisogni infantili). (p. 61)
  • Qui, ancora una volta, possiamo ricontrare la madornale fallacia umana che informa la storia della nostra Genesi. Come si può provare, e in un solo versetto, che questo libro è stato scritto da uomini ignoranti e non da qualche dio? Perché all'uomo è concesso il «dominio» su tutti gli animali, gli uccelli e i pesci. E lasciando da parte la loro singolare e immediata creazione, non si citano né dinosauri plesiosauri né pterodattili, perché gli autori non ne conoscevano l'esistenza. (p. 85)
  • [Sui miracoli] [...] se vi sembra di assistere a una cosa simile, ci sono due possibilità. La prima è che le leggi di natura siano state sospese (in vostro favore). La seconda è, invece, che voi abbiate equivocato o che soffriate di allucinazioni. E così la probabilità della seconda deve essere soppesata contro la probabilità della prima. Se voi sentire il racconto di un miracolo solo da una seconda o terza persona, le probabilità debbono essere conseguentemente corrette prima che possiate decidere di dare credito a un testimone il quale dichiara di avere visto qualcosa che voi non avete visto. E se parecchie generazioni vi separano dal "vedente", e non disponete di altre conferme, le probabilità devono essere modificate ancora più drasticamente. (p. 135)
  • I mulini dei predicatori televisivi continuano a macinare, e i poveri continuano a finanziare i ricchi, proprio come se gli scintillanti templi e palazzi di Las Vegas fossero stati costruiti col denaro dei vincitori, anziché con quello degli spennati al gioco. (p. 152)
  • Gandhi voleva che l'India tornasse a essere una società «spirituale», primitiva e fondata sui villaggi; rese molto più difficile un compromesso politico con i musulmani; era anche preparato a un ipocrita uso della violenza, qualora lo avesse ritenuto conveniente. (p. 174)
  • [Sui musulmani nell'Impero anglo-indiano] Sotto il dominio britannico, essi avevano goduto di una certa protezione, in quanto minoranza cospicua, per non dire privilegiata, e non volevano modificare tale stato di cose per divenire un'ampia minoranza in uno stato dominato dagli indù. Così, il fatto stesso che la principale organizzazione che si batteva per l'indipendenza – il Partito del Congresso – fosse guidata da un induista dichiarato rese la conciliazione molto più difficile. Si potrebbe sostenere, e io stesso sarei d'accordo, che l'intransigenza dei musulmani avrebbe giocato in ogni caso un ruolo distruttivo. Ma il compito di convincere le masse islamiche ad abbandonare il Congresso e ad aderire alla separatista «Lega musulmana» fu reso molto più facile dall'insistenza di Gandhi sui temi induisti e dalle lunghe ore che egli ostentatamente dedicò alle pratiche di culto e al suo lavoro al filatoio. (p. 174)
  • [Su Mahatma Gandhi] Idealizzò il villaggio indiano tradizionale, dove i millenari ritmi degli animali e delle colture determinavano le condizioni della vita umana. Milioni di persone sarebbero insensatamente morte di fame se avessero seguito le sue raccomandazioni, e avrebbero continuato ad adorare le vacche (che i sacerdoti avevano intelligentemente dichiarato «sacre», così da impedire al povero popolo ignorante di mangiarsi il proprio unico capitale nei tempi di siccità e carestia). Gandhi merita ammirazione per la sua critica a un sistema inumano come quello delle caste, che condannava i più bassi ordini della società a un ostracismo forse più crudele e definitivo di quello della schiavitù. Ma proprio nel momento in cui l'India più di ogni altra cosa aveva bisogno di un leader nazionale laico e moderno, si ritrovò un guru e un fachiro. (p. 175)
  • [Sulla Partizione dell'India] Le sue tremende conseguenze si sono protratte fino ai nostri giorni, con l'ulteriore bagno di sangue della guerra fra musulmani che segnò l'indipendenza del Bangladesh nel 1971, con l'affermarsi di un aggressivo partito nazionalista indù, e con una contesa intorno al Kashmir che resta tuttora la più reale minaccia di guerra termonucleare. (pp. 175-176)
  • In realtà, fu Nehru e non Gandhi a condurre il proprio paese all'indipendenza, anche al prezzo spaventoso della divisione. Per decenni, una solida alleanza fra le sinistre laiche inglesi e indiane aveva posto le basi, e alla fine vinto la battaglia, per la liberazione dell'India. Non c'era mai stato alcun bisogno che una figura religiosa oscurantista imponesse il suo ego su tale processo, ritardandolo e distorcendolo. (p. 176)
  • Per quanto riguarda il «Mahatma», ucciso da un membro di una setta fanatica indù perché non sufficientemente devoto, si dovrebbe rimpiangere invece che non sia vissuto tanto da poter vedere l'entità del danno che aveva provocato (ma si è sollevati all'idea che non sia vissuto abbastanza per realizzare il suo ridicolo programma del filatoio). (p. 176)
  • [Su Osho Rajneesh] Era un uomo dagli occhi grandi e profondi, con un sorriso ammaliante e un naturale, per quanto a volte sboccato, senso dell'umorismo. La sua voce sibilante, solitamente diffusa a basso volume da un microfono durante il darshan mattutino, possedeva un timbro vagamente ipnotico. In qualche modo, essa serviva ad alleviare l'altrettanto ipnotica banalità dei suoi sermoni. (p. 186)
  • [Su Osho Rajneesh] Nel complesso, il suo insegnamento era innocuo, se non fosse stato per un cartello – affisso all'ingresso della tenda dove il guru predicava – che non ha mai mancato di irritarmi e che recitava: «Calzature e teste devono essere lasciate all'ingresso». Lì vicino c'era una pila di scarpe e sandali e io, nella mia condizione ispirata, riuscivo quasi a figurarmi una catasta di menti vuote e abbandonate attorno a questo motto meschino e letteralmente insensato. (p. 187)
  • [Sull'imperativo categorico kantiano] Il principio di Kant dice: «Agisci come se la massima della tua azione dovesse essere elevata dalla tua volontà a legge universale della natura». In questa sintesi di interesse reciproco e solidarietà, non c'è bisogno di alcuna autorità soprannaturale e costrittiva. E perché dovrebbe esserci? L'umana decenza non deriva dalla religione. La precede. (p. 254)
  • La "fede" è da considerarsi una minaccia. Dovrebbe essere possibile per me continuare i miei studi e le mie ricerche, e per i buddisti girare la loro ruota. Ma il disprezzo per la ragione possiede la straordinaria peculiarità di non essere passivo. (p. 194)
  • La Ginevra di Calvino fu il prototipo dello stato totalitario, e lo stesso Calvino era un sadico, un torturatore e un assassino che fece bruciare Serveto, grande pensatore e ricercatore dell'epoca. (p. 223)
  • Lo stato nordcoreano nacque più o meno contemporaneamente alla pubblicazione di 1984, e si può quasi pensare che al sacro padre dello stato Kim Il Sung, fosse stata omaggiata una copia del romanzo e gli fosse stato chiesto se potesse metterlo in pratica. E tuttavia nemmeno Orwell osò immaginare che la nascita del «Grande Fratello» fosse accompagnata da portenti e segni miracolosi – come gli uccelli che salutano il glorioso evento cantando con parole umane. Né il Partito Interno o Pista Prima/Oceania spendono miliardi di preziosi dollari, in frangenti di tremenda carestia, per dimostrare che il ridicolo mammifero Kim Il Sung e il suo patetico cucciolo, Kim Jong Il, sono due diverse incarnazioni della stessa persona. (pp. 236-237)
  • La connessione fra religione, razzismo e totalitarismo si può anche rivelare in un'altra fra le più odiose forme di regime dittatoriale del XX secolo: l'abietto sistema dell'apartheid in Sud Africa. E non si trattava solo dell'ideologia di una tribù di lingua olandese decisa a estorcere lavoro forzato da uomini con un diverso colore di pelle, era anche una forma di calvinismo messo in pratica. La chiesa riformata olandese affermava come dogma biblico che a bianchi e neri fosse vietato mescolarsi, per non parlare di coesistere in termini di eguaglianza. Il razzismo è totalitario per definizione: segna le sue vittime in eterno e nega loro il diritto anche solo a uno straccio di dignità o di individualità, anche l'elementare diritto di fare l'amore, di sposari o di fare figli con una persona della tribù sbagliata, senza che l'amore sia annullato dalla legge... Questa era la vita di milioni di abitanti dell'«Occidente cristiano» fino ai nostri giorni. Il National Party al governo, che era anche pesantemente infettato di antisemitismo e aveva sostenuto i nazisti durante la seconda guerra mondiale, si appoggiò ai deliri dei pulpiti per avallare un proprio mito del sangue e dell'«esodo» che avrebbe conferito ai boeri il diritto al dominio esclusivo sulla «terra promessa». Il risultato fu una versione afrikaner del sionismo che creò uno stato retroguardo e dispotico, nel quale i diritti delle altre popolazioni vennero cancellati e nel quale alla fine la sopravvivenza degli stessi afrikaner fu minacciata dalla corruzione, dal caos e dalla brutalità; a quel punto gli ottusi notabili religiosi ebbero una rivelazione che permise il graduale abbandono dell'apartheid. Ciò però non potrà mai far perdonare il male commesso dalla religione finché si sentì forte a sufficienza. È merito di molti laici cristiani ed ebrei, e di molti atei e agnostici militanti dell'African National Congress, se la società sudafricana si salvò dalla completa barbarie e dall'implosione. (pp. 239-240)
  • A Belfast circola una vecchia barzelletta su un uomo fermato a un posto di blocco stradale al quale si chiede di che religione sia; quando risponde di essere ateo, la replica è: «Ateo protestante o ateo cattolico?».[53]

La vittoria di Orwell[modifica]

  • Si dice che nell'antica Atene, la condanna di Aristide il Giusto sia avvenuta perché l'epiteto "il Giusto", irritasse la gente. E la reputazione di santo irreprensibile di cui gode Orwell ha sempre irritato i suoi critici. (p. 63)
  • Un aspetto che colpisce di Orwell è che non passò mai attraverso una fase stalinista; per lui non fu necessaria la cura o il purgante della "disillusione". Inoltre, egli non giustificò mai coloro che invocavano l'illusione originaria come pretesto per l'ingenuità successiva. Sicuramente tali elementi distintivi – recando in sé l'accenno ad una potenziale superiorità – spiegano almeno in parte la violenta antipatia che Orwell suscitava allora e suscita ancora oggi. (p. 74)

Hitch 22. Le mie memorie[modifica]

  • Avevo una madrina stravagante che in una delle sue visite decise di rimediare a tutte le sue precedenti dimenticanze e di farmi un regalo sul serio. Fui così accompagnato da tutta la famiglia in un'elegante libreria di Plymouth, dove mi venne detto che potevo scegliere sei libri a mio piacimento. Non ci misi molto: volevo una sgargiante serie di Billy Bunter. Gli adulti mi dissero che non andava affatto bene, e mi propinarono un bell'assortimento di libri edificanti di Arthur Ransome sulle avventure all'aria aperta di intrepidi ragazzi inglesi. Per vendetta, furono per sempre lasciati alla polvere in cima al mio scaffale. E neppure mai aperti, finché riuscii artatamente ad abbandonarli in uno dei tanti traslochi della mia famiglia. Così, del tutto ignaro, persi l'occasione di fare la conoscenza di un autore che, secondo il corrispondente a Mosca del «Manchester Guardian», nel 1918 aveva rivelato i «trattati segreti» il cui ruolo nella Prima Guerra Mondiale era stato tanto importante, e che aveva avuto, per giunta, un flirt con la segretaria di Trockij. (Questa scoperta fatta in seguito mi stupì, come avrebbe certamente stupito moltissimo i miei parenti che mi avevano costretto a prendere Ransome.) Mia madre fu irritata per tutto il giorno: «Sciocchino, – disse. – Zia Pam era talmente ben disposta che avresti potuto avere facilmente un bell'orologio da polso se lo avessi chiesto».
    Ma non volevo un maledetto orologio. Volevo essere lasciato in pace con una pila di libri di mia scelta. (p. 73)
  • Una volta chiesero a Peter De Vries, uno dei miei preferiti scrittori d'intrattenimento (riusciva a farti ridere di gusto, come in The Mackerel Plaza, o a farti piangere come in Blood of the Lamb), di dire quali fossero le sue ambizioni di autore. Rispose che avrebbe voluto un pubblico di massa sufficientemente ampio da far arricciare il naso al suo pubblico più snob. Sospetto che molti autori, se fossero onesti, ammetterebbero qualcosa del genere. (p. 170)
  • Quando Papa Giovanni Paolo II decise di accelerare le pratiche per la beatificazione della donna incomprensibilmente nota come «Madre» Teresa, e quindi di aprirle la strada verso la santità, il Vaticano si sentì in dovere di chiedere la mia testimonianza ed allora trascorsi diverse ore in privato con un prete, un diacono e di un monsignore, indubbiamente colpiti mentre snocciolavo come in un rosario le terribili colpe e crimini della defunta fanatica. Nel frattempo scoprii che il papa aveva surrettiziamente abolito la ben nota funzione dell'«avvocato del diavolo», allo scopo di accelerare ulteriormente le pratiche dei suoi numerosi candidati alla canonizzazione. Posso quindi affermare di essere l'ultima persona vivente ad aver rappresentato il diavolo pro bono. (p. 423)

La posizione della missionaria[modifica]

Madre Teresa con Michèle Duvalier nel 1981
  • Madre Teresa in persona mi fece da guida. Non mi piacque molto il modo in cui accettava di farsi baciare i piedi calzati di sandali come se fosse un gesto dovuto, ma decisi di sospendere il mio giudizio in proposito: forse era un'usanza locale a cui non davo la corretta interpretazione. L'orfanotrofio, comunque, era commovente e toccante. (p. 50)
  • Tenete presente che le entrate complessive di Madre Teresa bastano e avanzano per attrezzare svariati ambulatori di prim'ordine nel Bengala. La decisione di non farlo, e di gestire invece un centro improvvisato e inefficiente che rischierebbe denunce e proteste se fosse diretto da qualsiasi branca della professione medica, è deliberata. Lo scopo non è quello di dare un'onesta assistenza ai sofferenti, bensì di promulgare un culto basato sulla morte, la sofferenza e la sottomissione. (p. 67)
  • Una volta Madre Teresa (che personalmente, va rilevato, si è fatta ricoverare in cliniche e ospedali tra i più eleganti e costosi dell'Occidente per i suoi problemi di cuore e di vecchiaia) ha scoperto il proprio gioco in un'intervista filmata. (p. 67)
  • Particolarmente impressionante è la testimonianza di Susan Shields, che per nove anni e mezzo operò come suora dell'ordine di Madre Teresa, vivendo la disciplina quotidiana di una Missionaria della Carità nel Bronx, a Roma e a San Francisco. Mi ha autorizzato a citare parti del suo manoscritto inedito: [...]
    «Avevamo acquistato un grande edificio abbandonato dal comune per un dollaro. Un collaboratore si offrì di dirigere i lavori e incaricò un architetto di fare un progetto di ristrutturazione. La normativa ministeriale imponeva l'installazione di un ascensore per i disabili. Madre Teresa non voleva saperne. Allora il Comune si offrì di coprire le spese per l'ascensore, ma la proposta fu respinta. Dopo tutte le trattative e i programmi, il progetto per i poveri fu abbandonato perché un ascensore per gli handicappati era una cosa inaccettabile.» (pp. 70-72)
  • Nel suo modo di maneggiare il "vil metallo", come nei suoi rapporti con il potere, Madre Teresa governa un regno che appartiene, eccome, a questo mondo. (p. 98)
  • Prima della guerra, le idee di fascismo, cattolicesimo, identità albanese e unità albanese-italiana coincidevano intimamente. Dopo, l'identità religiosa fu ufficialmente soppressa con la proclamazione da parte di Hoxha del «primo stato ateo del mondo». Nondimeno, tutto fa pensare che l'ideologia irredentista sia sopravvissuta sotto le false spoglie staliniste e abbia avuto un peso negli allineamenti di politica estera dell'Albania, pari almeno a qualsiasi presunto scisma dottrinale riguardo ai testi canonici di Marx e Lenin. In altre parole, un nazionalista albanese cattolico potrebbe, nelle questioni pattriotiche, sentirsi ancora fedele a un regime comunista chiaramente materialista. (p. 108)
  • Il generale Haile Mariam Menghistu aveva intenzionalmente adoperato l'arma della fame non solo contro l'Eritrea ma anche contro il dissenso interno e regionale in altre zone del Paese. Questo non aveva impedito a Madre Teresa di ronzargli intorno, sconvolgendo così gli ambienti impegnati nella tutela dei diritti umani, che avevano cercato di isolare il suo regime. (p. 118)
  • Come ha osservato Edward Gibbon a proposito delle forme di culto diffuse nell'antica Roma, queste erano «considerate ugualmente vere dal popolo, ugualmente false dai filosofi, e ugualmente utili dai magistrati». Madre Teresa discende da ciascun elemento di questo orribile trittico. Ha confuso di proposito la presunta distinzione tra sacro e profano, per non parlare della linea che separa il sublime dal ridicolo. Era quanto mai urgente che fosse sottoposta a quella critica razionale che con tanta arroganza e per tanto tempo ha eluso. (p. 124)
  • [...] ero arrivato alla conclusione che Madre Teresa di Calcutta fosse non tanto un'amica dei poveri quanto un'amica della povertà. Lodava la povertà, la malattia e la sofferenza come doni dall'alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia. Era adamantinamente contraria alla sola politica che abbia mai alleviato la povertà in tutte le nazioni – e cioè dare potere alle donne ed estendere il loro controllo sulla propria fertilità. La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire, un luogo dove le cure mediche erano poche, quando non addirittura inesistenti (quando fu lei ad ammalarsi, volò in prima classe alla volta di una clinica privata in California). Le grandi somme di denaro raccolte venivano spese per la maggior parte nella costruzione di conventi in suo onore. Aveva fatto amicizia con tutta una serie di ricchi truffatori e sfruttatori, da Charles Lincoln della Lincoln Savings & Loans, alla ripugnante dinastia Duvalier di Haiti, accettando da entrambi generose donazioni di denaro che in realtà era stato rubato ai poveri. (pp. 132)

Citazioni su Christopher Hitchens[modifica]

  • Hitchens ci manca tanto. Era così indipendente e fieramente polemico ma mai volgare, e i polemisti invece sono spesso volgari. Era un Nietszche per la destra o la sinistra, diventava sempre più se stesso. (Azar Nafisi)
  • L'ateismo drammatico – che, peraltro, ha sollecitato persino una "teologia della morte di Dio" – è ormai quasi del tutto scomparso. Ciò che al massimo sopravvive sono gli sberleffi sarcastici di certi atei di moda, alla Odifreddi, Onfray, Hitchens, tanto per distribuirne i nomi secondo le principali aree linguistiche. (Gianfranco Ravasi)
  • Non ho mai visto Christopher senza sigaretta in bocca, né ho potuto chiacchierare con lui mezzora senza bere un bicchiere di vino o buttare giù un paio di «baby» whisky. In Arabia Saudita, 1990, durante la prima guerra del Golfo, mentre provavamo a bordo di un autobus ad avvicinarci al fronte, tirò fuori una fiaschetta di metallo da tasca, come un cow boy dei film, e senza badare alla muttawa, la polizia islamica custode dell'ortodossia analcolica salafita, ne tracannò mezza. Poi la riempì da una bottiglia celata nel borsone portacomputer (scriveva allora ancora a macchina), mi obbligò a berne a mia volta, la colmò e svuotò in un fiato e, di getto scrisse un bellissimo elzeviro: «Alcol e tabacco mi danno lucidità». (Gianni Riotta)
  • Un paio di mesi dopo l'invasione dell'Iraq, ero a Los Angeles, quando un ubriaco mi si avvicinò dicendo: «George Bush aveva ragione sull'Iraq!» – Armi di distruzione di massa, contatti con Al-Qaeda e tutto il resto. Era Christopher Hitchens che "discuteva" furiosamente con me. Il suo confondere le affermazioni di Bush con la realtà era come una simbolica torta lanciata per aria e ricaduta sulla sua stessa faccia. (Greg Palast)

Note[modifica]

  1. (EN) The aid agencies like Eritrea because it is honest and open and because the money doesn't get sucked up into stray pockets along the way. They also like Eritrea because, in a very rough neighborhood, it is going against the tide of religious and tribal sectarianism. Next door, in Sudan, a jihad of revolting proportions is being waged by the Muslim fanatics in Khartoum against the Christians and animists of the South, and against secular ideas. You know the story in Somalia – no longer a state and barely a nation. In Yemen, across the straits, a political and social bloodbath.
  2. a b c d e Da African Gothic, Vanity Fair, novembre 1994.
  3. (EN) Ataturk (who was quite probably a full-blown atheist) could write his own secular ticket precisely because he had ignominiously defeated three Christian invaders. Yet for decades, Western statecraft has been searching feverishly for another Mustafa Kemal, someone who can jumpstart the modernization of a Muslim community under his own name. For a while, they thought Gamal Abdel Nasser might be the model. Then there was the Shah of Iran. They even briefly fancied the notions of Saddam Hussein, Zulfikar Ali Bhutto, and other characters who will live in infamy. But nobody ever came close to touching Ataturk for authority and authenticity. Under his power, the great caliphate was done away with, and the antique rule of the celestial and the sublime reduced to a dream in which only a few ascetic visionaries and sectarians showed any real interest. Until recently, modern Turkey showed every sign of evolving into a standard capitalist state on the European periphery.
  4. Da The End of the Kemalist Affair, Slate.com 1 agosto 2011.
  5. (EN) Great place, Zaire. It's as large as the United States east of the Mississippi, and it's the second-largest French-speaking country in the world. It has colossal resources, built as it is on vast reefs of copper, cobalt, and diamonds, to say nothing of its immense river network and its wealth of game and arable land. It has been the recipient of tremendous generosity from every kind of lending institution. It could have broken out of the "Third World" a generation ago. But instead it became a demonstration case of the deliberate uses of underdevelopment – something neither Waugh nor Conrad bothered even to imagine.
  6. Da Un Christopher Hitchens d'annata (1989) pro life, Il Foglio.it, 5 marzo 2008.
  7. Da Diamoci un taglio, Internazionale, n. 609, 23 settembre 2005, p. 19.
  8. (EN) I believe that Mugabe was [...] driven into a permanent rage by the adulation heaped internationally on Nelson Mandela, an accolade of praise and recognition that he felt was more properly due to himself. And, harboring this grievance, he decided to denude his own unhappy country of anything that might remind anybody of Mandela's legacy.
  9. Citato in "Mandela Envy: Is Robert Mugabe's lawless misrule founded in jealousy?", Slate (21 aprile 2008)
  10. (EN) David Irving is not just a Fascist historian. He is also a great historian of Fascism.
  11. Da Hitler's Ghost», Vanity Fair, giugno 1996.
  12. (EN) Here is a society where rape is not a crime. It is a punishment. Women can be sentenced to be raped, by tribal and religious kangaroo courts, if even a rumor of their immodesty brings shame on their menfolk. In such an obscenely distorted context, the counterpart term to shame – which is the noble word "honor" – becomes most commonly associated with the word "killing." Moral courage consists of the willingness to butcher your own daughter.
  13. a b Da From Abbottobad to worse, Vanity Fair, luglio 2011
  14. (EN) Having survived Mussolini's depredations, the attempt by British colonialism to partition them along tribal lines, and three decades of bloody Ethiopian occupation and repression, the Eritreans have done a remarkable thing. They have gotten rid of outside tutelage, while retaining the best of Italy (the food and the espresso, though even an ardent fan cannot praise the wine, which tastes like sheep-dip), the best of England (pedestrian traffic in Asmara is directed by modest but efficient Girl Scouts wearing white ankle socks), and most of the useful contacts with Ethiopia.
  15. (EN) They [Qui l'intervistatore precisa: «Islamist radicals or, as Hitchens calls them, Islamo-fascists».] gave us no peace and we shouldn't give them any. We can't live on the same planet as them and I'm glad because I don't want to. I don't want to breathe the same air as these psychopaths and murders and rapists and torturers and child abusers. Its them or me. I'm very happy about this because I know it will be them. It's a duty and a responsibility to defeat them. But it's also a pleasure. I don't regard it as a grim task at all.
  16. Dall'Interview with Christopher Hitchens, Washington Prism, 16 giugno 2005.
  17. (EN) Quite obviously Col. Muammar Qaddafi has joined the list of deranged dictators whose acceptability is at an end, and it is unimaginable that he should emerge from the current confrontation with control over any part of the country. Equally obviously, we shall have to go to Tripoli to remove him. But we will not be doing so in the rearguard of any victorious insurgent army. In Afghanistan we could call upon some fierce and hardened fighters in the shape of the Northern Alliance. In Iraq, the Kurdish peshmerga militias had liberated substantial parts of the country from Saddam Hussein under the protection of our "no-fly zone." But the so-called Libyan rebels do not just fire in the air and strike portentous attitudes for the cameras. They run away, and they quarrel among themselves, and they are not cemented by any historic tradition of resistance or common experience. They are a rabble, in other words, and the proper time to be sending trainers and "advisers" would be after Qaddafi has gone, when it will indeed be helpful and necessary to offer facilities and advice for a reconstituted Libyan army. Meanwhile, it is ridiculous and embarrassing to be their air force.
  18. a b Da Go After Qaddafi, Slate.com, 25 aprile 2011.
  19. (EN) Beware the irrational, however seductive. Shun the "transcendent" and all who invite you to subordinate or annihilate yourself. Distrust compassion; prefer dignity for yourself and others. Don't be afraid to be thought arrogant or selfish. Picture all experts as if they were mammals. Never be a spectator of unfairness or stupidity. Seek out argument and disputation for their own sake; the grave will supply plenty of time for silence. Suspect your own motives, and all excuses. Do not live for others any more than you would expect others to live for you.
  20. Da Letters to a Young Contrarian, Basic Books, 2005, p. 140.
  21. (EN) I became a journalist because I did not want to rely on newspapers for information.
  22. Da Love, Poverty, and War: Journeys and Essays, Nation Books, 2004, ISBN 9781560255802
  23. (EN) [...] the collapse of the Qaddafi system is necessarily absolute and complete. It is symbolized precisely by the tearing down and tearing up of the statues and posters, all showing The Leader in the various uniforms and regalias he has designed for himself over the years. The sub-Mussolini effect; the combination of Ruritania and the Gulag; a certain style of neo-fascist camp and kitsch will be virtually all that remains to study. For the rest, an unpunctuated record of cultural annihilation and the obliteration of any concept of autonomous or independent institutions. I tried to point it out in the very first weeks of the meltdown: a hugely wealthy country with a very small population, and look at their teeth! Their clothes! This pathetic poverty and mediocrity, when contrasted afresh with the contents of Qaddafi's dress-up chest and nexus of palazzi, has now combined with the memory of powerlessness and forced complicity to produce a real sense of revulsion and fury (which is surely healthy) with a gnawing sense of wasted years and of having discovered courage rather late (which can be less than conducive to nation-building).
  24. a b Da The Crimes of Col. Qaddafi, Slate.com, 25 agosto 2011.
  25. (EN) Terrorism is the tactic of demanding the impossible, and demanding it at gunpoint.
  26. Da Terrorism: Notes toward a definition, Slate, 18 novembre 2002.
  27. (EN) Picture four decades in which compulsory attendance at such a ritual—kissing your owner's feet and shouting his praises in unison—was a major cultural activity. So addicted was Qaddafi to this sadomasochistic enactment that he, and his ghastly sons, continued it until the very last minutes. So, of course, did Saddam Hussein. So, as we speak, does Bashar Assad. In the nightmare state so cherished by such fantasy rulers, mere acquiescence or subjection is not enough. You must become a full participant in your own oppression, and find it in yourself to adore the collectivization of compulsory enthusiasm.
  28. (EN) I suppose it is possible that the arrest of Gen. Ratko Mladic is as undramatic and uncomplicated as it seems and that in recent years he had been off the active list and gradually became a mumbling old derelict with a rather nasty line in veterans' reminiscences. His demands would probably have been modest and few: the odd glass of slivovitz in company with a sympathetic priest (it's usually the Serbian Orthodox Church that operates the support and counseling network for burned-out or wanted war criminals) and an occasional hunting or skiing trip. Though there is something faintly satisfying about this clichéd outcome—the figure of energetic evil reduced to a husk of exhausted banality—there is also something repellent about it.
    As a confused old pensioner or retiree, Mladic is in danger of arousing local sympathy in rather the same way John Demjanjuk did but of doing so within a few years of the original atrocities and not several decades. Moreover, Mladic was a director and organizer of the mass slaughters at Srebrenica and Zepa (as of the obscene bombardment of the open city of Sarajevo), and not a mere follower of orders. The new and allegedly reformist Serbian government bears some responsibility for this moment of moral nullity and confusion, since it seems to regard the arrest of Mladic and his political boss Radovan Karadzic as little more than an episode in the warming of Belgrade's relations with the European Union. You don't have to be a practicing Serbo-chauvinist to find something a bit trivial and sordid in that calculation.
  29. a b Da Mladic the Monster, Slate.com, 30 maggio 2011.
  30. (EN) The great vulnerability of one-man states—their built-in weakness and our great hope—is precisely the feature that defines them. Terrifying though Milosevic and Saddam were, and impressive though many people found their elite security forces, they proved under serious pressure to be what Mao Zedong used to call "paper tigers." Only one delusional individual had to crack, or be cracked, and it was all over. And, compared with the duo mentioned above, Qaddafi is practically a nonentity. Did you happen to see his recent "Cannonball Run" through the streets, gesticulating hysterically from the back of a pickup? It was many things, but it was not impressive or frightening.
  31. (EN) The word "Pakistan" is an acronym for Punjab, Afghania, Kashmir, and Indus-Sind, and means, in Urdu, "Land of the Pure." Those who had been awarded confessionally "pure" territory immediately set about expelling or slaughtering all those of the "wrong" religion in the "wrong" place. Mahatma Gandhi told the British that they should cut him in two before they partitioned the country. But to no avail. He was so upset by this betrayal – "divide and rule" degenerating into "divide and quit" – that he refused to attend the independence celebrations.
  32. a b Da There'll always be an India, Vanity Fair, agosto 1997
  33. Citato in AA.VV., Il libro della sociologia, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 257. ISBN 9788858015827
  34. Da La mafia della Enron, Internazionale, n. 424, 15 febbraio 2002, p. 7.
  35. (EN) The two big tests for Eritrean society will be, and already are, the overcoming of tribal and religious fissures, and the emancipation of women. Both tasks are made easier by the nature of the war Eritrea fought, a people's war which involved both sexes, fighting together. Although the country is divided into nine ethnic groups and three main religions, the solidarity that has emerged from this is more than rhetorical.
  36. a b Citato in Adam Taylor, Le critiche a Madre Teresa di Calcutta, Washington Post, tradotto in Il Post.it, 20 dicembre 2015.
  37. (EN) Milosevic did not have quite the psychopathic power of a Saddam Hussein or an Osama Bin Laden. He was that most dangerous of people: the mediocre and conformist official who bides his time and masks his grievances. He went from apparatchik to supreme power, and though he rode a tide of religious and xenophobic fervor, it is quite thinkable that he never really cared about the totems and symbols that he exploited. In office and in the dock, he embodied the banality of evil. In the excellent 1995 book The Death of Yugoslavia, written by Laura Silber and Allan Little, and in the fine BBC TV series that accompanied it, you can actually see the petty tactics and cynical opportunism that he employed like a sluggish maggot at the heart of the state that just keeps eating remorselessly away. He apparently had only one true friend, his adorable ideologue of a wife, Mirjana Markovic, who used to cheer him up about his big-eared and stone-faced appearance and about the suicide of both of his parents. Beware of those resentful nonentities who enter politics for therapeutic reasons.
  38. Da No Sympathy for Slobo: Let's not forget Milosevic's many crimes, Slate.com, 13 marzo 2006.
  39. (EN) There's absolutely no mystery to the "Why do they hate us?" question, at least as it arises in Pakistan. They hate us because they owe us, and are dependent upon us. The two main symbols of Pakistan's pride – its army and its nuclear program – are wholly parasitic on American indulgence and patronage.
  40. Da Lo sai che i papaveri, traduzione di Bruna Tortorella, internazionale.it, n. 577, 15 febbraio 2005, p. 20.
  41. (EN) What can be asserted without proof can be dismissed without proof.
  42. Da Less Than Miracolous, Free Inquiry, vol. 24, febbraio/marzo 2004.
  43. (EN) I knew it would come up that we would be told about charity, and I take this very seriously, because we know, ladies and gentlemen, as it happens, we're the first generation of people who do really, what the cure for poverty really is. It eluded people for a long, long time. The cure for poverty has a name, in fact. It's called the empowerment of women.
    If you give women some control over the rate at which they reproduce, if you give them some say, take them off the animal cycle of reproduction to which nature and some religious doctrine condemns them, and then if you throw in a handful of seeds, the floor of everything in that village, not just poverty, but health and education, will increase. Try it in Bangladesh and Bolivia, it works all the time. Name me one religion that stands for that, or ever has.
  44. Citato in Blair Vs Hitchens – Full Transcript (Munk Debate, Religion), 26 novembre 2010.
  45. Da Mortalità, Piemme, 2012, p. 88.
  46. (EN) Though the war of liberation went on for generations, and though every adult Eritrean has seen violence and suffered from it, there is no cult of the gun. No testosterone-infested jerks and yahoos with machine guns mounted on their jeeps, like the cowardly road-warrior "technicals" in neighboring Somalia. It is rare to see a policeman, and very rare indeed to see an armed solider, even though burned-out tanks and the rubble of warfare litter the country.
  47. Dall'intervista in Richard Dawkins, Chiacchiere sul cosmo con Hitchens, Internazionale, n. 929, 23 dicembre 2011, p. 98.
  48. (EN) Srebrenica is one of the best-documented atrocities in modern history. We have everything, from real-time satellite surveillance (shamefully available to the United States even as the butchery was going on) to film and video taken by the perpetrators, including Mladic himself. The production of this material in court will, one hopes, wipe any potential grin from his face and destroy the propaganda image of the simple patriotic man at arms. Whatever our policy on monsters abroad may turn out to be, at least we should be able to recognize one when we see one.
  49. (EN) All our modern euphemisms – "killing fields," "ethnic cleansing" – could have derived from the hysterical blood-spilling that irrigated this flat landscape in 1947 immediately following independence. Whole trainloads of refugees, and whole columns of those fleeing on foot, were massacred if caught in the "wrong" zone. Many people still blame Lord Mountbatten, the last British viceroy, for his abdication, for not acting to put down the Hindu and Muslim fanatics. And if you hear survivors argue it's as if they were talking about yesterday. Nobody has ever come up with a precise tally for the fallen, and I would predict that nobody ever will, but a million or so in a very few weeks is probably the least of it. On either side of this frontier, there is still one of the most toxic and unstable concentrations of latent violence in the world. Every civilian airport that I visited from Amritsar to Chandigarh was humped with bunkers for billion-dollar warplanes. Every side road had a signpost warning of the unwisdom of photography and the presence of military installations. The fact that both the Indian and Pakistani armies wear British-style uniforms and cap badges, and speak of "the officers' mess," is considered reassuring by some, because surely in these mustachioed and cavalry-oriented forces there must lie some hope of humor and restraint. Not if you bear in mind that both armies have tested nuclear weapons, have come exceedingly close to employing them, are divided by caste and religion, and have fought two conventional wars and are still rehearsing for the next one, in nearby Kashmir.
  50. Da Processo a Henry Kissinger, Fazi, 2003, ISBN 9788881124091.
  51. (EN) Once the hard-won principles of reason and science have been discredited, the world will not pass into the hands of credulous herbivores who keep crystals by their sides and swoon over the poems of Khalil Gibran. The "vacuum" will be invaded instead by determined fundamentalists of every stripe who already know the truth by means of revelation and who actually seek real and serious power in the here and now.
  52. Da Charles, Prince of Piffle, Slate.com, 14 giugno 2010.
  53. Citato in Raffaele Carcano, Adele Orioli, Uscire dal gregge, Luca Sossella editore, 2008, p. 17. ISBN 9788889829646

Bibliografia[modifica]

  • Christopher Hitchens, Dio non è grande: Come la religione avvelena ogni cosa, Einaudi, 2007.
  • Christopher Hitchens, La vittoria di Orwell, Libri Scheiwiller, 2008.
  • Christopher Hitchens, Hitch 22. Le mie memorie, traduzione di Mario Marchetti, Einaudi, 2012, ISBN 9788806195618.
  • Christopher Hitchens, La posizione della missionaria, traduzione di Eva Kampmann, Edizioni minumum Fax, Roma 2014.

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